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#2 Anche Giulio Andreotti "contro le nuove guerre" (Fwd)




Sembra non sia arrivato a tutti i destinatari. Mi scuso per i doppioni eventuali.

Giorgio Ellero
<glr_y@iol.it>

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Date sent:      	Wed, 24 Jan 2001 03:00:09 +0200 
From:           	CN La Jugoslavia Vivra' <jugocoord@libero.it> 
Subject:        	Anche Giulio Andreotti "contro le nuove guerre"? 


AA.VV. 
"CONTRO LE NUOVE GUERRE" 
a cura di Massimo Zucchetti 
Odradek edizioni, pagine 282, lire 24000 

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RECENSIONE di I. Slavo 
(Coordinamento Romano per la Jugoslavia - crj@sigmasrl.it) 

La grande bagarre scatenata in queste ultime settimane attorno al tema 
dell'uranio impoverito, in seguito alla morte accertata di altri soldatini italiani 
in missione coloniale in Bosnia-Erzegovina, sembra quasi una "nemesi 
mediatica" per molti di noi, che negli anni trascorsi si sono letteralmente 
spaccati il cranio a cercare di far passare qualche informazione e qualche 
idea diversa, nell'opinione pubblica o anche semplicemente "a sinistra", in 
merito alle "nuove guerre", delle quali quella jugoslava (1991-... ?) e' 
momento emblematico e spartiacque. 
Qualcuno di noi si era prodigato intervenendo in ogni possibile sede di 
dibattito per contrastare un certo soffocante "perbenismo", il perbenismo 
che porto' ad esempio Rossana Rossanda ad appoggiare i bombardamenti 
della NATO sulla Repubblica Serba di Bosnia nel 1995; qualcun'altro si era 
rovinato la vista ed i nervi a scrivere al computer, con esasperazione e con 
indignazione, tutto quello che sapeva e che vedeva sulla guerra fratricida nei 
Balcani, e sulla annessa e connessa campagna di disinformazione. 
Pero' solo con i bombardamenti della NATO contro la RF di Jugoslavia, per 
amara ironia, tante cose urlate in maniera solipsistica e disperata hanno 
trovato una loro dimensione logica ed una sistematizzazione. 
Per l'enormita' dell'evento, si sono create sensibilita' condivise, legami, 
comitati, iniziative; molte certezze buoniste - del buonismo di "Sarajevo 
assediata", "Rugova come Ghandi", "Milosevic come Hitler" - sono entrate in 
crisi; nuovi linguaggi critici e di militanza vanno finalmente maturando. 
Certo, il buonismo piu' coerente ha appoggiato i "bombardamenti 
umanitari"; quello meno convinto ma ostinato si e' spento cortocircuitando su 
se stesso e con D'Alema alla Marcia della Pace del 1999... 
La confusione regna tuttora sovrana, soprattutto nella sinistra, ma il fragore 
delle bombe ha riportato alla realta' molti sognatori, e li ha costretti a mettere 
moltissime cose in discussione. 

Uno dei frutti principali - quantomeno perche' tra i pochi durevoli - prodotti da 
quelle settimane di lotta, e di vergogna per la aggressione del nostro paese 
contro un paese vicino, e' il Comitato scienziate/i contro la guerra. 
Il Comitato e' nato nel maggio 1999 e subito, a giugno, ha organizzato un 
Seminario interdisciplinare dal quale e' maturato il primo libro "Imbrogli di 
guerra" (ormai esaurito, ma interamente leggibile in Internet). Dopo un anno 
il Comitato ha tenuto un secondo Convegno Nazionale, e gli Atti, come per il 
precedente incontro del 1999, sono stati pubblicati dalle edizioni Odradek. 
In questo secondo libro - che qui recensiamo in maniera grossolana, ma del 
quale trovate una piu' puntuale presentazione, curata dagli autori, nel 
contributo successivo - si riprendono e si approfondiscono le tante tematiche 
affrontate nel primo, si pongono enormi punti di domanda, e si punta l'indice 
su alcuni fatti gravissimi. Fatti dei quali l'opinione pubblica e' stata tenuta 
all'oscuro. 
La recente campagna sugli effetti (collaterali?) delle armi all'uranio 
impoverito ha squarciato in parte il velo, rendendo improvvisamente 
*importante* questo libro anche per la grande stampa, e persino per certi 
ben noti papaveri nostrani... 

