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La privatizzazione dell'Università




La privatizzazione dell’Università in Serbia
di Olgica Andric

Sia nella vecchia Jugoslavia socialista, sia in tempi più recenti, era rispettato un
principio fondamentale: il diritto all’educazione gratuita per tutti. Così, le scuole
principali sono obbligatorie e durano otto anni, e chi non rispetta questa regola viene
processato secondo la legge. 
Le scuole medie e i licei, che coincidono alle scuole superiori in Italia, non sono
obbligatorie, ma anch'esse sono gratuite e in questo modo si offre la possibilità di
studiare a tutti quelli che lo vogliano. Anche l’Università dovrebbe essere gratuita, ma
come si “rispetta” questa regola lo vedremo in seguito.
Negli ultimi anni, dopo il crollo del Muro di Berlino e col disfacimento dei sistemi un
tempo socialisti, in Jugoslavia ha inizio un graduale processo di privatizzazione degli
enti pubblici, innescato dai diktat del Fondo Monetario Internazionale e della Banca
Mondiale. Sorgono le prime scuole private, ma lo Stato riesce, in qualche modo, a
mantenere il primato della pubblica istruzione: così, le strutture per l'educazione di
base e obbligatoria restano statali, mentre le scuole private sono prevalentemente
specifiche: istituti per lo studio di lingue straniere, corsi di specializzazione, scuole
di musica, scuole artistiche.
L’Università era aperta a tutti quelli che erano in grado di seguirla e superare gli
esami. La classificazione veniva stabilita valutando i risultati ottenuti nella scuola
media e nel test d’iscrizione. Agli studenti lo Stato garantiva numerose tutele:
l’alloggio presso le Case dello studente, l’uso delle mense e, soprattutto, la frequenza
gratuita dei corsi universitari. 
Ma, visto che le iscrizioni alle Università aumentavano anno dopo anno e lo Stato
–indebolito dal pesante debito estero e dalle pressioni internazionali (divenute anche
embargo)- non poteva garantire un contributo a tutti gli studenti. E’ stata, quindi,
inventata una nuova categoria di studenti, soggetta al pagamento parziale dei costi di
frequenza. Attraverso un meccanismo fondato sulla meritocrazia, veniva individuata questa
categoria sulla base dei risultati conseguiti nel test d’ingresso. I costi erano, in
qualche modo, adeguati al costo della vita e al reddito annuale.
L’ultima generazione di studenti che è iscritta all’Università con queste regole è quella
del ’98. Un anno dopo, subito dopo l’aggressione della Nato contro la Federazione
Jugoslava, lo Stato decide di abolire i test d’ingresso e di permettere a tutti di
iscriversi all’Università desiderata, ma si inventa ancora una nuova categoria degli
studenti: quelli che finanziano da soli i loro studi. Questo però andava scontrarsi con
una pubblica amministrazione in via di disfacimento: i gruppi e i dipartimenti diventano
numerosi, le classi richiedono più insegnanti, ma il personale a volte viene scelto con
criteri clientelari, non riuscendo così a soddisfare i programmi di lavoro previsti dalle
cattedre e dipartimenti. I passi fatti negli ultimi quattro anni ci fanno comprendere
come l’educazione pubblica in Jugoslavia si stia incamminando sulla strada della
privatizzazione selvaggia. Le Università statali, da un po’ di tempo a questa parte,
hanno trovato come concorrenti diverse Università private: a Belgrado, ad esempio, c’è
una nota struttura privata diretta dai fratelli Karic, magnati dell’emittenza televisiva
(una sorta di Berlusconi serbi) e bancari. Quest' università offre  corsi di formazione
che prendono a modello quelli delle più noti Atenei mondiali. Per iscriversi basta avere
soldi e la volontà di conseguire una laurea senza sforzarsi troppo negli studi. Un'altra
istituzione scolastica privata è l’Accademia dello sport, creata apposta per i futuri
allenatori delle varie discipline. 
Nel 1998 appare una nuova legge sull’Università, proposta e votata dai deputati del
Partito radicale serbo. La legge prevedeva una serie di benefici agli studenti che
ottengono buoni risultati, ma la legge non fu applicata nel suo complesso, trovando
numerosi ostacoli nelle “baronie” universitarie. Tra l’altro, quella legge prevedeva la
possibilità di disputare gli esami ogni mese, facilitando la pianificazione degli studi.
Da quest’anno, invece, chi vuole iscriversi all’Università e non è così bravo da poter
