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Kosovo. Cos'altro si poteva fare



KOSOVO - COS'ALTRO SI POTEVA FARE

Ad un anno dalla conclusione della guerra ecologica condotta dalla Nato contro le
popolazioni civili della Jugoslavia, è ormai sotto gli occhi di tutti il suo
fallimento rispetto agli obiettivi dichiarati. Obiettivi che, se realmente
perseguiti, potevano essere invece realizzati con efficacia per via pacifica e
diplomatica.

Lo potevano nell'autunno del 1998, se la Nato avesse rispettato il patto
Milosevic-Holbrooke che prevedeva l'invio di osservatori Osce e il contemporaneo
ritiro delle truppe serbe dal Kosovo. Via via che procedeva il ritiro, giunto al
60% nel dicembre, il territorio veniva occupato dalle bande dell'Uck con la messa
in atto della "contro-pulizia etnica" alla quale abbiamo assistito nell'ultimo
anno, e provocando così il ritorno in forze della polizia serba.

Mentre l'Uck metteva a repentaglio l'equilibrio raggiunto con l'accordo di
ottobre, non solo gli Usa rimanevano passivi, ma provvedevano a riconoscere come
interlocutore politico privilegiato e ad armare quella organizzazione che fino
all'estate essi stessi definivano terrorista.

Tuttavia, una soluzione negoziata si poteva ancora raggiungere in primavera, se
gli Usa avessero concesso a Rambouillet ciò che hanno poi concesso dopo 78 giorni
di bombardamenti a Kumanovo, e cioè: 1) presenza militare della Nato limitata al
Kosovo e preclusa al territorio serbo; 2) nessun referendum sull'indipendenza del
Kosovo; 3) missione militare sotto l'egida dell'Onu; 4) partecipazione della
Russia.

Vi è da riconoscere che buona parte di questo trattato è stato poi sconfessato dai
concreti comportamenti della Nato in Kosovo, poiché l'egida dell'Onu è ridotta a
puro orpello, il ruolo della Russia è di fatto marginalizzato e saltuariamente
l'ipotesi del referendum sull'indipendenza è più volte tornato in discussione, e
che il lavorio per nuove ipotesi di conflitto al fine di frammentare la Serbia,
procedono con attacchi dell'Uck nella zona meridionale e con pressioni politiche
sui dirigenti del Montenegro e della Voijvodina.

Ad ogni modo quel che qui preme sottolineare è che l'argomento degli irriducibili
sostenitori della guerra "umanitaria" - ormai condannata con un dettagliatissimo
rapporto anche da Amnesty International - secondo cui comunque non c'era altro da
fare è privo di consistenza.

Roderigo