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#2 Anche Giulio Andreotti "contro le nuove guerre" (Fwd)
- To: "Antiimp. tmpt" <glr_y@iol.it>
- Subject: #2 Anche Giulio Andreotti "contro le nuove guerre" (Fwd)
- From: "glr" <glr_y@iol.it>
- Date: Thu, 25 Jan 2001 13:17:54 +0100
- Priority: normal
Sembra non sia arrivato a tutti i destinatari. Mi scuso per i doppioni eventuali.
Giorgio Ellero
<glr_y@iol.it>
-----------------------------------------------------------end
Date sent: Wed, 24 Jan 2001 03:00:09 +0200
From: CN La Jugoslavia Vivra' <jugocoord@libero.it>
Subject: Anche Giulio Andreotti "contro le nuove guerre"?
AA.VV.
"CONTRO LE NUOVE GUERRE"
a cura di Massimo Zucchetti
Odradek edizioni, pagine 282, lire 24000
---
RECENSIONE di I. Slavo
(Coordinamento Romano per la Jugoslavia - crj@sigmasrl.it)
La grande bagarre scatenata in queste ultime settimane attorno al tema
dell'uranio impoverito, in seguito alla morte accertata di altri soldatini italiani
in missione coloniale in Bosnia-Erzegovina, sembra quasi una "nemesi
mediatica" per molti di noi, che negli anni trascorsi si sono letteralmente
spaccati il cranio a cercare di far passare qualche informazione e qualche
idea diversa, nell'opinione pubblica o anche semplicemente "a sinistra", in
merito alle "nuove guerre", delle quali quella jugoslava (1991-... ?) e'
momento emblematico e spartiacque.
Qualcuno di noi si era prodigato intervenendo in ogni possibile sede di
dibattito per contrastare un certo soffocante "perbenismo", il perbenismo
che porto' ad esempio Rossana Rossanda ad appoggiare i bombardamenti
della NATO sulla Repubblica Serba di Bosnia nel 1995; qualcun'altro si era
rovinato la vista ed i nervi a scrivere al computer, con esasperazione e con
indignazione, tutto quello che sapeva e che vedeva sulla guerra fratricida nei
Balcani, e sulla annessa e connessa campagna di disinformazione.
Pero' solo con i bombardamenti della NATO contro la RF di Jugoslavia, per
amara ironia, tante cose urlate in maniera solipsistica e disperata hanno
trovato una loro dimensione logica ed una sistematizzazione.
Per l'enormita' dell'evento, si sono create sensibilita' condivise, legami,
comitati, iniziative; molte certezze buoniste - del buonismo di "Sarajevo
assediata", "Rugova come Ghandi", "Milosevic come Hitler" - sono entrate in
crisi; nuovi linguaggi critici e di militanza vanno finalmente maturando.
Certo, il buonismo piu' coerente ha appoggiato i "bombardamenti
umanitari"; quello meno convinto ma ostinato si e' spento cortocircuitando su
se stesso e con D'Alema alla Marcia della Pace del 1999...
La confusione regna tuttora sovrana, soprattutto nella sinistra, ma il fragore
delle bombe ha riportato alla realta' molti sognatori, e li ha costretti a mettere
moltissime cose in discussione.
Uno dei frutti principali - quantomeno perche' tra i pochi durevoli - prodotti da
quelle settimane di lotta, e di vergogna per la aggressione del nostro paese
contro un paese vicino, e' il Comitato scienziate/i contro la guerra.
Il Comitato e' nato nel maggio 1999 e subito, a giugno, ha organizzato un
Seminario interdisciplinare dal quale e' maturato il primo libro "Imbrogli di
guerra" (ormai esaurito, ma interamente leggibile in Internet). Dopo un anno
il Comitato ha tenuto un secondo Convegno Nazionale, e gli Atti, come per il
precedente incontro del 1999, sono stati pubblicati dalle edizioni Odradek.
In questo secondo libro - che qui recensiamo in maniera grossolana, ma del
quale trovate una piu' puntuale presentazione, curata dagli autori, nel
contributo successivo - si riprendono e si approfondiscono le tante tematiche
affrontate nel primo, si pongono enormi punti di domanda, e si punta l'indice
su alcuni fatti gravissimi. Fatti dei quali l'opinione pubblica e' stata tenuta
all'oscuro.
La recente campagna sugli effetti (collaterali?) delle armi all'uranio
impoverito ha squarciato in parte il velo, rendendo improvvisamente
*importante* questo libro anche per la grande stampa, e persino per certi
ben noti papaveri nostrani...
