Sudan: le proporzioni del disastro umanitario



Sudan: le proporzioni del disastro umanitario

La situazione del Sudan continua ad essere critica nonostante la firma di accordi di pace tra governo e gruppi armati. Le organizzazioni umanitarie incontrano sempre maggiori difficoltà a prestare aiuti, a causa della mancanza sia di sicurezza che di fondi. Il risultato è una gravissima situazione umanitaria di difficile gestione, caratterizzata da continue violazioni di diritti umani e da un enorme numero di sfollati e di rifugiati che vorrebbero ritornare alle proprie case.

Daria Storia

Equilibri.net (10 novembre 2006)

Una complessa situazione umanitaria

Il Sudan, geograficamente il più grande paese dell’Africa, non riesce ad uscire dalla grave situazione di crisi umanitaria determinata da circa quaranta anni di guerre civili. Nell’ultimo ventennio si stima che 2 milioni di persone siano morte per cause collegate alle guerre e diversi milioni sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni.
Se da un lato la natura delle cause dei conflitti in Sudan appare complessa, gli effetti prodotti sulla popolazione sono più evidenti. Nel Sudan meridionale la guerra civile iniziata nel 1983 ha causato più di 4 milioni di sfollati interni (Internally Displaced Persons, IDPs, che, secondo la definizione comune sono persone costrette a fuggire o a lasciare le proprie abitazioni e luoghi abituali di residenza in conseguenza di conflitti armati, situazioni di violenza e violazioni dei diritti umani, o disastri naturali, e che non hanno attraversato i confini nazionali). La firma di un accordo di pace nel gennaio 2005 sta determinando il ritorno di milioni di sudanesi alle loro case nel sud del paese, ponendo la necessità di assistenza per garantire un rientro sicuro e una reintegrazione sostenibile. Nella regione nord-occidentale del Darfur, il conflitto iniziato nel febbraio 2003 ed ancora oggi in corso ha determinato circa 2 milioni di IDPs e più di duecentomila rifugiati nel vicino Ciad. La situazione umanitaria e la sicurezza rimangono instabili nonostante la firma dell’accordo di pace nel maggio 2006. Infine, nelle zone orientali del paese è in corso un conflitto tra il governo e il Fronte Orientale, creato nel 2005 quale alleanza tra 2 gruppi ribelli dell’est, la Rashaida tribe’s Free Lions e il Beja Congress, a cui si è aggiunto in seguito il Movimento del Darfur per la Giustizia e l’Uguaglianza (JEM).

Violazioni dei diritti umani

Nel Sudan numerose violazioni dei diritti umani fondamentali vengono commesse da anni, sia da parte dei gruppi ribelli che dalle forze governative. Migliaia di donne e bambini sono stati rapiti e hanno subito violenze fisiche e sessuali. I bambini sono tutt’oggi arruolati come combattenti. Il governo sudanese pratica abitualmente la tortura e la detenzione arbitraria, processi ingiusti sono celebrati e l’uso eccessivo della forza è all’ordine del giorno, risultando in uccisioni di dimostranti e restrizioni della libertà di espressione e di associazione. Queste violazioni hanno determinato successive azioni contro il governo che sono a loro volta risultate in abusi dei diritti umani.
Amnesty International denuncia continuamente come i civili vengono uccisi e subiscono violenze da parte di truppe governative, che a volte bombardano i villaggi, dalle milizie arabe e dai vari gruppi ribelli. A maggio, le autorità avevano detenuto per un breve periodo il rappresentante di Medici Senza Frontiere-Olanda per aver pubblicato un report ritenuto falso sulla violenza sessuale in Darfur. Human Rights Watch ha invece denunciato i numerosi atti di censura, arresti di giornalisti e ispezioni arbitrarie di redazioni giornalistiche e case editrici effettuati dalle autorità di Khartoum negli ultimi mesi.
Sulla base della Risoluzione 1593, il Consiglio di Sicurezza aveva deferito alla Corte Penale Internazionale (ICC) la situazione in Darfur, richiedendo al governo sudanese e a tutte le parti del conflitto di collaborare con la Corte. Tuttavia, su pressione degli Stati Uniti, fu inserita la previsione che esime gli stati non parte del trattato di Roma dalla giurisdizione della Corte. Il governo del Sudan non ha concesso il permesso di accesso all’ICC ed ha stabilito una corte per investigare sui crimini commessi nel Darfur ma questa non opera efficacemente. Al momento, nessun colpevole di crimini di guerra e contro l’umanità è stato portato dinanzi alla giustizia.
Una commissione di esperti delle Nazioni Unite, in un documento consegnato al Consiglio di Sicurezza, ha riportato una lista di nomi di persone che costituiscono una minaccia alla pace a alla stabilità, che hanno violato il diritto umanitario e i diritti umani e che costituiscono un ostacolo al processo di pace. Questa lista include il Ministro della Difesa e dell’Interno, il capo della sicurezza in Sudan e diversi comandanti militari. Ancora più recente è la richiesta fatta dall’Alto Commissario delle NU per i Diritti Umani al governo sudanese di investigare sui recenti attacchi ai villaggi in Darfur, in cui le milizie Janjaweed hanno aperto il fuoco sui civili, saccheggiato e distrutto depositi di alimenti e dispositivi per il rifornimento idrico. Fino a questo momento, il governo non ha dato cenni di collaborazione, negando qualsiasi suo coinvolgimento nelle violenze perpetrate.

