IN RICORDO DI SIMONPIETRO



	

"Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.
Incrocino aereoplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui è Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.
Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.
Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perchè oramai più nulla può servire."
Funeral Blues di W.H. Auden 

Care amiche, cari amici,

pochi giorni fa un agapino, uno di noi, Simonpietro Marchese, che veniva da 
sempre ad Agape per fare staff e sguire campi (cadetti, invernale, politico, 
teologico, week-end uomini, weekend etica, 30 e oltre), per occuparsi 
dell'Associazione Amiche e Amici di Agape o semplicemente a farci un saluto è 
morto.
Una morte prematura, a giugno avrebbe compiuto 40 anni. 
Una di quelle morti improvvise che non lasciano il tempo di salutarsi, di 
reciproca riparazione del danno che ogni relazione porta con sé, di 
preparazione all'assenza.
Siamo abituati a pensare alla morte come ad una esperienza legata alla 
vecchiaia, legata al momento in cui si può fare un bilancio, perché sazi di 
giorni, di ciò che ci è accaduto nel corso dei numerosi anni che abbiamo 
trascorso sulla terra.                   
Niente può consolarci, niente può risarcirci della perdita che tutti noi 
abbiamo subito con la morte di Simonpietro, perché il tempo della pienezza 
della vita di questo nostro amico e fratello, è scomparsa con lui.  E' per 
questo che mi è venuta in mente la poesia di Auden in cui si parla del dolore 
che scaturisce da una relazione interrotta.
Auden parla con forza e a noi questo tipo di forza ci piace e l'abbiamo 
riconosciuta anche in Simonpietro. Non tanto dai modi, spesso delicati, ma 
dalla capacità con la quale ha orientato la sua vita verso la ricerca di 
un'esistenza che poneva l'attenzione la ricerca di un bene comune che andava 
costruendosi anche attraverso una profonda e coraggiosa riflessione di 
genere. Se Auden ci piace non condividiamo però i versi finali in cui 
sostiene che "oramai più nulla può servire".  Il patrimonio di ciò che si 
sono scambiati coloro che hanno conosciuto Simonpietro rimane tutto. E da qui 
che vogliamo ripartire offrendo a chi lo desidera condivedere attraverso la 
newsletter l'esperienza che di lui abbiamo avuto. Non è la celebrazione di 
una persona quella che vi proponiamo ma una elaborazione di un lutto 
collettiva che ci insegni ad amare la vita anche in presenza della morte.

Chi vuole può quindi mandarci un pensiero un ricordo, qualche frase rimasta 
nella memoria, qualche segno di qualche gesto. Saranno raccolti in una 
sezione apposita del sito di Agape.

Abbracciando Myriam, compagna di Simonpietro, le sue figlie, Silvia e 
Valentina, e Violetta, la mamma, vi salutiamo dedicandovi le parole di Emily 
Dickinson, 1864, che ci parlano di quella resurrezione raccontataci da Gesù 
Cristo di cui saremo, a suo tempo, testimoni:
"Questo mondo non è conclusione.
C'è un seguito al di là
invisibile, come la musica
ma concreto, come il suono..."

Daniela Di Carlo

(DIRETTORA)


°	°	°

NELL'ANTICA TRADIZIONE LITURGICA (Luca Zacchi)

Nell'antica tradizione liturgica, la quarta domenica di Pasqua è dedicata alla 
contemplazione di Gesù buon pastore; nel capitolo 10 di Giovanni Gesù si 
presenta come un pastore diverso dai tanti pastori umani, che appaiono molto 
più preoccupati dei loro interessi e del loro star bene che della sostanza 
della propria missione. 

Un pastore attento all'unica pecorella smarrita più che alle novantanove sane, 
deciso a spendere ogni attimo della sua vita per le sue pecore, che le 
conosce per nome e le chiama una ad una, perchè camminino sui sentieri sicuri 
tracciati dalla sua parola.

