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Una storia da fantascienza - "Oslobodenje"



L'articolo che avevo mandato su "Oslobodenje" l'altro giorno era in
inglese, so che molti di voi hanno problemi con l'inglese e mi hanno
chiesto se posso tradurre qualcosa, ma purtroppo le traduzioni portano via
un sacco di tempo. Qui pero' fa una montagna di ottimo lavoro Notize Est,
ed ecco che e' arrivata anche la storia di "Oslobodenje", l'ex primo
quotidiano della Bosnia (l'articolo e' del settimanale "Dani" di cui in
Bosnia mi parlano molto bene, dicendo che fanno lotte all'amra bianca con
le varie mafie locali, rischiandoci la pelle).

Ai tempi della Jugoslavija, ogni repubblica aveva il suo quotidiano
centrale, quindi la Slovenia aveva il "Delo", la Croazia il "Vjesnik", la
Bosnia "Oslobodenje" e cosi' via, ovviamente tutti sorretti con denaro
pubblico, che tendenza avessero segue logicamente, centinaia e centinaia di
dipendenti con buone paghe e tutti i benefici... cosa che ovviamente ha
molto a che vedere con il disastro economico e la confusione di oggi.
Tenete presente che le singole repubbliche che componevano la Jugoslavija
hanno mercati "micro" (vendite di qualche decina di migliaia di copie sono
gia' un successo eccezionale), mercato pubblicitario potete immaginare,
quindi da dove diavolo dovrebbero saltar fuori i soldi per pagare centinaia
di stipendi? Mistero.

Come per tutte le aziende statali, migliaia e migliaia di lavoratori
nell'ex Jugoslavija non hanno in realta' capito cosa li ha colpiti. Stanno
passando brutalmente da una situazione iperprotetta (la Jugoslavija aveva
qualcosa come ventidue miliardi di dollari di debito estero, prima della
guerra,visto che ovviamente foraggiare tutte queste strutture improduttive
costava), che non capivano da dove venisse, ad una di giungla totale e
brutale, che ancora meno capiscono da dove viene. Una situazione in cui i
vari "potenti" stanno facendo man bassa di tutto quello che ha ancora un
valore, spesso in combutta con interessi esteri fuori da qualsiasi
controllo.

La cosa piu' tragica pero' e che, in gran parte, manca una classe sindacale
capace di tirar fuori le unghie. Fino a un decennio fa, in buona misura i
sindacati ufficiali erano un'altra delle cinghie di trasmissioni del
partito, ed un'ennesima struttura di potere. En passant, le notizie che
arrivano su reazioni violente contro i sindacalisti dell'era Milosevic, non
necessariamente sono un assalto dei fascisti in combutta con gli
imperialisti, gente mia! I dirigenti sindacali sono visti come figure di
potere che spesso si sono ingrassati, in cambio per il loro fedele supporto
al regime, mentre la maggior parte della gente faceva la fame. Attenzione a
chi andate a difendere.

Quindi, leggetevi la storia qui sotto, probabilmente vi sara' noiosa per
tutti i dettagli di nomi difficili di gente e situazioni a voi sconosciute,
ma cercate di reggere fino in fondo.

Perche' e' esemplare di centinaia di storie simili che stanno accadendo
ovunque, e con gli scontri etnici non c'entrano un accidente (a parte
nascondercisi dietro, quando queste cricche di ladri e truffatori invocano
bandiere e patriottismi per giustificare il saccheggio del loro stesso
popolo).

Questo non e' un problema che abbia portato la Nato, per quanto le
amministrazioni coloniali in Bosnia e Kosovo stanno peggiorando e non
migliorando la situazione, e agli "investitori esteri" spesso faccia comodo
pescare nel torbido (mica sempre pero', perfino loro ci si spaccano le
gambe).

Un aiuto serio alla gente di la' sarebbe un trasferimento di esperienze di
organizzazione sindacale seria, un sostegno a capire i meccanismi di quel
che sta succedendo e idee su come battersi per i proprio diritti.