Sudan meridionale

Secondo il coordinatore degli affari umanitari delle NU in Sudan, il paese presenta il maggior numero di sfollati interni (4 milioni, fonte OCHA, aprile 2006). Dalla firma dell’accordo di pace, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), insieme ad altre organizzazioni tra cui l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e Islamic Relief sta organizzando il ritorno di migliaia di IDPs e di rifugiati dal Ciad, Kenya, Repubblica Centrafricana, Uganda ed Egitto. Le azioni delle agenzie umanitarie consistono nel facilitare il ritorno, garantendo in primo luogo la sicurezza; in seguito, è necessario provvedere con un’assistenza volta a favorire la reintegrazione e stimolare le persone ad intraprendere attività normali.
L’ultimo rapporto del UN Sudan Information Gateway sulla situazione umanitaria in Sudan risalente a settembre 2006 riporta che gli operatori umanitari hanno finalmente avuto la possibilità di raggiungere alcune aree denominate “triangolo del LRA” prima inaccessibili proprio a causa della violenza perpetrata dal Lords Resistence Army (LRA) del vicino Uganda. A novembre, con l’inizio della stagione secca, è atteso un aumento nel numero di sudanesi che vogliono ritornare alle loro case, anche se questo dipenderà dalla sicurezza e dalla disponibilità di fondi.

Darfur

L’emergenza in Darfur è dichiarata il “peggiore disastro umanitario” attualmente in corso. Dal 2003 ad oggi è stato stimato che il numero di morti per cause connesse alla guerra supera i 350.000 (mentre il governo sudanese afferma che il numero non supera i 10.000), e i circa due milioni di persone che vivono nei campi (3 milioni secondo l’organizzazione umanitaria Oxfam), a cui si aggiungono le 200.000 persone rifugiate in Ciad, sono totalmente dipendenti dagli aiuti internazionali e non hanno prospettive concrete di ritorno alle loro case. Molte di queste persone vivono nei campi da ormai 3 anni e si sentono prigionieri: uscire dei campi, infatti, significa essere esposti al rischio di minacce, rapimenti e violenze sessuali se non morte. Alcuni campi, come Abu Shouk, hanno acquistato un aspetto di permanenza e abitazioni di pietra iniziano a sostituire le tende; altri, come Gerida, continuano a crescere velocemente e hanno ormai le dimensioni di cittadine, con migliaia di rifugiati che hanno a malapena a disposizione i servizi essenziali. Queste condizioni sono terreno fertile per il prolificarsi di malattie.
Nonostante la firma dell’accordo di pace lo scorso 6 maggio, gruppi ribelli, milizie arabe (Janjaweed) e forze governative continuano a combattere e a commettere atti di violenza contro la popolazione civile. I sudanesi rifugiati nel Ciad non hanno la possibilità di ritornare nel paese e nell’ultimo periodo si sta assistendo ad attacchi oltre il confine a cui il governo del Ciad non offre una risposta. Come riportato da agenzie umanitarie e NU, negli ultimi mesi c’è stata una serie di incidenti che hanno portato ad un deterioramento della situazione nel paese: il numero di gruppi armati è aumentato, in parte a causa della divisione interna tra truppe governative, gruppi dissidenti, gruppi ribelli e altri che si sono ripetutamente scontrati.
Al momento, uno dei maggiori problemi è la mancanza di accesso per le organizzazioni umanitarie, che non hanno la possibilità di raggiungere numerose zone sia per questioni di sicurezza che per mancanza di fondi. I rischi di essere coinvolti in bombardamenti, in improvvisi attacchi di gruppi armati e banditi ha costretto diverse organizzazioni umanitarie ad abbandonare alcune zone, in particolare nel nord del Darfur, in precedenza l’area maggiormente accessibile. Solo da giugno a settembre 12 operatori umanitari sono morti a causa di attacchi. Le NU stimano che una media di 4 persone su 10 non riceve l’assistenza necessaria a causa di limitazioni nell'accesso a determinate zone. Inoltre, la riduzione dei finanziamenti a cui si sta assistendo negli ultimi anni, non aiuta di certo la situazione. Come riporta Medici Senza Frontiere (MSF), solo nello scorso maggio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha dimezzato le distribuzioni di aiuti alimentari.

