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IN RICORDO DI SIMONPIETRO
- Subject: IN RICORDO DI SIMONPIETRO
- From: Simone <vicedirezione at agapecentroecumenico.org>
- Date: Tue, 11 May 2004 12:54:59 +0200
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"Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono, fate tacere il cane con un osso succulento, chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato portate fuori il feretro, si accostino i dolenti. Incrocino aereoplani lamentosi lassù e scrivano sul cielo il messaggio Lui è Morto, allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni, i vigili si mettano guanti di tela nera. Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest, la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica, il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto; pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto. Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte; imballate la luna, smontate pure il sole; svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco; perchè oramai più nulla può servire." Funeral Blues di W.H. Auden Care amiche, cari amici, pochi giorni fa un agapino, uno di noi, Simonpietro Marchese, che veniva da sempre ad Agape per fare staff e sguire campi (cadetti, invernale, politico, teologico, week-end uomini, weekend etica, 30 e oltre), per occuparsi dell'Associazione Amiche e Amici di Agape o semplicemente a farci un saluto è morto. Una morte prematura, a giugno avrebbe compiuto 40 anni. Una di quelle morti improvvise che non lasciano il tempo di salutarsi, di reciproca riparazione del danno che ogni relazione porta con sé, di preparazione all'assenza. Siamo abituati a pensare alla morte come ad una esperienza legata alla vecchiaia, legata al momento in cui si può fare un bilancio, perché sazi di giorni, di ciò che ci è accaduto nel corso dei numerosi anni che abbiamo trascorso sulla terra. Niente può consolarci, niente può risarcirci della perdita che tutti noi abbiamo subito con la morte di Simonpietro, perché il tempo della pienezza della vita di questo nostro amico e fratello, è scomparsa con lui. E' per questo che mi è venuta in mente la poesia di Auden in cui si parla del dolore che scaturisce da una relazione interrotta. Auden parla con forza e a noi questo tipo di forza ci piace e l'abbiamo riconosciuta anche in Simonpietro. Non tanto dai modi, spesso delicati, ma dalla capacità con la quale ha orientato la sua vita verso la ricerca di un'esistenza che poneva l'attenzione la ricerca di un bene comune che andava costruendosi anche attraverso una profonda e coraggiosa riflessione di genere. Se Auden ci piace non condividiamo però i versi finali in cui sostiene che "oramai più nulla può servire". Il patrimonio di ciò che si sono scambiati coloro che hanno conosciuto Simonpietro rimane tutto. E da qui che vogliamo ripartire offrendo a chi lo desidera condivedere attraverso la newsletter l'esperienza che di lui abbiamo avuto. Non è la celebrazione di una persona quella che vi proponiamo ma una elaborazione di un lutto collettiva che ci insegni ad amare la vita anche in presenza della morte. Chi vuole può quindi mandarci un pensiero un ricordo, qualche frase rimasta nella memoria, qualche segno di qualche gesto. Saranno raccolti in una sezione apposita del sito di Agape. Abbracciando Myriam, compagna di Simonpietro, le sue figlie, Silvia e Valentina, e Violetta, la mamma, vi salutiamo dedicandovi le parole di Emily Dickinson, 1864, che ci parlano di quella resurrezione raccontataci da Gesù Cristo di cui saremo, a suo tempo, testimoni: "Questo mondo non è conclusione. C'è un seguito al di là invisibile, come la musica ma concreto, come il suono..." Daniela Di Carlo (DIRETTORA) ° ° ° NELL'ANTICA TRADIZIONE LITURGICA (Luca Zacchi) Nell'antica tradizione liturgica, la quarta domenica di Pasqua è dedicata alla contemplazione di Gesù buon pastore; nel capitolo 10 di Giovanni Gesù si presenta come un pastore diverso dai tanti pastori umani, che appaiono molto più preoccupati dei loro interessi e del loro star bene che della sostanza della propria missione. Un pastore attento all'unica pecorella smarrita più che alle novantanove sane, deciso a spendere ogni attimo della sua vita per le sue pecore, che le conosce per nome e le chiama una ad una, perchè camminino sui sentieri