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Notizie Est #270 - Kosovo
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- Subject: Notizie Est #270 - Kosovo
- From: "Est" <est@ecn.org>
- Date: Fri, 22 Oct 1999 17:46:18 +0200
- Posted-Date: Fri, 22 Oct 1999 17:58:38 +0200
- Priority: normal
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NOTIZIE EST #270 - KOSOVO
22 ottobre 1999
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[In Notizie Est #259 del 20 settembre scorso
abbiamo pubblicato alcuni brevi brani di un
articolo che riassumeva un'inchiesta sulla
composizione sociale dell'UCK nel momento della
sua smobilitazione. Riceviamo ora da Franz
Gustincich (che ringraziamo) e pubblichiamo qui
sotto, a titolo documentativo, un articolo piu'
diffuso sullo stesso argomento, comparso
recentemente sul settimanale kosovaro Pasqyra
(Specchio), una pubblicazione stampata in
Germania che ha fatto la sua prima comparsa il 7
ottobre 1999, presentandosi con un aspetto
moderno, ben impaginato e con discreto risalto
alle immagini. Piu' sotto riportiamo la
traduzione di un breve riassunto del rapporto
della International Labour Organization
intitolato: "Occupazione e protezione dei
lavoratori in Kosovo"]
IL PROSSIMO FUTURO DEI COMBATTENTI (dell'UCK
N.d.T.)
di Iliriana A. Bajo - (Pasqyra)
Per la prima volta nella sua storia il Kossovo
ha le proprie truppe di difesa.
Dopo 60 giorni dalla firma dell'accordo per il
disarmo con le forze internazionali, il TMK,
Trupa Mbrojtiese te Kosoves (Truppe difesa del
Kossovo, ex UCK, N.d.T.) e' ora operativo.
Il TMK deve essere presente anche nel processo
di rinnovamento del Kossovo, devono pero'
prepararsi ad affrontare le emergenze civili.
Il TMK conta 5000 uomini tra i quali 2000
riservisti.
Una parte di questo "esercito" viene dalle fila
dell'UCK, un'altra parte sta per essere
arruolata tra la popolazione civile. Fonti
internazionali sostengono che la creazione di
questo corpo e' il risultato della
collaborazione tra KFOR, UNMIK e UCK.
Profilo del soldato dell'UCK
Scolarizzazione
L'International Migration Organization ha
censito i militari dell'UCK per conoscere la
situazione sociale, la scolarizzazione e le
professionalita' prima, durante e dopo la
guerra.. Sono stati registrati piu' di 10700 ex
soldati dell'UCK nel quadro dei programmi di
integrazione sociale. Il 99% sono stati
arruolati tra il 1998 ed il 1999, di questi il
13% erano comandanti ed ufficiali con diverse
responsabilita' ed incarichi, il resto
costituivano la truppa, tra i quali soldati
circa il 30% non avevano finito la scuola
superiore, ed il 16% avevano frequentato le
scuole commerciali (3 anni di corso anziche' 4).
Tra gli ufficiali il 34% possedeva il diploma di
scuola media superiore, il 20% erano i laureati
e l'11% avevano il diploma di laurea breve,
quindi soltanto il 4% ha terminato gli studi
universitari. Un altro 11% si e' arruolato
interrompendo l'universita'.
I due terzi dei militari registrati erano di
eta' compresa tra i 19 e 26 anni, il 13% erano
al di sotto dei 18 anni: il 93% erano comunque
soldati al di sotto dei 39 anni.
Situazione sociale
La stessa fonte dell'OIM fa sapere che 9000
soldati sono capifamiglia, responsabili di
70.000 persone, tra cui 10.000 bambini.
Il 19% del totale dei registrati attualmente
vive in villaggi diversi da quelli di nascita ed
hanno dichiarato di voler tornare, mentre il
restante 81% non si sono mai allontanati dalle
loro case. Il problema per il ritorno e' la
mancanza di rifugi, poiche' la maggior parte
delle case dei militari dell'UCK sono state
danneggiate o distrutte. Tra questi il 17% hanno
case che possono essere riparate facilmente,
mentre il 16% hanno case distrutte ed hanno
bisogno di ricostruirle totalmente. Solo il 12%
ha la casa abitabile ed un altro 1% ha trovato
la propria abitazione occupata da altre famiglie.
Cio' rasenta l'emergenza, poiche' cio' significa
che quasi 70.000 persone hanno problemi
abitativi.
A questo si aggiunge la disoccupazione: il 36%
dei soldati erano disoccupati anche prima di
arruolarsi, solo circa il 13% avevano un lavoro
permanente in diverse aziende di cui il 3% nel
pubblico impiego. Il 9% erano commercianti, ed
il 16 % era occupato nell'agricoltura. I
restanti, pur lavorando non godevano di un
salario costante.
3500 soldati chiedono di ricominciare il proprio
"business" (commercio casuale, nell'accezione
comune, N.d.T.), pero' c'e' una barriera
costituita dalla mancanza di capitale.
La maggior parte dei soldati non vuole tornare
nei posti di lavoro occupati precedentemente, la
ragione e' la stessa per tutti: desiderano
iniziare un lavoro nuovo, migliore e piu'
sicuro. La mancanza di specifiche
professionalita' rappresenta spesso un ulteriore
ostacolo alle aspirazioni.
Un terzo vorrebbe essere impiegato per lo
sminamento del Kossovo, un'altra parte vorrebbe
essere arruolata nelle forze di polizia che si
stanno costituendo, gli ex militari in genere,
hanno richiesto di essere inquadrati
nell'amministrazione civile.
