Pordenone - Professionisti dell'innovazione (2275)
- Subject: Pordenone - Professionisti dell'innovazione (2275)
- From: Fabio Della Pietra <f.dellapietra at itaca.coopsoc.it>
- Date: Fri, 10 Dec 2010 12:45:08 +0100
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Tomarchio: “sofferenza e disagio non sono antagonisti dell’imprenditorialità” Professionisti dell’innovazione (e del progresso) Abbandonare i mercati tradizionali, ecco il futuro della cooperazione sociale di produzione lavoro Pordenone Dove sta scritto che sofferenza e disagio non possono andare a braccetto con un fare impresa (sociale) che si traduca in qualità del lavoro svolto e competenza, capacità ed esperienza, serietà ed imprenditorialità? In realtà da nessuna parte, e l’esperienza della Cooperazione sociale B in Friuli Venezia Giulia, ma non solo, lo dimostra. Il futuro delle Cooperative sociali B - di produzione lavoro o di inserimento lavorativo che dir si voglia – è “entrare con professionalità in nuovi rami di attività, per dimostrare che sofferenza e disagio non sono antagonisti dell’imprenditorialità”. A sottolinearlo il presidente della Cooperativa sociale Itaca (Coop A di servizi alla persona), Leo Tomarchio, a margine del recente incontro che ha visto la Cooperativa sociale L’Agorà (Coop B) presentare alla cittadinanza il proprio bilancio sociale. A dispetto di quegli enti pubblici e sanitari che, perseguendo nei loro appalti il massimo risparmio e ribasso piuttosto che la qualità del lavoro svolto, non pare superfluo ricordare alcuni punti fermi. Come stabilito dalla legge 381/1991 e più recentemente dalla legge regionale 20/2006, la mission di una Cooperativa sociale di tipo B è di “reinserire nel mondo del lavoro persone svantaggiate, disabili, in difficoltà o in situazioni di marginalità e fragilità”. Persone in difficoltà che, come recita l’articolo 4 della succitata legge 381, possono essere invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, persone in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Il Friuli Venezia Giulia è stato da sempre terra di sperimentazione ed avanguardia per ciò che concerne la cooperazione sociale. “Le prime cooperative di inserimento lavorativo in Italia sono nate ben prima dell’emanazione della legge che le avrebbe poi regolamentate – procede Tomarchio -. Infatti, nel 1972 a Trieste nasceva la Cooperativa Lavoratori Uniti Franco Basaglia con l’intento di far diventare soci-lavoratori i pazienti che fino ad allora avevano svolto attività di pulizie all’interno dell’ospedale psichiatrico”. “Il grande salto di qualità che avvenne con questa iniziativa fu, prima di tutto, quello di far emergere il fenomeno dello sfruttamento dei pazienti, i quali – continua il presidente della Cooperativa friulana -, svolgendo ufficialmente attività di ‘ergoterapia’, di fatto erano invece dei lavoratori a costo zero! Con l’acquisizione dello status di soci-lavoratori, contestualmente all’avvio del processo di de istituzionalizzazione manicomiale strettamente legato al lavoro di Franco Basaglia e della Legge 180, si avviò anche un processo di ri-acquisizione dei diritti civili e di cittadinanza. In modo che il lavoro non venisse considerato come strumento di (improbabile) cura, bensì come opportunità di reddito, autonomia ed emancipazione sociale”. Quanto alla provincia di Pordenone, nel 1981 - ed il prossimo anno celebrerà un traguardo storico, quello del trentennale – “per volontà dei servizi psichiatrici territoriali nacque una realtà molto importante per l’inserimento lavorativo. Si trattava della Coop Service Noncello, la stessa che a cavallo fra gli anni ‘80 e ’90 diventò la più grande Cooperativa sociale di tipo B d’Europa e fu anche oggetto di studio in diversi Paesi europei, in quanto ritenuta realtà di eccellenza e strumento ottimale ed esportabile per il reinserimento nella società di persone svantaggiate”. All’art. 5 la legge 381 indica che gli enti pubblici possono stipulare convenzioni con le cooperative. “Una rivoluzione, si potrebbe dire, dal momento che – sottolinea il presidente Tomarchio - viene riconosciuta la meritoria funzione sociale al punto di poter affidare servizi alle