Un Gesù che ci dà un unico comandamento nuovo, Amatevi come io vi ho amati 
 (Gv 13,35), invece che il diluvio di parole, consigli, raccomandazioni da 
cui siamo investiti ogni giorno per opera delle istanze più diverse.

Predicando, ieri, su questo comandamento nuovo, nella Chiesa di Forano Sabina, 
ricordavo Simonpietro così, come un buon pastore. Felice di poter conoscere 
sempre un nuovo amico od una nuova amica, attento alla sensibilità delle sue 
sorelle e dei suoi fratelli, fino al punto di sommergerti con le sue email 
cariche di asterischi, su cui tante volte abbiamo scherzato... Gli asterischi 
di chi si sforza di essere attento fin dal momento del linguaggio alla 
sensibilità di tutti. Un fratello ed un pastore generoso e persino esuberante 
a volte, per la disponibilità che mostrava ogni volta nell'offrire le sue 
forze ed il suo tempo a chi glielo chiedeva... 

Un pastore che non si spaventava di fronte al nuovo, alle novità che il nostro 
tempo ci offre di continuo, in tutti gli ambiti della nostra vita, in 
particolare nella riflessione teologica che gli era così cara.

Guardando in particolare al suo impegno nella Refo (Rete Evangelica Fede ed 
Omosessualità), il suo pensiero, riguardo la tematica della pastorale delle 
persone omosessuali, degli appartenenti al sempre più variegato mondo GBLTQ, 
mi appare sintetizzabile in una frase: prima di tutto l'ascolto. Simonpietro, 
assieme al pastore Luca Negro, lo aveva affermato con forza introducendo il 
convegno Refo del 2000. 

Di recente, intervenendo ad un convegno sulla tematica ad Avellino, 
organizzato dalla rivista "Il Dialogo" Simonpietro aveva affermato che la 
riflessione teologica non può e non deve sfuggire le problematiche della 
sessualità, non può e non deve sentire come estraneo o marginale l'argomento, 
perchè nella vita delle persone l'affettività è elemento essenziale e le 
chiese sono tenute a considerare questo come un aspetto eminente del loro 
riflettere e soprattutto del loro concreto modo di agire, della loro 
pastorale.

Una pastorale, quella delle persone omosessuali, che nel suo e nel nostro 
pensiero vede la sessualità come un luogo d'incontro che parte dall'ascolto e 
che mai deve trovarsi ad essere un'occasione di esclusione. Solo l'affrontare 
il tema partendo da queste premesse permette infatti di superare pian piano 
pregiudizi e discriminazioni diffuse anche nelle nostre chiese evangeliche. 

Nello stesso convegno Simonpietro affermava di riconoscere come suo patrimonio 
essenziale l'esperienza della teologia della liberazione (soprattutto di 
quella femminile) proponendosi insieme alla Refo come punto di aiuto e di 
riferimento per chi vive con disagio la sua identità omosessuale, soprattutto 
in provincia e in periferia. Un'esperienza aperta ad apporti non omosessuali 
e non evangelici, fedele alla concezione della "rete".

Una posizione coerente con il suo essere un uomo libero, che con impegno e 
fatica cercava il modo migliore e più giusto di vivere il dono della libertà 
anche sul piano sessuale...

Simonpietro uomo libero, amico di tanti, fratello di tutti, compagno di 
strada, pastore buono...  
Non ci mancano nè ci mancheranno, a partire dall'assemblea di fine maggio, i 
modi ed i motivi per ricordarlo con un sorriso del cuore.