sicuri tracciati dalla sua parola. Un Gesù che ci dà un unico comandamento nuovo, Amatevi come io vi ho amati (Gv 13,35), invece che il diluvio di parole, consigli, raccomandazioni da cui siamo investiti ogni giorno per opera delle istanze più diverse. Predicando, ieri, su questo comandamento nuovo, nella Chiesa di Forano Sabina, ricordavo Simonpietro così, come un buon pastore. Felice di poter conoscere sempre un nuovo amico od una nuova amica, attento alla sensibilità delle sue sorelle e dei suoi fratelli, fino al punto di sommergerti con le sue email cariche di asterischi, su cui tante volte abbiamo scherzato... Gli asterischi di chi si sforza di essere attento fin dal momento del linguaggio alla sensibilità di tutti. Un fratello ed un pastore generoso e persino esuberante a volte, per la disponibilità che mostrava ogni volta nell'offrire le sue forze ed il suo tempo a chi glielo chiedeva... Un pastore che non si spaventava di fronte al nuovo, alle novità che il nostro tempo ci offre di continuo, in tutti gli ambiti della nostra vita, in particolare nella riflessione teologica che gli era così cara. Guardando in particolare al suo impegno nella Refo (Rete Evangelica Fede ed Omosessualità), il suo pensiero, riguardo la tematica della pastorale delle persone omosessuali, degli appartenenti al sempre più variegato mondo GBLTQ, mi appare sintetizzabile in una frase: prima di tutto l'ascolto. Simonpietro, assieme al pastore Luca Negro, lo aveva affermato con forza introducendo il convegno Refo del 2000. Di recente, intervenendo ad un convegno sulla tematica ad Avellino, organizzato dalla rivista "Il Dialogo" Simonpietro aveva affermato che la riflessione teologica non può e non deve sfuggire le problematiche della sessualità, non può e non deve sentire come estraneo o marginale l'argomento, perchè nella vita delle persone l'affettività è elemento essenziale e le chiese sono tenute a considerare questo come un aspetto eminente del loro riflettere e soprattutto del loro concreto modo di agire, della loro pastorale. Una pastorale, quella delle persone omosessuali, che nel suo e nel nostro pensiero vede la sessualità come un luogo d'incontro che parte dall'ascolto e che mai deve trovarsi ad essere un'occasione di esclusione. Solo l'affrontare il tema partendo da queste premesse permette infatti di superare pian piano pregiudizi e discriminazioni diffuse anche nelle nostre chiese evangeliche. Nello stesso convegno Simonpietro affermava di riconoscere come suo patrimonio essenziale l'esperienza della teologia della liberazione (soprattutto di quella femminile) proponendosi insieme alla Refo come punto di aiuto e di riferimento per chi vive con disagio la sua identità omosessuale, soprattutto in provincia e in periferia. Un'esperienza aperta ad apporti non omosessuali e non evangelici, fedele alla concezione della "rete". Una posizione coerente con il suo essere un uomo libero, che con impegno e fatica cercava il modo migliore e più giusto di vivere il dono della libertà anche sul piano sessuale... Simonpietro uomo libero, amico di tanti, fratello di tutti, compagno di strada, pastore buono... Non ci mancano nè ci mancheranno, a partire dall'assemblea di fine maggio, i modi ed i motivi per ricordarlo con un sorriso del cuore. Luca Zacchi Rete Evangelica Fede ed Omosessualità info at refo.it * * * PARLIAMO DI SIMONPIETRO (Gruppo maschile plurale) Riunione del Gruppo Maschile Plurale. Parliamo di Simonpietro. "Simonpietro si riempiva la vita di troppi impegni": lo vediamo organizzare, elaborare progetti, di notte a scrivere, di giorno a dividersi fra tutti i troppi sì della sua generosità di sé. Questi impegni l'hanno portato via dalle riunioni del Gruppo. Siamo arrabbiati con il passato, con il presente e con il futuro. Si interpreta Simonpietro: "era stanco di caricare su di sé i tanti conflitti che si rifiutava di risolvere con modalità maschili di competizione e prevaricazione". Abbiamo davanti agli occhi un'immagine di lui che corre dietro un treno alla stazione di Milano e che si accascia per la fatica. Razionalizziamo, siamo superficiali, cinici, autistici. Ci commuoviamo. Impossibile andare oltre lacerti di ricordi: "era leggero, noncurante, nel senso positivo del termine", "un genio, una sorgente di proposte originali ed intelligenti"; "una volta (era tardissimo) mi ha chiamato