28/05 Bologna: "DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA"



CGIL-CISL-UIL
Prot.VF0512
Bologna, 14 maggio2003

Alle strutture in indirizzo


Dall'esperienza di un azione concreta a sostegno delle persone di strada,
alla sperimentazione di una nuova competenza sociale nei luoghi di lavoro
con il progetto Delegato sociale ad un documento sui temi delle
disuguaglianze e delle povertà.

Si tratta di un percorso che, assieme a tante altre iniziative, ci hanno
portato a riflettere sui temi dell'esclusione, sulle politiche di sostegno
non solo per chi è già povero ma anche per chi vive una condizione di
vulnerabilità. E infine su come collegare le proposte di lotta
all'esclusione con quelle di cittadinanza, coesione e giustizia sociale.

Il risultato è un documento che partendo dall'analisi delle condizioni di
povertà che coinvolgono, anche in Emilia Romagna, un parte non trascurabile
di cittadini, cerca di formulare proposte sulle quali vorremmo aprire un
confronto non solo con la Regione ma anche con le realtà maggiormente
impegnate su questi temi.

 	E' partendo da queste considerazioni e fiduciosi di cogliere un
vostro concreto interesse che, oltre ad inviarvi il documento in oggetto,
siamo a chiedervi di partecipare al convegno regionale su "DISUGUAGLIANZE,
ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA'" che si terrà MERCOLEDI' 28 MAGGIO
2003, dalle ore 9.30 alle ore 14.00 presso la Sala Bondioli, Cisl
Regionale, via Milazzo 16 - Bologna.

Cordiali saluti.




CGIL CISL UIL  Emilia Romagna










DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA'