Qui arriviamo all'arcano del "subject" che abbiamo scelto per questo 
messaggio: che cosa c'entra il senatore a vita, e Presidente della 
Commissione Esteri del Senato, Giulio Andreotti con il libro "Contro le nuove 
guerre"? 
C'entra perche' in un intervento al Senato il 10 gennaio scorso Andreotti ha 
brandito in aula il libro additandolo ad esempio di ricerca seria sugli effetti 
dell'uranio impoverito, e non solo. Clamorosa ed incredibile sorte di un libro 
originariamente nato all'interno, e sostanzialmente pensato ad uso, di 
ambienti "sani" (percio' minoritari, ininfluenti e ghettizzati...) della sinistra 
intellettuale - persino accademica, ma fieramente antimilitarista ed 
anticapitalista.  
Sul perche' Andreotti si mostri a tal punto interessato alle ricerche ed idee 
del Comitato scienziate/i, e sul perche' proprio adesso e con tale forza 
venga posta, ai vertici piu' alti dello Stato, la questione dell'uso dell'uranio 
impoverito, non entriamo nel merito. Quello che interessa qui sottolineare e' 
che questo libro e' veramente *importante*, perche' e' l'unico libro pubblicato 
nel nostro paese che affronti contemporaneamente tante ferite aperte e 
sanguinanti della guerra in Jugoslavia e del modo in cui questa e' stata vista  
e vissuta dagli "intellettuali". 

Il libro si apre proprio con un lavoro dello storico Angelo D'Orsi sul 
"tradimento", opportunista e bellicista, degli intellettuali nel Novecento. Forse 
la questione viene presa un po' alla larga, e senza colpire abbastanza a 
fondo quella intellettualita' precisa, "sinistra", firmaiola, giornalistica e 
"buonista", di cui dicevamo sopra, quella del consenso alla frantumazione 
della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia (RFSJ) e dell'assenso 
alle "missioni umanitarie" d'ogni tipo e risma - bombe all'uranio impoverito 
incluse o escluse, poco importa. 

Segue un contributo di Nanni Salio sulla "trasformazione nonviolenta dei 
conflitti", sostanzialmente scontato ma utile come compendio di una linea 
ideologica, solo una delle tante linee ed anime che formano il Comitato. 
Poi una ricerca, scritta a tre (sei) mani, sul carattere strategico della 
disinformazione, giornalistica e politica, lungo tutto il corso della guerra, a 
partire cioe' dal 1991: si tratta piu' che altro di una anticipazione, di un 
assaggio, visto che sull'argomento gia' si potrebbe stendere un'opera 
enciclopedica...  L'articolo condensa in poche pagine una grande mole di 
informazioni scioccanti. Unico altro libro tascabile a contenere materia del 
genere, nel nostro paese, e' la versione italiana (ridotta) di "La NATO nei 
Balcani", dell'I.A.C. - Editori Riuniti, importantissimo, carico di informazioni 
sul chi, come e perche' ha distrutto la RFSJ, non a caso mai recensito in 
Italia da nessuno. D'altronde, fino allo scoppio del "caso dell'uranio 
impoverito", nemmeno "Contro le nuove guerre" era stato presentato da 
alcun mezzo di informazione italiano, stampa di sinistra inclusa. 