A mettere i Macedoni contro gli Albanesi (e i Serbi contro i Croati, i
Bosniaci contro entrambi e cosi' via e cosi' via), per derubarli meglio, ci
pensano gia' i loro politici. Non e' proprio il caso che ci mettiamo anche
noi...

paola



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NOTIZIE EST #444 - BOSNIA
4 giugno 2001
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LE ULTIME DIMISIONI DI SALKO
(di Ermin Cengic - "Dani", 25 maggio 2001)

Dopo sei giorni di sciopero e la prima interruzione
della pubblicazione in 58 anni di esistenza, il piu'
vecchio quotidiano bosniacoerzegovese dovra' di nuovo
uscire in edicola. La rivolta contro la direzione del
giornale, che e' stata innescata da un gruppo di
giovani giornalisti, ha costretto il direttore e il
redattore capo a dare le dimissioni e il proprietario
maggioritario sloveno a promettere il pagamento degli
stipendi e l'uscita dall'abisso finanziario dentro il
quale questa casa dei media e' caduta da un po' di
tempo. Dopo tutto, la sola cosa rimasta da fare e' che
i giornalisti rendano "Oslobodjenje" migliore, di
miglior qualita' e con una maggiore tiratura, o
altrimenti questo giornale, semplicemente, fallira'.

"Questo era inevitabile. Loro hanno vissuto
continuamente nella falsa convinzione della tradizione
di ""Oslobodjenje"", sulla sua grande influenza presso
le istituzioni internazionali, sul fatto che noi siamo
un giornale la cui posizione e' rispettata e stimata.
Contemporaneamente pero', la tiratura diminuiva, gli
stipendi ritardavano, la concorrenza era spietata.
Doveva arrivare, finalmente, una generazione piu'
giovane di giornalisti che avrebbe detto che non si
vive di sola tradizione, ma piuttosto di stipendi". In
queste poche parole di Sejad Luckin, vice del redattore
capo di ""Oslobodjenje"" fino a poco tempo fa, si
potrebbe riassumere tutto quello che e' successo in
questi giorni mesi e anni nel piu' vecchio quotidiano
bosniacoerzegovese. Quello che "era inevitabile" e' la
vera rivolta dei giornalisti di questo giornale che da
giovedi' 17 maggio hanno smesso di scrivere,
annunciando che "Oslobodjenje", dopo 58 anni, avrebbe
cessato di apparire in ogni edicola e nelle mani dei
distributori di giornali.

L'ELENCO DEI DEBITI
(Loro), Salko Hasanefendic - il direttore, Emir
Hrustanovic - vicedirettore e Mirko Sagolj -
caporedattore e responsabile, probabilmente non hanno,
al primo colpo, compreso le vere dimensioni dello
sciopero a "Oslobodjenje", cosi' per altri due giorni
hanno pubblicato il giornale senza la partecipazione
del 99% dei giornalisti, per poi riconoscere infine che
il giornale non puo' essere fatto soltanto dai
"crumiri" Fahro Memic e Slobodan Stajic, redattori
delle rubriche di politica interna e di politica
estera. Cosi' il 20 maggio 2001 Dnevni avaz e' rimasto
senza concorrenza (dal momento che Jutarnje Novine non
lo e' affatto), e circa 6.500 lettori (tale, si dice,
fosse la tiratura media di "Oslobodjenje" dell'ultimo
periodo) senza il loro giornale. Allo stesso tempo, "i
giornalisti piu' giovani", guidati da Antonio Prlenda,
primo uomo dei Sindacati, hanno allargato le loro
richieste iniziali circa il pagamento degli stipendi
non diminuiti e la pubblicazione dell'elenco dei debiti
del dopoguerra, con la richiesta di sostituire
Hasanefendic e Sagolj. Gli scioperanti - provocati,
come dicono, dall'atteggiamento irresponsabile e
prepotente della dirigenza dell'azienda nei confronti
dei dipendenti (di cio' fa parte anche il licenziamento
dell'impiegato del Desk Mugdim Galijasevic, dopo che si
e' rifiutato di continuare a lavorare) e dalle minacce
di licenziamento per i giornalisti aderenti allo
sciopero - hanno rifiutato qualsiasi trattativa con
Hasanefendic, chiedendo al consiglio di sorveglianza di
adempiere alle loro richieste.