Qui arriviamo all'arcano del "subject" che abbiamo scelto per questo
messaggio: che cosa c'entra il senatore a vita, e Presidente della
Commissione Esteri del Senato, Giulio Andreotti con il libro "Contro le nuove
guerre"?
C'entra perche' in un intervento al Senato il 10 gennaio scorso Andreotti ha
brandito in aula il libro additandolo ad esempio di ricerca seria sugli effetti
dell'uranio impoverito, e non solo. Clamorosa ed incredibile sorte di un libro
originariamente nato all'interno, e sostanzialmente pensato ad uso, di
ambienti "sani" (percio' minoritari, ininfluenti e ghettizzati...) della sinistra
intellettuale - persino accademica, ma fieramente antimilitarista ed
anticapitalista.
Sul perche' Andreotti si mostri a tal punto interessato alle ricerche ed idee
del Comitato scienziate/i, e sul perche' proprio adesso e con tale forza
venga posta, ai vertici piu' alti dello Stato, la questione dell'uso dell'uranio
impoverito, non entriamo nel merito. Quello che interessa qui sottolineare e'
che questo libro e' veramente *importante*, perche' e' l'unico libro pubblicato
nel nostro paese che affronti contemporaneamente tante ferite aperte e
sanguinanti della guerra in Jugoslavia e del modo in cui questa e' stata vista
e vissuta dagli "intellettuali".
Il libro si apre proprio con un lavoro dello storico Angelo D'Orsi sul
"tradimento", opportunista e bellicista, degli intellettuali nel Novecento. Forse
la questione viene presa un po' alla larga, e senza colpire abbastanza a
fondo quella intellettualita' precisa, "sinistra", firmaiola, giornalistica e
"buonista", di cui dicevamo sopra, quella del consenso alla frantumazione
della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia (RFSJ) e dell'assenso
alle "missioni umanitarie" d'ogni tipo e risma - bombe all'uranio impoverito
incluse o escluse, poco importa.
Segue un contributo di Nanni Salio sulla "trasformazione nonviolenta dei
conflitti", sostanzialmente scontato ma utile come compendio di una linea
ideologica, solo una delle tante linee ed anime che formano il Comitato.
Poi una ricerca, scritta a tre (sei) mani, sul carattere strategico della
disinformazione, giornalistica e politica, lungo tutto il corso della guerra, a
partire cioe' dal 1991: si tratta piu' che altro di una anticipazione, di un
assaggio, visto che sull'argomento gia' si potrebbe stendere un'opera
enciclopedica... L'articolo condensa in poche pagine una grande mole di
informazioni scioccanti. Unico altro libro tascabile a contenere materia del
genere, nel nostro paese, e' la versione italiana (ridotta) di "La NATO nei
Balcani", dell'I.A.C. - Editori Riuniti, importantissimo, carico di informazioni
sul chi, come e perche' ha distrutto la RFSJ, non a caso mai recensito in
Italia da nessuno. D'altronde, fino allo scoppio del "caso dell'uranio
impoverito", nemmeno "Contro le nuove guerre" era stato presentato da
alcun mezzo di informazione italiano, stampa di sinistra inclusa.
Ci preme ancora segnalare i contributi della seconda parte sui danni inflitti
dalla NATO alla RF di Jugoslavia: due testi scientifici in lingua inglese sugli
effetti ambientali, nei quali e' descritta la guerra chimica indiretta - e percio'
ancora piu' infame - scatenata da Massimo D'Alema e dai suoi alleati contro
quel paese e contro quel popolo.
Si noti bene che e' questo l'unico materiale disponibile nelle librerie italiane
sull'argomento: nessun altro ha mai pubblicato niente sugli obiettivi colpiti
dalla NATO. A seguire, il testo di Carlo Pona sull'uranio impoverito, che
riprende ed approfondisce i contributi del volume precedente.
Infine, segnaliamo i contributi di Baracca e Polcaro sui nuovi sistemi d'arma
e sulla nuova corsa agli armamenti (con l'Ottantanove forse qualcuno
pensava che le bombe atomiche fossero sparite dalla faccia del pianeta?), e
l'approfondito e sconvolgente studio di Alberto Di Fazio sul problema
energetico e dell'inquinamento dal punto di vista (anche politico) globale, che
da solo meriterebbe piu' di un intero volume tutto dedicato.
