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i compiti del movimento per la pace a Taranto dopo la fiaccolata del 5 marzo



Comunicato stampa

         tarantosociale

La fiaccolata e il digiuno, in piazza della Vittoria “della Pace”, hanno 
costituito un momento emblematico nel cammino di costruzione di un ripudio 
totale nei confronti di ogni guerra. Santa, giusta, preventiva che sia. La 
minaccia di un olocausto dell’intera umanità rimane tuttavia incombente. E’ 
follia pensare che le bombe colpiranno solo l’Iraq, che i lutti e la fame 
riguarderanno solo Paesi lontani. I costi di una guerra, che deve ancora 
prendere ufficialmente il via, hanno già ottenuto accesso ai nostri bilanci 
familiari. I ticket nella cura della salute continuano a crescere. La 
scuola non può ottenere quelle risorse economiche necessarie per un suo 
efficace funzionamento. Le tasse devono essere congruamente dirottate nel 
mantenimento di contingenti militari in giro per il mondo per la 
salvaguardia dei valori della civiltà e della democrazia. Basterebbe 
costruire scuole, ospedali, fabbriche in quei Paesi che producono rabbia, 
rancore e odio con le forme del terrorismo. Certamente occorrerebbero meno 
risorse economiche. Le guerre costano di più e generano indicibile odio. 
Chi semina odio si tenga pronto a raccogliere  distruzione e morte. Ecco 
perché da piazza della Vittoria “della Pace” ripartiamo per un nuovo 
faticoso tratto di strada con l’obbiettivo di portare il nostro granello di 
sabbia utile alla costruzione della Pace. Un cammino necessariamente 
condiviso, comune ad altri costruttori di pace. Ma perché si realizzi 
questa comune unione è necessaria la convergenza di più soggetti sociali. 
La scuola. La Chiesa. I media. Le tre agenzie capaci di mobilitare le 
coscienze.

La scuola. Se il mondo di domani sarà migliore lo sarà perché nelle scuole 
saranno poste le premesse per una formazione dell’uomo profondamente 
diversa da quella odierna. La cultura della competizione, della negazione 
della solidarietà e della fratellanza trova il suo incubatore nella scuola. 
Ai giovani vanno fatti pervenire messaggi dell’esistenza di una via diversa 
dall’attuale. L’arricchimento e lo sfruttamento dei popoli più deboli ci 
hanno portato al terrorismo. Alla ribellione cruenta dallo sfruttamento e 
dalla rapina delle risorse. Non è più possibile dilazionare le scelte. 
Siamo al punto di non ritorno. O consentiremo una vita dignitosa ai popoli 
meno ricchi e rispetteremo gli equilibri ambientali oppure dovremo 
prepararci a tempi molto difficili.

La Chiesa. Giovanni Paolo II ha dimostrato una determinazione che in 
passato non è stata registrata dagli storici. Se la Chiesa Cattolica saprà 
indicare con determinazione la via della fratellanza e della solidarietà 
sconfessando ogni guerra, anche le altre chiese dovranno fare propria una 
scelta di coerenza. Non può una fede benedire una guerra. E’ una 
contraddizione in termini. Non può un Dio santificare la morte di bambini, 
donne e anziani. Una ferma presa di posizione delle Chiese  di qualsiasi 
religione dovrà necessariamente consentire una rivisitazione delle ragioni 
che spingono ad un conflitto. Grandi passi ne conseguiranno sulla via del 
superamento delle divisioni religiose che si prestano come paravento per 
gli integralismi. La Chiesa quindi sia quel che è nel suo dna. Una centrale 
di Pace e di fratellanza tra i popoli. Chi invece lavora alla costruzione 
delle guerre possa percepire la piena e assoluta condanna della 
Chiesa.   <?xml:namespace prefix = o ns = 
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I media. E’ decisivo il ruolo dell’informazione. Si vincono o si perdono le 
guerre con una buona strategia comunicativa. La “propaganda”, come la 
chiamavano prima, svolge un ruolo determinante nella formazione dei 
convincimenti, della determinazione dell’opinione pubblica. Ma la stampa 
italiana non ha dimostrato grande vigore pacifista. Troppo sensibile alle 
provvidenze governative. Qualche giornalista locale ha sottolineato la 
gracchiante amplificazione della manifestazione di piazza della Vittoria 
“della Pace”. Dimenticando imperdonabilmente che con i soldi si fa la 
guerra. Senza soldi si reclama la pace e si può disporre solo di 
gracchianti sistemi di amplificazione. Una manifestazione cui hanno aderito 
partiti anche forti economicamente, e di questo rendiamo pubblicamente 
merito, ma che era frutto dell’organizzazione e del lavoro di 
un’aggregazione pacifista senza risorse economiche come tarantosociale. E 
di ciò andiamo orgogliosamente fieri. Ma questo episodio è illuminante. E’ 
necessario e urgente dotarsi di autonomi canali controinformativi. C’è una 
rete pacifista internazionale che è in possesso di cognizioni e di elementi 
che aspettano solo di essere conosciuti. Certamente non troveranno via 
libera sui media che devono attingere risorse dalla Coca Cola, dalla 
Nestlé, dalla Esso. E’ importante quindi costituire reti informative 
alternative. Dalla nostra abbiamo tecnologie a basso costo che possono 
veicolare informazioni con maggiore efficacia di quanto non possa farlo una 
televisione commerciale. E’ necessario però che noi per primi ci crediamo 
con tutte le nostre forze e la nostra volontà.

Giovanni Matichecchia