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La guerra mediatica
- Subject: La guerra mediatica
- From: "giuseppe scano" <giuseppe_scano at hotmail.com>
- Date: Sun, 8 Sep 2002 14:16:17 +0200
articolo apparso su il domani di bologna del 6 settembre 2002 Sui fronti della guerra mediatica la piovosa estate che stiamo per lasciarci alle spalle è stata caldissima. Prima di addentrarci sui campi di battaglia vediamo cosa è plausibile intendere con l'idea di guerra combattuta con antenne televisive e carta stampata. 1) E' una lotta di potere tra élite che tendenzialmente esclude la partecipazione popolare se non sotto forma di pubblico o folla da stadio. La società è la grande emarginata pur essendo il suo controllo la posta in gioco dell'intero conflitto. 2) La Tv generalista è l'arma comunicativa più potente. Possederla significa essere dotati di una forza che: orienta l'opinione pubblica; condiziona le scelte elettorali; contribuisce in maniera decisiva alla conquista del potere politico. 3) Informazione, propaganda e pubblicità sono ormai un intreccio finalizzato a fare della comunicazione un tutt'uno con il pensiero unico dell'attuale neo-liberismo. 4) La guerra mediatica non nasce per moto proprio ma corrisponde alla guerra economica che negli ultimi 20 anni ha prodotto: la restaurazione del potere assoluto del capitalismo sulla società; la precarietà di molti e la ricchezza di pochi. 5) A differenza dei rapporti di dominio immediati e materiali sul luogo di lavoro il potere della Tv è autoreferenziale. Genera di continuo nuovo potere ma con una particolarità: è immateriale, sublimato dagli spettatori, invisibile, non localizzabile perché è ovunque, dentro e fuori lo schermo. Fatto il punto teorico vediamo casa accade sul campo. Tv & calcio. E' stato il romanzo agostano. Club e Rai hanno trattato per settimane sui diritti di trasmissione delle partite. E a tutt'oggi non hanno raggiunto un accordo economico. Intanto il campionato è slittato di due settimane. Un dramma nazional-popolare che ha fatto versare alla stampa italiana fiumi d'inchiostro. E tifosi/non tifosi hanno percepito "in chiaro" che il calcio è ormai solo affarismo. Ma sul piano politico risvolti non sono solo negativi: proprio perché in crisi il calcio favorisce le ascese di uomini anticrisi, nuovi narratori alla Berlusconi, presidente del Milan e proprietario di Tv commerciali. Rai 3/Mtv. Rai3 prosegue nel suo malinconico declino. Programmi scadenti, palinsesti traballanti, film interessanti relegati nel cuore più profondo della notte. Trend negativo anche per MTv. Il canale che ha creato la videogeneration è stato colonizzato dalla pubblicità ed è precipitato nel baratro di programmi banali condotti da oche giulive e bellocci dall'italiano stentato che intervistano la star di turno ansiosa di vendere il più possibile. Terrorismo. E' la fiaba più recente con la quale le élite al potere manipolano globalmente l'opinione pubblica. Un esempio: il falso scoop della Cnn sul ritrovamento in Afghanistan di 64 videocassette appartenenti a Bin Laden. Quotidiani e TG si sono sperticati nel mostrare le immagini di un cagnolino-cavia utilizzato per testare armi chimiche. Come non commuoversi? Si è trattato di un'operazione bellica di tipo non militare che ha l'obiettivo di fomentare paura collettiva e giustificare future guerre. Altri fronti in ordine sparso: Auditel fornisce dati inventati sul numero di spettatori delle trasmissioni TV; i media indipendenti si difendono sul Web dalle campagne intimidatorie di Panorama (di proprietà di Berlusconi) che equipara l'informazione alternativa al terrorismo; Assolombarda, in tandem con i Carabinieri (buoni d'animo e altruisti nei serial televisivi), scheda i lavoratori che scioperano e si perquisiscono le abitazioni di giornalisti che indagano dove non devono indagare; Sciuscià, il talk-show non allineato all'idea televisiva di Berlusconi, è stato soppresso dalla Rai. Conclusione: per la maggioranza dei cittadini le uniche eredità della guerra mediatica sono lutti e devastazioni. Il lutto di una democrazia sempre più zoppa. Le devastazioni di una cultura di massa sempre più mediocre. L'abbassamento di qualità di film, fiction, musica leggera, dell'informazione e dello stesso calcio è il segno di una crisi della civiltà capitalistica che ha ormai tagliato di netto le sue radici liberali. Patrizio Paolinelli
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