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28/05 Bologna: "DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA"
- Subject: 28/05 Bologna: "DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA"
- From: Andrea Pancaldi <andrea at accaparlante.it>
- Date: Wed, 21 May 2003 11:15:07 +0200
CGIL-CISL-UIL Prot.VF0512 Bologna, 14 maggio2003 Alle strutture in indirizzo Dall'esperienza di un azione concreta a sostegno delle persone di strada, alla sperimentazione di una nuova competenza sociale nei luoghi di lavoro con il progetto Delegato sociale ad un documento sui temi delle disuguaglianze e delle povertà. Si tratta di un percorso che, assieme a tante altre iniziative, ci hanno portato a riflettere sui temi dell'esclusione, sulle politiche di sostegno non solo per chi è già povero ma anche per chi vive una condizione di vulnerabilità. E infine su come collegare le proposte di lotta all'esclusione con quelle di cittadinanza, coesione e giustizia sociale. Il risultato è un documento che partendo dall'analisi delle condizioni di povertà che coinvolgono, anche in Emilia Romagna, un parte non trascurabile di cittadini, cerca di formulare proposte sulle quali vorremmo aprire un confronto non solo con la Regione ma anche con le realtà maggiormente impegnate su questi temi. E' partendo da queste considerazioni e fiduciosi di cogliere un vostro concreto interesse che, oltre ad inviarvi il documento in oggetto, siamo a chiedervi di partecipare al convegno regionale su "DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA'" che si terrà MERCOLEDI' 28 MAGGIO 2003, dalle ore 9.30 alle ore 14.00 presso la Sala Bondioli, Cisl Regionale, via Milazzo 16 - Bologna. Cordiali saluti. CGIL CISL UIL Emilia Romagna DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA' Dal centro alla periferia, dal margine alla povertà. Da un modello di mobilità sociale ascendente tra una generazione e l'altra, ad uno discendente dove coloro che erano stabili si destabilizzano e coloro che erano integrati si vedono sempre più "abbandonati" e "traditi". Si diffonde sempre più l'immagine della società dei "quattro quinti", una fascia ristretta di occupazione stabile con buon reddito e prospettive di carriera addensata in alto, una vasta platea, i quattro quinti, di popolazione che circola invece tra disoccupazione, occupazione precaria, con poche prospettive ed alto rischio. Il sociologo francese Robert Castel, che analizza la vulnerabilità sociale del lavoro salariato, indica queste traiettorie come "tragitti di disaffiliazione"; una mobilità che incide sui valori di status prima ancora che su dati economici di classe e che si manifesta attraverso molti sintomi: il senso di privazione relativa che coinvolge settori crescenti di ceto medio rispetto agli stili di vita esibiti dalle nuove elites; l'esaurirsi dei precedenti margini di mobilità sociale intergenerazionale; il blocco delle carriere legate alla polarizzazione delle professioni; l'obsolescenza dei saperi e dei mestieri; la perdita dell'occupazione legata alle ristrutturazioni e delocalizzazioni.. Le rilevazioni dell'Eurobarometro dell'ottobre 2002 su occupazione e precarietà nel breve periodo 2001-giugno 2002 indicano fra l'altro: 1. Tra i paesi della Ue il rischio di povertà per i lavoratori (principalmente per quelli con mansioni medio basse) e fortemente aumentato ( dal 19 al 25%) in Italia, Grecia, Germania dell'est, sud della Francia. 2. La media in Italia dei lavoratori e dei datori di lavoro (in particolare piccolissimi imprenditori) che percepiscono come attuale un "rischio povertà" è passata dal 21% al 27%. 