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Notizie Est #288 - Francia/Serbia



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #288 - FRANCIA/SERBIA
8 dicembre 1999
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UN "RAGNO" SERBO CON PRONUNCIA FRANCESE

INTRODUZIONE
Il 25 novembre scorso, il ministro 
dell'informazione serbo, Goran Matic, ha reso 
pubblico, durante una conferenza stampa, 
l'arresto di cinque cittadini serbi e bosniaci 
(tutti di nazionalita' serba) accusati di avere 
compiuto crimini in Kosovo e preparato un 
attentato a Milosevic. Gli arrestati, per la 
maggior parte, erano gia' ampiamente noti per le 
loro attivita' criminali in Bosnia, in 
particolare a Srebrenica, condotte come membri 
dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia. 
Dei cinque Matic ha affermato che erano al soldo 
dei servizi segreti francesi. Il quotidiano di 
Belgrado "Politika", strettamente controllato 
dal partito socialista di Milosevic, ha 
pubblicato a partire dal 27 novembre una serie 
di servizi sul caso, nei quali le medesime 
accuse vengono ripetute quotidianamente, con 
l'aggiunta di altre "rivelazioni" e, spesso, con 
correzioni di informazioni rivelatesi nel 
frattempo errate o contraddittorie (per esempio, 
secondo quanto scriveva "Politika" il 1 
dicembre, i cinque dovevano effettuare un 
attentato al comandate dell'UCK Remi, che opera 
nella zona nord-orientale del Kosovo, 
un'affermazione in contraddizione con quanto 
scritto nel medesimo articolo dal quotidiano, 
secondo cui i cinque avevano operato in Kosovo 
nella zona di Decani, dalla parte opposta del 
Kosovo - il 4 dicembre "Politika", dopo che la 
contraddizione era stata rilevata da alcuni 
giornali, ha "riscritto" per intero la storia). 
Riguardo all'attentato in preparazione contro 
Milosevic non viene fornito alcun elemento 
concreto, mentre e' chiaro il tentativo del 
governo jugoslavo di utilizzare a livello 
propagandistico i cinque arrestati come "prova" 
del fatto che tutti i crimini commessi in Bosnia 
e in Kosovo sarebbero avvenuti all'insaputa del 
governo di Belgrado e su commissione dei servizi 
segreti occidentali. I cinque, comunque, non 
sono nemmeno accusati di avere progettato un 
attentato a Milosevic e le uniche accuse mosse 
dal Tribunale distrettuale di Belgrado sono di 
spionaggio e di avere ucciso due albanesi in 
Kosovo (si veda piu' avanti). Le autorita' 
francesi hanno categoricamente smentito ogni 
coinvolgimento nei presunti tentativi di 
attentare alla vita di Milosevic, ma, 
significativamente, non hanno detto una parola 
sulle accuse secondo cui i cinque criminali 
erano legati ai servizi segreti francesi. In 
realta', svariati giornali francesi hanno 
confermato i legami esistenti tra il gruppo 
degli arrestati e i servizi francesi, in una 
serie di articoli che gettano una significativa 
luce sui rapporti tra Francia e Serbia 
(riportiamo qui sotto l'articolo piu' 
dettagliato, pubblicato da "Liberation", 
raccomandando comunque di leggerlo con le dovute 
precauzioni, visto che quando si parla di 
servizi segreti si entra in un terreno sempre 
"scivoloso"). La presenza organizzata di gruppi 
di paramilitari serbi in Zaire, di cui parla 
l'articolo qui sotto, era stata ampiamente 
registrata gia' nel 1997 dalla stampa francese 
(si vedano i relativi riferimenti negli articoli 
piu' sotto) e da quella serba (per es. in un 
servizio del settimanale "Vreme" del 1 marzo 
1997). Inoltre, i cinque erano gia' stati 
arrestati in Serbia nel maggio scorso e 
rilasciati dopo alcuni giorni "per mancanza di 
prove" ("Vreme" e AFP, 4 dicembre 1999). 
Svariati giornali si sono chiesti del perche' di 
queste "rivelazioni", prive per la maggior parte 
di sostanza (con l'eccezione dei legami asseriti 
tra i soldati  arrestati e i servizi francesi), 
proprio in questo momento. "Liberation" scrive 
che il "messaggio [...] si puo' decodificare 
piu' o meno cosi': 'Non dimenticate che avete 
fatto ricorso in piu' occasioni ai servizi di 
uno dei nostri piu' grandi ripulitori etnici, 
che e' in nostre mani; non datevi eccessivamente 
da fare con la caccia ai criminali di guerra; 
abbiamo ancora altro con cui mettervi in 
imbarazzo'. ". Il settimanale "Vreme", nel suo 
ultimo numero, commenta come segue: "A Parigi 
cercano una risposta alla domanda: perche' 
Milosevic si e' scagliato con la Francia proprio 
ora, quando e' quella che con piu' insistenza 
chiede la cancellazione delle sanzioni contro la 
Jugoslavia? Come possibili motivi vengono 
menzionati il sostegno francese all'opposizione 
serba, Bernard Kouchner, e l'aggravarsi della 
situazione nel settore francese in Kosovo 
[Kosovska Mitrovica]. La domanda: perche' la 
Jugoslavia fruga nelle ferite dei rapporti tra 
americani e francesi due settimane prima del 
summit UE durante il quale verra' esaminata 
soprattutto l'iniziativa francese per la 
creazione di forze militari europee autonome 
(rispetto alla NATO) - nessuno se la pone". E in 
effetti la coincidenza tra l'iniziativa 
dell'Eurocorps, che potrebbe prendere il comando 
della KFOR, e le "rivelazioni", e' davvero 
strana. Da parte nostra, comunque, facciamo 
rientrare anche questo nuovo capitolo nel 
generale contesto "agitato" di tutto quanto si 
sta muovendo intorno al Kosovo a partire da fine 
settembre [si veda, in particolare, Notizie Est 
#284 del 17 novembre 1999] (A. Ferrario)


