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lettera al Corriere del Giorno: perché la mia bandiera della pace rimane al balcone
- Subject: lettera al Corriere del Giorno: perché la mia bandiera della pace rimane al balcone
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti@peacelink.it>
- Date: Fri, 02 May 2003 18:20:32 +0200
Lettera al Corriere del Giorno
Gentile Direttore,
vorrei scrivere a proposito delle bandiere della pace che ancora sono sui
balconi, a Taranto come il altre città. Molti si chiedono: dobbiamo
continuare ad esporre le bandiere della pace?
Prima di dare una mia risposta, proverò a ragionare sull'esperienza delle
bandiere, sul suo significato e sui risultati ottenuti. Partiamo dalla
domanda: cosa abbiamo ottenuto esponendo la bandiera della pace? La
risposta è sotto gli occhi di tutti. Se l'Italia non è entrata in guerra e
se il presidente della Repubblica ha dovuto far applicare l'articolo 11
della Costituzione - che sembrava essere diventato carta straccia - lo si
deve all'imponente movimento di opinione pubblica che, in forme largamente
maggioritarie, ha detto no alla guerra e che ha esposto le bandiere della
pace rendendo visibile un simbolo che accomunava e non divideva la
maggioranza degli italiani. Nessun soldato italiano è stato ucciso o ha
dovuto uccidere: la bandiera della pace non è stata inutile.
La guerra "vittoriosa" non ha cancellato il merito del movimento pacifista
italiano, riassumibile in una semplice frase: per la prima volta nella
storia dell'Italia la nostra nazione è rimasta al di fuori di una guerra
per la pressione dei cittadini. La flotta della Marina Militare non è
partita da Taranto, nonostante fosse pronta, come è invece accaduto dalla
prima guerra del Golfo (1991) in poi, ossia ogni volta che la Casa Bianca
telefonava al capo del governo italiano.
La guerra "vittoriosa" non ha sconfitto il movimento per la pace perché la
"vittoria" ha confermato tutti i sospetti della vigilia di guerra, ossia
che le reali motivazioni del conflitto non erano quelle proclamate (le armi
di distruzione di massa, il terrorismo, la libertà per il popolo irakeno)
ma quelle nascoste (il petrolio, il predominio nell'area). Abbiamo visto
che le forze militari americane hanno subito occupato i pozzi di petrolio.
I "liberatori" si sono però "dimenticati" che c'erano da difendere anche i
musei, le biblioteche, gli ospedali.
Ora chiediamoci che significato hanno in questo momento le bandiere
dell'arcobaleno e perché in tanti continuiamo a tenerle esposte. Le
risposte possono essere diverse, ma probabilmente molti avvertono
istintivamente che - nonostante le parole di Bush - la guerra non è
realmente finita. Cosa accadrà quando, giorno dopo giorno, gli irakeni
diranno con sempre maggiore insistenza che non vogliono più l'occupazione
americana? E' una domande "pesante" da cui dipende la reazione
dell'opinione pubblica mondiale e da cui dipende anche la persistenza di un
"segnale" di manifestazione e di pressione come quello delle bandiere. Sarà
dunque il popolo irakeno a dirci se dobbiamo ammainare le bandiere della
pace o se dobbiamo continuare a tenerle bene in vista. Ecco perché le
bandiere rimangono e ciò ci spiega perché si vive questa atmosfera surreale
di attesa in cui nessuno sa cosa accadrà domani, se si scenderà in piazza o no.
Che fare nel frattempo? Un aspetto su cui lavorare sodo è quello del
boicottaggio delle aziende che hanno finanziato Bush e hanno contratti con
le forze armate Usa; l'elenco delle aziende è sul sito
http://www.peacelink.it (Campagna "Fuori la guerra dalla tua spesa").
Inoltre occorre mantenere e ampliare i contatti con il popolo della pace
che ha esposto le bandiere, favorendo un protagonismo dei giovani in
particolare. Vogliamo "aprire le porte" a persone nuove, mantenere i
contatti, sviluppare un percorso di reale partecipazione che accolga i
volti di giovani e cittadini sconosciuti. Un nuovo movimento è in
costruzione. Le bandiere alle finestre per ora rimangono ma l'obiettivo è
ora quello di incontrare i volti "dietro" le bandiere. A Taranto abbiamo
pertanto deciso di usare il sito http://www.tarantosociale.org come bacheca
con cui mantenere un contatto con i tanti cittadini che hanno esposto la
bandiera della pace. Chi invece non ha Internet potrà prendere i contatti
con: PeaceLink, casella postale 2009, 74100 Taranto.
Credo che la bandiera della pace continui a rappresentare la "voce" di
un'opinione pubblica "inquieta". Una potenza militare ha vinto ma non ha
convinto. Il potere mondiale dominante ha la forza ma non ha il consenso.
"Di fronte a coloro che ci mostrano i segni del potere, dobbiamo mostrare
il potere dei segni", diceva don Tonino Bello. La nostra bandiera esprime
pertanto un potere alternativo, il potere dei segni che opponiamo ai segni
di un potere che sta programmando un'occupazione militare a tempo
indeterminato e illegale (ai sensi dello statuto dell'Onu). La vittoria non
conferisce legalità. Ora è il popolo irakeno che deve esprimere cosa vuol
fare della propria terra e dei propri pozzi di petrolio. Sarebbe una
tragica conferma di tutti i nostri sospetti di neocolonialismo se il popolo
irakeno - prima represso da Saddam Hussein - venisse ora considerato o
immaturo o incapace o "troppo sobillato" (dall'Iran) per scegliere il
proprio destino. La mia bandiera petranto rimarrà al balcone perché ancora
una volta un popolo - "bombardato e liberato" - rischia di rimanere senza
voce e senza democrazia.
Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it