3. Ben 16 lavoratori italiani su cento si dicono convinti che la povertà sarà per loro inevitabile ( più 3,8% rispetto al periodo 96/01). Nelle condizioni del lavoro che tendono poi a prevalere all'interno della cosiddetta società post-fordista prende dimensioni sempre più vaste quella "corrosione del carattere" di cui parla Sennet nell'uomo flessibile. Nel lavoro informatizzato la quota di erogazione di energie psicologiche e mentali cresce enormemente. La competitività nel lavoro, la precarietà, le flessibilità subite, rendono estremamente tesi i rapporti tra il lavoro e la vita. La discontinuità delle traiettorie professionali e la limitata programmabilità del proprio progetto di vita creano disagi esistenziali che potremmo definire come le "malattie professionali" dell'epoca post-manifatturiera, dell'epoca della produzione "immateriale". Questi percorsi che portano individui e ceti dal centro verso la periferia sociale rappresentano dinamiche che possono alimentare la dimensione e la qualità dei serbatoi di marginalità. Tutto ciò che si muove dall'alto verso il basso rischia di contribuire a cambiare regressivamente la stessa definizione culturale della marginalità, tende a sanzionarla come esclusione irreversibile, o addirittura a porla come alterità assoluta e nemica contro la quale sollevare mobilitazione e attivare aggressione. Diventa a rischio non solo l'evoluzione ascendente della società ma anche la prospettiva di un lineare sviluppo democratico. Seppur con dimensioni e caratteristiche diverse anche la nostra società regionale è attraversata da questi fenomeni; sempre più persone perdono "di fatto" la cittadinanza lungo percorsi nei quali si manifesta e cresce l'incapacità o l'impossibilità di fruire del godimento effettivo di diritti essenziali come quello all'istruzione o alla salute, alle relazioni, alla casa o alle tutele del diritto del lavoro. Nel rapporto "Mercato del lavoro ed esclusione sociale in Emilia Romagna" del gennaio 2002 dell'Agenzia Emilia Romagna lavoro, si afferma: "assistiamoŠa processi di rafforzamento economico delle classi medie e medio alte e, relativamente a ciò, di significativo indebolimento delle classi più povere con una presenzaŠrelativamente maggiore dei giovani e dei cinquanta-sessantenni. Mentre i giovani pagano un prezzo anche elevato in vista di un loro ingressoŠpoi positivo sviluppoŠnel mercato del lavoro, nei casi dei cinquanta-sessantenni,(in grande misura donne, con livelli di istruzione bassi e/o poco spendibili, con problemi economici dovuti alle spese di abitazione e/o al venir meno di un reddito adeguato e regolare a causa spesso delle difficoltà incontrate in attività in proprio o per aver perso un lavoro in seguito alla chiusura di attività produttive) si innesca quasi inesorabilmente un processo cumulativo di vera e propria esclusione sociale". Dice ancora il rapporto: "Štanto più che la velocità ed entità di questi processi appare così rilevante da rendere di fatto inadeguata la tradizionale capacità solidaristica di intervento di questa regione." Mobilità discendente, tragitti di disaffiliazione, erosione del carattere, esclusione sociale sono alcuni dei processi che contribuiscono alla messa in discussione di una delle risorse, se non la risorsa, fondamentale della nostra regione , il suo "capitale sociale". Capitale sociale come persistenza di reti e norme di reciprocità, come quell'insieme di relazioni e attività su base locale che in un clima di fiducia e reciproca affidabilità sono diventati non solo fattori di coesione, ma anche di produttività. Una risorsa che rende possibile agli attori individuali e collettivi il conseguimento di fini altrimenti raggiungibili solo a costi più alti. Ecco allora che diventa necessario cogliere la discontinuità contenuta nella nuova fase sociale e mettere in campo politiche, formative, fiscali, urbanistiche, sanitarie, di genere, che assumano con forza l'obiettivo di una concezione globale dei diritti sociali fondata non sulla compassione ma sulla partecipazione, responsabilità e solidarietà. Politiche che potrebbero essere con precisione identificate, in coerenza con il verbale d'accordo sul bilancio preventivo regionale e dopo un percorso di concertazione, all'interno di un Piano