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Intervento di Nichi Vendola al dibattito parlamentare sul terremoto in Molise
- Subject: Intervento di Nichi Vendola al dibattito parlamentare sul terremoto in Molise
- From: <italo.disabato at libero.it>
- Date: Wed, 6 Nov 2002 08:13:26 +0100
Signor Presidente, signor ministro, dovremmo tornare a discutere ancora della tragedia che ha devastato uno spicchio di Molise e un pezzettino di Capitanata, perché non possiamo cavarcela con un dibattito rapido in un'aula mezza vuota e perché la tragedia di San Giuliano parla complessivamente di storia, di geografia, di modello di sviluppo, di cultura e di scelte politiche concrete. San Giuliano per noi diventa la nuova tappa di un lungo calvario che racconta della storia complessa e complessiva del nostro paese e del nostro Mezzogiorno. Dopo Sarno, dopo Soverato dovremmo ricordarci di San Giuliano. Vorrei dire che vi è quasi un carattere selettivo in queste tragedie ed in questo dolore indicibile che svelano pezzi sconosciuti d'Italia e che raccontano cose su cui dovremmo interrogarci di più quando costruiamo l'agenda della politica. Signor ministro, la prima urgenza che sento di segnalarle è la seguente. La nostra attenzione rischia di finire nel recinto dell'epicentro e di durare lo spazio dell'emozione che rimbalza attraverso il circuito mediatico. Lei sa che i comuni coinvolti da questo evento sismico sono 22 nella provincia di Campobasso ed 8 nella provincia di Foggia e che vi è stato un esodo forzato di intere comunità. Il dramma degli sfollati è inenarrabile, è il dramma dello sradicamento, soprattutto per i più anziani, e sarà tra qualche giorno il dramma delle cattive condizioni meteorologiche, che già oggi hanno cominciato ad inquietare quei territori. Allora, vorremmo che, spenti i riflettori, non si spegnesse l'attenzione della politica e che la macchina che deve governare l'emergenza e il soccorso oltre che il lungo progetto della ricostruzione abbia come propria area di estensione tutto il territorio colpito dal sisma. Questa è la prima urgenza che le segnalo. Signori del Governo, in questi giorni siamo stati lì, abbiamo potuto vedere concretamente e apprezzare la macchina dei soccorsi, e il lavoro dei volontari e tra questi, mi permetto di dirglielo sommessamente, l'impegno di tutti ragazzi del Social forum molisano che ho incontrato ogni giorno, ventiquattro ore al giorno, con i loro furgoni a portare acqua, pane e latte da una tendopoli all'altra. Abbiamo potuto capire anche quanto strumentali fossero talune polemiche costruite sui giornali. Mi riferisco a polemiche di cartapesta come quella particolarmente sgradevole sul povero sindaco di San Giuliano. Si costruiva una polemica mentre il sindaco scavava cercando i suoi due figlioli. Signor ministro, avremmo gradito nella sua relazione, pure così ricca di dettagli, qualche notizia in più relativamente alle mappe sismiche di questi territori. Vorremmo sapere se tali mappe siano state aggiornate e dove siano. Inoltre, vorremmo sapere, qualora fossero state aggiornate e comprendessero i comuni toccati dall'evento sismico, per quale ragione esse fossero note alle autorità locali. Questo mi pare un punto importante, un chiarimento doveroso. Altrettanto importante è aprire un discorso, fuori dal ring della polemica politica più immediata, sulla cabina di regia della protezione civile: una cabina vuota, senza regista. Vede, signor ministro, l'eroismo di coloro che lavorano nella protezione civile, come l'eroismo dei vigili del fuoco e dei volontari, non ci deve depistare dal bisogno di mettere in discussione i rischi legati ad una vacanza di governo di una delle istituzioni più importanti di un paese che ha le caratteristiche geomorfologiche dell'Italia, un paese fragile ed a rischio. Ancora, faremo il dibattito sull'edilizia scolastica? Quella mamma, la mamma di Luigi, la mamma di tutti i bimbi della comunità di San Giuliano, ha posto, con una lucidità non scalfita dal dolore, il problema dell'edilizia scolastica. L'edilizia scolastica nel Mezzogiorno d'Italia è la scena di una sconfitta dello Stato. Se dovessimo discutere sugli indici reali di agibilità delle scuole nel sud faremmo una discussione molto angosciata. Credo che dovremmo farla, perché quando passeremo alla discussione della legge finanziaria, delle scelte di politica di bilancio, bisognerà misurare quanto riusciamo a mantenere le nostre promesse, quelle che facciamo nella solennità e nella commozione dei funerali di Stato. Ho sentito dalla più alta carica della Repubblica dire parole di autocritica, sincere, penso: "Noi adulti non abbiamo provveduto alla sicurezza ed alla protezione dei più piccoli". Vi è da riflettere su tali parole. Esse ci aiutano a non degenerare nella polemica politica più meschina, quella che cerca i ritagli di responsabilità del contingente, quella che vive nello spazio effimero del teatrino di Palazzo e riempie uno spigolo torbido della giornata giornalistica. Tuttavia, l'espressione "noi adulti" non è precisa. L'espressione precisa è "le classi dirigenti complessive di questo paese". Mi riferisco alla responsabilità di chi pensa che l'opera pubblica di "messa in sicurezza" del nostro territorio sia soltanto argomento per i dibattiti domenicali o per qualche seminario culturale, di chi non riesce a fare una radiografia precisa dello stato delle nostre città, delle nostre coste, delle nostre alture, dei nostri fiumi. Si dice troppo facilmente: "calamità naturale". Vi è naturalmente un elemento di fatalità nel dispiegamento della morte e della distruzione, quando vi è un evento come il terremoto; tuttavia l'espressione "calamità naturale" tante volte è deviante perché la verità è che la maggior parte degli effetti di morte e di devastazione appartengono ad altro genere di calamità: le calamità artificiali. Attengono alle responsabilità di chi ha vissuto il territorio come un'area di mercificazione e di saccheggio; di chi ha costruito sulle falde e sulla sabbia; di chi ha costruito risparmiando sui materiali di costruzione; di chi ha bucato le alture; di chi ha disboscato; di chi ha inquinato i fiumi! Allora vi è il bisogno di affrontare il dibattito sulla ricostruzione e quello sul "malpaese", in primo luogo perché ricostruzione significhi, fuori da qualsivoglia manipolazione, rifondazione delle identità ferite, di quel patrimonio prezioso di comuni piccoli come presepi, che sono lì arroccati nel Sub Appennino Dauno; inoltre perché il nostro futuro possa essere non sempre e solo "governo dell'emergenza" bensì interventi di prevenzione e di risanamento di un territorio così fragile e così esposto a rischi e danni. Sono quei danni che provocano dolori come quelli che abbiamo visto in via Giovanni XXIII a San Giuliano di Puglia e che non vorremmo vedere mai più. Nichi Vendola - intervento camera dei deputati 4 novembre 2002
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