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(Fwd) fandonie sul Kosovo



From:           	"Walter Zoccarato" 
<walter.zoccarato@siplus.it>
To:             	"articolo11" <articolo11@listbot.com>
Subject:        	I: fandonie sul Kosovo
Date sent:      	Thu, 18 May 2000 14:36:03 +0200
Organization:   	SIplus

articolo11

Vi inoltro questo articolo che ritengo di interesse comune.
Walter
-----Messaggio Originale----- 
Da: Lorenzo 
invio: giovedì 18 maggio 2000 4.54 Oggetto: fandonie sul Kosovo


Sull'ultimo numero della seriosa rivista scientifica "Le Scienze", è
apparso questo articolo sulla recente guerra della Nato. Non 
contiene
rivelazioni per noi sconvolgenti, bensì conferme neutrali degli odiosi
bombardamenti "sulla verità" effettuati dai massmedia occidentali:
italiani in prima linea. Con le sue terribili corrispondenze dal fronte,
il compagno Grimaldi sembrava allora un estremista (criticato 
anche da
molti compagni). Invece, sempre di più si rivela essere stato fedele
cronista, pur se appassionato.

Arileggervi!            Lorenzo Mazzucato

16.05.2000 


Bombe intelligenti? 


Le verità scomode di una guerra vissuta sulla propaganda 
mediatica 


La prima a cadere in guerra è la verità, detto sacrosanto che non è mai stato 
smentito dai tempi delle guerre sumeriche a oggi. Anche nel caso della 
guerra del Kosovo sembra che di bugie se ne siano dette tante, una delle più 
clamorose è stata smentita proprio in questi giorni. Davvero la guerra in 
Kosovo è stata la prima guerra ipertecnologica, fatta di soli efficacissimi 
bombardamenti «chirugici» a colpi di bombe a guida laser, così precise da 
provocare un numero relativamente scarso di vittime collaterali? A sentire le 
cifre ufficiali si direbbe di si, dopo 78 giorni di pesanti bombardamenti il 
comando Nato affermò di aver distrutto circa la metà dei mezzi corazzati e 
di artiglieria delle forze serbe in Kosovo, cioè circa 120 carri armati, 220 
mezzi per il trasporto truppe e ben 450 cannoni. Ma già al momento del 
ritiro dei serbi dalla provincia, la lunga sfilata di truppe e mezzi in buone 
condizioni aveva fatto sospettare che le cifre fornite dai militari occidentali 
non fossero state molto accurate. Dopo la guerra le forze armate Usa hanno 
inviato una missione sul posto per confermare la distruzione dei mezzi serbi. 
Dopo settimane di investigazioni il gruppo è ritornato a Washington con cifre 
così deprimenti e imbarazzanti che il suo rapporto non è mai stato divulgato. 
Ora la rivista «Newsweek» ne è entrata in possesso e l'ha pubblicato: 
ebbene dei 744 obiettivi militari mobili distrutti proclamati dalle forze aeree 
Nato, la commissione ha trovato le prove di solo 58 centri, tra cui 14 carri 
armati, 18 mezzi trasporto truppe e 20 cannoni. E il resto? Il resto, ha 
scoperto la commissione erano camion, trattori, automobili ed autobus civili 
e, sopratutto, un'infinità di finti tank, batterie antiaeree, autoblindo e cannoni 
costruiti con tronchi d'albero, vecchie ruote e compensato dalle truppe 
serbe. I piloti degli aerei occidentali, che volavano a 5000 metri di altezza e 
ad alta velocità per evitare il rischio di essere abbattuti, avevano una 
scarsissima possibilità di riconoscere correttamente e colpire mezzi mobili, 
per cui sembra che tirassero a casaccio su tutto quello che si muoveva sul 
terreno o sui finti bersagli preparati dai serbi. Più efficace è stato il 
bombardamento di strutture fisse, ma anche qui i serbi ne hanno costruite 
moltissime false, come un finto ponte stradale fatto di teli di plastica che è 
stato più volte distrutto dagli aerei Nato. Miliardi di dollari sprecati in bombe 
da 60 milioni l'una, per distruggere false strutture del valore di poche lire o, 
peggio ancora, fare vittime innocenti fra i passeggeri di mezzi civili. Ma se è 
così perché allora i serbi hanno abbandonato il Kosovo? A questo punto 
l'opinione più diffusa è che non sia stata la distruzione delle loro forze armate 
in Kosovo, ma quello delle installazioni civili in Serbia, a obbligare Milosevic 
al ritiro prima che il crescente malcontento fra la popolazione provocato 
dalla mancanza di elettricità, acqua e trasporti, mettesse in pericolo la sua 
sopravvivenza politica. 





Alessandro Saragosa 





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