Nel libro ci sono tanti altri contributi su tanti altri argomenti, talvolta non
omogenei tra loro, talvolta forse persino contraddittori con lo spirito originale
che anima il Comitato scienziate/i - cosi' ci sembra - e tuttavia tali da
costruire nell'insieme un libro di incredibile ricchezza, *prezioso* per la
fondamentale importanza dei temi che vengono affrontati, ed ahinoi per la
sua stessa rarita' ed unicita' nel suo genere, testo fondamentale per
chiunque voglia opporsi alle "nuove guerre" in maniera non soltanto
moralistica, ma consapevole e lungimirante.
---
PRESENTAZIONE DEL LIBRO "CONTRO LE NUOVE GUERRE"
(Odradek, 2000)
A distanza di un anno dal seminario tenutosi a Roma (21 giugno 1999) da
cui ha avuto luce "Imbrogli di guerra" (Odradek, 1999), il Comitato
"Scienziate e scienziati contro la guerra" ha promosso presso il Politecnico
di Torino un convegno scientifico sul tema:
"CULTURA, SCIENZA E INFORMAZIONE DI FRONTE ALLE NUOVE
GUERRE" (22 e 23 giugno 2000).
Informazioni sul convegno si trovano al sito web:
http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/convegni/index.html
L' iniziativa ha da un lato ripreso ed aggiornato alcune delle analisi gia'
presentate durante l'incontro tenutosi a Roma, circa i rischi per la salute
umana e per l'ambiente dovuti all'uso di uranio impoverito e all'inquinamento
chimico causato dai bombardamenti della recente guerra di aggressione
della NATO contro la Repubblica Federale Jugoslava, e dall'altro e' tornata
sulle connessioni fra la guerra nei Balcani e gli scenari delle crisi ambientali
globali.
L' evoluzione dello scenario internazionale ha reso pero' necessario un
contributo piu' ampio al dibattito sulle implicazioni di pace e di guerra insite
nei modi di produrre informazione, di costruire rappresentazioni storiche, di
definire norme e valori. Non ci si e' quindi soltanto soffermati sullo specifico
caso jugoslavo (che peraltro e' stato approfondito grazie anche al contributo
di colleghe e colleghi jugoslavi presenti al convegno), ma si è cercato di
continuare un ragionamento piu' ampio circa le responsabilita' degli
operatori della cultura, della scienza e della tecnologia nel rendere possibili
le guerre: per poterle fare, occorre prima di tutto attrezzarsi e predisporre la
societa' mentalmente e materialmente a volerle fare.
I responsabili della cultura di guerra risiedono in tutti i campi del sapere, da
quelli umanistici - dove concorrono a costruire i pregiudizi, rafforzando sensi
di identita' in conflitto ed etiche intrinsecamente discriminanti -, a quelli
scientifico-tecnologici che forniscono anche in concreto non solo le armi ma i
sistemi essenziali all'organizzazione e al funzionamento degli apparati
militari.
Il convegno ha permesso di allargare lo scambio tra esperte ed esperti di
discipline diverse intorno ai temi della guerra, nella consapevolezza che,
nonostante taluni scienziati abbiano spesso collaborato in modo
determinante alla realizzazione di strumenti di distruzione e di morte,
l'impegno di chi opera nei campi della ricerca e dell'informazione puo'
contribuire a prevenire l'insorgere di nuove guerre. Tale assunzione di
responsabilita' appare tanto piu' urgente per chi intreccia ai compiti di
ricerca anche funzioni didattiche e di formazione, perche' con il proprio
lavoro puo' aprire spazi orientati a relazioni di pace anziche' di scontro
violento.
E' stato quindi un secondo tentativo di attrezzarsi piu' adeguatamente per
operare alla ricerca del dialogo, della tolleranza e della accettazione del
diverso da se'.
Durante questo incontro le differenze su modi, strumenti di analisi e
paradigmi di riferimento sono emersi anche fra i partecipanti: il confronto tra
diversi approcci sia al sapere scientifico che alle tematiche della guerra e
della pace sono stati elementi molto importanti dell'incontro di Torino. I
partecipanti hanno riscoperto che cosa li accomuna: l'insoddisfazione per la
certezza assoluta del sapere e, all'opposto, il piacere del dubbio
sistematico, dell'accettare la sfida del confronto, del dibattito anche
polemico ma finalizzato ad ampliare costantemente le capacita' di
comprensione di quanto ci circonda, dei problemi che esaminiamo e che
decidiamo di affrontare; infine, il rifiuto di aderire alle schiere dei dominatori,
di coloro, cioe', che usano le scienze e le tecnologie per proiettare sul nostro
pianeta inquietanti scenari di guerra.
