[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Notizie Est #282 - Kosovo
- To: "Notizie Est" <est@ecn.org>
- Subject: Notizie Est #282 - Kosovo
- From: "Est" <est@ecn.org>
- Date: Thu, 25 Nov 1999 18:53:15 +0100
- Posted-Date: Thu, 25 Nov 1999 19:04:46 +0100
- Priority: normal
"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani
=============================
NOTIZIE EST #282 - KOSOVO
25 novembre 1999
=============================
DOSSIER: LE SPECULAZIONI SULLE VITTIME IN KOSOVO
/ 1
[In questa prima parte riportiamo i fatti
essenziali, mentre nella seconda parte
compariranno i relativi approfondimenti. In
calce al messaggio potete trovare i link alla
documentazione di riferimento]
Il 23 settembre scorso, uno dei maggiori
quotidiani spagnoli, "El Pais", ha pubblicato un
articolo che, come pochi altri relativi al
Kosovo, ha avuto un'enorme fortuna editoriale in
tutto il mondo. Il pezzo riporta alcune
dichiarazioni di un perito e di un ufficiale
della polizia spagnoli (rispettivamente Emilio
Perez Pujol e Juan Lopez Palafox) che hanno
lavorato in una zona limitata del Kosovo alla
ricerca di resti di kosovari massacrati durante
le operazioni compiute dalle forze serbe tra
fine marzo e i primi di giugno. Pujol e Palafox
facevano parte di un team appositamente nominato
dal governo spagnolo. I governi di vari paesi
della NATO presenti in Kosovo (piu' Svizzera e
Finlandia), hanno infatti ricevuto dal Tribunale
Internazionale per la Ex Jugoslavia il mandato
di formare loro gruppi di esperti, incaricati di
cercare fosse comuni nelle rispettive zone del
Kosovo. I dati effettivi che il pezzo fornisce
sono pochissimi: il team spagnolo ha esaminato
la limitata area di Istok (6% circa della
superficie del Kosovo), controllata dal
contingente di Madrid, e hanno "trovato e
analizzato 187 cadaveri in 9 villaggi, sepolti
in tombe singole". Stando alle parole di Pujol,
essi erano orientati "per la maggior parte verso
la Mecca". Questi sono gli unici fatti che
riferisce l'articolo, se si eccettua l'ultimo
breve paragrafo, che riguarda non la ricerca di
fosse comuni, ma gli albanesi uccisi da bombe
NATO e polizia serba presso la prigione di
Istok. I due spagnoli non forniscono nessun
altro particolare: chi erano le vittime (uomini,
donne, bambini o anziani), come sono state
uccise e dove esattamente sono state ritrovate.
Si tratta di una lacuna subito evidente, se si
confronta la testimonianza personale di Pujol e
Palafox (i due infatti non parlano ufficialmente
a nome del team spagnolo), raccolta da "El
Pais", con le decine di altri articoli,
dichiarazioni e rapporti ufficiali pubblicati da
luglio fino all'articolo del quotidiano
spagnolo, che descrivono nei dettagli i
particolari relativi ai cadaveri ritrovati fino
ad allora in altre fosse comuni (si vedano i
link piu' sotto che rimandano alla
documentazione relativa al presente dossier). Il
resto dello scarno articolo sono congetture dei
due, accompagnate da due dati privi di ogni
riscontro. Pujol afferma, sempre a titolo
personale e non ufficiale: "Ci hanno detto che
stavamo andando nella zona peggiore del Kosovo.
Che ci saremmo dovuti preparare a piu' di 2000
autopsie. Che avremmo dovuto lavorare fino alla
fine di novembre. Il risultato e' molto diverso.