Ma la malasorte ha donato ai giornalisti del giornale
che ha ricevuto addirittura 18 diversi premi
internazionalmente riconosciuti, un'amministrazione che
ha agito in modo tale da portare l'azienda ai livelli
piu' bassi dalla sua nascita, ma anche
un'amministrazione che non potevano sostituire ne' il
sindacato ne' gli scioperanti, ma soltanto ed
unicamente i proprietari del giornale. Il secondo
problema piu' grosso dei giornalisti e' che nemmeno
loro stessi, quando e' iniziato lo sciopero, sapevano
chi fossero i reali proprietari di Olsobodjenje, cosi'
durante lo sciopero si e' chiarito che si tratta del
"partner strategico sloveno". Quando quest'ultimo ha
fatto finalmente la sua comparsa nelle figure di Matjaz
Gantar e Matiaz Princic,  rappresentanti di "Kmecka
druzba", proprietari del 39% delle azioni del giornale,
anche gli scioperanti hanno riformulato le richieste,
chiedendo al consiglio di amministrazione di scegliere
un caporedattore temporaneo, che l'assemblea degli
azionisti durante la successiva seduta avrebbe scelto
il nuovo consiglio amministrativo e che quest'ultimo
scegliesse la nuova direzione, il direttore e il nuovo
caporedattore. Gli sloveni, da buoni sloveni, hanno
subito inteso che l'insistere sui rapporti di
proprieta', sui diritti degli scioperanti e altre
sciocchezze simili sulle quali si basa l'economia
globale, non ha senso nella nebbia della
privatizzazione che avvolge la Bosnia ed anche
Olsobodjenje e in modo molto pragmatico hanno accettato
le richieste degli scioperanti. Ma ce ne e' ancora di
piu', perche' nel momento in cui e' scoppiato lo
sciopero, la Kmecka drustba non era ancora iscritta
ufficialmente nel Registro dei titoli, e gia' nella
ricapitalizzazione ha dato quasi due milioni di marchi,
che sono stati per la maggior parte anche spesi. Sia
come sia, la giornalista Senka Kurtovic si e' seduta
temporaneamente sulla poltrona di Mirko Sagolj e
"Oslobodjenje" apparira' nelle edicole lo stesso giorno
in cui uscira' anche questo numero di Dani. Ai
giornalisti e' stato promesso che anche gli stipendi
saranno pagati, ma in tutto questo raggiro riguardo la
spiegazione giuridica e la soluzione dei rapporti fra i
proprietari, l'amministrazione e gli operai, e' stato
messo in secondo piano "il piccolo milione" di ragioni
per le quali e' scoppiato lo sciopero. Esse risalgono
al periodo della guerra, quando "Oslobodjenje" ha perso
lo stabile perche' era troppo vicina ai cannoni
dell'artiglieria di Mladic e ha subito  danni che sono
stati valutati in 37 milioni di marchi. L'immagine che
allora questo giornale ha avuto in tutto il mondo
valeva molto piu' di tale danno, ma al pubblico e'
stato reso noto soltanto che la somma della donazione
che Olsobodjenje ha ricevuto durante la guerra, secondo
l'affermazione dell'allora direttore Hasanefendic - e'
di 4,5 milioni di marchi.

Dove sono finiti i milioni? In cosa sono stati spesi
quei milioni di marchi, i lavoratori di Olsobodjenje
non lo hanno mai saputo. Come non gli e' mai stato
chiarito quali sono gli effetti finanziari della
pubblicazione settimanale del giornale che pubblicava
la redazione a Ljubljana, con il prezzo di copertina di
3,8 marchi.