Ci preme ancora segnalare i contributi della seconda parte sui danni inflitti 
dalla NATO alla RF di Jugoslavia: due testi scientifici in lingua inglese sugli 
effetti ambientali, nei quali e' descritta la guerra chimica indiretta - e percio' 
ancora piu' infame - scatenata da Massimo D'Alema e dai suoi alleati contro 
quel paese e contro quel popolo. 
Si noti bene che e' questo l'unico materiale disponibile nelle librerie italiane 
sull'argomento: nessun altro ha mai pubblicato niente sugli obiettivi colpiti 
dalla NATO. A seguire, il testo di Carlo Pona sull'uranio impoverito, che 
riprende ed approfondisce i contributi del volume precedente. 

Infine, segnaliamo i contributi di Baracca e Polcaro sui nuovi sistemi d'arma 
e sulla nuova corsa agli armamenti (con l'Ottantanove forse qualcuno 
pensava che le bombe atomiche fossero sparite dalla faccia del pianeta?), e 
l'approfondito e sconvolgente studio di Alberto Di Fazio sul problema 
energetico e dell'inquinamento dal punto di vista (anche politico) globale, che 
da solo meriterebbe piu' di un intero volume tutto dedicato. 

Nel libro ci sono tanti altri contributi su tanti altri argomenti, talvolta non 
omogenei tra loro, talvolta forse persino contraddittori con lo spirito originale 
che anima il Comitato scienziate/i - cosi' ci sembra - e tuttavia tali da 
costruire nell'insieme un libro di incredibile ricchezza, *prezioso* per la 
fondamentale importanza dei temi che vengono affrontati, ed ahinoi per la 
sua stessa rarita' ed unicita' nel suo genere, testo fondamentale per 
chiunque voglia opporsi alle "nuove guerre" in maniera non soltanto 
moralistica, ma consapevole e lungimirante. 

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PRESENTAZIONE DEL LIBRO "CONTRO LE NUOVE GUERRE" 
(Odradek, 2000) 

A distanza di un anno dal seminario tenutosi a Roma (21 giugno 1999) da 
cui ha avuto luce "Imbrogli di guerra" (Odradek, 1999), il Comitato 
"Scienziate e scienziati contro la guerra" ha promosso presso il Politecnico 
di Torino un convegno scientifico sul tema: 
"CULTURA, SCIENZA E INFORMAZIONE DI FRONTE ALLE NUOVE 
GUERRE" (22 e 23 giugno 2000). 

Informazioni sul convegno si trovano al sito web: 
http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/convegni/index.html 

L' iniziativa ha da un lato ripreso ed aggiornato alcune delle analisi gia' 
presentate durante l'incontro tenutosi a Roma, circa i rischi per la salute 
umana e per l'ambiente dovuti all'uso di uranio impoverito e all'inquinamento 
chimico causato dai bombardamenti della recente guerra di aggressione 
della NATO contro la Repubblica Federale Jugoslava, e dall'altro e' tornata 
sulle connessioni fra la guerra nei Balcani e gli scenari delle crisi ambientali 
globali. 
L' evoluzione dello scenario internazionale ha reso pero' necessario un 
contributo piu' ampio al dibattito sulle implicazioni di pace e di guerra insite 
nei modi di produrre informazione, di costruire rappresentazioni storiche, di 
definire norme e valori. Non ci si e' quindi soltanto soffermati sullo specifico 
caso jugoslavo (che peraltro e' stato approfondito grazie anche al contributo 
di colleghe e colleghi jugoslavi presenti al convegno), ma si è cercato di 
continuare un ragionamento piu' ampio circa le responsabilita' degli 
operatori della cultura, della scienza e della tecnologia nel rendere possibili 
le guerre: per poterle fare, occorre prima di tutto attrezzarsi e predisporre la 
societa' mentalmente e materialmente a volerle fare. 

I responsabili della cultura di guerra risiedono in tutti i campi del sapere, da 
quelli umanistici - dove concorrono a costruire i pregiudizi, rafforzando sensi 
di identita' in conflitto ed etiche intrinsecamente discriminanti -, a quelli 
scientifico-tecnologici che forniscono anche in concreto non solo le armi ma i 
sistemi essenziali all'organizzazione e al funzionamento degli apparati 
militari. 