Abbiamo trovato solo 187 cadaveri e ora stiamo
per tornarcene". Pujol si guarda bene dal dire
CHI gli ha detto che si doveva preparare a piu'
di 2000 autopsie, rendendo cosi' impossibile
ogni eventuale smentita o verifica. E' chiaro
che chiunque, soprattutto se, come Pujol, parla
in veste non ufficiale, potrebbe inventarsi di
sana pianta un "mi e' stato detto questo, e
invece ho riscontrato quello", senza citare
fonti e suggerendo cosi' dubbi sulle stime delle
vittime. Questo dato privo di qualsiasi
riscontro e' seguito da alcune dichiarazioni del
perito e del poliziotto il cui obiettivo e'
evidente: "i serbi non sono cosi' cattivi come
sono stati dipinti", "nella ex Jugoslavia sono
stati commessi dei crimini, [...] ma derivavano
dalla guerra", c'e' "l'impressione che i serbi
abbiano dato alle famiglie una possibilita' di
abbandonare le proprie case. Se alcuni membri
del clan, per qualsivoglia motivo, decidevano di
rimanere, al ritorno venivano trovati morti". A
livello fattuale, lo ripetiamo, l'articolo non
contiene altro. Ci troviamo qui di fronte a
meccanismi simili alla campagna di
disinformazione lanciata sul massacro di Racak:
una fonte "mononazionale" di ambito NATO (per
Racak, francese, qui spagnola e in settore KFOR
spagnolo/italiano), fa affermazioni prive di
riscontro e le condisce in tutta una serie di
insinuazioni ben mirate, di distorsioni e di
cose non dette.
L'articolo di "El Pais", come abbiamo detto, ha
avuto grande fortuna e le dichiarazioni di Pujol
e Palafox sono state riprese da numerose fonti
in tutto il mondo, oltre ad avere una
larghissima circolazione in Internet. Una vera e
propria campagna, tuttavia la si e' avuta solo a
partire dalla seconda meta' del mese successivo,
con la pubblicazione il 17 ottobre di un lungo
pezzo dell'agenzia di intelligence "Stratfor",
che ha un'ampia diffusione in Internet.
Dall'articolo di "El Pais" a quello della
"Stratfor" sono passati 24 giorni, senza che
intervenisse alcuna novita' particolare in
merito al conteggio delle vittime. Il pezzo
della Stratfor non dice nulla sui dati
disponibili in quel momento. Riprende pari passo
le dichiarazioni rese da Pujol alla fine di
settembre, aggiungendo solo, a livello di dati,
un elenco di fosse comuni in cui non sono
(ancora) stati trovati corpi: le miniere di
Trepca (700 presunti uccisi), il villaggio di
Pusto Selo (106), il massacro di Izbica (150),
gli scomparsi da Klina (96). Per il resto
aggiunge solo, ancora una volta, congetture,
affermazioni prive di alcun riscontro,
insinuazioni e anche qualche bugia. Per fare
solo alcuni esempi, la "Stratfor" scrive che
"ricerche condotte da noi e indagini di
funzionari indicano che il numero delle vittime
finora e' dell'ordine delle centinaia, non delle
migliaia". Punto e basta. L'agenzia accusa nel
suo pezzo di poca chiarezza gli altri soggetti
che hanno formulato ipotesi sui corpi ritrovati
fino a quel momento, ma poi si rivela essere
quella che piu' di tutti vaga nella nebbia
assoluta: "ricerche condotte da noi", scrive,
senza specificare come, dove e quando; "indagini
di funzionari", senza dire che indagini e quali
funzionari; "indicano che il numero delle
vittime e' nell'ordine delle centinaia, non
delle migliaia", cioe' sulla base di nulla, la
"Stratfor" parla, si badi bene, di VITTIME
nell'ordine delle centinaia e non delle
migliaia. Ma "vittime" e' un'espressione che si
riferisce all'intero complesso degli uccisi
durante due mesi e mezzo di guerra, mentre il 17
ottobre i soli CORPI RITROVATI in fosse comuni
erano gia' sicuramente ben piu' di mille (si
veda la documentazione contenuta nei link piu'
in basso). Nel costruire il proprio castello di
carta, la "Stratfor" ricorre anche alle bugie
vere e proprie, quando scrive che il 2 agosto
"Bernard Kouchner aveva detto che circa 11.000
CORPI ERANO STATI TROVATI in fosse comuni in
tutto il Kosovo". In realta', se si verificano
le dichiarazioni rilasciate allora da Kouchner
(Reuters, 2 agosto 1999), si vede che egli ha