che aveva la macchina in panne e sono rimasto con lui tutta la notte"; "la scelta del film 'Il Figlio' per la tematica del padre era perfetta, non è stata capita" ; "la sua performance alla mattinata di psicomotricità è stata profonda, estatica"; "il suo modo di portare avanti il culto domenica è stato originale, interessante"; "averlo come conduttore del sottogruppo è stato un vantaggio"; "la camminata in cui lui ci guidava bendati è stato un momento commovente". Chi non è venuto ad Agape è avido degli ultimi dettagli, vuole sapere tutto; si riesce a parlarne fluentemente, a patto di restare leggeri e noncuranti. Si ride un casino. Reagiamo: vogliamo fare, continuare con lui qualcosa e aiutare chi rimane. "La disperata passione del mondo" di Pasolini animava anche Simonpietro. E' impossibile riuscire con le parole a colmare l'assenza, del suo percorso e della sua riflessione, nelle nostre vite. Un vuoto di cui, per tutta la lunga serata, non si è riuscito a parlare. Gruppo maschile plurale ° ° NON C'È BISOGNO DI DIRCI ADDIO (Gianna Urizio) “Non c’è bisogno di dirci addio: vivremo ognuno nel ricordo dell’altro” (John Ford, Com’era verde la mia valle, USA 1941). E’ una citazione che Peter Ciaccio ha pensato per Simonpietro Marchese, sconvolto dopo la notizia della sua morte. Che dire, che scrivere per ricordare un amico, per dire agli altri quanto questa persona ci è stato preziosa e al tempo stesso quotidianamente normale. Sì perché con Simonpietro il dialogo era quasi quotidiano, nonostante la distanza fisica: avevamo dei progetti in corso, un passato di collaborazione, di discussioni, di visioni condivise e di sogni. E tutto questo si è interrotto. Stavamo pensando di organizzare la visione di un film a Torre Pellice quest’estate. Non un film qualunque, ma sul lavoro: “Mi piace lavorare” di Francesca Comencini. E probabilmente lo organizzeremo. E il suo ricordo sarà una presenza viva. Avevo conosciuto meglio Simonpietro proprio lavorando con lui, insieme a Peter Ciaccio, per creare in Italia un’associazione protestante di cinema, discutendo perché crearla, quali potevano essere i suoi obiettivi in un mondo che di associazioni ne ha già troppe. L’idea nacque da un bisogno condiviso di mettere insieme e rivalutare pezzi di noi che troppo spesso neghiamo o sottovalutiamo: i sentimenti, l’immaginario, la comunicazione non verbale, i sogni. Su questo eravamo in sintonia. A Simonpietro piaceva sognare. E il cinema è questa grande macchina che apre a questa dimensione. Molti ricorderanno di Simo la sua disponibilità, la sua cortese attenzione, il suo sorriso, la sua leggerezza nonostante il volume del suo corpo, il suo voler essere sempre ovunque. Ma con discrezione. Ma non basta. La sua era non solo un modo di essere, ma una weltanschauung, una concezione globale che lo portava a cercare di superare una dicotomia che troppo spesso affligge il nostro mondo protestante, tra pensiero e sentimenti, emozioni. E questo lo espresse chiaramente quando ci propose per il preambolo una frase di Sergej M. Ejzenstejn: ”Noi soffrivamo di un dualismo terribile fra il pensiero, la speculazione filosofica pura e il sentimento, l’emozione. Penso che solo il cinema è capace di realizzare questa grande sintesi e di restituire all’elemento intellettuale le sue radici vitali, concrete ed emotive”. Gianna Urizio g.urizio at tin.it * * * ORA CHE SIMONPIETRO CI HA LASCIATI (Manfredo Pavoni) Ora che Simonpietro ci ha lasciati, oltre alle commemorazioni ufficiali a chi lo ha conosciuto nel suo ruolo pastorale, è importante provare a ricordarlo con le parole umane di chi lo ha conosciuto nel privato o nell’impegno politico nei rari momenti che riuscivi a strappargli al suo tempo fitto di impegni, appuntamenti incontri e riunioni. Noi valdesi con il nostro schema mentale marcatamente protestante siamo soliti dire che bisogna fare poche cose ma farle bene. Ecco Simonpietro al contrario faceva tantissime cose e riusciva a farle quasi sempre bene. Per me, che è stato uno dei miei migliori amici, tra i pochi che ho centellinato nella mia vita, rimane insieme ad un senso di perdita irreparabile, il rimorso di non avergli sempre saputo manifestare il mio affetto e ilo mio ringraziamento per tutto quello che Simonpietro faceva e che forse avrei potuto fare in parte anch’io. Tra un mese avremmo compiuto 40 