Questa e' la radiografia dell'UCK, o meglio dire
degli undicimila censiti, realizzata nel corso
di un mese dall'OIM, dalla KFOR e dell'UNMIK.
Tutte queste informazioni sono state approvate
dall'UCK che ha anche collaborato per la
raccolta.
Per evitare ulteriori problemi sociali, sara'
necessario aumentare di alcune migliaia il
numero di ex soldati arruolati nelle truppe di
difesa (TMK), come sostengono anche gli ideatori
della trasformazione dell'UCK.
(Traduzione a cura di Franz Gustincich)
IL MERCATO DEL LAVORO DEL KOSOVO IN UNO STATO
"CROLLATO"
da "ILO News"
Ginevra, 19 ottobre 1999
Almeno due terzi della popolazione del Kosovo in
eta' di lavoro e' ufficialmente senza lavoro e
coloro che hanno un'occupazione lavorano in
quello che un rapporto preparato per la
International Labour Organization ha descritto
come una "vasta economia grigia", in condizioni
di impiego che rappresentano un "vuoto legale".
Un rapporto intitolato "Occupazione e protezione
dei lavoratori in Kosovo", reso pubblico oggi a
Ginevra, descrive nei dettagli un'economia e una
societa' in cui le istituzioni fondamentali del
mercato del lavoro si sono deteriorate in misura
catastrofica durante un decennio che ha visto
tensioni civili e guerra combinarsi con un
disastroso calo del PIL generale del 50%.
Il rapporto nota che, anche se e' estremamente
difficile ottenere dati affidabili (visto che
moltissimi documenti ufficiali risultano
inaffidabili o distrutti) l'attuale popolazione
del Kosovo e' stimata come pari a circa 1,8-1,9
milioni di persone, una cifra diminuita rispetto
al dato di 2,3 milioni nel 1997 [oltre al
recente esodo di serbi e rom, il rapporto
segnala, nella parte non tradotta di questo
testo, che il numero di albanesi del Kosovo che
lavora all'estero e' stimabile in 400.000 -
N.d.T.].
In termini demografici, la popolazione e'
preponderantemente giovane. All'inizio degli
anni '90, il 58% dei kosovari aveva meno di 25
anni e il decennio ha visto un tasso di nascite
costantemente alto.
Sulla popolazione del Kosovo in eta' di lavoro,
circa 1.330.000 persone, solo il 35% (circa
469.000) puo' essere descritto come
economicamente attivo, mentre il 65% (861.000)
e' economicamente inattivo o disoccupato. Le
attivita' agricole danno lavoro a 106.300
persone, circa il 23 per cvento della forza
lavoro attiva. Le donne sembrano essere colpite
in modo particolarmente duro dalla
disoccupazione visto che, come osserva il
rapporto, "un'ampia percentuale della
popolazione economicamente attiva e' composta da
uomini".
"Parallelamente al sistema dell'occupazione",
afferma il rapporto, "in Kosovo e' crollato
anche il sistema dei salari". Anche se molte
imprese hanno continuato a pagare stipendi,
durante e dopo la campagna NATO, i danni della
guerra hanno portato a una chiusura temporanea
di alcune delle principali fonti di occupazione
dell'economia del Kosovo. Nessuno stipendio
viene pagato nei servizi pubblici, che sono
stati abbandonati dai serbi. Le imprese
pubbliche erano responsabile di ben l'80% del
PIL del Kosovo e coprivano infrastrutture chiave
come la produzione di energia, il rifornimento
idrico, i trasporti e le telecomunicazioni,
tutti essenziali per il resto dell'economia.
Anche le strutture amministrative e legali si
sono degradate in maniera analoga. Il rapporto
dice che i sistemi di protezione sociale (che
gestiscono le pensioni di anzianita' e di
disabilita', nonche' i sussidi sanitari e per i
disoccupati), gia' mal funzionanti prima della
guerra, nonche' il sistema legale e giudiziario
complessivo che governa l'occupazione e le
relazioni collettive di lavoro, sono anch'essi
in generale in stato di collasso.
La conseguenza, secondo Lajos Hethy, autore del
rapporto ed ex Segretario di Stato del Ministero
del lavoro ungherese, e' sempre lo stesso: "la
perdita simultanea di tutte queste strutture
significa che le persone occupate vedono
scomparire i loro stipendi, senza che nessuna
prospettiva di impiego sia disponibile, mentre i
pensionati e i disoccupati hanno visto i loro
redditi diminuire drasticamente".
"Il mercato del lavoro e i sistemi sociali
attuali", ha insistito Hethy, "devono essere
aggirati al fine di ottenere impieghi, redditi e
protezione sociale assolutamente indispensabili
per una popolazione che risente in maniera molto
grave di una situazione altamente volatile".
Il rapporto sottolinea che il problema
dell'occupazione non e' dovuto alle prestazioni
economiche in declino e alle azioni militari, ma
puo' essere fatto risalire a svariati fattori
interagenti, tra cui la legislazione e le
pratiche di assunzione, entrambe
discriminatorie, messe in atto dalla Repubblica
Federale di Jugoslavia durante gli anni '90.
L'adozione della Legge della Federazione
Jugoslava sul Lavoro in Circostanze
Straordinarie ha avuto come esito il
licenziamento di 145.000 albanesi del Kosovo
dall'amministrazione civile, dai servizi
pubblici e dalle imprese economiche [...]
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