Rifugiati Darfur

 

 

UNHCR

CWS

OCHA

Canadian Devel. Agency

Children Rights Inf. Net.

OXFAM

AMNESTY

UN Sudan Infor. Gateway (July 2006)

Concern Int.

USAID

N° of persons affected by the conflict

 

 

almost 3 million

 

3.6 million

 

 

3.76 million

More than 2 million

 

N° of refugees in Camps

 

200,000

 

 

 

 

 

 

 

 

N° of internally displaced persons (IDPs)

 

approximately 1.85 million

 

nearly 2 million

1.8 million

2 million

More than 2 million

2 million

 

1.9 million

N° of persons receiving food assistance

 

2.1 million

 

 

 

 

 

 

 

 

Estimated deaths

 

250,000 - 400,000

 

 

 

 

 

 

 

 

People receiving food aid

 

 

 

 

2.7 million

More than 3 million

 

 

 

 

NGOs and UN agencies on the ground

 

 

 

 

97

 

 

 

 

 

N° of refugees in Chad

218,000

 

 

 

 

 

 

 

 

220,000

 

 

Conclusioni: azioni umanitarie e intervento della comunità internazionale

Come accaduto in passato in Bosnia-Erzegovina, la risposta internazionale alla crisi umanitaria del Sudan è stata principalmente fornire soccorso di emergenza. Numerose sono le organizzazioni umanitarie, le agenzie delle NU e le organizzazioni non governative che operano sul territorio, prestando assistenza di vario genere, costruendo campi e cercando di creare dove possibile delle infrastrutture. Tuttavia, il Sudan ha prima di tutto la necessitá che venga garantita la sicurezza sull’intero territorio.
Il 31 agosto, il Consiglio di Sicurezza ha votato per la creazione di una forza di peacekeeping delle NU in Darfur. Tuttavia, il Presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir continua a rifiutare il necessario permesso, sostenendo che questo costituirebbe una violazione della sovranità nazionale. Una forza dell’Unione Africana (AU) composta da circa 7.000 soldati controlla la regione del Darfur dal 2004, ma non possiede né gli equipaggiamenti né i fondi necessari per far fronte alla complessa situazione. Le NU hanno adottato all’unanimità la risoluzione con cui è stato esteso il mandato della missione in Sudan (UNMIS) fino al 30 aprile 2007 e l’AU ha esteso il mandato della propria missione di peacekeeping (AMIS) fino alla fine di quest'anno. Come dimostra l’evidenza, tutto questo non è sufficiente. L’uso unilaterale della forza a tutela dei diritti dell’uomo non è consentito dal diritto internazionale, ed in molti si chiedono se non sia giunto il momento di rielaborare il sistema vigente, trasformando la tutela dei diritti dell'uomo in una disciplina concreta e non soltanto in un'elencazione teorica di principi.