Luca Zacchi 
Rete Evangelica Fede ed Omosessualità
info at refo.it

*	*	*

PARLIAMO DI SIMONPIETRO  (Gruppo maschile plurale)

Riunione del Gruppo Maschile Plurale. Parliamo di Simonpietro. "Simonpietro si 
riempiva la vita di troppi impegni": lo vediamo organizzare, elaborare 
progetti,  di notte a scrivere, di giorno a dividersi fra tutti i troppi sì 
della sua generosità di sé. Questi impegni l'hanno portato via dalle riunioni 
del Gruppo. Siamo arrabbiati con il passato, con il presente  e con il 
futuro. Si interpreta Simonpietro: "era stanco di caricare su di sé i tanti 
conflitti che si rifiutava di risolvere con modalità maschili di competizione 
e prevaricazione". Abbiamo davanti agli occhi un'immagine di lui che corre 
dietro un treno alla stazione di Milano e che si accascia per la fatica. 
Razionalizziamo, siamo superficiali, cinici, autistici. Ci commuoviamo. 
Impossibile andare oltre lacerti di ricordi: "era leggero, noncurante, nel 
senso positivo del termine", "un genio, una sorgente di proposte originali ed 
intelligenti"; "una volta (era tardissimo) mi ha chiamato che aveva la 
macchina in panne e sono rimasto con lui tutta la notte"; "la scelta del film 
'Il Figlio' per la tematica del padre era perfetta, non è stata capita" ; "la 
sua performance alla mattinata di psicomotricità è stata profonda, estatica"; 
"il suo modo di portare avanti il culto domenica è stato originale, 
interessante"; "averlo come conduttore del sottogruppo è stato un vantaggio"; 
"la camminata in cui lui ci guidava bendati è stato un momento commovente". 
Chi non è venuto ad Agape è avido degli ultimi dettagli, vuole sapere tutto; 
si riesce a parlarne fluentemente, a patto di restare leggeri e noncuranti. 
Si ride un casino. Reagiamo: vogliamo fare, continuare con lui qualcosa e 
aiutare chi rimane.
"La disperata passione del mondo" di Pasolini animava anche Simonpietro. E' 
impossibile riuscire con le parole a colmare l'assenza, del suo percorso e 
della sua riflessione, nelle nostre vite. Un vuoto di cui, per tutta la lunga 
serata, non si è riuscito a parlare.

Gruppo maschile plurale

°	°


NON C'È BISOGNO DI DIRCI ADDIO (Gianna Urizio)


“Non c’è bisogno di dirci addio: vivremo ognuno nel ricordo dell’altro” (John 
Ford, Com’era verde la mia valle, USA 1941). E’ una citazione che Peter 
Ciaccio ha pensato per Simonpietro  Marchese, sconvolto dopo la notizia della 
sua morte. Che dire, che scrivere per ricordare un amico, per dire agli altri 
quanto questa persona ci è stato preziosa e al tempo stesso quotidianamente 
normale. Sì perché con Simonpietro il dialogo era quasi quotidiano, 
nonostante la distanza fisica: avevamo dei progetti in corso, un passato di 
collaborazione, di discussioni, di visioni condivise e di sogni. E tutto 
questo si è interrotto. Stavamo pensando di organizzare la visione di un film 
a Torre Pellice quest’estate. Non un film qualunque, ma sul lavoro: “Mi piace 
lavorare” di Francesca Comencini. E probabilmente lo organizzeremo. E il suo 
ricordo sarà una presenza viva. 