Naturalmente nessuno, ne' i giornalisti, ma neanche
altri fuori dal giornale, eccetto i membri informati
dell'amministrazione, ha mai saputo i risultati della
trattativa d'affari con la Benetton italiana in cui era
entrata "Oslobodjenje", o piu' precisamente: il suo
direttore. L'unica cosa che i giornalisti hanno saputo
fare e' stato contare gli stipendi non pagati, cosi'
per cinque anni ne hanno contati in totale dodici.
Tuttavia nemmeno contare era la cosa piu' forte, quando
era gia' iniziata la famosa privatizzazione. Sebbene la
privatizzazione fosse finita con il grande titolo sulla
prima pagina del giornale "i proprietari di
"Oslobodjenje" sono i suoi lavoratori", tra gli
scioperanti che cercavano i loro diritti si e' diffusa
la storia che possiedono soltanto il 3,5% delle azioni
del giornale che hanno, per cosi' dire, comprato!? Per
ricordarci, nell'aprile dello scorso anno, che come
proprietari di "Oslobodjenje" sono stati veramente
nominati 141 dei suoi lavoratori, ma anche Hasanefendic
e Temin Dedic, "partner strategico" dalla Germania e
presidente attuale del consiglio d'amministrazione.
Invece che per la cifra iniziale di 2,8 milioni di
marchi hanno comprato "Oslobodjenje" per 4,8 milioni,
con l'obbligo di impegnarsi con le rate e di investire
entro tre anni 1,295 milioni di marchi per la
ricostruzione dello stabile e per far partire le nuove
edizioni, ed inoltre l'assunzione di 40 nuovi
dipendenti. Affinche' l'ironia sia maggiore, Adnan
Mujagic, l'allora direttore dell'Agenzia federale per
la privatizzazione, ha raccomandato in modo
"visionario" questo modello di privatizzazione anche
alle altre ditte perche' con esso "si sono conciliati
gli interessi dei dipendenti, del management e
dell'investitore strategico".

Al fine di, probabilmente, giustificare il 40% della
proprieta' del giornale che avevano allora, i
lavoratori sono stati costretti a ottenere dei crediti,
anche piu' di 5.000 marchi, benche', in modo parallelo,
gli stipendi continuassero a ritardare. Che cos'e' la
privatizzazione, l'hanno capito solamente quando dalla
banca sono iniziati ad arrivare gli avvisi per la
restituzione dei crediti. Naturalmente, quelli che in
modo ordinario non hanno ricevuto gli stipendi non
sapevano dove andare a prendere i soldi, cosi' gli
avvisi hanno cessato di arrivare, probabilmente, dopo
l'intervento della direzione alla Universal banca, il
rappresentate della quale e' seduto nel consiglio di
amministrazione del giornale. Oggi quando descrivono il
periodo della privatizzazione, i giornalisti di
"Oslobodjenje" dicono che tutto era, a quel tempo,
segreto professionale. "Anche lo statuto che gli
azionisti dovevano approvare mediante l'assemblea, due
tre giorni prima dell'assemblea era ancora un segreto
professionale. La gente non sapeva affatto che statuto
avrebbe approvato. Ma tutto cio' lo abbiamo accettato
con la speranza che qualcosa sarebbe cambiato. Alla
fine era arrivato tale Temin Dedic, che aveva detto:
'gente, io ho portato cosi' tanti marchi e voglio che
da ogni marco ci sia un guadagno'".

Anche i giornalisti volevano il guadagno, ma al posto
dello stipendio, hanno ricevuto " la nebbia" della
privatizzazione che Edina Kamenica, una dei migliori
giornalisti di questo giornale descrive "come qualcosa
di intoccabile": "Durante la riunione dei dipendenti,
organizzata a quei tempi, ho chiesto: dove vado
prendere i soldi, con cosa partecipero' alla
privatizzazione, e l'allora 'direttore per i soldi' mi
ha risposto: 'eee, Edina, non si puo' dalla produzione
corrente entrare nella privatizzazione. E dove sono i
fondi neri?' Quando volevo chiedere di quali fondi neri
stesse parlando, tutti hanno gridato la stessa cosa, la
riunione e' stata interrotta e noi non abbiamo mai piu'
avuto l'opportunita' di riunirci, e tutto il resto e'
stato qualcosa di torbido".