Dal centro alla periferia, dal margine alla povertà. Da un modello di
mobilità sociale ascendente tra una generazione e l'altra, ad uno
discendente dove coloro che erano stabili si destabilizzano e coloro che
erano integrati si vedono sempre più "abbandonati" e "traditi". Si diffonde
sempre più l'immagine della società dei "quattro quinti", una fascia
ristretta di occupazione stabile con buon reddito e prospettive di carriera
addensata in alto, una vasta platea, i quattro quinti, di popolazione che
circola invece tra disoccupazione, occupazione precaria, con poche
prospettive ed alto rischio. Il sociologo francese Robert Castel, che
analizza la vulnerabilità sociale del lavoro salariato, indica queste
traiettorie come "tragitti di disaffiliazione"; una mobilità che incide sui
valori di status prima ancora che su dati economici di classe e che si
manifesta attraverso molti sintomi: il senso di privazione relativa che
coinvolge settori crescenti di ceto medio rispetto agli stili di vita
esibiti dalle nuove elites;  l'esaurirsi dei precedenti margini di mobilità
sociale intergenerazionale; il blocco delle carriere legate alla
polarizzazione delle professioni; l'obsolescenza dei saperi e dei mestieri;
la perdita dell'occupazione legata alle ristrutturazioni e
delocalizzazioni.. Le rilevazioni dell'Eurobarometro dell'ottobre 2002 su
occupazione e precarietà nel breve periodo 2001-giugno 2002 indicano fra
l'altro:
1. Tra i paesi della Ue il rischio di povertà per i lavoratori
(principalmente per quelli con mansioni  medio basse) e fortemente
aumentato ( dal 19 al 25%) in Italia, Grecia, Germania dell'est, sud della
Francia.
2. La media in Italia dei lavoratori e dei datori di lavoro (in particolare
piccolissimi imprenditori) che percepiscono come attuale un "rischio
povertà" è passata dal 21% al 27%.
3. Ben 16 lavoratori italiani su cento si dicono convinti che la povertà
sarà per loro inevitabile ( più 3,8% rispetto al periodo 96/01).
Nelle condizioni del lavoro che tendono poi a prevalere all'interno della
cosiddetta società post-fordista prende dimensioni sempre più vaste quella
"corrosione del carattere" di cui parla Sennet nell'uomo flessibile. Nel
lavoro informatizzato la quota di erogazione di energie psicologiche e
mentali cresce enormemente. La competitività nel lavoro, la precarietà, le
flessibilità subite, rendono estremamente tesi i rapporti tra il  lavoro e
la vita. La discontinuità delle traiettorie professionali e la limitata
programmabilità del proprio progetto di vita  creano disagi esistenziali
che potremmo definire come le "malattie professionali" dell'epoca
post-manifatturiera, dell'epoca della produzione "immateriale". Questi
percorsi che portano individui e ceti dal centro verso la periferia sociale
rappresentano dinamiche che possono alimentare la dimensione e la qualità
dei serbatoi di marginalità. Tutto ciò che si muove dall'alto verso il
basso rischia di contribuire a cambiare regressivamente la stessa
definizione culturale della marginalità, tende a sanzionarla come
esclusione irreversibile, o addirittura a porla come alterità assoluta e
nemica contro la quale sollevare mobilitazione e attivare aggressione.
Diventa a rischio non solo l'evoluzione ascendente della società ma anche
la prospettiva di un lineare sviluppo democratico. Seppur con dimensioni e
caratteristiche diverse anche la nostra società regionale è attraversata da
questi fenomeni; sempre più persone perdono "di fatto" la cittadinanza
lungo percorsi nei quali si manifesta e cresce l'incapacità o
l'impossibilità di fruire del godimento effettivo di diritti essenziali
come quello all'istruzione o alla salute, alle relazioni, alla casa o alle
tutele del diritto del lavoro.
Nel rapporto "Mercato del lavoro ed esclusione sociale in Emilia Romagna"
del gennaio 2002 dell'Agenzia Emilia Romagna lavoro, si afferma:
"assistiamoŠa processi di rafforzamento economico delle classi medie e
medio alte e, relativamente a ciò, di significativo indebolimento delle
classi più povere con una presenzaŠrelativamente maggiore dei giovani e dei
cinquanta-sessantenni. Mentre i giovani pagano un prezzo anche elevato in
vista di un loro ingressoŠpoi positivo sviluppoŠnel mercato del lavoro, nei
casi dei cinquanta-sessantenni,(in grande misura donne, con livelli di
istruzione bassi e/o poco spendibili, con problemi economici dovuti alle
spese di abitazione e/o al venir meno di un reddito adeguato e regolare a