cooperative d’inserimento lavorativo, senza gara d’appalto, a patto che queste rispettino le percentuali di persone svantaggiate impiegate nei servizi”. Come quella volta in cui l’assessore all’assistenza di un comune della provincia concordò con la Noncello, correvano gli anni Novanta, un convenzionamento diretto per svolgere servizi di manutenzione del verde e pulizia degli edifici comunali. “Tutto ciò a patto che la Coop provvedesse ad impiegare in tali servizi utenti svantaggiati. La cosa durò per parecchi anni e diede una svolta ai destini di diversi cittadini”. Oggi le cose sono cambiate. “Adesso le parole d’ordine sono efficienza, qualità, professionalità, certificazione Iso, abbattimento dei costi, economie di scala. Tutti elementi ai quali le Cooperative sociali si sono adeguate, ma ciò non è sufficiente. Tuttavia, le Coop sociali – incalza Tomarchio (presidente di una Coop A, Itaca, nata nel 1992 da una Coop B, Noncello, ndr) si portano dietro il pregiudizio incollato come un francobollo sulle persone svantaggiate, pregiudizio che supera di gran lunga la funzione sociale intrinseca della Coop”. E a nulla valgono i non pochi studi effettuati “dalle varie Facoltà di Economia sociale (uno per tutti quella di Trento) che dimostrano che, per ogni ora lavorata da un lavoratore svantaggiato inserito da una Cooperativa, la comunità ha un risparmio misurabile in cifre molto significative”. Se anche volessimo lasciare da parte, per un attimo, il valore etico, che non per tutti potrebbe essere significativo, tuttavia “va evidenziata la persistenza dell’atteggiamento miope da parte di chi sceglie di non utilizzare questo prezioso strumento sociale. Ciò perché le pubbliche amministrazioni preferiscono affidarsi a grosse società, cooperative e non, spesso multinazionali, che a dir loro offrono maggiori garanzie di efficienza ed economicità”. Cosa fare allora per garantire un futuro alla Cooperazione sociale di inserimento lavorativo ed agli inserimenti lavorativi stessi, persone con un nome ed un cognome, una storia molto spesso di sofferenza, difficoltà o marginalità, cui il lavoro ha fornito, sta fornendo o potrebbe fornire un uncino per aggrapparsi alla vita e reinserirsi nella società? “Come prima contromisura a questa tendenza – afferma Tomarchio -, occorre dotarsi di strumenti di marketing sociale. Rispolverare tutti gli studi economici a suo tempo prodotti e ricordarli agli amministratori, ai politici, ai tecnici. Dobbiamo riattivare il confronto, a tappeto. Dobbiamo, anche nella redazione del Bilancio sociale, evidenziare il costo a carico della comunità per ogni soggetto svantaggiato sprovvisto di attività lavorativa, che magari, anche in virtù di ciò, è maggiormente esposto a ricoveri ospedalieri per episodi depressivi”. “Per ‘essere territorio’ – riprendendo lo slogan della Coop sociale L’Agorà - dobbiamo fare in modo che il territorio senta l’esigenza che lo siamo, che faccia proprie le nostre imprese sociali. L’inserimento lavorativo non può continuare ad essere un problema delle sole Cooperative sociali e dei vari Sil (Servizi per l’Inserimento Lavorativo). I Sil esistono perché il problema esiste, ma Sil e Coop non lo possono risolvere da soli”. In conclusione, afferma il numero uno della Cooperativa Itaca, “dobbiamo metterci tutti in moto per compiere un altro passo fondamentale, trovare le capacità per uscire dai mercati tradizionali che ci hanno visti fino ad ora impegnati. Forse lo sfalcio del verde possiamo anche continuare a farlo, così come le pulizie, ma dobbiamo dimostrare che sappiamo svolgere con qualità, competenza e successo anche servizi più complessi ed innovativi. Dobbiamo sforzarci di entrare con professionalità in nuovi rami di attività, anche per dimostrare che la sofferenza e il disagio non sono antagonisti dell’imprenditorialità”. “Lo sosteneva anche il grande Frank Zappa: senza deviazione non è possibile il progresso, chiunque devia dalla norma, quindi, viene considerato pazzo. E noi dobbiamo e vogliamo propendere verso il progresso”. Fabio Della Pietra Ufficio Stampa Cooperativa sociale Itaca Pordenone Prot. 2275 |
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