detto che "le fosse comuni sparse in tutto il
Kosovo CONTENGONO UN NUMERO STIMATO di 11.000
corpi" e, piu' sotto, si specifica che secondo
"le stime, 11.000 albanesi giaciono nelle fosse
comuni che [gli investigatori del Tribunale ONU]
HANNO COMINCIATO a scavare". Nessuno, cioe', ha
mai detto che "11.000 corpi ERANO STATI TROVATI
in fosse comuni", come invece, mentendo, fa la
"Stratfor" - si trattava invece solo di una
stima, una cosa ben diversa. Il pezzo
dell'agenzia statunitense (che fornisce servizi
informativi ad aziende del settore difesa e ad
altre multinazionali americane) sembra una vera
e propria mini-antologia destinata a fornire
frasi preconfezionate da ripetere a giornalisti
disposti a raccogliere l'invito. L'obiettivo
avra' pieno successo: di li' a poco comparira'
una marea di articoli sulla stampa di tutto il
mondo, dalle grandi testate, alle testate di
provincia, a quelle "militanti", che
costruiranno articoli, a volte lunghi,
utilizzando pari passo quanto scritto dalla
"Stratfor" (spesso senza citarne nemmeno la
fonte) o quanto dichiarato da Pujol, senza
confrontarlo con altre fonti. Tutti i pezzi
comparsi riprendono unicamente questi due testi,
senza aggiungere nulla di nuovo. Per citare solo
alcuni di quelli che siamo riusciti a
ricuperare: a livello internazionale "Los
Angeles Times", "The Times", Reuters, "Toronto
Star", "The Spectator" e, in Italia, "L'Unita'",
"Avvenimenti" e perfino giornali di provincia
come la "Nuova Venezia". Successivamente, anche
dopo la pubblicazione dei dati da parte del
Tribunale Internazionale, molte altre grandi
testate continueranno nella sostanza ad aderire
ai "dubbi" di "Stratfor" e Pujol (per es. il
"New York Times" e "Newsweek"), senza aggiungere
nulla di nuovo. Il perito spagnolo, in alcune
altre dichiarazioni citate dal "Times" di Londra
il 31 ottobre, aggiungera' la sua valutazione
secondo cui il numero finale delle vittime "non
sara' superiore a 2.500", un'affermazione che
non si capisce su cosa si basi, visto che egli
ha lavorato solo per due mesi in una zona
limitatissima del Kosovo, a differenza dei molti
altri che hanno operato in altre, e piu' vaste,
zone, proseguendo il loro lavoro da fine giugno
a fine ottobre e interrompendolo solo per motivi
climatici.
Il 10 novembre, Carla Del Ponte, procuratore
capo dell'ONU, ha comunicato che nei poco piu'
di quattro mesi di ricerche effettuate su fosse
comuni (e interrotte, come era stato anticipato
da lungo tempo, per il congelamento del terreno
ai primi di novembre), erano stati riesumati in
Kosovo 2.108 cadaveri. I corpi sono stati
ricuperati da 195 fosse comuni su 529 segnalate
fino a quel momento. Le denunce relative a tali
529 fosse riguardano complessivamente un numero
di 11.334 persone. Le 195 fosse oggetto di
indagini fino a quel momento dovrebbero
contenere complessivamente, secondo le denunce,
4.266 cadaveri. Questo non vuol dire
assolutamente che le vittime effettive siano in
realta' la meta', perche' il lavoro riguardo a
tali fosse non e' finito, ve ne sono alcune (le
piu' grosse) con chiari segni di asportazione o
di alterazione, come ha dichiarato la Del Ponte:
"il numero dei corpi ricuperati non riflette
necessariamente il numero delle vittime
effettive, perche' c'e' un numero significativo
di siti dove il numero dei cadaveri non puo'
essere contato. In questi siti sono stati
effettuati passi per nascondere le prove. Molti
corpi sono stati bruciati" (Reuters e Associated
Press, 11 novembre 1999). I siti piu' grossi di
cui riferisce la "Stratfor" rientrano in questa
categoria, ed e' una cosa scontata: sono quelli
ampiamente denunciati dalla stampa tra aprile e
maggio scorso ed e' perfettamente logico che le
forze regolari e i paramilitari serbi si siano
premurati di cancellarne le tracce (e infatti in
alcuni di essi, come a Izbica e Ljubenic, sono
state rilevate chiare tracce di manomissione -
si veda piu' avanti). Hanno avuto tutto il tempo
e la comodita' per farlo, visto che la maggior
parte delle stragi sono state compiute in