causa spesso delle difficoltà incontrate in attività in proprio o per aver
perso un lavoro in seguito alla chiusura di attività produttive) si innesca
quasi inesorabilmente un processo cumulativo di vera e propria esclusione
sociale". Dice ancora il rapporto: "Štanto più che la velocità ed entità di
questi processi appare così rilevante da rendere di fatto inadeguata la
tradizionale capacità solidaristica di intervento di questa regione."
Mobilità discendente, tragitti di disaffiliazione, erosione del carattere,
esclusione sociale sono alcuni dei processi che contribuiscono alla messa
in discussione di una delle risorse, se non la risorsa, fondamentale della
nostra regione , il suo "capitale sociale". Capitale sociale come
persistenza di reti e norme di reciprocità, come quell'insieme di relazioni
e attività su base locale che in un clima di fiducia e reciproca
affidabilità sono diventati non solo fattori di coesione, ma anche di
produttività. Una risorsa che rende possibile agli attori individuali e
collettivi il conseguimento di fini altrimenti raggiungibili solo a costi
più alti. Ecco allora che diventa necessario cogliere la discontinuità
contenuta nella nuova fase sociale e mettere in campo politiche, formative,
fiscali, urbanistiche, sanitarie, di genere, che assumano con forza
l'obiettivo di una concezione globale dei diritti sociali fondata non sulla
compassione ma sulla partecipazione, responsabilità e solidarietà.
Politiche che potrebbero essere con precisione identificate, in coerenza
con il verbale d'accordo sul bilancio preventivo regionale e dopo un
percorso di concertazione, all'interno di un Piano integrato per la
promozione della cittadinanza sociale. E' in questo quadro che collochiamo
alcune proposte sulle quali, come afferma il programma di governo della
Regione, "costruire politiche sociali in grado di ridare sicurezza e
dignità a quegli strati di popolazione che vivono un aumento delle
disuguaglianze e situazioni inedite di emarginazione". In premessa alle
azioni specifiche è per noi fondamentale che le parti siano messe in
condizioni da avere un quadro di conoscenza comune dei processi in atto
nella nostra regione e per questa ragione proponiamo l'implementazione di
un Osservatorio regionale sulla povertà e le disuguaglianze; la
predisposizione di un Rapporto annuale sulla situazione sociale regionale
e, infine, la costituzione di un Organismo consultivo e di confronto fra
tutti i soggetti interessati.
La prima  azione che proponiamo è riferita ai contesti urbani. La nostre
città hanno svolto, sin dalle origini, un ruolo importantissimo di
integratore sociale, consentendo la progressiva diversificazione e
specializzazione del lavoro e il conseguente aumento della produttività
sociale complessiva. Esse sono state il risultato di strategie di
investimento orientate alla costruzione e riproduzione di relazioni sociali
durevoli, capaci nel tempo di procurare profitti materiali e simbolici. Di
fronte alla attuale crisi delle politiche di inclusione diventa
fondamentale ripensare e programmare una nuova rete di beni pubblici di
supporto al capitale sociale relazionale. Le diverse normative e
prescrizioni sugli standard urbanistici, il sistema di servizi erogati dal
welfare e posizionati in gran parte nelle periferie delle città, le risorse
e i servizi per il terzo settore, la valorizzazione delle buone prassi e
della cooperazione sociale, sono alcuni ambiti su cui lavorare; molti sono
gli strumenti a disposizione della Regione, dal piano sociale a quello
sanitario, dalla formazione ai piani urbanistici a quelli di servizio, per
raggiungere questi obiettivi. Parallelamente, allo scopo di "mettere in
relazione" e valutare la capacità di riprodurre o distruggere capitale
sociale sarebbe utile che, come per l'ambiente attraverso le valutazioni di
impatto ambientale (VIA), si sperimentassero, su tutti gli atti di
indirizzo e progettazione, anche valutazioni di impatto sociale (VIS). In
questo quadro è altresì opportuno sostenere le amministrazioni locali che
decidono di dotarsi del bilancio sociale e che promuovono esperienze di
coinvolgimento dei cittadini attraverso percorsi di bilancio partecipativo.
Contemporaneamente ci si rende sempre più conto che non è più sufficiente
mettere a disposizione servizi e risorse per avere la garanzia che le
persone interessate ne vengano a conoscenza e li possano attivare. Sempre
più spesso appare evidente che, in particolare per le persone vulnerabili e