Il convegno ha permesso di allargare lo scambio tra esperte ed esperti di 
discipline diverse intorno ai temi della guerra, nella consapevolezza che, 
nonostante taluni scienziati abbiano spesso collaborato in modo 
determinante alla realizzazione di strumenti di distruzione e di morte, 
l'impegno di chi opera nei campi della ricerca e dell'informazione puo' 
contribuire a prevenire l'insorgere di nuove guerre. Tale assunzione di 
responsabilita' appare tanto piu' urgente per chi intreccia ai compiti di 
ricerca anche funzioni didattiche e di formazione, perche' con il proprio 
lavoro puo' aprire spazi orientati a relazioni di pace anziche' di scontro 
violento. 

E' stato quindi un secondo tentativo di attrezzarsi piu' adeguatamente per 
operare alla ricerca del dialogo, della tolleranza e della accettazione del 
diverso da se'. 

Durante questo incontro le differenze su modi, strumenti di analisi e 
paradigmi di riferimento sono emersi anche fra i partecipanti: il confronto tra 
diversi approcci sia al sapere scientifico che alle tematiche della guerra e 
della pace sono stati elementi molto importanti dell'incontro di Torino. I 
partecipanti hanno riscoperto che cosa li accomuna: l'insoddisfazione per la 
certezza assoluta del sapere e, all'opposto, il piacere del dubbio 
sistematico, dell'accettare la sfida del confronto, del dibattito anche 
polemico ma finalizzato ad ampliare costantemente le capacita' di 
comprensione di quanto ci circonda, dei problemi che esaminiamo e che 
decidiamo di affrontare; infine, il rifiuto di aderire alle schiere dei dominatori, 
di coloro, cioe', che usano le scienze e le tecnologie per proiettare sul nostro 
pianeta inquietanti scenari di guerra. 

E' stato, insomma, un ulteriore segno della vivacita' del Comitato scienziate 
e scienziati contro la guerra che da oltre un anno affronta appassionate 
discussioni in rete (scienzaepace@iac.rm.cnr.it) sui temi della pace, degli 
armamenti, delle crisi ambientali, come pure delle biotecnologie, della 
genetica, delle vittime della guerra e degli ultimi scenari, come la Palestina. 

Si spera ovviamente che quanto viene qui presentato sia nuovamente uno 
strumento per promuovere dibattiti anche oltre i confini del mondo scientifico 
dando, a noi come ad altre/i, occasioni di confronto, riflessione ed 
elaborazione culturale e scientifica per la costruzione della pace e di 
modalita' diverse di comunicazione tra i saperi e di risoluzione dei conflitti. 

Gli atti del Convegno si trovano dunque nel libro "Contro le Nuove Guerre", a 
cura di Massimo Zucchetti , edito da Odradek, pagine 282, lire 24000. 

Vi si trovano i contributi degli autori: Angelo D'Orsi, Giovanni Salio, Ivan 
Grzetic, Mica Saric Tanaskovic, Carlo Pona, Alberto Di Fazio, Angelo 
Baracca, Francesco Polcaro, Giulia Barone, Franco Marenco, Andrea 
Martocchia, Adriana Valente, Enrico  Peyretti, Antonino Drago, Cristina 
Giannardi, Daniele Dominici, Mauro Cristaldi, Associazione "Medici contro 
la Tortura", Natasa Lazovic, Luciano Vasapollo, Francesco Iannuzzelli, Lucas 
Gualdron, Marcella Delle Donne. 

Il prezzo d'acquisto del volume e' destinato a coprire in parte le spese di 
pubblicazione, nonchè a finanziare le future attivita' del Comitato "Scienziate 
e Scienziati contro la guerra", che sono ampie e, purtroppo, sempre piu' 
attuali e necessarie. 