occupare un posto alto nella graduatoria d’accesso, dovrà rimboccarsi le maniche. Anche
se non diretta, la privatizzazione dell’Università in Serbia tende a seguire gli modelli
europei, fortemente condizionati dall’ingresso nell’UE e dalla globalizzazione
neoliberista. La categoria degli studenti che pagano parzialmente gli studi non esiste
più. Quelli meno bravi devono pagare la somma stabilita dall’Università. E, a partire da
questo mese, alle Università serbe è stato chiesto di assorbire 35.000 dei nuovi studenti
e, assurdamente, di elevare il costo degli studi ad un a cifra che va da 1.500.000 fino
ai 3.000.000 l’anno. Un prezzo improponibile, dato che lo stipendio medio mensile di un
cittadino serbo si aggira sulle 150.000 lire!
Queste somme hanno sorpreso, naturalmente, sia i futuri studenti che le loro famiglie,
oltre a provocare tantissime proteste. Il Ministero dell’educazione, saldamente in mano
alla destra del DOS, ha dato la via libera al processo di “autonomia” delle Università
(un po’ come avviene anche in Italia), permettendo loro stabilire i prezzi dello studio.
Gli studenti scontenti hanno reagito subito, mobilitandosi per difendere i propri
diritti.
Hanno dovuto prendere posizione contro questo provvedimento, inviso alla stragrande
maggioranza della popolazione serba, anche quei gruppi che avevano assicurato il loro
appoggio al DOS contro il governo socialista di Milosevic.La presidentessa  dell’ “Unione
degli studenti” (organizzazione legata al potere attuale e considerata vicina al
movimento “Otpor”) di Belgrado, Kristina Vujicic, ha commentato in questo modo l’attuale
situazione: <<Le facoltà si sono trovate in un circolo vizioso; il Ministero ha permesso
loro stabilire i prezzi dello studio, senza affermare quanti soldi servano per finanziare
le istituzioni scolastiche dalla cassa statale. Così si è creata questa situazione.
Perché dovremo pagare i prezzi alti dello studio se sappiamo bene che la qualità delle
lezioni è molto bassa, le facoltà sono organizzate male senza le condizioni per svolgere
i processi didattici e le riviste specialistiche e i computer sono un sogno. Tutto è
stato stabilito in un modo poco serio e quelli che soffrono alla fine sono studenti>>.
Ma questa affermazione bisogna essere analizzata dal punto di vista critico, visto che la
Vujicic è stata colei che prometteva agli studenti, in caso di vittoria dei suoi alleati,
la modernizzazione delle Facoltà,  biblioteche multimediali e altre promesse. Con quali
mezzi finanziari? Adesso sembra che gli sponsor dell’Otpor provenienti dall’Usa abbiano
dimenticato le loro creature, pensando ad priorità più importanti. 
Gli studenti commentano queste nuove regole e sono convinti che d’ora in poi potranno
iscriversi all’Università soltanto i figli dei nuovi ricchi. L’insoddisfazione è presente
in tutte le facoltà e tutti pensano di essere coinvolti in una grande congiura, ordita
dalle potenze straniere. Quest'umore si è notato anche alla riunione del Comitato
dell’Università di Belgrado, dove è stato presente anche il Ministro Gašo Kneževic.
Un’occasione nella quale la rettrice dell’Università di Belgrado ha dichiarato: <<
L’Università è trascurata, non se ne rende conto né il Governo né i Ministeri, non
abbiamo i mezzi finanziari per un normale processo formativo, per la pubblicazione del
materiale scolastico e per la collaborazione internazionale, dobbiamo trovare da soli i
modi per sopravvivere>>.
Questi problemi non si ponevano prima, ma la voglia dell’integrazione nell’Europa e la
necessità di privatizzare gli enti pubblici ha creato le difficoltà insuperabili. La
regola “scuola gratuita per tutti” non esiste più. Chi vuole studiare deve pagare il
prezzo più alto rispetto anche alle Università in Italia e, considerando la bassa qualità
della didattica, è logico che i giovani scelgano di iscriversi alle Università estere, a
parità di costo. La forte Università jugoslava dei decenni precedenti si è persa nel
vento dell’integrazione europea. Purtroppo, gli effetti negativi sono tantissimi, e il
prezzo non coincide con la qualità. E si pone una domanda logica: vale la pena sprecare
tanti anni e tanti soldi per lo studio all’Università quando né le Università né lo Stato
garantiscono ai futuri laureati il lavoro sicuro e l’assunzione agli enti pubblici? 



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