Avevo conosciuto meglio Simonpietro proprio lavorando con lui, insieme a Peter 
Ciaccio, per  creare in Italia un’associazione protestante di cinema, 
discutendo perché crearla, quali potevano essere i suoi obiettivi  in un 
mondo che di associazioni ne ha già troppe. L’idea nacque da un bisogno 
condiviso di mettere insieme e rivalutare pezzi  di noi che troppo spesso  
neghiamo o sottovalutiamo: i sentimenti, l’immaginario, la comunicazione non 
verbale, i sogni. Su questo eravamo in sintonia. A Simonpietro piaceva 
sognare.  E il cinema è questa grande macchina che apre a questa  dimensione. 
Molti ricorderanno di Simo la sua disponibilità, la sua cortese attenzione, 
il suo sorriso, la sua leggerezza nonostante il volume del suo corpo, il suo 
voler essere sempre ovunque. Ma con discrezione. Ma non basta. La sua era non 
solo un modo di essere, ma una weltanschauung, una concezione globale che lo 
portava a cercare di superare una dicotomia che troppo spesso affligge il 
nostro mondo protestante, tra pensiero e sentimenti, emozioni. E questo lo 
espresse chiaramente quando ci propose per il preambolo una frase di Sergej 
M. Ejzenstejn: ”Noi soffrivamo di un dualismo terribile fra il pensiero, la 
speculazione filosofica pura e il sentimento, l’emozione. Penso che solo il 
cinema è capace di realizzare questa grande sintesi e di restituire 
all’elemento intellettuale le sue radici vitali, concrete ed emotive”.   

Gianna Urizio
g.urizio at tin.it

*	*	*

ORA CHE SIMONPIETRO CI HA LASCIATI (Manfredo Pavoni)

Ora che Simonpietro ci ha lasciati, oltre alle commemorazioni ufficiali a chi 
lo ha conosciuto nel suo ruolo pastorale, è importante provare a ricordarlo 
con le parole umane di chi lo ha conosciuto nel privato o nell’impegno 
politico nei rari momenti che riuscivi a strappargli al suo tempo fitto di 
impegni, appuntamenti incontri e riunioni.
Noi valdesi con il nostro schema mentale marcatamente protestante siamo soliti 
dire che bisogna fare poche cose ma farle bene.
Ecco Simonpietro al contrario faceva tantissime cose e riusciva a farle quasi 
sempre bene.
Per me, che è stato uno dei miei migliori amici, tra i pochi che ho 
centellinato nella mia vita, rimane insieme ad un senso di perdita 
irreparabile, il rimorso di non avergli sempre saputo manifestare il mio 
affetto e ilo mio ringraziamento per tutto quello che Simonpietro faceva e 
che forse avrei potuto fare in parte anch’io.
Tra un mese avremmo compiuto 40 anni, entrambi nel mese di giugno. Lui aveva 
fatto l’educatore giovanile nei centri di aggregazione poi aveva deciso di 
studiare teologia mentre già faceva il pastore. Io avevo studiato teologia ed 
ero finito a lavorare nei Centri di aggregazione giovanili del comune di 
Milano. Ma quando mi sono laureato nel 2000 in teologia è a lui che ho 
chiesto di fare la controrelazione prevista da parte degli studenti della 
Facoltà. Poi l’anno scorso nel mese di maggio durante il matrimonio mio e di 
Angelica che abbiamo celebrato laicamente in municipio, ho chiesto a 
Simonpietro di fare una piccola riflessione biblica. Per me Simonpietro per 
tanti anni ha rappresentato la possibilità di tenere un legame con la chiesa 
valdese per la sua disponibilità per la sua dolcezza per quel senso di 
insostenibile leggerezza dello spirito che lo faceva essere autorevole senza 
cadere nell’autoritarismo e che spesso non riuscivo a trovare nei pastori o 
nelle persone che nella chiesa “contano”.
Mi faceva arrabbiare a volte doverlo incontrare nelle redazioni di Ge nei 
campi ad Agape o nei gruppi uomini che animava un po’ dovunque. Gli 
rimproveravo di non dedicarmi abbastanza tempo e lui mi invitava ad 
incontrarlo nei luoghi che gli interessavano. A volte sono riuscito a 
portarlo alle terme, al cinema, fargli un massaggio o invitarlo a casa mia a 
Torre pellice durante il sinodo valdese che lo impegnava come verbalista. 
A volte mi irritava il suo modo di fare un po’ misterioso o il suo essere 
spesso in ritardo ma il suo fascino irresistibile  superava qualsiasi 
irritazione. Dovremmo chiederci tutti/e amici colleghi della chiesa se siamo 
sempre stati capaci di esprimergli la nostra gratitudine e di valorizzarlo o 
se a volte è prevalso un atteggiamento di sfiducia o di ansia per il suo 
essere ovunque per la sua forza incontenibile nel gettare davanti a se 
progetti nell’intuire velocemente cosa fosse giusto fare. Come questa estate 
quando quasi sussurrando mi aveva raccontato che aveva dormito in macchina 
per lasciare il suo letto a due immigrati senza casa. Erano anni che 
scherzavamo un po’ tristemente sul fatto che era eternamente in prova, da 
anni era “candidato al ministero pastorale”.
Ce ne fossero pastori valdesi come il candidato Simonpietro Marchese!
Forse solo ora comprendiamo che Simonpietro nella sua attività pastorale ha 
fatto tanto troppo ma ha fatto quello che la Chiesa nella sua complessità 
avrebbe dovuto fare e non sempre lo ha fatto. Dall’impegno con le minoranze 
sessuali, all’impegno per la pace, al suo contributo nel processo per i 
desaparecidos italiani in Argentina, dalla sua sensibilità verso i più 
giovani, all’impegno in Agape, quante cose ha fatto Simonpietro che 
inconsapevolmente la chiesa gli ha demandato? Su quanti fronti anche esterni 
ma significativi per la chiesa valdese e la sua autorevolezza nel mondo, 
Simonpietro era sempre presente ma spesso sempre da solo?
Oltre a dirci  quanto era buono, dolce e disponibile dobbiamo fare tutti una 
confessione di peccato per capire più profondamente come valorizzarci di più, 
come prenderci cura dell’altro/a in modo più autentico come accompagnarci più 
efficacemente.
Vi propongo di tenerci in contatto per raccogliere i ricordi e le storie che 
ognuno di noi ha di Simonpietro per non perdere i fili della memoria e per 
arricchire con il contributo di tutti/e il ricordo della sua personalità 
complessa e variegata. Potremmo fare un campo ad Agape in memoria di 
Simonpietro o raccogliere e pubblicare i nostri ricordi. A lui sarebbe 
piaciuto. Myriam mi dice che il campo "Incanto e disincanto, c'eravamo tanto 
amati" sarà dedicato a Simonpietro (dove faceva la staff) e dove Massimo 
Zamboni condurrà una giornata.