svantaggiate l'attivazione di risorse passa dalla possibilità di parlarne
con qualcuno e di avere informazioni chiare e fruibili. Si tratta in
sostanza di mettere sullo stesso piano l'affermazione del diritto e la sua
concreta praticabilità mettendo in condizione la persona di "capacitarsi" e
decidere, anche attraverso percorsi di accompagnamento sociale, quale sia
la scelta più opportuna e giusta. Gli uffici di cittadinanza, i mediatori
culturali, gli operatori dei servizi, il segretariato sociale, i patronati,
i delegati sociali, la diffusione della competenza sociale possono,
superando logiche autoreferenziali,  contribuire a questo obiettivo.
Una seconda proposta è riferita alla prevenzione e alla salute delle
persone che lavorano. Nel corso delle iniziative legate alla settimana
europea sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l'Agenzia europea di
Bilbao, ha segnalato una crescita esponenziale delle malattie legate allo
stress nel lavoro. La fondazione di Dublino, nel confermare questi dati ha
altresì segnalato il diffondersi di fenomeni mobbing, situazioni di
disadattamento, crescita del burn-out nei luoghi di lavoro. Con la Regione
si potrebbe condividere l'opportunità di monitorare, coinvolgendo chi già
studia questi fenomeni, la crescita dello stress e del mobbing nei luoghi
di lavoro, cogliendone sia gli aspetti sanitari che organizzativi e
concordando campagne mirate di contrasto, prevenzione e sensibilizzazione.
Di fronte all'importanza che hanno assunto i temi sociali ed ambientali
anche le imprese si stanno muovendo. C'è chi rimette in piedi il servizio
sociale interno, chi sviluppa bilanci di sostenibilità sociale, campagne di
solidarietà e marchi etici. Si tratta di processi ancora marginali ma che
avranno un grande sviluppo nei prossimi anni e che le imprese tendono a
realizzare autonomamente. Sarebbe opportuno aprire un confronto con la
Regione per vedere se vi sono le condizioni per coinvolgere le imprese nel
farsi carico per se  e per i propri fornitori del divieto del lavoro
minorile, del rispetto delle libertà sindacali, del riconoscimento di un
giusto reddito e altro ancora rientri nella sfera dei diritti e della
dignità delle persone. L'impresa che si riconosce in questa iniziativa,
garantisce il rispetto delle regole e si rende disponibile a controlli da
parte di un autorità indipendente potrebbe certificare i propri prodotti
con un Marchio etico regionale. Estendere la sensibilità e la cultura delle
imprese sulla responsabilità etica, qualificare verso l'alto il sistema
economico e sociale, appaiono gli obiettivi da raggiungere; ridurre il
tutto a formule di facciata per comunicare con l'opinione pubblica o per
ottenere ricadute positive sui mercati finanziari sono i rischi da evitare.
Una terza proposta è relativa alla tutela di chi è già a rischio di
esclusione. In Emilia Romagna sono stimate 94.000 famiglie per 237.000
abitanti che vivono in una condizione di povertà relativa (2001 ca. 815
euro per due persone), di queste 25.000 famiglie e 60.000 persone che
vivono sotto la soglia di povertà assoluta, (2001 ca.600 euro per due
persone). Il 18% di queste famiglie vede la presenza di minori e la
percentuale cresce molto in presenza di famiglie con tre o più figli
minori. "Garantire, a chi si trova al di sotto della soglia di povertà, un
sostegno pari alla differenza tra il reddito dichiarato e tale soglia" (815
euro per 2 persone nel 2001) appare un affermazione del tutto
condivisibile; assumere l'obiettivo di rilanciare il Reddito minimo di
inserimento, affossato dal Governo, può dare il giusto rilievo politico a
questa scelta. Di fianco a questo strumento vanno valutate le altre forme
di trasferimento monetario, assegno al nucleo, buoni affitto, prestiti
sull'onore e l'assegno per il terzo figlio che ha dato ottimi risultati
nella sua sperimentazione. Il tutto va ovviamente collegato ad una corretta
gestione dei requisiti per l'accesso e al rapporto con percorsi di
formazione e crescita relazionale nelle persone interessate
Una quarta proposta si collega ai percorsi di marginalità legati
all'universo giovanile e ai settori più tradizionali dell'occupazione a
medio-bassa qualificazione. Si tratta di persone, in prevalenza donne, che
lavorano nei servizi con bassi salari e grande precarietà; di giovani che
non riescono, per molto tempo, a trovare un occupazione stabile o che hanno
anche buon salario ma basso contenuto professionale;  di persone in età
matura, con scolarità e collocazioni medio-alte, espulse dal lavoro; di
