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"di ritorno dal kosovo..."



di ritorno dal Kosovo


Ora  sono a casa, la settimana scorsa ero in Kosovo; per la prima volta. I
Balcani sono sempre una scoperta e una riprova allo stesso tempo.
Due giorni di viaggio, quasi una marcia di avvicinamento, su e giù per i
passi dei monti , su e giù per città che non si sentono più spesso, nomi
purtroppo legati  quasi unicamente a fatti di traffici vari.
Pian piano i segni della guerra: case semidistrutte  (emblema frequente di
questa regione dell'Europa), parecchi posti di polizia, frontiera con le
Nazioni Unite, militari di tutti i paesi.

Poi finalmente di sera il nostro "campo"; il giorno dopo verrà riempito di
voci di bambini  col sorriso che chiedono <<Italiano, como stai?>>.
Anche nel nostro campo c'è roba militare, parecchia alla fine, frutto dell'
intelligenza dell'organizzazione del campo e della disponibilità di alcuni
maggiori  dell'esercito italiano. Nonostante tutto questa voglia di
collaborare è preziosa.
L'indomani l'accoglienza  di un kosovaro quando mi avvicino alla casa
semidistrutta, la voglia di mostrare gli spazi una volta abitati, di
raccontrare come è andata, di sedersi con calma a bere un caffè . La
piacevole sorpresa poi nel scoprire che è in ferie come me e abita a poco
più di un'ora da casa mia in Italia!
La sua voce che chiede al fratello se hanno già controllato per le mine!
Ops, non ricordavo più questo problema. ennnesimo "effetto collaterale"
strutturale della guerra.
Da parte mia ascolto e voglia di capire: << si, prima vivevamo vicini, li in
quella casa erano serbi, poi Milosevic e il resto.>>
.Poi i furti nelle case, gli incendi, poi i campi profughi via.gli
internazionali, le bombe, l'odio, la vendetta. Fino a fare del capo dell'UCK
un martire nazionale, fino a  fargli accarezzare a un figlio bambino la
faccia e il busto. Pesante ipoteca sul suo futuro.
No, non provo eccitazione o ammirazione quando ci raccontano delle gesta
"eroiche" di questo, ma potrebbe anche essere l'altro, leader: non ce la
faccio più a sentire tanto sangue, tanto dolore, tante vite uccise.. Non ci
credo più. Ora a dire il vero vedo più divisione di prima, cordoni di forze
armate straniere a mantenere quella che chiamano "Pace".
Se ci sono ancora, dopo tre anni, 35.000 internazionali forse le bombe non
sono servite a molto! O forse sono servite per altro!
E tutti questi investimenti , persone ed energie impiegate con altre logiche
non potrebbero portare a ben altro? La mia domanda si infrange sul muro già
segnato da una granata.
E quel che resta della speranza rimane in quel caffè tra sconosciuti, in
quella voglia di ricostruire, in quei bambini che hanno voglia di
sperimentare.
Speranza di non essere così Umani, solo così.

Cullato dalla musica del posto, un quadro di Petrit mi parla della Speranza:
una strada sterrata porta ad un bivio: una parte va ad una prigione, un'
altra alla morte; l'ultima, diritta, va verso un cielo intenso, dove
lentamente si intravede una colomba . <<Pace >> ci dice.
In un giorno dopo la tensione nella parte nord, Serba, di Mitrovica
contrasta con l'apparenza  di "normalità" che sembra dare a prima vista. Se
qualcuno o qualcosa non va bene, subito tanti occhi lo vedono e agiscono in
gruppo, in barba ai jeepponi delle varie polizie internazionali che
circolano per strada. Purtroppo sembra essere la regola paradossole per ora.
Ancora una volta la legge del più forte.
Vietato capire o intromettersi, in fin dei conti siamo anche gli Italiani
che li abbiamo bombardati.! Mi sembra sentire da più parti.
E con gli albanesi in teoria invece siamo "amici".
Ma alla fine della guerra  sinceramente a me pare di intravvedere solo
sconfitti, perdenti da una parte e dall'altra...
E così un ragazzo albanese ventenne ci confessa di aver avuto paura quando
anche lui è entrato con noi nel monastero ortodosso di Deçan, presidiato dai
militari. <<Io però non sono UCK.>> mi ritorna in mente.
E non lontano dal monastero il militare italiano, un po' troppo esaltato,
che si vanta di essere già stato in Somalia e in Bosnia, mi dà da pensare.
Ma anche Ardian, un ragazzino che ci aiutava a tradurre, mi sorprende con
gioia questa volta, quando mi precede nel darmi il suo indirizzo già pronto
su un foglietto.
Almeno per loro, o forse in realtà per tutti loro e per noi.
.Mirupafshim (arrivederci) Kosovo e Kosovari!

Roberto.