CRIMINALI DI GUERRA ALL'OMBRA DEI SERVIZI 
SEGRETI FRANCESI
di Didier François - ("Liberation", 3 dicembre 
1999)

La Francia ha fatto ricorso, direttamente o 
indirettamente, ai servizi di presunti criminali 
di guerra serbi. E' quello che risulta dalla 
nostra inchiesta, condotta dopo che Belgrado ha 
accusato Parigi, il 25 novembre, di avere 
cercato di fare assassinare Milosevic da un 
gruppo di cinque ex combattenti serbi e serbo-
bosniaci definiti come "agenti francesi", 
arrestati due settimane prima. Se l'accusa 
riguardante il progetto di assassinio sembra 
essere tra le piu' fantasiose, e' acquisito 
invece che almeno due degli uomini detenuti a 
Belgrado hanno collaborato con i servizi 
francesi per organizzare un'operazione (non 
andata a buon fine) per salvare Mobutu: Jugoslav 
Petrusic, un mercenario responsabile di massacri 
in Bosnia, e Slobodan Orasanin, un membro dei 
servizi jugoslavi.

Autentici criminali delle guerre etniche, 
affrettatamente riciclati in emissari in tuta 
mimetica, gli "ambasciatori" della diplomazia 
segreta che lega la Francia alla Serbia sono 
sicuramente molto piu' adatti ai dossier della 
polizia giudiziaria che alle cronache mondane. 
Arrestando cinque "spie francesi", accusate di 
avere voluto attentare alla vita del presidente 
Slobodan Milosevic, le autorita' jugoslave hanno 
socchiuso la porta di un armadio decisamente 
inquietante. E l'odore che ne proviene non ha 
nulla di attraente.

[...] I giudici del Tribunale dell'Aja 
conservano gia' nei loro scatoloni la 
testimonianza, molto dettagliata, di un pentito 
impegnatosi nelle milizie paramilitari serbe 
incaricate di eseguire in Bosnia i "lavori 
sporchi" del regime. Condannato a dieci anni di 
reclusione il 29 novembre 1996, in prima 
istanza, per crimini contro l'umanita', Drazen 
Erdemovic ha visto ridotta la sua pena della 
meta' da parte della camera d'appello, il 5 
marzo 1998, a causa "della situazione personale 
dell'accusato, della sua ammissione di 
colpevolezza, dei rimorsi espressi, della sua 
collaborazione con il procuratore e 
dell'esistenza di una costrizione". Il soldato 
sotto accusa si e' pubblicamente "definito 
colpevole di crimini contro l'umanita' per avere 
partecipato all'esecuzione sommaria di circa 
1.200 civili musulmani disarmati in una fattoria 
nei pressi di Pilica, nella municipalita' di 
Zvornik, successivamente alla conquista della 
citta' di Srebrenica da parte delle forze serbe 
di Bosnia nel luglio 1995". E la sua confessione 
(pubblicata in parte da "Liberation" il 12 
luglio 1996) ribocca di accuse estremamente 
precise sulle estorsioni messe in atto dalla 
soldataglia della sua falange, la "10a unita' di 
sabotaggio dell'esercito", un commando diretto 
dal tenente Milorad Pelemis, detto "Misa", uno 
dei cinque membri della "rete Ragno" arrestati a 
Belgrado.