integrato per la promozione della cittadinanza sociale. E' in questo quadro che collochiamo alcune proposte sulle quali, come afferma il programma di governo della Regione, "costruire politiche sociali in grado di ridare sicurezza e dignità a quegli strati di popolazione che vivono un aumento delle disuguaglianze e situazioni inedite di emarginazione". In premessa alle azioni specifiche è per noi fondamentale che le parti siano messe in condizioni da avere un quadro di conoscenza comune dei processi in atto nella nostra regione e per questa ragione proponiamo l'implementazione di un Osservatorio regionale sulla povertà e le disuguaglianze; la predisposizione di un Rapporto annuale sulla situazione sociale regionale e, infine, la costituzione di un Organismo consultivo e di confronto fra tutti i soggetti interessati. La prima azione che proponiamo è riferita ai contesti urbani. La nostre città hanno svolto, sin dalle origini, un ruolo importantissimo di integratore sociale, consentendo la progressiva diversificazione e specializzazione del lavoro e il conseguente aumento della produttività sociale complessiva. Esse sono state il risultato di strategie di investimento orientate alla costruzione e riproduzione di relazioni sociali durevoli, capaci nel tempo di procurare profitti materiali e simbolici. Di fronte alla attuale crisi delle politiche di inclusione diventa fondamentale ripensare e programmare una nuova rete di beni pubblici di supporto al capitale sociale relazionale. Le diverse normative e prescrizioni sugli standard urbanistici, il sistema di servizi erogati dal welfare e posizionati in gran parte nelle periferie delle città, le risorse e i servizi per il terzo settore, la valorizzazione delle buone prassi e della cooperazione sociale, sono alcuni ambiti su cui lavorare; molti sono gli strumenti a disposizione della Regione, dal piano sociale a quello sanitario, dalla formazione ai piani urbanistici a quelli di servizio, per raggiungere questi obiettivi. Parallelamente, allo scopo di "mettere in relazione" e valutare la capacità di riprodurre o distruggere capitale sociale sarebbe utile che, come per l'ambiente attraverso le valutazioni di impatto ambientale (VIA), si sperimentassero, su tutti gli atti di indirizzo e progettazione, anche valutazioni di impatto sociale (VIS). In questo quadro è altresì opportuno sostenere le amministrazioni locali che decidono di dotarsi del bilancio sociale e che promuovono esperienze di coinvolgimento dei cittadini attraverso percorsi di bilancio partecipativo. Contemporaneamente ci si rende sempre più conto che non è più sufficiente mettere a disposizione servizi e risorse per avere la garanzia che le persone interessate ne vengano a conoscenza e li possano attivare. Sempre più spesso appare evidente che, in particolare per le persone vulnerabili e svantaggiate l'attivazione di risorse passa dalla possibilità di parlarne con qualcuno e di avere informazioni chiare e fruibili. Si tratta in sostanza di mettere sullo stesso piano l'affermazione del diritto e la sua concreta praticabilità mettendo in condizione la persona di "capacitarsi" e decidere, anche attraverso percorsi di accompagnamento sociale, quale sia la scelta più opportuna e giusta. Gli uffici di cittadinanza, i mediatori culturali, gli operatori dei servizi, il segretariato sociale, i patronati, i delegati sociali, la diffusione della competenza sociale possono, superando logiche autoreferenziali, contribuire a questo obiettivo. Una seconda proposta è riferita alla prevenzione e alla salute delle persone che lavorano. Nel corso delle iniziative legate alla settimana europea sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l'Agenzia europea di Bilbao, ha segnalato una crescita esponenziale delle malattie legate allo stress nel lavoro. La fondazione di Dublino, nel confermare questi dati ha altresì segnalato il diffondersi di fenomeni mobbing, situazioni di