rassegna stampa: LASTRICARE L'AMAZZONIA CON LA SOIA



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a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Greenplanet.net" - 03/01/2005

LASTRICARE L'AMAZZONIA CON LA SOIA
La distruzione di un ecosistema. La soia, in questo momento, è la principale
causa di deforestazione nel Mato Grosso. Il governatore dello stato è Blairo
Maggi, proprietario del Maggi Group, il più grosso produttore privato di
soia al mondo.

Articolo di Sasha Lilley
Da: http://www.corpwatch.org/article.php?id=11756
Traduzione di Tanina Zappone per Nuovi Mondi Media
Fonte: www.nuovimondimedia.com
Si tende ad immaginare il tentacolare stato del Mato Grosso, nel Brasile
centro-occidentale, come una sorta di paradiso, almeno da lontano. La
lussureggiante foresta pluviale nel bacino del Rio delle Amazzoni, spesso
definita "il polmone del mondo," attraversa lo stato, come fa l'erbosa
savana brasiliana o cerrado. Pappagalli, giaguari e puma sono solo alcune
delle numerose specie rinvenute nella savana, considerata una delle zone più
biologicamente variegate nel mondo, cui si aggiungono specie a rischio di
estinzione come il crisocione, il formichiere e la lontra gigante di fiume.
Il paesaggio, tuttavia, si sta alterando a vista d'occhio mentre vasti campi
di germogli di soia e ranch di bestiame vanno sostituendo praterie e
foreste. La soia detta legge nel Mato Grosso e non si tratta di quella soia
che di solito viene associata a diete vegetariane apparentemente
eco-solidali.

Grazie al diffuso terrore per la malattia della mucca pazza, i produttori di
soia hanno beneficiato di una crescente domanda, proveniente dai paese
ricchi, di carne bovina prodotta con mucche nutrite con soia piuttosto che
con mangimi di origine animale. Questo è solo l'ultimo di una serie di
fattori che hanno permesso alla società André Maggi Group di capeggiare,
insieme col governo brasiliano, l'espansione della soia in Mato Grosso e
negli stati adiacenti nelle ultime due decadi, con conseguenze allarmanti.

"La soia, in questo momento, è la ragione più importante alla
deforestazione, direttamente o indirettamente," dice lo studioso
dell'ambiente Jan Maarten Dros. "Direttamente perché si sta convertendo la
vegetazione naturale del cerrado in campi di soia. Ma anche indirettamente,
perché in questa regione, a molti allevamenti di bestiame si stanno
sostituendo i coltivatori di soia che comprano o affittano la terra dagli
allevatori." Ciò significa, secondo l'indagine Dros 2003 del WWF
sull'impatto della coltivazione di germogli di soia in Brasile, che "gli
allevatori di bestiame tendono a muoversi in nuove zone della foresta,
causando ulteriore deforestazione."

Il governatore dello stato del Mato Grosso è Blairo Maggi (nella foto), il
proprietario del Maggi Group, che è anche conosciuto come il rei da soja, il
re della soia. Di fatto, il Maggi Group è il più grosso produttore privato
di soia al mondo. La società ha incassato 600 milioni di dollari dalle
vendite di quest'anno, gestendo principalmente la produzione, il commercio e
la lavorazione industriale di 2 milioni di tonnellate di soia, di cui la
maggior parte è stata destinata alle scorte europee e asiatiche. Maggi ha
svolto, inoltre, un ruolo centrale nella creazione di infrastrutture per i
trasporti, funzionali all'ulteriore apertura dell'Amazzonia allo sviluppo e
alla deforestazione.

Nel 2003, durante il primo anno di governo di Maggi, il tasso di
deforestazione in Mato Grosso è più che raddoppiato. Lo scorso anno, quando
il New York Times ha denunciato un avanzamento dei 2/5 nella distruzione
dell'Amazzonia, Blairo Maggi ha replicato: "Per me, un 40 per cento in più
di deforestazione non significa assolutamente nulla, non sento il minimo
senso di colpa per quello che stiamo facendo. Stiamo parlando di un'area più
grande dell'Europa che è stata minimamente intaccata, dunque non c'è
assolutamente nulla di cui preoccuparsi."