Quando e' iniziato il "torbido"? Nessuno dei
giornalisti sapeva nemmeno se il vero torbido era
finito o era appena iniziato quando nel febbraio di
quest'anno la Kmecka druzba e' diventata  proprietaria
del 39% delle azioni di "Oslobodjenje" e il secondo
"partner strategico". Naturalmente, lasciando il
pacchetto azionario maggiore agli sloveni, i lavoratori
hanno calcolato che due milioni di marchi che hanno
ricevuto avrebbero cambiato in modo radicale la loro
situazione. Secondo le parole degli scioperanti,
l'unico cambiamento e' avvenuto dentro il parco
macchine, che si e' arricchito di tre autovetture
comprate per i membri della direzione e
contemporaneamente e' stato comprato il giornale Zena
21 (Donna 21, N.d.T.) e quindi pagato, come si dice,
"lo sfarzoso spettacolo con l'elezione della donna
dell'anno". Tuttavia, il direttore Hasanefendic, per
Dani, ha detto che i due milioni che ha dato la Kmecka
druzba sono stati utilizzati per il "risanamento degli
obblighi delle rate".

"Ci stiamo ancora oggi chiedendo chi e' questo nostro
partner sloveno. Non ho idea di chi sia il proprietario
di "Oslobodjenje". La cosa peggiore che c'e' e' che io
sento le argomentazioni della direzione, con le quali
si dice che questa non e' autogestione e che e'
arrivato il tempo della privatizzazione. Cosi', il
tempo della privatizzazione diventa il tempo della
ladreria e da noi dipendenti ci si aspetta che
diventiamo gli schiavi", afferma rassegnata Kamenica.
E' venuto fuori che gli operai in questo modo hanno
perso l'influenza sulle decisioni strategiche
all'interno dell'azienda e poiche' non hanno mai avuto
i soldi l'unica cosa che gli rimane e' lottare per
essi, richiamando pubblicamente la direzione del
giornale. Edina Kamenica ancora tre anni fa era una dei
pochi coraggiosi: il modo aperto di criticare il
giornale per cui lavora, reso noto a "Dani", ha avuto
come risultato che alcuni dei suoi colleghi non la
salutassero e non le rivolgessero piu' la parola, e le
e' capitato che alcuni le dicessero che esporre le
debolezze interne al pubblico e' un tradimento!?
Proprio per tale modo di pensare, al pubblico in
generale sono rimasti sconosciuti la forza della
agitazione e i "mini scioperi" che hanno scosso
"Oslobodjenje" negli anni passati. Secondo le
affermazioni di Kamenica, il principale comitato di
sciopero e il sindacato, gia' da mesi, nel periodo in
cui i giornalisti dovevano prendere lo stipendio,
facevano il tira e molla con l'amministrazione. "Questo
e' il tempo dei traumi e delle lotte". La stessa cosa
vale anche per i contributi che non vengono versati,
tanto che per i giornalisti non e' possibile nemmeno
stare in malattia. Pertanto non sorprende neanche la
disperazione della gente che non ha l'assicurazione
sulla salute, tutto questo mentre la Direzione, per il
loro bene, compra tre nuove automobili lussuose.

"Noi abbiamo avuto una situazione simile circa due anni
e mezzo fa. Abbiamo visto che il carro andava in
discesa, che la tiratura stava diminuendo e che l'unica
cosa era che forse si beveva qualche bicchiere di
whisky in piu'. Allora abbiamo cercato di operare una
svolta, al fine di restituire la vecchia gloria di
"Oslobodjenje". Abbiamo scelto Mirko Sagolj come
presidente del Sindacato. Invece lui e' stato scelto
per il posto di caporedattore e responsabile e ne ha
ricevuto alcuni benefici. E' stato un peccato che
allora non sia accaduto quello che sta accadendo
adesso. Si e' creata una palude dentro la quale non
succede niente, tranne la diminuzione della tiratura e
per questo sono necessari dei cambiamenti radicali di
concezione ", dice il reporter di questo giornale Sefko
Hodzic uno di quelli che piu' di tutti
"saltava" sulle linee del fronte durante la guerra.