Per informazioni e per ordinare il libro: 

Massimo Zucchetti DENER - Politecnico di Torino 
Corso Duca degli Abruzzi, 24 10129 Torino 
Tel: +39.011.564.4464 Email: zucchetti@polito.it 

Per informazioni sul Comitato: 
Sito web: http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/ 

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INTERVENTO DI GIULIO ANDREOTTI 
nell'aula di Palazzo Madama il giorno 10/1/2001: 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andreotti. Ne ha facoltà. 

ANDREOTTI. Signor Presidente, colleghi, io non sono né un tecnico di fisica 
né un medico, quindi non ho delle opinioni personali da poter far valere. 
Ringrazio il Ministro per la sua relazione, che naturalmente deve essere 
ispirata anche a prudenza e attenzione, questo è ovvio, però penso che 
forse una conclusione operativa possa e debba essere tracciata. 
Molte volte non occorre avere documenti riservati. L'anno scorso, in giugno, 
ha avuto luogo presso il Politecnico di Torino un convegno su questo 
argomento, i cui atti sono stati pubblicati, che ha fornito una serie di 
informazioni e di risposte molto esaurienti, in un quadro che si ricollega 
obiettivamente alla lunga battaglia che è stata fatta per la messa al bando 
delle armi chimiche, per una effettiva analogia che esiste; una battaglia che 
fu difficile. La Conferenza sul disarmo aveva una struttura ad hoc a Ginevra 
nella quale le resistenze erano moltissime, forse anche per l'allora situazione 
internazionale, che fortunatamente oggi non è tale da doverci preoccupare. 
Per ben due volte, il ministro degli esteri tedesco Genscher ed io stesso 
dovemmo andare a Ginevra ad intervenire per suscitare un andamento 
favorevole e per eliminare l'abitudine che vi era ai continui rinvii. Inoltre, il 
Governo italiano, con una riunione di scienziati internazionali che si tenne nel 
1988 a Villa Madama, dette un contributo obiettivo di carattere scientifico 
alla liceità dell'impostazione portata avanti da coloro che erano a favore 
della messa al bando delle armi nucleari. La necessità che questo tipo di 
armi all'uranio impoverito sia compreso in quell'elenco mi pare 
obiettivamente implicita. 
C'è uno strano documento al riguardo. Come sapete, la NATO, che era stata 
denunciata al Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia in 
relazione alle operazioni effettuate, è stata prosciolta; ma nel documento del 
Tribunale internazionale si afferma: «I gusci di uranio impoverito attorno ai 
proiettili anticarro, secondo le denunce, hanno effetti di contaminazione, 
tuttavia non entrano nella lista delle armi proibite e non c'è consenso 
internazionale sulla loro pericolosità». 
Questo non è un documento scientifico né politico; ritengo però che lavorare 
per l'inserimento delle armi ad uranio impoverito nell'elenco delle armi 
proibite abbia una sua logica intrinseca e sia necessario. Tanto più che, 
proprio in un documento ufficiale del segretario generale della NATO, signor 
Robertson (una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite del 
febbraio dello scorso anno, prima del convegno cui ho fatto 
precedentemente riferimento), si forniscono dati relativi al Kosovo 
menzionando il lancio di 31.000 proiettili, pari a 10 tonnellate di questo 
prodotto, i cui effetti - se ne discute nella nostra Commissione e in altre sedi 
sul piano medico-scientifico - devono essere verificati, a mio avviso, non 
soltanto sulle persone ma anche sul territorio. 
Il Ministro ha fatto un cenno alle acque, per fortuna positivo, ma occorre 
capire bene che cosa significa per il territorio, nell'immediato e a scadenza, 
l'aver recepito 10 tonnellate di uranio impoverito. Ciò solleva dubbi fortissimi. 
Il nostro compito però non è cronistorico ma, piuttosto, politico. Dobbiamo 
incoraggiare la linea che è stata sostenuta nei giorni scorsi: nella ricerca di 