anni, entrambi nel mese di giugno. Lui aveva fatto l’educatore giovanile nei centri di aggregazione poi aveva deciso di studiare teologia mentre già faceva il pastore. Io avevo studiato teologia ed ero finito a lavorare nei Centri di aggregazione giovanili del comune di Milano. Ma quando mi sono laureato nel 2000 in teologia è a lui che ho chiesto di fare la controrelazione prevista da parte degli studenti della Facoltà. Poi l’anno scorso nel mese di maggio durante il matrimonio mio e di Angelica che abbiamo celebrato laicamente in municipio, ho chiesto a Simonpietro di fare una piccola riflessione biblica. Per me Simonpietro per tanti anni ha rappresentato la possibilità di tenere un legame con la chiesa valdese per la sua disponibilità per la sua dolcezza per quel senso di insostenibile leggerezza dello spirito che lo faceva essere autorevole senza cadere nell’autoritarismo e che spesso non riuscivo a trovare nei pastori o nelle persone che nella chiesa “contano”. Mi faceva arrabbiare a volte doverlo incontrare nelle redazioni di Ge nei campi ad Agape o nei gruppi uomini che animava un po’ dovunque. Gli rimproveravo di non dedicarmi abbastanza tempo e lui mi invitava ad incontrarlo nei luoghi che gli interessavano. A volte sono riuscito a portarlo alle terme, al cinema, fargli un massaggio o invitarlo a casa mia a Torre pellice durante il sinodo valdese che lo impegnava come verbalista. A volte mi irritava il suo modo di fare un po’ misterioso o il suo essere spesso in ritardo ma il suo fascino irresistibile superava qualsiasi irritazione. Dovremmo chiederci tutti/e amici colleghi della chiesa se siamo sempre stati capaci di esprimergli la nostra gratitudine e di valorizzarlo o se a volte è prevalso un atteggiamento di sfiducia o di ansia per il suo essere ovunque per la sua forza incontenibile nel gettare davanti a se progetti nell’intuire velocemente cosa fosse giusto fare. Come questa estate quando quasi sussurrando mi aveva raccontato che aveva dormito in macchina per lasciare il suo letto a due immigrati senza casa. Erano anni che scherzavamo un po’ tristemente sul fatto che era eternamente in prova, da anni era “candidato al ministero pastorale”. Ce ne fossero pastori valdesi come il candidato Simonpietro Marchese! Forse solo ora comprendiamo che Simonpietro nella sua attività pastorale ha fatto tanto troppo ma ha fatto quello che la Chiesa nella sua complessità avrebbe dovuto fare e non sempre lo ha fatto. Dall’impegno con le minoranze sessuali, all’impegno per la pace, al suo contributo nel processo per i desaparecidos italiani in Argentina, dalla sua sensibilità verso i più giovani, all’impegno in Agape, quante cose ha fatto Simonpietro che inconsapevolmente la chiesa gli ha demandato? Su quanti fronti anche esterni ma significativi per la chiesa valdese e la sua autorevolezza nel mondo, Simonpietro era sempre presente ma spesso sempre da solo? Oltre a dirci quanto era buono, dolce e disponibile dobbiamo fare tutti una confessione di peccato per capire più profondamente come valorizzarci di più, come prenderci cura dell’altro/a in modo più autentico come accompagnarci più efficacemente. Vi propongo di tenerci in contatto per raccogliere i ricordi e le storie che ognuno di noi ha di Simonpietro per non perdere i fili della memoria e per arricchire con il contributo di tutti/e il ricordo della sua personalità complessa e variegata. Potremmo fare un campo ad Agape in memoria di Simonpietro o raccogliere e pubblicare i nostri ricordi. A lui sarebbe piaciuto. Myriam mi dice che il campo "Incanto e disincanto, c'eravamo tanto amati" sarà dedicato a Simonpietro (dove faceva la staff) e dove Massimo Zamboni condurrà una giornata. Manfredo Pavoni (eisam at libero.it) * * * AVREI VOLUTO CONOSCERLO MEGLIO (Simone Lanza) Simonpietro avrei voluto conoscerlo meglio, coltivarne l'amicizia. L'ultima volta mi ha detto "dai quando vieni a Milano passa a trovarmi". Sempre così, Simonpietro sempre disponibile non solo a guidarmi nei miei dubbi e nelle mie paure di maschio, ma ad ascoltarmi e parlare. E non è facile fare così tante cose e coltivare così tante relazioni di amicizia e amore con gioia. Simonpietro avrebbe dovuto diventare pastore, ma Simonpietro per me era già una guida spirituale, per me era un riferimento, un appoggio. Era particolarmente capace di aggregare giovani