E' stato, insomma, un ulteriore segno della vivacita' del Comitato scienziate
e scienziati contro la guerra che da oltre un anno affronta appassionate
discussioni in rete (scienzaepace@iac.rm.cnr.it) sui temi della pace, degli
armamenti, delle crisi ambientali, come pure delle biotecnologie, della
genetica, delle vittime della guerra e degli ultimi scenari, come la Palestina.
Si spera ovviamente che quanto viene qui presentato sia nuovamente uno
strumento per promuovere dibattiti anche oltre i confini del mondo scientifico
dando, a noi come ad altre/i, occasioni di confronto, riflessione ed
elaborazione culturale e scientifica per la costruzione della pace e di
modalita' diverse di comunicazione tra i saperi e di risoluzione dei conflitti.
Gli atti del Convegno si trovano dunque nel libro "Contro le Nuove Guerre", a
cura di Massimo Zucchetti , edito da Odradek, pagine 282, lire 24000.
Vi si trovano i contributi degli autori: Angelo D'Orsi, Giovanni Salio, Ivan
Grzetic, Mica Saric Tanaskovic, Carlo Pona, Alberto Di Fazio, Angelo
Baracca, Francesco Polcaro, Giulia Barone, Franco Marenco, Andrea
Martocchia, Adriana Valente, Enrico Peyretti, Antonino Drago, Cristina
Giannardi, Daniele Dominici, Mauro Cristaldi, Associazione "Medici contro
la Tortura", Natasa Lazovic, Luciano Vasapollo, Francesco Iannuzzelli, Lucas
Gualdron, Marcella Delle Donne.
Il prezzo d'acquisto del volume e' destinato a coprire in parte le spese di
pubblicazione, nonchè a finanziare le future attivita' del Comitato "Scienziate
e Scienziati contro la guerra", che sono ampie e, purtroppo, sempre piu'
attuali e necessarie.
Per informazioni e per ordinare il libro:
Massimo Zucchetti DENER - Politecnico di Torino
Corso Duca degli Abruzzi, 24 10129 Torino
Tel: +39.011.564.4464 Email: zucchetti@polito.it
Per informazioni sul Comitato:
Sito web: http://www.iac.rm.cnr.it/~spweb/
---
INTERVENTO DI GIULIO ANDREOTTI
nell'aula di Palazzo Madama il giorno 10/1/2001:
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andreotti. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI. Signor Presidente, colleghi, io non sono né un tecnico di fisica
né un medico, quindi non ho delle opinioni personali da poter far valere.
Ringrazio il Ministro per la sua relazione, che naturalmente deve essere
ispirata anche a prudenza e attenzione, questo è ovvio, però penso che
forse una conclusione operativa possa e debba essere tracciata.
Molte volte non occorre avere documenti riservati. L'anno scorso, in giugno,
ha avuto luogo presso il Politecnico di Torino un convegno su questo
argomento, i cui atti sono stati pubblicati, che ha fornito una serie di
informazioni e di risposte molto esaurienti, in un quadro che si ricollega
obiettivamente alla lunga battaglia che è stata fatta per la messa al bando
delle armi chimiche, per una effettiva analogia che esiste; una battaglia che
fu difficile. La Conferenza sul disarmo aveva una struttura ad hoc a Ginevra
nella quale le resistenze erano moltissime, forse anche per l'allora situazione
internazionale, che fortunatamente oggi non è tale da doverci preoccupare.
Per ben due volte, il ministro degli esteri tedesco Genscher ed io stesso
dovemmo andare a Ginevra ad intervenire per suscitare un andamento
favorevole e per eliminare l'abitudine che vi era ai continui rinvii. Inoltre, il
Governo italiano, con una riunione di scienziati internazionali che si tenne nel
1988 a Villa Madama, dette un contributo obiettivo di carattere scientifico
alla liceità dell'impostazione portata avanti da coloro che erano a favore
della messa al bando delle armi nucleari. La necessità che questo tipo di
armi all'uranio impoverito sia compreso in quell'elenco mi pare
obiettivamente implicita.
C'è uno strano documento al riguardo. Come sapete, la NATO, che era stata
denunciata al Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia in
relazione alle operazioni effettuate, è stata prosciolta; ma nel documento del
Tribunale internazionale si afferma: «I gusci di uranio impoverito attorno ai
proiettili anticarro, secondo le denunce, hanno effetti di contaminazione,
tuttavia non entrano nella lista delle armi proibite e non c'è consenso
internazionale sulla loro pericolosità».