Nonostante il fragile ecosistema in cui opera, e la controversia riguardo
alle procedure adottate, il gigante dell'industria agricola brasiliana non
ha avuto difficoltà a ottenere fondi da banche europee e giapponesi, e da
istituzioni pubbliche come la Corporation Finanziaria Internazionale (IFC),
il braccio della Banca Mondiale per i prestiti privati. Nel 2002 la
divisione del Maggi Group per la produzione di soia, la Amaggi Exportação e
Importação Limitada, ha ottenuto due prestiti in immediata successione da 30
milioni di dollari l'uno, da parte della IFC - uno nel 2002 e l'altro
concesso nel settembre del 2004.

I controlli della Banca Mondiale sui prestiti ad Amaggi
Il Maggi Group, comunque, ha incontrato un intoppo lungo la via. Sotto la
pressione di alcune ONG in Brasile e all'estero, il presidente della Banca
Mondiale James Wolfensohn ha fatto richiesta all'Ufficio dell'IFC per la
difesa civica di una verifica sui prestiti del 2004 concessi ad Amaggi,
dichiarando in una lettera alle ONG brasiliani che "la revisione dei conti
fornirà una visione imparziale della questione e i risultati saranno resi
pubblici."

Per entrambi i prestiti, la IFC ha stabilito l'appartenenza dei progetti
alla categoria B secondo una valutazione sociale e ambientale, il che
equivale a dire secondo Rachel Kyte, direttore del Dipartimento per lo
sviluppo sociale e ambientale, che "un limitato numero di specifici problemi
ambientale e/o sociali, evitabili o contenibili, potrebbero verificarsi",
anche se questa classificazione pare sia ora in via di revisione.

"Se gli argomenti della società civile fossero stati presi in considerazione
due mesi prima," dice Roberto Smeraldi, direttore di Amici della Amazzonia,
"questa verifica non sarebbe stata necessaria." ONG brasiliane ed estere
hanno ribattuto che il prestito avrebbe dovuto essere classificato nella
Categoria A, definita come "probabili verificarsi di impatti ambientali
significativamente negativi che siano instabili, di vario tipo e senza
precedenti." Una tale classificazione avrebbe portato alla luce il forte
potenziale negativo del progetto che potrebbe danneggiare gravemente
l'ecosistema del cerrado.

Il prestito della IFC ha fornito ad Amaggi i capitali necessari ad espandere
la sua capacità di immagazzinamento scorte in modo tale da accumulare
prodotti di soia e contemporaneamente fornire prestiti alle circa 900
coltivazioni di soia negli stati del Mato grosso e Rondônia, da cui Amaggi
compra la maggior parte della soia venduta. Questi fittavoli, che dispongono
in genere di capitale limitato, devono ricorrere al finanziamento di Amaggi
poiché il governo brasiliano fornisce solo prestiti a tassi di interesse
molto alti. In cambio, i fittavoli firmano contratti per la vendita dei loro
prodotti ad Amaggi, in base a termini dettati dalla società industriale
agricola.

Il problema di questo meccanismo, dice il geografo Wendy Jepson, la cui
opera si focalizza sulla produzione della soia negli stati del Mato Grosso e
Rondônia, è che i prestiti pre-financing che fornisce Amaggi mancano di
specifiche condizioni relative all'ambiente, mentre costringono gli
agricoltori a trattare con Amaggi. "Il prestito della IFC è ingiusto perché
non contempla nessuna clausola ambientale su come questi produttori
praticamente coltivino. Si sta facilitando l'espansione della produzione
senza occuparsi del fatto che questi coltivatori abbiano poca scelta su come
produrre."

Steve Schwarzmann della Difesa ambientale di Washington DC ha accolto con
delle riserve i controlli della Banca Mondiale, e si è poi fatto beffe della
classificazione del prestito nella Categoria B stabilita dalla IFC. "Dire
che il finanziamento dell'espansione della produzione di germogli di soia in
Amazzonia nel 2004 sia un progetto il cui impatto si limiti alle imprese
agricole, semplicemente non è credibile."

