Contributo ----- Il lavoro e il consumo critico



Ho letto questo libro. Metto due pezzi belli!!
GF Zavalloni
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L'arte di vivere è l'arte di conciliare sogni e realtà. Per me questo il vero spirito dell'anarchia; gli uni alimentano l'altra e viceversa, in un circolo felice che noi stessi creiamo. Ci dovrebbe essere un dialogo fra i due mondi, un'armonia. La loro separazione in due campi contrapposti dell'esperienza umana in modi di vivere che si escludono a vicenda, è una tragedia che si riflette in altri settori della vita nella forma di «dissociazioni di sensibilità». Dei matrimoni felici sono andati in pezzi: lavoro e vita hanno divorziato, arte e scienza anche. Le persone hanno divorziato dai propri pensieri; gli specialisti ne hanno preso il controllo.

Nel mondo senza sogni gli esperti arrivisti si sono conquistati i loro piccoli mondi da cui hanno escluso tutti gli altri, a meno che non paghino. Il mondo della mente appartiene agli psicoanalisti, il mondo del governo ai partiti politici, il mondo del cibo ai supermercati e ai loro testimonials a pagamento, chef resi celebri dalla tv o dai giornali. 
Un unico mondo è stato spezzettato in milioni di piccoli mondi, tutti in competizione fra loro. Ciò produce in noi un senso di impotenza e di inadeguatezza. Seguiamo le regole dettate da qualcun altro e chiediamo aiuto ad altre persone. Non sappiamo cosa fare e paghiamo altri perché ci diano consigli. Ma «sognare è gratis» per citare Debbie Harry. È totalmente al di fuori del mondo commerciale. Nessuno è ancora riuscito a ricavare soldi dai sogni, a meno di non voler considerare le parcelle pagate a Sigmund Freud e ai suoi discepoli. Non ci sono gadget legati ai sogni, né fabbriche che producono macchine per sognare. Forse è proprio perché sono gratis che attribuiamo così poco valore ai sogni. Siamo più interessati alle nostre nuove auto che a ciò che sta dentro la nostra testa.

Anche l'amore è una sorta di sogno, l'immagine fantasticata di un futuro stato di perfezione. Quando siamo innamorati, proiettiamo sull'oggetto del nostro amore le speranze di una vita da sogno. Pensiamo che l'altro o l'altra ci aiuterà a far avverare quel sogno. Coleridge descrisse tale sensazione come una «brama istintiva di questa ignota beatitudine». Chiunque sia stato innamorato, anche se solo per poco, conosce l'effetto di esaltazione e di dislocazione che l'innamoramento produce sullo spirito: ci trasporta in una specie di sogno a occhi aperti, in un delizioso limbo. È anche uno stato in cui possiamo entrare o da cui possiamo (di solito) ritrarci a nostro piacimento. Quando siamo innamorati, possiamo decidere senza difficoltà di scordarcene per qualche ora. Poi rievochiamo la sensazione, la facciamo penetrare nel nostro cuore, lasciamo che si sviluppi, che fluisca, e godiamo della sua presenza. In questo senso l'amore assomiglia a un sogno: è uno stato temporaneo, non permanente. Possiamo scegliere di viverlo, invitarlo a entrare e crogiolarci nella sua presenza. Poi possiamo metterlo da parte e andare a pagare la bolletta del gas. Le relazioni finiscono perché nessuna delle due facce dell'amore - né la beatitudine futura né la fantasticata isola che non c'è - sembrano materializzarsi nel lungo periodo. Se ci rendessimo conto che l'amore è un sogno, forse riusciremmo a godercelo senza lasciare che prima ci seduca e poi ci deluda.