COME E' ARRIVATO MIRKO
Riguardo alla scelta di Sagolj come caporedattore, un'altra delle situazioni
sospette che sono state  sottaciute per la "pace in casa", ha parlato anche
Sejad Luckin, che nel marzo del 1999, dopo le dimissioni di Mehmed Halilovic,
sarebbe dovuto diventare il primo nome di "Oslobodjenje". "Quando l'ex
caporedattore Halilovic e il direttore Hasanefendic hanno dato le dimissioni,
e' stato fatto un concorso. Nessuno della casa si e' presentato per il
posto di
caporedattore, e Hasanefedic si e' presentato ed e' stato scelto di nuovo come
direttore. Allora dal Sindacato, a capo del quale era Sagolj, e' giunta
l'iniziativa di decidere con una votazione l'elezione di colui a cui si
sarebbe
offerto di diventare caporedattore. La votazione e'
iniziata, poi e' stata interrotta, poi si e' discusso
per l'intera notte; io allora non ero presente alle
riunioni, e quando alla mattina sono arrivato al lavoro
qualcuno mi e' venuto in contro e mi ha fatto le
congratulazioni dicendo che sono diventato il vice del
caporedattore responsabile, e che Mirko Sagolj e' stato
eletto come caporedattore. Dopo mi hanno detto di non
arrabbiarmi, perche' in tale riunione e' stato detto
che ero un po' vicino allo SDA, poi che sono un po'
troppo giovane, e quando ho chiesto che cosa c'entro io
con cio' mi hanno risposto: 'perche' tu hai preso piu'
voti per il posto di caporedattore...' Allora gli ho
chiesto, quando avevano gia' scelto chi era il
caporedattore, chi mi ha chiesto di essere il vice. Ho
detto che non se ne parla neammeno, ma mi hanno detto
di non prendermela, che non si fa la differenza, e
allora grazie all'opera di convinzione da parte di
alcune persone e alcuni amici ho accettato, poiche'
Mirko Sagolj mi ha detto che era pronto a fare dei
cambiamenti radicali, che in tale situazione
significava anche un conflitto con l'amministrazione".

"Allora e' iniziato, abbiamo addirittura iniziato ad
aumentare la tiratura e abbiamo raggiunto il massimo di
9.500 copie vendute nella BiH [Bosnia-Erzegovina]. E'
arrivata la privatizzazione e sono iniziati alcuni
giochi che io non capivo, ma ho pensato che
probabilmente sarebbe arrivato qualche padrone piu'
intelligente, che avrebbe portato i soldi e che ci
avrebbe detto che sono finiti i tempi delle
mascalzonate e degli imbrogli. Quindi e' passato anche
questo, poi sono arrivati gli sloveni e allora ci hanno
promesso alcuni nuovi progetti. Tuttavia, da gennaio
quando sono arrivati quei soldi, nulla e' cambiato e il
giornale ha cominciato a cadere sempre piu' e
successivamente ho dato le dimissioni...".

Ne' questa come anche le prime dimissioni delle persone
di "Oslobodjenje" non hanno risolto ne' risolveranno
qualcosa se non si cambiera' in modo radicale il modo
di pensare sia della direzione, che ha vissuto sui
terreni coltivati e sui principi del comunismo
fraterno, che di una parte dei giornalisti e degli
operai che fino a qualche giorno fa forse erano
veramente convinti che la tradizione, l'immagine, i
premi  e i meriti di guerra gli avrebbero pagato gli
stipendi. Pertanto  la fortuna di questo giornale e dei
 suoi lettori e' che in "Oslobodjenje" lavorano anche
persone che la pensano in questo modo: "ci possiamo
illudere che sia un giornale splendido, un giornale
magnifico, ma come giornale e' uno zero. Quando lo apri
alla mattina, qualcosa si ribalta dentro di te, perche'
con le persone che ci sono qua potrebbe essere cento
volte migliore. Secondo quelli contro i quali siamo
adesso, questo giornale potrebbe esistere ancora mille
anni e loro si sentirebbero a posto. A noi non serve un
tale giornale...poiche' anche il giornale che in questi
giorni tace, forse dice di piu' di quello che ha detto
in alcuni degli  anni passati".

(traduzione di Ivana Telebak e Luka Zanoni)


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