disadattamento, crescita del burn-out nei luoghi di lavoro. Con la Regione si potrebbe condividere l'opportunità di monitorare, coinvolgendo chi già studia questi fenomeni, la crescita dello stress e del mobbing nei luoghi di lavoro, cogliendone sia gli aspetti sanitari che organizzativi e concordando campagne mirate di contrasto, prevenzione e sensibilizzazione. Di fronte all'importanza che hanno assunto i temi sociali ed ambientali anche le imprese si stanno muovendo. C'è chi rimette in piedi il servizio sociale interno, chi sviluppa bilanci di sostenibilità sociale, campagne di solidarietà e marchi etici. Si tratta di processi ancora marginali ma che avranno un grande sviluppo nei prossimi anni e che le imprese tendono a realizzare autonomamente. Sarebbe opportuno aprire un confronto con la Regione per vedere se vi sono le condizioni per coinvolgere le imprese nel farsi carico per se e per i propri fornitori del divieto del lavoro minorile, del rispetto delle libertà sindacali, del riconoscimento di un giusto reddito e altro ancora rientri nella sfera dei diritti e della dignità delle persone. L'impresa che si riconosce in questa iniziativa, garantisce il rispetto delle regole e si rende disponibile a controlli da parte di un autorità indipendente potrebbe certificare i propri prodotti con un Marchio etico regionale. Estendere la sensibilità e la cultura delle imprese sulla responsabilità etica, qualificare verso l'alto il sistema economico e sociale, appaiono gli obiettivi da raggiungere; ridurre il tutto a formule di facciata per comunicare con l'opinione pubblica o per ottenere ricadute positive sui mercati finanziari sono i rischi da evitare. Una terza proposta è relativa alla tutela di chi è già a rischio di esclusione. In Emilia Romagna sono stimate 94.000 famiglie per 237.000 abitanti che vivono in una condizione di povertà relativa (2001 ca. 815 euro per due persone), di queste 25.000 famiglie e 60.000 persone che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, (2001 ca.600 euro per due persone). Il 18% di queste famiglie vede la presenza di minori e la percentuale cresce molto in presenza di famiglie con tre o più figli minori. "Garantire, a chi si trova al di sotto della soglia di povertà, un sostegno pari alla differenza tra il reddito dichiarato e tale soglia" (815 euro per 2 persone nel 2001) appare un affermazione del tutto condivisibile; assumere l'obiettivo di rilanciare il Reddito minimo di inserimento, affossato dal Governo, può dare il giusto rilievo politico a questa scelta. Di fianco a questo strumento vanno valutate le altre forme di trasferimento monetario, assegno al nucleo, buoni affitto, prestiti sull'onore e l'assegno per il terzo figlio che ha dato ottimi risultati nella sua sperimentazione. Il tutto va ovviamente collegato ad una corretta gestione dei requisiti per l'accesso e al rapporto con percorsi di formazione e crescita relazionale nelle persone interessate Una quarta proposta si collega ai percorsi di marginalità legati all'universo giovanile e ai settori più tradizionali dell'occupazione a medio-bassa qualificazione. Si tratta di persone, in prevalenza donne, che lavorano nei servizi con bassi salari e grande precarietà; di giovani che non riescono, per molto tempo, a trovare un occupazione stabile o che hanno anche buon salario ma basso contenuto professionale; di persone in età matura, con scolarità e collocazioni medio-alte, espulse dal lavoro; di anziani e disabili che perdono le reti famigliari, di lavoratori in mobilità. Nell'economia e nella società della conoscenza la ragione prima della sicurezza, è sempre più il proprio sapere culturale e professionale e la possibilità di riprodurlo e di accrescerlo nell'esperienza lavorativa. Il diritto alla formazione per tutti e per tutta la vita è il diritto base per tenere in un orizzonte di uguaglianza e di sicurezza il lavoro che si personalizza. Per fare ciò bisogna che