	Seguite i vostri sogni: questo consiglio viene ripetuto così spesso che è diventato un cliché. Ma vale la pena rifletterci per un momento. Troppo spesso la nostra società consumistica identifica il perseguimento dei sogni con la ricerca della ricchezza o della fama, o di entrambe le cose. Soldi uguale libertà, questo è il mito che ci viene spacciato. Essere ricchi e famosi è il sogno che ci propinano le riviste scandalistiche come «Hello!» e «Ok!». I soldi e la fama, siamo indotti a credere (o ci facciamo convincere come fessi a credere), ci daranno la libertà e l'indipendenza a cui bramiamo. Siamo per natura creature ostinate; chiunque di voi abbia avuto dei figli saprà che i bambini piccoli sono costituzionalmente arroganti. Non si lasciano dire che cosa devono fare. È per questo che abbiamo inventato una serie di trucchi - punizioni, minacce, ricatti, ricompense, niente tv, niente cioccolato - che hanno lo scopo di piegare i bambini alla nostra volontà. «Fiaccatene la volontà il più presto possibile» era, ricordiamocelo, l'agghiacciante consiglio del predicatore metodista John Wesley. Allo stesso modo noi adulti abbiamo creato una serie di tecniche per opprimere la nostra stessa volontà e renderla sottomessa. Essere ricchi e famosi sembra un sogno così remoto che siamo portati a rinunciarvi del tutto e non tentiamo nemmeno di introdurre dei minuscoli miglioramenti nella nostra vita. L’unico sforzo che facciamo per diventare oziosi è partecipare alla lotteria nazionale una volta alla settimana. No, i sogni non riguardano il denaro. Riguardano voi, e riguardano la qualità della vita e l'immaginazione. Forse la ragione per cui troviamo così difficile accettare questo fatto è la paura: abbiamo paura dei nostri sogni, e perciò li evitiamo deliberatamente.
	Un altro ignobile abuso del termine «sogno» si può notare nel modo in cui il moderno marketing e la propaganda aziendale se ne sono appropriati. Durante il boom delle società «dot com», mi colpiva il modo assurdo in cui nuove e giovani aziende come boo.com parlavano di se stesse in termini quasi visionari: «Abbiamo davanti a noi un sogno» dicevano. «Il nostro personale condivide un sogno. Lavoriamo duro per realizzare quel sogno.» Ma in che cosa consisteva esattamente quel sogno? Nel vendere grandi quantità di abbigliamento sportivo funzionale ai giovani europei? Questo non è un sogno, è soltanto la prospettiva di grossi profitti.
	I veri sogni significano vedere ciò che gli altri non notano. Se avete la testa fra le nuvole, riuscite a vedere il mondo con maggior chiarezza. Forse è per questo che così tanti poeti e visionari muoiono giovani o finiscono alcolizzati: quando la si riesce a vedere da vicino, la verità può essere dolorosa. Può essere insopportabile. La risposta del poeta è creare cose, portare gioia al mondo e raccontare la sua visione a chiunque voglia ascoltare, come fece Blake nei Quattro Zoa, la,sua profezia straordinariamente accurata dei danni che la Rivoluzione industriale e i suoi agenti avrebbero arrecato ad Albione:

E tutte le arti di vita essi mutarono in arti di morte
la clessidra spregiata perché il modo semplice del suo operare
era il modo di operare dell’aratore e la ruota ad acqua
che solleva l'acqua nelle Cisterne spezzata e data alle fiamme
perché il modo del suo operare era simile al modo di operare dei
Pastori 
e inventate in loro vece ruote intricate Ruote senza ruote
per confondere con la loro eccellenza i giovani  e legare a fatiche
di giorno e di notte le miriadi di Eternità affinché potessero levigare
e lucidare l'ottone e il ferro ora dopo ora, in laboriosa opera
tenute all'oscuro dell’uso affinché potessero spendere i giorni della
saggezza 
in miseranda fatica alfine di ottenere un gramo tozzo di pane
e ignare vedere una piccola parte e crederla il Tutto 
e chiamarla una Dimostrazione cieche ad ogni semplice norma di
vita.

	O, come Cicerone scrisse nel De Officiis, «si deve considerare come qualcosa di basso e di vile il mestiere di tutti coloro che vendono la loro fatica e la loro industria, poiché chiunque offra il suo lavoro in cambio di denaro vende se stesso e si mette al livello degli schiavi» [Traduzione da Paul Lafargue, Il diritto all’ozio, cit.]. O ancora, per citare le parole di Charles Handy, «mi è sempre sembrato piuttosto bizzarro il fatto che dovremmo fare la fila per vendere il nostro tempo a qualcun altro. È una forma di schiavitù, schiavitù volontaria. Noi pensiamo che sia una gran cosa, ma è una follia». È lo stesso pensiero che Paul Lafargue, Bertrand Russell, Nietzsche e centinaia di altri scrittori e pensatori hanno espresso nel corso degli ultimi duemila anni. È lo stesso pensiero che voi e io abbiamo avuto.	
Ho davanti a me un sogno. Si chiama amore, anarchia, libertà. Si chiama essere oziosi.

Tratto da
L'ozio come stile di vita
Tom Hodgkinson
Edizioni BUR, Milano 2006




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