Manfredo Pavoni (eisam at libero.it)

*	*	*
AVREI VOLUTO CONOSCERLO MEGLIO (Simone Lanza)

Simonpietro avrei voluto conoscerlo meglio, coltivarne l'amicizia. L'ultima 
volta mi ha detto "dai quando vieni a Milano passa a trovarmi". Sempre così, 
Simonpietro sempre disponibile non solo a guidarmi nei miei dubbi e nelle mie 
paure di maschio, ma ad ascoltarmi e parlare. E non è facile fare così tante 
cose e coltivare così tante relazioni di amicizia e amore con gioia.

Simonpietro avrebbe dovuto diventare pastore, ma Simonpietro per me era già 
una guida spirituale, per me era un riferimento, un appoggio. Era 
particolarmente capace di aggregare giovani in un'epoca in cui le chiese 
riformate non sono capaci di parlare ai giovani e così invecchiano. Dove 
andava, lui aggregava e tesseva. Metteva insieme, portava entusiasmo e 
nutriva gli entusiasmi di chi lo circondava.

Soprattuto era una guida maschile che come ha ricordato Giovanna Gay al 
funerale sapeva apprezzare molto le qualità del femminile e vedeva e sentiva 
Dio come Dea. Simonpietro è forse l'unico maschio che mi ha spronato a 
riflettere sulla identità maschile e sulla questione di genere, per lui era 
"la questione". Simonpietro quanti discorsi abbiamo ancora da finire? Due 
settimane fa ad Agape - al campo maschi - quando gli chiesi come andava mi 
rispose subito: "come vuoi che vada? è impossibile che non vada bene quando 
lavori su queste questioni!". Credeva che la questione di genere fosse la 
chiave di volta per comprendere le proprie difficoltà così come le 
ingiustizie del mondo. Con la stima che aveva per le persone che lo 
circondavano, mi disse: "Simone, sono otto anni che ci lavoro e sto sempre 
meglio, mi spaice che non ci sei."