Dipendere dall' "oro verde"
Ancor più significativo delle dirette conseguenze del prestito dell'IFC,
secondo l'analista olandese Dros, è il prestigio che l'istituto del prestito
internazionale ha dato ad Amaggi, che subito dopo ha così attirato prestiti
molto più grossi da banche private. Rabobank, la maggiore banca agricola dei
Paesi Bassi, ha guidato un consorzio di 11 banche, tra cui ING Bank (Paesi
Bassi), HSBC (GB), BNP Paribas (Francia), Crédit Suisse First Boston
(Svizzera), UFJ Bank (Giappone), WestLB (Germania, Fortis Bank (Paesi
Bassi/Belgio), HSB Nord Bank (Svezia), Banco Bradesco and Banco Itaú
(Brasile), per prestare a Amaggi 230 milioni di dollari.

Si è trattato del secondo grosso prestito che la Rabobank ha concesso ad
Amaggi. Il primo prestito, di 100 milioni di dollari nel 2002, coinvolgeva
ABN Bank and Fortis Bank, Banque Cantonale, BBVA, WestLB, and Standard
Chartered, oltre a tre banche brasiliane.

Nel settembre di quest'anno, Rabobank ha lanciato una campagna pubblicitaria
in cui si presenta come "una banca che mette in pratica la responsabilità
sociale corporativa". Rabobank è firmataria dei Principi dell'Equatore della
IFC, un insieme di linee guida volontarie per gestire problemi sociali e
ambientali, e possiede anche dei proprio standard ufficiali per la
protezione forestale.

Dros, che ha scritto diverse opere sulla soia in Brasile e in Sud America
per il Fondo mondiale per flora e fauna e per l'AIDEnvironment, ritiene che
l'imprimatur dell'IFC ha fornito alle banche private i mezzi per aggirare le
proprie politiche ambientaliste. "L'argomentazione della Rabobank è stata
che, dal momento che la IFC approva questo progetto e lo classifica solo
nella classe B dei progetti a basso rischio, possiamo di sicuro investire
230 milioni di dollari, otto volte più di quelli che sta investendo la IFC,
in questa corporazione."

Il direttore per le relazioni pubbliche della Rabobank, Hans Ludo van Merlo,
replica che la banca ha un primato notevole nei prestiti sostenibili dal
punto di vista ambientale. "La richiesta del presidente della Banca
Mondiale, James Wolfenshn, di una verifica sui prestiti della IFC ad Amaggi,
non è in alcuno modo motivo di preoccupazione da parte nostra," dice van
Merlo. "Il dibattito in corso tra le ONG riguarda le procedure della IFC,
che sono state poi classificate nella Categoria B. Non è più una questione
interna sulla procedure della IFC e non significa che Amaggi stia facendo
qualcosa di sbagliato."

Il gruppo Maggi ha anche ricevuto un prestito di 24 milioni di dollari nel
marzo 2001 da un consorzio bancario, disposto dalla Deutsche Investitions
und Entwicklungsgesellschaft (DEG), due prestiti intestati alla Standard
Chartered Bank nel luglio 2001 e nel luglio 2002, per 70 milioni di dollari
e 50 milioni rispettivamente, un prestito disposto da WestLB nel giugno 2003
e uno dal Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social (BNDES), la
banca per lo sviluppo del Brasile, di 34 milioni di dollari, nel giugno di
quest'anno.

Schwarzmann della Difesa ambientale fa notare l'ironia del prestito della
IFC al Maggi Group, data l'abilità della corporazione di attrarre grossi
prestiti privati. "L'apparente giustificazione [per il prestito della IFC] è
l'utilizzo di risorse pubbliche per sostenere affari privati in paesi in via
di sviluppo che altrimenti potrebbero non avere accesso ai mercati del
capitale internazionale," dice Schwarzmann. "Quello che ha fatto la IFC con
i prestiti ad Amaggi non è altro che questo."