una certezza di carattere obiettivo e per un senso di opportunità politica e 
morale, dovrebbe essere nel frattempo interdetto dovunque l'uso di queste 
armi. 
Ho adoperato l'avverbio “dovunque” per riferirmi anche all'Iraq, un Paese 
coinvolto in questa vicenda, secondo le notizie apprese dai giornali, con una 
guerra che non è considerata tale. 
Del resto anche quella in Kosovo non è stata ufficialmente una guerra e non 
so, tra l'altro, se i figli di coloro che sono morti sono considerati orfani di 
guerra o no; è un problema che pure andrà studiato, a prescindere 
dall'argomento che oggi affrontiamo. 
Credo sia necessaria un'azione nelle sedi proprie, l'Alleanza atlantica e le 
Nazioni Unite, le quali nei loro atti hanno già un documento del 1996 nel 
quale si parla della necessità di eliminare la produzione e la diffusione di 
armi di distruzione di massa e con effetti indiscriminati, in particolare le armi 
nucleari, le armi chimiche, il napalm, le bombe a frammentazione, le armi 
biologiche e le armi contenenti uranio impoverito. 
Non si tratta di una richiesta esorbitante; qualcuno, con una speculazione di 
lega piuttosto bassa, ha sostenuto che abbiamo suscitato le ire degli 
americani che avrebbero chiuso l'ambasciata per questo motivo. Ciò fa 
parte, a mio avviso, della cronaca macabra, ma umoristica, di fine d'anno. 
Questi sono problemi seri, venuti a conoscenza dell'opinione pubblica; 
abbiamo dunque la necessità - e il Ministro se ne è dato carico - sia di 
evitare qualunque momento di panico e di disorientamento all'interno delle 
Forze armate sia di adottare un'azione politica. 
E poi, vorrei anche aggiungere una considerazione. 
In Commissione esteri, qualche settimana fa, abbiamo ricevuto la dirigente 
dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati, che veniva in visita di congedo. Le 
abbiamo posto il quesito: i serbi che sono stati cacciati dalle loro terre, nel 
momento del conflitto in Bosnia, nella Kraijna e nella parte della Slavonia, 
sono rientrati o non sono rientrati? 
Purtroppo - ci ha detto - l'accordo di Dayton in questo non si è potuto 
realizzare. Nel Kosovo certamente non c'è più il signor Milosevic che fa 
operazioni di persecuzione nei confronti degli albanesi, però i serbi dove 
sono? La grandissima parte è andata via e per una parte non piccola sono 
stati uccisi. 
Non vorrei rifarmi a una frase che suscitò tante polemiche a suo tempo, 
quella di Benedetto XV sulla «inutile strage», però dinanzi a una situazione 
di difficile convivenza etnica, se la convivenza è appoggiata solo sulla 
presenza di truppe, certo transitoriamente è un bene, ma non può essere 
una soluzione di carattere definitivo. Le soluzioni, posto che si trovino, vanno 
ricercate altrove. 
Ritengo che dobbiamo ringraziare il Ministro per averci fatto questa 
relazione e dobbiamo mettere a carico suo e del Ministro degli esteri anche 
la necessità di non demordere, di non fare come qualche volta facciamo, che 
i problemi ci emozionano per un certo tempo, ci interessano, poi uno strano 
cancellino li toglie dalla lavagna e ci dedichiamo ad altri argomenti. Su 
questo non credo che dovrebbe esserci consenso; certamente non ci sarà 
mai da parte mia. 
(Applausi dai Gruppi PPI, DS, UDEUR e Misto-CR e dei senatori Gubert, 
Lorenzi e Vertone Grimaldi. Congratulazioni). 

--- 

Bollettino di controinformazione 
del Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'" 
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra 

I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le opinioni delle 
realta' che compongono il Coordinamento, ma vengono fatti circolare per il 
loro contenuto informativo al solo scopo di segnalazione e commento ("for 
fair use only") 

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