in un'epoca in cui le chiese riformate non sono capaci di parlare ai giovani e così invecchiano. Dove andava, lui aggregava e tesseva. Metteva insieme, portava entusiasmo e nutriva gli entusiasmi di chi lo circondava. Soprattuto era una guida maschile che come ha ricordato Giovanna Gay al funerale sapeva apprezzare molto le qualità del femminile e vedeva e sentiva Dio come Dea. Simonpietro è forse l'unico maschio che mi ha spronato a riflettere sulla identità maschile e sulla questione di genere, per lui era "la questione". Simonpietro quanti discorsi abbiamo ancora da finire? Due settimane fa ad Agape - al campo maschi - quando gli chiesi come andava mi rispose subito: "come vuoi che vada? è impossibile che non vada bene quando lavori su queste questioni!". Credeva che la questione di genere fosse la chiave di volta per comprendere le proprie difficoltà così come le ingiustizie del mondo. Con la stima che aveva per le persone che lo circondavano, mi disse: "Simone, sono otto anni che ci lavoro e sto sempre meglio, mi spaice che non ci sei." Simonpietro mi aiutò quando arrivai i primi mesi ad Agape come vice ed ero sperduto, mi raccontava di sè e io gli parlavo delle cose irrisolte che mi ero portato ad Agape. Quando poi più tardi mi spaventai per i lati oscuri del mio desiderio maschile mi tranquillizzò. Simonpietro era bello abbracciarlo, facevo fatica ad avvolgerlo tutto, morbido appoggio. Simonpietro vorrei stringerti o solo sfiorarti. Simonpietro lo conobbi ad Agape: negli anni 80, avevo 15 anni, al campo cadetti. Fu subito un mio - un nostro - staffista preferito, perchè ci sapeva fare. Tra le altre cose ricordo che Simonpietro ci leggeva la bibbia quasi fosse una storia erotica, ci leggeva il Cantico dei Cantici. Erotismo e bellezza, perchè per lui anche questa unione era l'amore da predicare. Perchè più tardi il suo sforzo sarebbe diventato quello di andare oltre la dicotomia protestante tra corpo e anima. Simonpietro non mi parlava tanto della sua fede, anzi forse mai. Ma la sentivo ferma, edificante. Più della fede quello che contava era forse proprio l'amore. Mi ha diverse volte ospitato a casa sua a Roma, nonostante i mille impegni. Siamo andati insieme nei centri sociali, parlavamo di migranti (adeso a Cinisello c'erano immigrati mi disse nel mio stupore l'ultima volta), voleva sapere cosa avevo visto nei miei viaggi. Era curioso. Spronava, non voleva convincere ma ascoltare, virtù rara. Simonpietro predicava l'amore. Non ha scritto molto, ma sapeva parlare. Lasciava segni, tracce. Dosava le parole. La colletta del culto è stata dedicata ad Agape perchè per lui Agape era un posto particolare. Nella sua bibbia aveva una cartolina di Agape. Simonpietro credeva nell'amore, nell'agape più importante ancora della fede. Simonpietro predicava la speranza, per questo ci ha lasciato nella bara con una camicia verde. Non so se sapesse che lo slogan del Forum Social Mondiale di quest'anno era: "globalizzare la speranza". Quando ne avremmmo parlato avrebbe detto "che bello!", avrebbe sorriso, mi avrebbe accarezzato la testa e toccato le gambe. Simonpietro, in quanti eravate sotto lo striscione della FCEI a Genova? Tu eri venuto con il tuo sorriso a portare un cartello aipotenti del mondo, convinto che la bibbia avesse da dire loro molto: "Salmo 73. Ecco questi sono gli empi!!! Sempre tranquilli, essi accrescono le loro ricchezze." E al gay-pride mi lasciasti i colori con cui ci eravamo dipinti le facce. Simonpietro, forse la vita è un momento limitato di luce tra due momenti infiniti di buio. Ma la tua vita ancora brilla di tanta intensità. Un proverbio indiano dice che quando tu nacqui tutti ridevamo di gioia e tu solo piangevi, ora che tutti piangiamo tu solo conservi il sorriso. Simonpietro non sei morto perchè eri di fretta. Un salmo dice che Dio a sè prima chiama i migliori, forse quelli che corrono a portare l'amore che è più grande. Simone Lanza (vicedirezione at agapecentroecumenico.org) -- www.agapecentroecumenico.org agape centro ecumenico 10060 Praly tel: 0121-807514 fax: 0121-807690 --------------------------------------------------------------------- Per cancellarsi, scrivi a: news-unsubscribe at agapecentroecumenico.org Se vuoi conoscere altri comandi, scrivi a: news-help at agapecentroecumenico.org
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