Lastricare il paradiso
La controversia sui prestiti della IFC e delle banche private al Maggi Group
ha messo in luce il potenziale danno ecologico rappresentato dalle società
industriali agricole, come i produttori e i commercianti di soia. Tuttavia
ugualmente importante è stato il ruolo di Maggi nel dare una nuova forma
alla regione amazzonica, favorito in parte dal forte potere economico e
politico della famiglia Maggi.

Il governatore Maggi, grazie alla generosità dei governi degli stati
Brasiliani e del Mato Grosso, così come delle compagnia private, inclusa la
propria, ha costruito strade, porti e ha ampliato i canali navigabili
attraverso la foresta amazzonica aprendo la regione - secondo le critiche -
ai coltivatori di soia, agli allevatori di bestiame e a piccoli
colonialisti.

Maggi ha dato il via alla creazione di strade che attraversano il cuore
dell'Amazzonia, come la BR-163 highway per cui sono in atto i lavori di
pavimentazione, che andrà dalla capitale del Mato Grosso, Cuiabá, fino al
porto di Santarém sul Rio delle Amazzoni. L'asfaltatura della BR-163 è parte
di un accordo pubblico - privato tra il governo brasiliano, Maggi e i
giganti dell'industria agricola statunitense Cargill, Bunge, ADM e altri che
vogliono un modo economico per esportare la soia. Secondo l'Istituto
amazzonico per la ricerca ambientale, o IPAM, questa strada lunga 1600 km
causerà il disboscamento di 20 milioni di ettari di terra attraverso la
regione, aprendo l'area ad ulteriori colonizzazioni.

Blairo Maggi si è scrollato di dosso le critiche di quelli che vedono un
conflitto di interessi tra la sua posizione di governatore del Mato Grosso e
quella di maggiore produttore di soia in Brasile. "La mia piattaforma
elettorale si è basata sul bisogno di tenere alto lo sviluppo economico nel
Mato Grosso," ha detto Maggi nel convegno sulla soia l'anno scorso. "Come
governatore, il mio obiettivo chiave è... triplicare la produzione agricola
nel Mato Grosso entro i prossimi 10 anni, e sviluppare l'industria
industriale al fine di aggiungere valore a quella produzione."

Nessuna fine in vista?
Considerato il potere degli interessi dell'industria agricola, come il Maggi
Group, la marcia verso una deforestazione in nome della soia e del bestiame
sembra inarrestabile. Tuttavia l'espansione della soia destinata
all'esportazione potrebbe rallentare provvisoriamente per il calo della
domanda.

Dopo aver raggiunto ad aprile il picco in 15 anni, il prezzo della soia è
caduto sul mercato mondiale alla metà del suo valore massimo, in parte a
causa della produzione record negli USA e del calo della domanda in Cina. Il
prezzo della soia è cominciato a scendere questa primavera dopo che la Cina
ha rifiutato di accettare i carichi di soia provenienti dal Brasile, per
l'alto livello di pesticidi contenuto nei semi. Il Maggi Group ha calcolato
che potrebbero essere necessari molti anni perchè il prezzo torni alto.

A lungo termine, si prevede solo che la domanda di soia cresca. Fintanto che
i consumatori continueranno a chiedere carne di bestiame nutrito con soia e
le banche internazionali continueranno a finanziare la sua crescita, il
Maggi Group farà buoni affari. Ma nel frattempo, l'ecosistema vitale della
foresta amazzonica del Mato Grosso rimarrà in serio pericolo.
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Il Gruppo Maggi in cifre:

Esportazioni annue: 400 milioni di dollari
Capacità di stoccaggio: 1.9 million tons
Soia trasformata ogni giorno 3,000 tonnellate
Fertilizzanti distribuiti: 250,000 tonnellate
Produzione e distribuzione di 270.000 sacchi di semi di soia
Trasporto fluviale di 1.2 milioni di tonnelate l'anno
Produzione di cotone e soia su 92.000 ettari
Produzione diretta di grano: 400.000 tonnellate l'anno

Fonte originale http://www.corpwatch.org/article.php?id=11756, via
www.nuovimondimedia.com con traduzione di Tanina Zappone, segnalato da
http://italy.peacelink.org, 3 gennaio 2005
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