Questo non è un documento scientifico né politico; ritengo però che lavorare
per l'inserimento delle armi ad uranio impoverito nell'elenco delle armi
proibite abbia una sua logica intrinseca e sia necessario. Tanto più che,
proprio in un documento ufficiale del segretario generale della NATO, signor
Robertson (una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite del
febbraio dello scorso anno, prima del convegno cui ho fatto
precedentemente riferimento), si forniscono dati relativi al Kosovo
menzionando il lancio di 31.000 proiettili, pari a 10 tonnellate di questo
prodotto, i cui effetti - se ne discute nella nostra Commissione e in altre sedi
sul piano medico-scientifico - devono essere verificati, a mio avviso, non
soltanto sulle persone ma anche sul territorio.
Il Ministro ha fatto un cenno alle acque, per fortuna positivo, ma occorre
capire bene che cosa significa per il territorio, nell'immediato e a scadenza,
l'aver recepito 10 tonnellate di uranio impoverito. Ciò solleva dubbi fortissimi.
Il nostro compito però non è cronistorico ma, piuttosto, politico. Dobbiamo
incoraggiare la linea che è stata sostenuta nei giorni scorsi: nella ricerca di
una certezza di carattere obiettivo e per un senso di opportunità politica e
morale, dovrebbe essere nel frattempo interdetto dovunque l'uso di queste
armi.
Ho adoperato l'avverbio “dovunque” per riferirmi anche all'Iraq, un Paese
coinvolto in questa vicenda, secondo le notizie apprese dai giornali, con una
guerra che non è considerata tale.
Del resto anche quella in Kosovo non è stata ufficialmente una guerra e non
so, tra l'altro, se i figli di coloro che sono morti sono considerati orfani di
guerra o no; è un problema che pure andrà studiato, a prescindere
dall'argomento che oggi affrontiamo.
Credo sia necessaria un'azione nelle sedi proprie, l'Alleanza atlantica e le
Nazioni Unite, le quali nei loro atti hanno già un documento del 1996 nel
quale si parla della necessità di eliminare la produzione e la diffusione di
armi di distruzione di massa e con effetti indiscriminati, in particolare le armi
nucleari, le armi chimiche, il napalm, le bombe a frammentazione, le armi
biologiche e le armi contenenti uranio impoverito.
Non si tratta di una richiesta esorbitante; qualcuno, con una speculazione di
lega piuttosto bassa, ha sostenuto che abbiamo suscitato le ire degli
americani che avrebbero chiuso l'ambasciata per questo motivo. Ciò fa
parte, a mio avviso, della cronaca macabra, ma umoristica, di fine d'anno.
Questi sono problemi seri, venuti a conoscenza dell'opinione pubblica;
abbiamo dunque la necessità - e il Ministro se ne è dato carico - sia di
evitare qualunque momento di panico e di disorientamento all'interno delle
Forze armate sia di adottare un'azione politica.
E poi, vorrei anche aggiungere una considerazione.
In Commissione esteri, qualche settimana fa, abbiamo ricevuto la dirigente
dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati, che veniva in visita di congedo. Le
abbiamo posto il quesito: i serbi che sono stati cacciati dalle loro terre, nel
momento del conflitto in Bosnia, nella Kraijna e nella parte della Slavonia,
sono rientrati o non sono rientrati?
Purtroppo - ci ha detto - l'accordo di Dayton in questo non si è potuto
realizzare. Nel Kosovo certamente non c'è più il signor Milosevic che fa
operazioni di persecuzione nei confronti degli albanesi, però i serbi dove
sono? La grandissima parte è andata via e per una parte non piccola sono
stati uccisi.
Non vorrei rifarmi a una frase che suscitò tante polemiche a suo tempo,
quella di Benedetto XV sulla «inutile strage», però dinanzi a una situazione
di difficile convivenza etnica, se la convivenza è appoggiata solo sulla
presenza di truppe, certo transitoriamente è un bene, ma non può essere
una soluzione di carattere definitivo. Le soluzioni, posto che si trovino, vanno
ricercate altrove.
Ritengo che dobbiamo ringraziare il Ministro per averci fatto questa
relazione e dobbiamo mettere a carico suo e del Ministro degli esteri anche
la necessità di non demordere, di non fare come qualche volta facciamo, che
i problemi ci emozionano per un certo tempo, ci interessano, poi uno strano
cancellino li toglie dalla lavagna e ci dedichiamo ad altri argomenti. Su
questo non credo che dovrebbe esserci consenso; certamente non ci sarà
mai da parte mia.
(Applausi dai Gruppi PPI, DS, UDEUR e Misto-CR e dei senatori Gubert,
Lorenzi e Vertone Grimaldi. Congratulazioni).
---
Bollettino di controinformazione
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