aprile, e all'inizio di maggio le forze serbe
avevano letteralmente svuotato meta' del Kosovo
dalla sua popolazione albanese. Inoltre, tra la
firma dell'accordo il 3 di giugno (ma un accordo
era nell'aria gia' ai primi di maggio) e il
momento in cui le truppe NATO hanno preso il
controllo della maggior parte del Kosovo sono
passati circa dieci giorni, un altro intervallo
di tempo in cui operare in larghe fasce di
territorio prive di testimoni scomodi. A
differenza del caso bosniaco, il Tribunale
Internazionale per i Crimini di Guerra esisteva
gia' molto prima della guerra e le forze serbe
nella loro azione pianificata hanno senz'altro
tenuto conto di cio'. E' molto facile nascondere
i crimini in una situazione come e' stata quella
del Kosovo di deportazione in massa e
pianificata di centinaia di migliaia di persone:
i famigliari e i conoscenti degli uccisi vedono
il luogo dove le persone vengono uccise, che e'
poi l'unico che possono denunciare, ma se gli
aguzzini, svuotato il villaggio, trasportano
semplicemente le vittime a pochi chilometri di
distanza, magari in diversi punti, il lavoro di
ricerca puo' durare anni. E' stato ampiamente
fatto in Bosnia, dove per esempio solo di
recente, a quattro anni dalla fine dalla guerra,
e' stata "ricostruita" quasi per intero una
fossa comune dalla quale i cadaveri erano stati
asportati e portati in 20 "minifosse" diverse
(si veda nel sito web ufficiale ONU:
http://www.un.org/icty/bulletin21-e/index.html).
Riguardo al conteggio, tuttavia, vi sono altre
cose da tenere presenti. Innanzitutto, il
Tribunale Internazionale, come ha dichiarato la
Del Ponte, ha come proprio "compito primario
quello di raccogliere prove relative alle accuse
penali contro il presidente jugoslavo Milosevic
e altri leader e perpetratori di crimini contro
l'umanita', e non quello di effettuare un
censimento dei morti". Non e' un particolare
secondario, anche perche' vi sono ONG che non
operano per il Tribunale e che svolgono
anch'esse indagini. Il Tribunale, inoltre, non
conduce indagini sui singoli casi di persone
uccise e, soprattutto, sulle persone scomparse:
i numeri raccolti da diverse ONG (Fond za
Humanitarno Pravo di Belgrado, Croce Rossa
Internazionale, Centro per i Diritti Umani di
Prishtina) riguardo ai "desaparecidos"
concordano a tale proposito su una cifra,
provvisoria, compresa tra 2.000 e 4.000 persone.
Inoltre, il lavoro di raccolta e verifica delle
denunce (non basta che uno dica "c'e' una fossa
nel punto x" - si raccolgono testimonianze
dettagliate e si fanno riscontri incrociati, un
lavoro che puo' durare settimane o mesi) non e'
terminato. Lo dice, tra le altre cose, un dato
che si evince da tutte le fonti citate, anche
dalla "Stratfor", la quale pero' si astiene dal
prenderne nota nei suoi altrimenti verbosi
articoli: il 17 ottobre la "Stratfor" parla,
come le altre fonti, di 400 fosse denunciate,
mentre ai primi di novembre esse sono gia' 529
(dato citato anche in un successivo, breve
commento dell'agenzia, 11 novembre 1999). Il
numero delle fosse in merito alle quali le
denunce sono risultate sufficientemente fondate
da dare il via a delle ricerche, e' aumentato di
1/3 in meno di un mese perche' il lavoro di
raccolta delle denunce prosegue. In generale,
sui meccanismi della ricerca dei corpi degli
uccisi nelle repressioni, vale la pena di
riportare per intero le dichiarazioni rilasciate
in merito da Natasa Kandic al settimanale serbo-
bosniaco "Reporter" (10 novembre 1999). Per
completezza, specifichiamo che la Kandic dirige
da anni il "Fond za Humanitarno Pravo" ("Centro
per il Diritto Umanitario) a Belgrado,
un'organizzazione indipendente che, gia'
attivatasi in passato per la Bosnia, quest'anno
e' stata l'unica a cominciare indagini sui
crimini in Kosovo quando ancora i bombardamenti
erano in corso, ma ha anche fatto un lavoro di
capillare
documentazione delle violenze sistematiche contro i rom, cosi' come dei
rapimenti e delle uccisioni di serbi compiuti negli ultimi mesi da albanesi.