Questo nazionalista radicale, originario di 
Bjelina, sarebbe stato nominato nell'ottobre 
1994 alla testa di questo gruppo di soldati 
delle truppe supplettive "messi sotto il comando 
del colonnello Petar Salapura, del Centro di 
informazioni dell'esercito serbo di Bosnia". Con 
questo nuovo capo, arriva una serie di nuovi 
assassini tra i quali si ritrovano due altre 
"spie" oggi dietro le sbarre, Rade Petrovic e 
Branko Vlaco.

Tre anni piu' tardi, nel 1997, nello stesso 
momento in cui un funzionario francese 
distaccato presso il Tribunale penale 
internazionale stava conducendo un'inchiesta sui 
massacri compiuti a Srebrenica, gli "anziani" 
della "10a unita' di sabotaggio" ricompariranno 
in maniera decisamente inattesa come mercenari 
in Zaire, a fianco dei "cani da guerra" 
reclutati in Francia e in Belgio, per un 
tentativo disperato di salvare il regime del 
maresciallo Mobutu Sese Seko. Un'operazione 
sorvegliata molto da vicino dalle piu' alte 
autorita' politiche a Parigi. Sulle rive del 
fiume Congo, l'avanzata dei ribelli di Laurent 
Desire Kabila, sostenuti dall'esercito rwandese, 
minacciava di spodestare il vecchio dittatore 
zairese in qualche giorno. La Francia, con una 
posizione pubblicamente ostentata, aveva 
rinunciato a impegnare le proprie truppe.

UNA GITA NELLO ZAIRE
Nell'ombra, le reti ufficiose si sono mobilitate 
sotto l'occhio attento dell'ambasciatore Fernand 
Wibaux, che, dall'interno della cellula africana 
dell'Eliseo, si e' tenuto costantemente 
informato sugli "sforzi" privati resi possibili 
dal rappresentante di un'impresa che opera nel 
settore delle comunicazioni satellitari, la 
Geolink, al fine di aiutare Jean Seti Yale, un 
uomo vicino a Mobutu, ad armare una legione di 
stipendiati ("Lettre du Continent" del 3 aprile 
e "Liberation" del 5 maggio 1997). Bob Denard, 
decano dei condottieri tricolori, aveva qualche 
guaio giudiziario. Il suo omologo belga, 
Christian Tavernier, prendera' il comando delle 
due "compagnie" di soldati di fortuna 
occidentali, soprattutto francesi, scelti tra i 
fedeli del "Vecchio" ("Liberation" del 4 
febbraio 1999). Da parte serba, 
l'"assemblamento" sara' piu' complesso. Gli 
jugoslavi dovevano fornire il maggiore 
contingente, nonche' dei piloti. Il reclutamento 
e' stato in parte affidato a Milorad Pelemis, 
che ha attinto largamente alle riserve della 
"10a unita' di sabotaggio", i cui "anziani" si 
riuniscono apertamente in un caffe' di Bjielina, 
in Bosnia. La selezione finale e' rimasta 
tuttavia sotto il controllo dei Servizi federali 
di sicurezza, che hanno emesso i loro passaporti 
ai mercenari, ingaggiati dopo un ultimo incontro 
presso l'albergo Turist di Belgrado. Il comando 
della truppa jugoslava, infine, verra' affidato 
a Jugoslav Petrusic, che portera' per 
l'occasione lo pseudonimo di "colonnello Dominic 
Jugo". In un'intervista concessa nel 1997 alla 
giornalista Gordana Igric, "un businessman serbo 
di Bosnia" racconta, "sotto condizione di 
anonimato", come ha organizzato "alla fine del 
1996", un incontro tra Jugoslav Petrusic, 
accompagnato da Philippe Perrette, 
rappresentante allora della societa' Geolink, e 
il capo di stato maggiore dell'esercito, Momcilo 
Perisic, "presso il quartiere generale nel 
centro di Belgrado". Incontro grazie al quale i 
due uomini "hanno potuto vendere armi al governo 
jugoslavo e organizzare la partenza dei 
mercenari".