il diritto alla formazione per tutti e per tutta la vita lavorativa diventi davvero il centro della nostra iniziativa politica e contrattuale. A partire dal disegno di legge regionale della Regione sulla formazione è necessario che si ragioni sulle priorità di spesa e di investimento, sul ruolo della scuola, della Università; sull'insieme dei luoghi di produzione e riproduzione del sapere e la loro capacità di interagire positivamente con i luoghi in cui si lavora e si vive. Bisognerebbe prima di tutto dare piena applicazione alla legge 236/91 e 53/2000 dove sono previsti contributi di ca.1300 euro per i lavoratori che nel corso dell'anno utilizzino congedi per la formazione individuale. Risulta che, anche a causa della scarsa informazione, queste possibilità siano del tutto sottoutilizzate. Parallelamente si potrebbe, attivando le risorse delle Fondazioni e dell'Europa, proporre la costituzione di un Fondo regionale per il diritto alla formazione permanente degli adulti che integri almeno il 50% del reddito non percepito e relativo al tempo utilizzato per la propria formazione. Con la cifra di 1,5 milioni di euro si integrerebbero 2.000 lavoratori per 15 giorni di formazione all'anno Alla contrattazione, anche attraverso l'uso del tfr e della banca ore, il compito di coprire il rimanente 50%. Per quanto riguarda l'universo giovanile, oltre a quanto già detto, assistiamo, in condizioni ancora di nicchia, ad esperienze che tentano di emergere attraverso pratiche cooperative e consortili che agiscono localmente e "pensano globalmente" Si tratta di attività che si collocano nei settori multimediali e dell'economia sociale. Parliamo, ad esempio, dei microdistretti del settore degli audiovisivi, dell'informatica e dell'ecologia che si localizzano in aree industriali dismesse; dell'associazionismo e della cooperazione; i nuovi immigrati che aprono imprese individuali, cooperative e ditte artigiane. Si tratta di attività ancora economicamente deboli con grandi incertezze di reddito e di bilancio ma fondamentali per la riproduzione del capitale sociale e per l'inclusione di ampi settori dell'universo giovanile che bisogna, a partire dalle politiche di sviluppo regionali, adeguatamente sostenere. Una quinta è riferita alle persone che vivono in strada, ne sono stimate 17.000 in Italia, e alle modalità di abbassamento delle "soglie" che rappresentano per molti di loro, così come sono ora, un ostacolo insormontabile. Il diritto primario alla residenza, ad alloggi di emergenza e di transizione, ad attività lavorative, culturali e relazionali, alla cura di se e della propria salute, sono i terreni su cui vi sono già interessanti sperimentazioni nel nostro territorio. Per l'anno 2001 la Regione ha investito 1.652.662 euro finalizzati ad una serie di interventi che vanno nella direzione sopraindicata, per l'anno 2002 sono stati stanziati 2 milioni di euro. E' indispensabile che, al di là del Decreto del 15 dicembre 2000, questo impegno economico sia confermato anche per gli anni successivi e se possibile ulteriormente incrementato. Bologna 06/03/03 CGIL Emilia Romagna CISL Emilia Romagna UIL Emilia Romagna CONVEGNO REGIONALE DISUGUAGLIANZE, ESCLUSIONE SOCIALE E NUOVE POVERTA' MERCOLEDI' 28 MAGGIO 2003 Sala Bondioli CISL Regionale Via Milazzo 16 - Bologna I N V I T O Programma dei Lavori Ore 9.30 Presentazione Marino Favali - Cisl Emilia Romagna Ore 9.45 Relazione introduttiva Fausto Viviani - Cgil Emilia Romagna Ore 10.15 Interventi programmati: Anna Piletti Forum Terzo Settore Emilia Romagna Massimo Zaccarelli Associazione Amici di Piazza Grande Don Renzo Gradara Caritas Emilia Romagna Antonio Mumolo Progetto Avvocati di strada Ore 11.15 Dibattito Ore 12.30 Intervento Gianluca Borghi - Assessore alle Politiche Sociali Regione Emilia Romagna Ore 13.00 Conclusioni Donatella Vercesi - Responsabile Politiche Sociali Uil Nazionale
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