Simonpietro mi aiutò quando arrivai i primi mesi ad Agape come vice ed ero 
sperduto, mi raccontava di sè e io gli parlavo delle cose irrisolte che mi 
ero portato ad Agape. Quando poi più tardi mi spaventai per i lati oscuri del 
mio desiderio maschile mi  tranquillizzò. Simonpietro era bello abbracciarlo, 
facevo fatica ad avvolgerlo tutto, morbido appoggio. Simonpietro vorrei 
stringerti o solo sfiorarti.

Simonpietro lo conobbi ad Agape: negli anni 80, avevo 15 anni, al campo 
cadetti. Fu subito un mio - un nostro - staffista preferito, perchè ci sapeva 
fare. Tra le altre cose ricordo che Simonpietro ci leggeva la bibbia quasi 
fosse una storia erotica, ci leggeva il Cantico dei Cantici. Erotismo e 
bellezza, perchè per lui anche questa unione era l'amore da predicare. Perchè 
più tardi il suo sforzo sarebbe diventato quello di andare oltre la dicotomia 
protestante tra corpo e anima.

Simonpietro non mi parlava tanto della sua fede, anzi forse mai. Ma la sentivo 
ferma, edificante. Più della fede quello che contava era forse proprio 
l'amore. Mi ha diverse volte ospitato a casa sua a Roma, nonostante i mille 
impegni. Siamo andati insieme nei centri sociali, parlavamo di migranti 
(adeso a Cinisello c'erano immigrati mi disse nel mio stupore l'ultima 
volta), voleva sapere cosa avevo visto nei miei viaggi. Era curioso. 
Spronava, non voleva convincere ma ascoltare, virtù rara.

Simonpietro predicava l'amore. Non ha scritto molto, ma sapeva parlare. 
Lasciava segni, tracce. Dosava le parole. La colletta del culto è stata 
dedicata ad Agape perchè per lui Agape era un posto particolare. Nella sua 
bibbia aveva una cartolina di Agape. Simonpietro credeva nell'amore, 
nell'agape più importante ancora della fede. Simonpietro predicava la 
speranza, per questo ci ha lasciato nella bara con una camicia verde. Non so 
se sapesse che lo slogan del Forum Social Mondiale di quest'anno era: 
"globalizzare la speranza". Quando ne avremmmo parlato avrebbe detto "che 
bello!", avrebbe sorriso, mi avrebbe accarezzato la testa e toccato le gambe.

Simonpietro, in quanti eravate sotto lo striscione della FCEI a Genova? Tu eri 
venuto con il tuo sorriso a portare un cartello aipotenti del mondo, convinto 
che la bibbia avesse da dire loro molto: "Salmo 73. Ecco questi sono gli 
empi!!! Sempre tranquilli, essi accrescono le loro ricchezze." E al gay-pride 
mi lasciasti i colori con cui ci eravamo dipinti le facce.

Simonpietro, forse la vita è un momento limitato di luce tra due momenti 
infiniti di buio. Ma la tua vita ancora brilla di tanta intensità. Un 
proverbio indiano dice che quando tu nacqui tutti ridevamo di gioia e tu solo 
piangevi, ora che tutti piangiamo tu solo conservi il sorriso. Simonpietro 
non sei morto perchè eri di fretta. Un salmo dice che Dio a sè prima chiama i 
migliori, forse quelli che corrono a portare l'amore che è più grande.

Simone Lanza (vicedirezione at agapecentroecumenico.org) 

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