anziani e disabili che perdono le reti famigliari, di lavoratori in
mobilità. Nell'economia e nella società della conoscenza la ragione prima
della sicurezza, è sempre più il proprio sapere culturale e professionale e
la possibilità di riprodurlo e di accrescerlo nell'esperienza lavorativa.
Il diritto alla formazione per tutti e per tutta la vita è il diritto base
per tenere in un orizzonte di uguaglianza e di sicurezza il lavoro che si
personalizza. Per fare ciò bisogna che il diritto alla formazione per tutti
e per tutta la vita lavorativa diventi davvero il centro della nostra
iniziativa politica e contrattuale. A partire dal disegno di legge
regionale della Regione sulla formazione è necessario che  si ragioni sulle
priorità di spesa e di investimento, sul ruolo della scuola, della
Università; sull'insieme dei luoghi di produzione e riproduzione del sapere
e la loro capacità di interagire positivamente con i luoghi in cui si
lavora e si vive. Bisognerebbe prima di tutto dare piena applicazione alla
legge 236/91 e 53/2000 dove sono previsti contributi di ca.1300 euro per i
lavoratori che nel corso dell'anno utilizzino congedi per la formazione
individuale. Risulta che, anche a causa della scarsa informazione, queste
possibilità siano del tutto sottoutilizzate. Parallelamente si potrebbe,
attivando le risorse delle Fondazioni e dell'Europa, proporre la
costituzione di un Fondo regionale per il diritto alla formazione
permanente degli adulti che integri almeno il 50% del reddito non percepito
e relativo al tempo utilizzato per la propria formazione. Con la cifra di
1,5 milioni di euro si integrerebbero 2.000 lavoratori per 15 giorni di
formazione all'anno Alla contrattazione, anche attraverso l'uso del tfr e
della banca ore, il compito di coprire il rimanente 50%. Per quanto
riguarda l'universo giovanile, oltre a quanto già detto, assistiamo, in
condizioni ancora di nicchia, ad esperienze che tentano di emergere
attraverso pratiche cooperative e consortili che agiscono localmente e
"pensano globalmente" Si tratta di attività che si collocano nei settori
multimediali e dell'economia sociale. Parliamo, ad esempio, dei
microdistretti del settore degli audiovisivi, dell'informatica e
dell'ecologia che  si localizzano in aree industriali dismesse;
dell'associazionismo e della cooperazione; i nuovi immigrati che aprono
imprese individuali, cooperative e ditte artigiane. Si tratta di attività
ancora economicamente deboli con grandi incertezze di reddito e di bilancio
ma fondamentali per la riproduzione del capitale sociale e per l'inclusione
di ampi settori dell'universo giovanile che bisogna, a partire dalle
politiche di sviluppo regionali, adeguatamente sostenere.
Una quinta è riferita alle persone che vivono in strada, ne sono stimate
17.000 in Italia, e alle modalità di abbassamento delle "soglie" che
rappresentano per molti di loro, così come sono ora, un ostacolo
insormontabile. Il diritto primario alla residenza, ad alloggi di emergenza
e di transizione, ad attività lavorative, culturali e relazionali, alla
cura di se e della propria salute, sono i terreni su cui vi sono già
interessanti sperimentazioni nel nostro territorio. Per l'anno 2001 la
Regione ha investito 1.652.662 euro finalizzati ad una serie di interventi
che vanno nella direzione sopraindicata, per l'anno 2002 sono stati
stanziati 2 milioni di euro. E' indispensabile che, al di là del Decreto
del 15 dicembre 2000, questo impegno economico sia confermato anche per gli
anni successivi e se possibile ulteriormente incrementato. 

Bologna 06/03/03


CGIL Emilia Romagna
CISL Emilia Romagna
UIL Emilia Romagna












CONVEGNO REGIONALE



DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE
E NUOVE POVERTA'








MERCOLEDI' 28 MAGGIO 2003



Sala Bondioli
CISL Regionale
Via Milazzo 16 - Bologna










I N V I T O 




Programma dei Lavori


Ore 9.30
Presentazione
Marino Favali - Cisl Emilia Romagna

Ore 9.45
Relazione introduttiva
Fausto Viviani - Cgil Emilia Romagna

Ore 10.15
Interventi programmati:
Anna Piletti
Forum Terzo Settore Emilia Romagna
Massimo Zaccarelli
Associazione Amici di Piazza Grande
Don Renzo Gradara
Caritas Emilia Romagna
Antonio Mumolo
Progetto Avvocati di strada

         

Ore 11.15
Dibattito

Ore 12.30
Intervento
Gianluca Borghi - Assessore alle Politiche Sociali Regione Emilia Romagna

Ore 13.00
Conclusioni
Donatella Vercesi - Responsabile Politiche Sociali Uil Nazionale