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Cooperative, Unipol e dintorni (178)
- Subject: Cooperative, Unipol e dintorni (178)
- From: Fabio Della Pietra <f.dellapietra at itaca.coopsoc.it>
- Date: Sun, 22 Jan 2006 20:20:12 +0100
Cooperative, Unipol e dintorni giovedì 19 gennaio 2006 di Gigi Bettoli [...] Se ci sono cooperative, che a forza di sciommiottare i padroni aderiscono a Confindustria... non è che di Consorte ce ne può essere più d'uno? C'è o non c'è un'incompatibilità di fondo fra economia cooperativistica (cioè autogestita) ed economia [...] capitalistica? https://www.itaca.coopsoc.it/ Confesso di averci messo un bel po', per mettere giù queste poche righe sulla vicenda Unipol ed il suo significato per il mondo cooperativo. Ho rinviato coscientemente questo momento, per evitare superficialità e polemicità inutili, che in queste settimane hanno impegnato troppi. Con scarsa coerenza e poca capacità di sintesi e proposta. D'altronde, vivo la creativa contraddizione di essere un esponente della sinistra antagonista (il termine comunista meglio che non lo usi, un anziano recensore delle mie opere storiche mi ha notificato che tutto appaio, escluso che comunista) ed anche un cooperatore sociale, ed in tale veste unico, nel sommo Gotha della Direzione nazionale di Legacoop, a rappresentare immeritatamente e svogliatamente le ragioni di chi si ostina ad attendere lo sbocciare del sole radioso della liberazione umana. Sgomberiamo subito il terreno dalle connessioni con la vicenda politica. Come ha già detto qualcuno autorevolemente, il Presidente del Consiglio, a proposito di affari e politica, e soprattutto di politica ed affaracci suoi, farebbe più bella figura a stare zitto. Quanto agli amici pelosi della cooperazione: D'Alema, che tanti dicevano vicino a Consorte, e Fassino, che appena ieri chiedeva nuove leggi sulla cooperazione, le loro uscite televisive valgono più di una campagna contro il canone Tv. Domanda retorica: chissà per quale ragione il primo ha improvvisamente condannato la scalata di Unipol a Bnl? Per il secondo, non sa neanche che la nuova legge sulla cooperazione l'ha già fatta Tremonti, poco tempo fa, ed è stata dura venirne fuori senza la liquidazione totale della cooperazione italiana. Mezzo mondo ha scoperto che politica ed economia debbono stare lontane. Grrrandisssima scoperta dell'acqua calda neoliberista: i ricchi debbono essere lasciati a lucrare da soli, e la politica deve tenersi solo di riserva per le situazioni di crisi (quando paga Pantalone). Come se l'economia capitalistica fosse mai stata in piedi da sola, senza potenti iniezioni di denaro pubblico. Denaro... dove si trova? Sembra stia volentieri nelle banche. L'idea, accarezzata da molti 'cooperativologi' è quella che le cooperative non abbiano bisogno di una banca. Perché tanto non ci serve. Certo, non sembrano aver sentito parlare di "Basilea 2", quella simpatica norma che rende ancora più difficile l'accesso al credito per le cooperative, soprattutto piccole e poco capitalizzate. A questa regola, quella del "piove sempre sul bagnato", i cooperativologi, fra cui alligna qualche autorevolissimo docente universitario (che da anni si ostina a confondere volontari con cooperatori, e non capisce perché i primi diminuiscano a favore dei secondi... forse per acquiescenza al Dio Denaro che ci vede penare per la fine del mese?), non hanno ancora trovato una soluzione. Magari ci ripropongono il microcredito, che poi è come dire mettere insieme le poche monetine che abbiamo in tasca, tirando la cinghia per poterci comprare un'attrezzatura di seconda mano, un autoveicolo sgangherato, una sede sovraffollata come la striscia di Gaza: beh, abbiamo già dato. CI SERVE, ECCOME, UNA BANCA. Di banche, la cooperazione italiana, ne aveva una, quasi dalle origini. Era la Banca Nazionale del Lavoro attuale. Che non è stata "pubblicizzata": è stata sequestrata senza indennizzo dal fascismo. Come le Case del Popolo, come le Cooperative, come le Camere del Lavoro. L'Italia repubblicana non ce le ha mai ritornate. E se poi la richiedi indietro, la banca, non solo devi ripagartela, ma manco te la vogliono dare, perché non c'hai il pedigree adatto. PERCHE' POVERI SIAMO, E POVERI DOBBIAMO RESTARE... e dobbiamo limitarci ai supermercati, dice l'elegantone di capo del padronato italiano. Lui, che rappresenta un'azienda che senza soldi pubblici, e produzioni di guerra, di Fiat farebbe solo i cioccolatini. LA QUESTIONE E' UN'ALTRA. Ovverossia: quale banca ci serve? Con che regole? Che dà prima i soldi alle coop piccole, a quelle che fanno innovazione, a quelle che lavorano nel sociale, che creano il massimo di occupazione, che fanno prodotti ecologici e pagano meglio che