Ecco alcuni brani del servizio di "Reporter":
"La Kandic afferma che il legale spagnolo
[Pujol] parlava solo di quello che aveva visto
lui personalmente. 'In questo momento nessuno
dispone di dati precisi riguardo a quanti civili
siano stati uccisi in Kosovo', dice Natasa
Kandic, che, con i suoi collaboratori, durante
tutto il periodo dei bombardamenti NATO e ancora
oggi, si e' recata di frequente in Kosovo per
indagare i crimini compiutivi. Raffrontando i
dati sulle tragedie del Kosovo con gli effetti
delle recenti guerre verificatesi in altre zone
della ex Jugoslavia, gli investigatori del
Centro per il Diritto Umanitario sono giunti
alla conclusione che fino a oggi non vi sono mai
stati tanti casi di occultamento delle prove
relative a uccisioni. Natasa Kandic, pur non
escludendo la possibilita' che alcune prove non
verranno mai nemmeno scoperte, rimane convinta
che 'un giorno qualcuno parlera''. 'E' pieno di
luoghi dove sono evidenti le tracce di cadaveri
bruciati, di dispersione delle ossa, come e' il
caso di Ljubenic, Cusk, Stara Dvoran, Zahac,
Pavljan, Ruhot', dice Natasa Kandic. In due
delle decine di villaggi nei quali sono stati
trovati tali tracce (Ruhot e Ljubenic), gli
attivisti del Centro, secondo le sue parole,
hanno incrociato anche gli esperti del
Tribunale. Secondo i dati del Fondo, le vittime
piu' frequenti degli omicidi sono uomini tra i
13 e i 55 anni, ma vi sono anche fosse comuni in
cui sono stati trovati i corpi di donne e
bambini uccisi (come a Velika Krusa). Un altro
problema nello stabilire il numero delle
uccisioni e' rappresentato dal grande numero di
scomparsi -
secondo le parole di Natasa Kandic vi sono dati relativi alla scomparsa di
alcune migliaia di persone. I testimoni con i quali hanno parlato gli
investigatori affermano che in molti luoghi (Meja kod Djakovice, Korenica,
Rajac) da una colonna di profughi sono stati separati gruppi di uomini del cui
destino non vi sono piu' informazioni. Natasa Kandic ritiene che tra i circa
2.000 prigionieri albanesi portati in Serbia 'si trovano 100 o 200 di coloro
segnalati come scomparsi' e che probabilmente hanno dato dati errati su di se'.
Ma e' una cifra di gran lunga inferiore a quella degli scomparsi. 'Sulla base
delle mie esperienze, ritengo che la maggior parte degli scomparsi non siano
piu' vivi', dice Natasa Kandic. La Kandic respinge anche i sospetti in merito
alla veridicita' dei dati che vengono acquisiti sulla base delle dichiarazioni
dei testimoni: 'Gli interrogatori incrociati
condotti dagli esperti del Tribunale nel corso
di mesi di indagini possono lasciare passare
forse solo un testimone in malafede su mille',
afferma, precisando che esistono delle domande
molto specifiche di fronte alle quali testimoni
potenzialmente in malafede 'crollano' ".
