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lettera al Corriere del Giorno: perché la mia bandiera della pace rimane al balcone



Lettera al Corriere del Giorno


Gentile Direttore,
vorrei scrivere a proposito delle bandiere della pace che ancora sono sui 
balconi, a Taranto come il altre città. Molti si chiedono: dobbiamo 
continuare ad esporre le bandiere della pace?

Prima di dare una mia risposta, proverò a ragionare sull'esperienza delle 
bandiere, sul suo significato e sui risultati ottenuti. Partiamo dalla 
domanda: cosa abbiamo ottenuto esponendo la bandiera della pace? La 
risposta è sotto gli occhi di tutti. Se l'Italia non è entrata in guerra e 
se il presidente della Repubblica ha dovuto far applicare l'articolo 11 
della Costituzione - che sembrava essere diventato carta straccia - lo si 
deve all'imponente movimento di opinione pubblica che, in forme largamente 
maggioritarie, ha detto no alla guerra e che ha esposto le bandiere della 
pace rendendo visibile un simbolo che accomunava e non divideva la 
maggioranza degli italiani. Nessun soldato italiano è stato ucciso o ha 
dovuto uccidere: la bandiera della pace non è stata inutile.

La guerra "vittoriosa" non ha cancellato il merito del movimento pacifista 
italiano, riassumibile in una semplice frase: per la prima volta nella 
storia dell'Italia la nostra nazione è rimasta al di fuori di una guerra 
per la pressione dei cittadini. La flotta della Marina Militare non è 
partita da Taranto, nonostante fosse pronta, come è invece accaduto dalla 
prima guerra del Golfo (1991) in poi, ossia ogni volta che la Casa Bianca 
telefonava al capo del governo italiano.

La guerra "vittoriosa" non ha sconfitto il movimento per la pace perché la 
"vittoria" ha confermato tutti i sospetti della vigilia di guerra, ossia 
che le reali motivazioni del conflitto non erano quelle proclamate (le armi 
di distruzione di massa, il terrorismo, la libertà per il popolo irakeno) 
ma quelle nascoste (il petrolio, il predominio nell'area). Abbiamo visto 
che le forze militari americane hanno subito occupato i pozzi di petrolio. 
I "liberatori" si sono però "dimenticati" che c'erano da difendere anche i 
musei, le biblioteche, gli ospedali.

Ora chiediamoci che significato hanno in questo momento le bandiere 
dell'arcobaleno e perché in tanti continuiamo a tenerle esposte. Le 
risposte possono essere diverse, ma probabilmente molti avvertono 
istintivamente che - nonostante le parole di Bush - la guerra non è 
realmente finita. Cosa accadrà quando, giorno dopo giorno, gli irakeni 
diranno con sempre maggiore insistenza che non vogliono più l'occupazione 
americana? E' una domande "pesante" da cui dipende la reazione 
dell'opinione pubblica mondiale e da cui dipende anche la persistenza di un 
"segnale" di manifestazione e di pressione come quello delle bandiere. Sarà 
dunque il popolo irakeno a dirci se dobbiamo ammainare le bandiere della 
pace o se dobbiamo continuare a tenerle bene in vista. Ecco perché le 
bandiere rimangono e ciò ci spiega perché si vive questa atmosfera surreale 
di attesa in cui nessuno sa cosa accadrà domani, se si scenderà in piazza o no.

Che fare nel frattempo? Un aspetto su cui lavorare sodo è quello del 
boicottaggio delle aziende che hanno finanziato Bush e hanno contratti con 
le forze armate Usa; l'elenco delle aziende è sul sito 
http://www.peacelink.it (Campagna "Fuori la guerra dalla tua spesa"). 
Inoltre occorre mantenere e ampliare i contatti con il popolo della pace 
che ha esposto le bandiere, favorendo un protagonismo dei giovani in 
particolare. Vogliamo "aprire le porte" a persone nuove, mantenere i 
contatti, sviluppare un percorso di reale partecipazione che accolga i 
volti di giovani e cittadini sconosciuti. Un nuovo movimento è in 
costruzione. Le bandiere alle finestre per ora rimangono ma l'obiettivo è 
ora quello di incontrare i volti "dietro" le bandiere. A Taranto abbiamo 
pertanto deciso di usare il sito http://www.tarantosociale.org come bacheca 
con cui mantenere un contatto con i tanti cittadini che hanno esposto la 
bandiera della pace. Chi invece non ha Internet potrà prendere i contatti 
con: PeaceLink, casella postale 2009, 74100 Taranto.

Credo che la bandiera della pace continui a rappresentare la "voce" di 
un'opinione pubblica "inquieta". Una potenza militare ha vinto ma non ha 
convinto. Il potere mondiale dominante ha la forza ma non ha il consenso. 
"Di fronte a coloro che ci mostrano i segni del potere, dobbiamo mostrare 
il potere dei segni", diceva don Tonino Bello. La nostra bandiera esprime 
pertanto un potere alternativo, il potere dei segni che opponiamo ai segni 
di un potere che sta programmando un'occupazione militare a tempo 
indeterminato e illegale (ai sensi dello statuto dell'Onu). La vittoria non 
conferisce legalità. Ora è il popolo irakeno che deve esprimere cosa vuol 
fare della propria terra e dei propri pozzi di petrolio. Sarebbe una 
tragica conferma di tutti i nostri sospetti di neocolonialismo se il popolo 
irakeno - prima represso da Saddam Hussein - venisse ora considerato o 
immaturo o incapace o "troppo sobillato" (dall'Iran) per scegliere il 
proprio destino. La mia bandiera petranto rimarrà al balcone perché ancora 
una volta un popolo - "bombardato e liberato" - rischia di rimanere senza 
voce e senza democrazia.

Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it