Un altro membro della "rete Ragno" fa anch'esso 
parte del gruppo: Slobodan Orasanin, presentato 
dal bollettino riservato TTU come "un officiale 
del KOS (i servizi segreti militari jugoslavi", 
N.d.R.] e manager della societa' di import-
export Target". Egli sarebbe stato incaricato di 
fornire materiale militare al gruppo africano, 
garantendosi allo stesso tempo l'acquisto, per 
la Jugoslavia sotto embargo, di apparecchiature 
elettroniche di un'altra societa' francese molto 
grande con la quale "Dominic Jugo" era in 
contatto.

Le origini di queste strane connessioni francesi 
di Jugoslav Petrisic rimangono estremamente 
vaghe.

Ingarbugliando a piacere le piste, l'interessato 
ha piu' volte lasciato intendere di potere 
essere un ex legionario. Voce che tuttavia non 
ha in alcun modo sollecitato la curiosita' del 
capo di stato maggiore dell'esercito di terra. 
Il generale Yves Cre'ne ha dichiarato a 
Liberation che "non gli e' stato chiesto di 
verificare". La madre di un vecchio amico di 
"Dominic Jugo" assicura che egli ha lavorato 
come "buttafuori di un locale notturno 
parigino". Il suo nome compariva con insistenza 
come quello di uno degli intermediari "attivati" 
in occasione dei negoziati avviati con le 
autorita' serbe per ottenere la liberazione dei 
due piloti del Mirage francese abbattuto 
nell'agosto 1995 al di sopra di Sarajevo. Fatto 
inquietante, a partire da tale periodo il 
"colonnello Jugo" viaggia a piu' riprese tra 
Parigi e Belgrado, in un primo tempo grazie ai 
visti ottenuti da un commissario del 
controspionaggio, poi sotto almeno due false 
identita' attestate da passaporti francesi 
validi sotto ogni aspetto, emessi ai nomi di 
"Dominique Sapin" e di "Jean-Pierre Pironi".

[...] Le autorita' jugoslave non sono le sole a 
accusare Jugoslav Petrusic delle peggiori 
atrocita'. "L'8 marzo 1997, su una strada che 
fiancheggia l'aeroporto di Kisangani, Jugo ha 
ucciso due missionari protestanti accusati di 
essere delle spie" della ribellione congolese, 
afferma il rapporto sugli avvenimenti zairesi 
scritti dall'organizzazione Human Rights Watch, 
che cita anche la testimonianza di "un 
importatore di carni bovine di Goma, che e' 
stato arrestato il 23 febbraio 1997 da mercenari 
comandati da Jugo e che ha descritto come, in 
detenzione, egli e' stato personalmente 
torturato e sottoposto a trattamenti inumani da 
Jugo stesso".


L'INCHIESTA DI "VREME"
Nel suo ultimo numero (4 dicembre 1999), il 
settimanale serbo "Vreme" ha pubblicato un lungo 
articolo di Zoran B. Nikolic e Dragan Todorovic 
sull'"operazione Ragno". In esso vengono 
confermate, con l'aggiunta di svariati dettagli, 
le informazioni contenute nell'articolo di 
"Liberation". Riportiamo qui sotto i particolari 
aggiuntivi.

