Faber-Castell, la favola moderna della matita



 
Riforestazione in Brasile, diritti sociali per i dipendenti. La multinazionale punta sull'accordo con ambientalisti e sindacati
Dal «sandwich» rudimentale alla Perfect pencil in argento. I mercatini di Norimberga, la battaglia per difendere il marchio. La storia della matita apprezzata da Greenpeace e IG Metall

ANTONIO SCIOTTO
In principio era un sandwich, due pezzi di legno imbottiti con la grafite. La prima matita «industriale» nasce dalle mani di Kaspar Faber, ebanista di Norimberga, in Germania. Siamo nel 1761, e la moglie di Kaspar andava in giro per i mercatini, cercando di vendere le sue matite. Nel corso dell'Ottocento, è Lothar Faber a lanciare la tipica matita esagonale e a dare un respiro internazionale all'azienda: acquisita una riserva di grafite in Russia, vengono aperte le prime filiali a New York, Londra e Parigi. La matita si globalizza, e comincia l'ascesa sociale dei Faber. Diventati nobili per decisione dei sovrani di Baviera, i Faber sono i primi a condurre in Germania una guerra per la protezione dei prodotti: sempre più concorrenti, infatti, imprimevano l'ormai famoso marchio sulle proprie matite. Lothar ottiene una legge in difesa del marchio, mentre a fine Ottocento la baronessa Ottilia sposerà un membro della famiglia aristocratica dei Castell, dando con questo matrimonio origine al brand Faber-Castell. Il conte Anton Wolfgang von Faber Castell è venuto in questi giorni in Italia per inaugurare il settimo «shop in shop europeo» - all'interno della Cartotecnica Romana di Via Frattina, a Roma - dove viene lanciata la nuova linea lusso. Tra le altre, la «Perfect pencil», su un modello originale ottocentesco, in legno pregiato, cappuccio d'argento, gommina e temperamatite incorporato.

Ma dietro le matite ci stanno gli uomini che le costruiscono, e gli alberi che vengono tagliati. L'azienda rispetta diritti sociali e ambiente? L'impegno c'è, certificato anche da insospettabili associazioni ambientaliste come Greenpeace, e sindacati come la tedesca IG Metall. Greenpeace ha incluso la Faber-Castell nella lista delle aziende «buone», quelle che rispettano l'ambiente. Il motivo, la riforestazione messa in atto dall'azienda tedesca in Brasile. Negli stabilimenti produttivi del paese sudamericano, infatti, a Sao Carlos e Prata, vengono prodotte ben 1 milione e mezzo di matite sulle 1.800.000 complessive sfornate dalla multinazionale ogni anno. Vengono piantati annualmente circa un milione di semi che assicurano un continuo rifornimento di alberi, generando così 20 metri cubi di legname all'ora. Nel 1999, le piantagioni di Prata hanno ottenuto la certificazione del Forest Stewardship Council (Fsc). Per colorare il legno non vengono utilizzati solventi tossici ma vernici a base di acqua, più sicure anche per i bambini che mordicchiano le matite. E così l'azienda ha rappresentato gli industriali tedeschi alla conferenza mondiale sull'ambiente di Johannesburg.

I Faber-Castell hanno avviato progetti innovativi nel campo sociale già nell'Ottocento: costruzione di scuole e appartamenti per i dipendenti, una copertura sanitaria, un asilo nido per i figli dei lavoratori. Nel 2000 è stata firmata con il sindacato tedesco IG Metall la prima Carta sociale nell'ambito dei produttori di articoli per la scrittura: la Faber-Castell deve rispettare nei propri stabilimenti - 369 milioni di euro di fatturato, 15 sedi produttive nel mondo, 18 filiali internazionali, 5 mila dipendenti - le condizioni di lavoro previste dalla norma internazionale SA8000 e dall'ILO. No dunque al lavoro forzato, al lavoro minorile e alle discriminazioni; pari opportunità per tutti i lavoratori, diritti sindacali, condizioni di sicurezza e igiene, garanzia di un minimo salariale. Ogni due anni, IG Metall e Ifbww (federazione mondiale dei lavoratori del legno) compiono ispezioni nelle fabbriche della matita.

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