da contratto? Oppure a quelle grandi, capitalizzate, già solide e competitive? Ma allora la questione non è la banca: è la cooperazione, il suo funzionamento, le sue regole! Qualche esempio: ammettiamo (non siamo giudici, e non vogliamo diventarlo!) che Consorte ed il suo collega abbiano accumulato un gruzzolo per i fatti loro. Beh, furbi ce ne sono anche nelle migliori famiglie: non è questo il problema principale. Hanno usato il denaro per corruzioni? Speriamo proprio di no, ma comunque è sempre lavoro per i giudici. Vogliamo però segnalare un problema, del tutto legale ma assai preoccupante: se ci sono dirigenti cooperativi che si fanno le loro aziendine private mentre sono impegnati nella cooperazione; se ci sono altri dirigenti che investono in proprietà individuali, che poi affittano alle coop che dirigono; se ci sono grandi cooperative in cui i soci sono un'infima minoranza, e gli altri sono dipendenti senza diritto di voto e pagati meno; se ci sono cooperative, che a forza di sciommiottare i padroni aderiscono a Confindustria... non è che di Consorte ce ne può essere più d'uno? C'è o non c'è un'incompatibilità di fondo fra economia cooperativistica (cioè autogestita) ed economia capitalistica? Non è il sistema che rischia di fare l'uomo ladro? Un secondo esempio: un tempo (molto lontano, ormai), nessuno si sarebbe scandalizzato a dichiarare pubblicamente che i soldi di cooperazione, sindacato e partiti di sinistra servissero allo stesso scopo; che le cooperative assumessero lavoratori disoccupati; che le giunte rosse (quelle sì, altro che arcobaleni e tinte pastello) dessero il lavoro alle cooperative per assumere i disoccupati; che i sindacati costituissero cooperative, cui le giunte rosse affidassero lavori, per assumere... i soliti disoccupati. Che altrimenti emigravano, o peggio stavano qui a fare la fame. Ma allora c'era un comune sentire, uno scopo unico, un progetto condiviso per l'avvenire. Si poteva essere d'accordo o meno (e quelli meno ci hanno appioppato la prima dittatura fascista del pianeta), ma era una cosa alla luce del sole, e del tutto onesta. C'è, oggi, un progetto condiviso che unisca i vari spezzoni di quello che fu il movimento dei lavoratori? Fatica, a vederlo! Con cooperative di costruzioni che costruiscono caserme, ferrovie ad alta velocità e ponti sullo Stretto di Messina; con cooperative che gestiscono i Cpt per gli immigrati; con cooperative (del Nord) che hanno lavorato in appalti al Sud, magari rifiutati da coop locali che non volevano averci a che fare, con la mafia. Ha ragione, nella sua ruvidezza, l'ex segretario della Cgil Bruno Trentin: forse le coop hanno perso una parte della stessa anima. Anche se il sindacato non ha avuto meno responsabilità: non capendo le innovazioni, non volendo sperimentarsi a fondo nella pratica dell'autogestione dei lavoratori, alternando di volta in volta rapporti concertativi a polemiche durissime, accusando le coop di turpitudini e firmando con le loro rappresentanze gli accordi per il salario convenzionale (= mezza contribuzione di pensione, malattia e maternità): anche durante la segreteria di Trentin. Facile oggi fare la lezione, bisogna tutti (o quasi... anche se è antipatico, in questa situazione, uscirsene con il fatidico "ve l'avevo detto...") ritornare alle origini. Altrimenti questo fa la lezione a quello, e capita che il successore di Trentin si trasformi nel Podestà di Bologna, tutto legge ed ordine. E allora le discussioni vanno fatte apertamente. Non è possibile che io, che faccio parte della direzione di Legacoop nazionale, apprendo dalla televisione (e quindi ripago il canone...) che tale Gnutti sta dentro Unipol, ed anche dentro il Monte dei Paschi di Siena: e scopro così che le Legacoop emiliana e toscana si sono azzuffate avendo uno stesso burattinaio finanziario! Non posso stare ad ascoltare i deliri anticomunisti di Berlusconi, e scoprire che anche lui ha compartecipazioni finanziarie nelle operazioni, e rischiava di guadagnarci il controllo del "Corriere della Sera"! E' ora di cambiare rotta, di tornare a mettere la barra del timone verso gli obiettivi fondamentali. Coop più grandi va bene, se ce lo impone il "mercato": ma alle nostre regole. Perché le coop sono quelle che fanno la battaglia per alimenti ecologici, per prodotti retribuiti equamente ai produttori del Sud del mondo, per prezzi bassi per la maggioranza della popolazione, per servizi sociali, per una forma di governo democratica, per un lavoro retribuito equamente, per il rispetto delle regole. Gli altri, semplicemente non sono cooperatori. Fabio Della Pietra Ufficio stampa Cooperativa Itaca - Pordenone www.itaca.coopsoc.it Prot. 178
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