"La 10a unita' di sabotaggio, della quale [il 
ministro jugoslavo dell'informazione] Matic 
afferma che non era sotto il controllo 
dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia 
(VRS), bensi' dei servizi segreti francesi, era 
una formazione sotto il comando diretto del 
settore informazioni dello Stato Maggiore del 
VRS. Anche se al massacro di Pilica [nei pressi 
di Srebrenica] hanno partecipato solo otto suoi 
membri, l'intera unita', il cui numero nel corso 
dei due anni della sua esistenza e' variata tra 
i 100 e i 300 effettivi, ha partecipato agli 
scontri intorno a Srebrenica fin dall'inizio. 
Srebrenica e' caduta l'11 luglio e la successiva 
caccia ai profughi musulmani e' durata per una 
decina di giorni. Il gruppo di Erdemovic ha 
trasportato la gente sul luogo dell'esecuzione 
in autobus, in maniera organizzata, e l'intera 
azione e' stata coordinata da un tenente 
colonnello del quale Erdemovic ha detto che 
probabilmente era del Quinto corpo del VRS, 
nella cui zona di responsabilita' e' avvenuto il 
tutto. Quando il terribile lavoro di Pilica e' 
terminato, il summenzionato tenente colonnello 
voleva inviare il gruppo di Erdemovic  in un 
altro posto, per continuare con le esecuzioni, 
ma gli uomini si sono rifiutati. Il tenente 
colonnello, allora, ha detto che invece di loro 
avrebbe inviato dei volontari di Bratunac. Anche 
se Pelemis e la gente sotto il suo comando, 
secondo tutto cia' che finora e' noto, hanno 
gran parte della responsabilita' per la tragedia 
di Srebrenica, sono solo gli esecutori, e non 
gli unici. Le affermazioni di Matic possono 
forse accusare la Francia, ma in nessun modo 
sollevano il VRS dalle proprie responsabilita'".

"Vreme" aggiunge alcuni particolari anche 
riguardo ai rapporti Francia-Serbia. "Il 
giornale parigino 'Figaro' ha scritto, in un 
articolo del 27 novembre, che Jugoslav Petrusic, 
alias 'Dominique', e' stato 'ingaggiato' da 
parte della DST (Difesa Territoriale francese) e 
che per il tramite dell'impresa 'Geolink' nel 
1996 e' stato assunto in un gruppo di mercenari 
che sono stati inviati nello Zaire per 
contribuire alla difesa del potere dell'allora 
presidente Mobutu. [...] Un alto funzionario 
della 'Geolink', Andre' Martini, ha dichiarato 
nel maggio 1997 al 'New York Times' che Perrette 
nel corso degli ultimi tre mesi del 1996 ha 
visitato svariate volte Belgrado, ma che egli 
non sapeva nulla delle sue attivita' segrete. 
Martini ha aggiunto che l'impresa ha concluso 
che Perrette era davvero un agente dei servizi 
segreti francesi e che ha sfruttato i contatti 
d'affari della 'Geolink' in Zaire come 
copertura. [...] 'Le Monde' in questi giorni ha 
pubblicato alcuni brani di un'intervista 
concessa da Petrusic a un giornalista di tale 
testata nel maggio del 1997, cioe' nel periodo 
in cui, sotto il nome di 'colonnello Dominique', 
comandava un'unita' di mercenari in Zaire. 
'Chiedete al Ministero degli interni francese, 
loro sanno chi sono. Sono il colonnello 
Dominique, sono serbo, ma anche francese. Sono 
stato ovunque: in Libano, in Iraq, in Africa. Ma 
in Serbia tornero' solo quando Parigi riuscira' 
a risolvere alcuni problemi che ho laggiu', 
perche' i serbi mi vogliono uccidere' ".

"Vreme" inoltre ricorda che "la polizia aveva 
gia' arrestato Petrusic e Orasanin in maggio, ma 
che i due erano stati liberati dopo venti 
giorni" per insufficienza di prove. "Tutti i 
loro crimini [in Kosovo] sono stati compiuti 
mentre indossavano le uniformi dell'Esercito 
jugoslavo e facevano parte delle sue unita'". 
Infine, sottolinea "Vreme", il "giudice 
distrettuale di Belgrado, Miodrag Paunovic, sta 
conducendo un'indagine fin dal 17 novembre. Per 
ora [...] l'indagine non riguarda l'eventuale 
preparazione di un attentato contro il 
presidente jugoslavo. Gli arrestati sono 
indagati per spionaggio ai sensi dell'art. 128 
del C.P. jugoslavo e di doppio omicidio ai sensi 
dell'art. 47, paragrafo 2 del C.P. jugoslavo", 
particolari confermati anche da un servizio 
della AFP pubblicato il 4 dicembre stesso.



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