Anche il giornalista Ian Williams,
corrispondente dall'ONU per il settimanale "The
Nation", conferma il fatto che se in alcuni siti
non sono stati ancora trovati corpi, questo non
significa in alcun modo che le denunce siano
false ("IWPR's Balkan Crisis Report", 12
novembre 1999): "[il portavoce del Tribunale]
Risley afferma che gli investigatori hanno
ancora testimonianze oculari credibili secondo
cui 700 corpi sono stati portati [a Trepca] per
essere eliminati. Solo alcuni dei pozzi
dell'esteso complesso minerario sono stati
oggetto di ricerche, afferma, e molti di essi
sono inondati. Se i corpi sono stati bruciati in
una o piu' delle numerose strutture industriali
dell'area e le ceneri eliminate in acque
sotterranee, sarebbe quasi impossibile trovarli
[come conferma anche un articolo del
corrispondente di "Liberation", 25-26 settembre
1999 - a.f.]. A Izbica, per esempio, [...] nel
momento in cui la NATO e' arrivata in estate, le
fosse erano gia' state svuotate e i corpi
asportati. Sul sito vi erano tracce visibili
lasciate da camion pesanti e da altri
macchinari". Riguardo a Izbica, inoltre, quando
la "Stratfor" scriveva il suo pezzo era gia'
disponibile da lungo tempo, fra le altre
numerose testimonianze, il reportage di Paul
Watson, del "Los Angeles Times", che era
arrivato sul posto prima delle truppe NATO e
appena dopo che quelle serbe se ne erano andate
e aveva descritto con dovizia di particolari,
nel suo articolo pubblicato dal giornale il 16
giugno, i segni di manomissione rilevati sul
sito della fossa (l'articolo e' contenuto nei
file di documentazione che accompagnano questo
dossier - si vedano i link piu' sotto).
Non si puo' infine non citare il caso bosniaco,
al quale abbiamo accennato sopra. Ancora in
questi mesi, a quattro anni di distanza dalla
firma della pace di Dayton, vengono scoperte in
Bosnia fosse comuni. Per citare solo alcuni dati
relativi agli ultimi mesi, da meta' settembre
all'8 ottobre nella sola zona di Bosanski Novi
(Reppublica Serba di Bosnia) sono state trovate
tre fosse comuni, l'ultima delle quali conteneva
59 corpi (AFP, 8 ottobre 1999). A Jelec, il 28
ottobre sono stati riesumati 52 corpi da fosse
comuni e singole, mentre si cercano ancora altre
decine di cadaveri (AFP, 28 ottobre 1999). A
Gacko, nei pressi di Mostar, tra settembre e
ottobre sono stati ritrovati in diverse fosse
104 cadaveri (AFP, 30 ottobre 1999). In
quest'ultimo caso, si trattava di persone uccise
nel lontano 1992. Sempre in questi giorni, e'
stato infine pubblicato il rapporto ONU sul
massacro di Srebrenica, a quattro anni di
distanza dal crimine
(http://www.un.org/News/ossg/srebrenica.htm). Il
caso di Srebrenica e' stato anch'esso oggetto
per anni di tesi negazionistiche o
giustificative - ora le dinamiche di quel
crimine premeditato (7.500/8.000 uccisi a sangue
freddo) sono state anch'esse finalmente
documentate, non solo dall'ONU, ma anche dal
lavoro, ancora in corso, di associazioni
indipendenti (come "Physicians for Human
Rights").
**LINK AI FILE DI DOCUMENTAZIONE**
- I principali articoli della campagna di
disinformazione, da "El Pais", "Stratfor",
"L'Unita'" e altre fonti (in italiano e in
inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/camfcc.htm
(35 Kb)
- Una selezione di articoli di fonti varie sulle
fosse comuni e sulle vittime in Kosovo (in
inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/mssgv.htm
(35 Kb)
- Due lunghi pezzi, rispettivamente del "Los
Angeles Times" e della AIM, sui massacri in
Kosovo e i successivi ritrovamenti (in inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/latkandic.h
tm (58 Kb)
- Un dettagliato articolo del "Chicago Tribune"
che espone le modalita' delle indagini del
Tribunale Internazionale, in particolare per
quanto riguarda il Kosovo (in inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/chitrib.htm
(25 Kb)
- Una serie di rapporti di "Human Rights Watch"
sui massacri in Kosovo (in inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/hrwrep.htm
(142 Kb)
- Dispacci di agenzia su ritrovamenti, a
distanza di anni, di nuove fosse comuni in
Bosnia nel corso degli ultimi due mesi, piu' un
comunicato di "Physicians for Human Rights" (in
inglese):
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/fssbosnia.h
tm (11 Kb)
__________________________________________________________
"Notizie Est" e' una mailing list di notizie sui Balcani
e l'Europa Orientale, pubblicata dal sito web "I Balcani" e
archiviata su web all'indirizzo:
http://www.ecn.org/est/balcani
Se desiderate abbonarvi (gratuitamente) o essere rimossi
da questa lista e' sufficiente che lo comunichiate a:
est@ecn.org