[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

periferie: idee per migliorare la vivibilità



Giovanni Matichecchia

                    
PERIFERIE              
Idee per la vivibilità

Attraverso l’evoluzione dell’abitare
è possibile ricostruire la storia delle comunità umane,
del loro modo di pensare,
della loro situazione sociale ed economica.
Paolo Portoghesi

Periferie
Idee per migliorarne la vivibilità

Con i Progetti Urban II e il Contratto di Quartiere Salinella Taranto sembrerebbe sufficientemente attrezzata, dal punto di vista finanziario, per avviare e forse per vincere il degrado delle periferie e del centro.
Appare opportuno specificare preliminarmente la tipologia del degrado in cui versano i quartieri interessati agli interventi di miglioramento delle condizioni socio economiche oltre che urbanistiche. Si tratta infatti di condizioni di degrado profondamente diverse, tutte abbisognevoli di interventi capaci di restituire piena vivibilità ai cittadini residenti e, complessivamente, all’intera città. Così mentre il quartiere Tamburi evidenzia un preoccupante livello di inquinamento ambientale che lo soffoca economicamente e socialmente (interventi sono previsti dal recente accordo con l’ILVA), Isola Porta Napoli deve risolvere antichi problemi di ripristino delle minimali condizioni abitative e di vita. Il Borgo, pur con una rete commerciale ed economico-finanziaria ragguardevole, mostra evidenti segni di abbandono da parte dei suoi residenti a vantaggio di altri insediamenti abitativi periferici. Il quartiere Salinella risulta afflitto da un processo di crescita urbana non accompagnato da quelle opere capaci di strapparlo alla condizione di quartiere dormitorio e di transito.
Non interessato da alcun consistente intervento e tuttavia abbisognevole di decisive opere di miglioramento appare il quartiere Paolo VI fortemente degradato in alcuni agglomerati. Di recente è stata compiuta la scelta di insediarvi un consistente pezzo della macchina amministrativa comunale. Non appare trascurabile la necessità di un processo di riqualificazione urbana dello stesso quartiere di Talsano. A ben guardare, Taranto è il risultato di una gamma di quartieri che validamente rappresenta il percorso storico dell’insediamento urbano dell’uomo. Dalla Città vecchia, a Talsano (insediamento preindustriale), al Borgo, alle torri di Solito Corvisea.
Problemi e aspettative diverse che vanno ricondotte ad unità. L’obbiettivo è una città a dimensione d’uomo. Nessun intervento parziale destinato a questa o quella realtà di quartiere restituirà a questa città un livello di vivibilità accettabile. Finché ci saranno aree degradate tutta la città sarà una città degradata. E’ fin troppo facile la trasposizione di alcuni temi meridionalistici. Quante volte abbiamo detto che il Meridione non è solo problema degli abitanti del Sud ma problema dell’intero Paese.     
Siamo infatti tutti convinti che un Paese con forti aree di arretratezza non può avviare pienamente il proprio sviluppo e liberare le proprie potenzialità economiche e sociali. Identico discorso va fatto per Taranto. Lo sviluppo socioeconomico di Taranto non potrà mai dirsi correttamente orientato finché sopravviveranno zone di arretratezza e di degrado sociale.
All’Amministrazione Comunale quindi il non facile compito di realizzare una regia attenta e scrupolosa  capace di far fare un passo avanti a tutta la città. Un passo avanti alle generali condizioni di vita, a quella vivibilità cui tutti guardiamo.






Lo sviluppo socio economico

Il nodo da sciogliere è quello dello sviluppo economico. Su questo si innesterà, secondo consolidati criteri, anche lo sviluppo sociale. Bisogna, in altre parole, innervare economicamente le periferie. Facile a dirsi, problematico a realizzarsi. Almeno finché commercianti e istituzioni conserveranno logiche di sviluppo individualistiche. Nessun commerciante batterà mai la grande distribuzione che rimarrà così punto di crescente riferimento dei consumatori. Può essere avviato un nuovo discorso se gruppi di commercianti daranno vita a nuove aggregazioni capaci di assicurare risposte ai bisogni dei consumatori per qualità e prezzi. Le amministrazioni pubbliche sono chiamate a favorire questo tipo di sviluppo fungendo da raccordo, insieme alle associazioni di categoria, snellendo procedure e permessi per le aggregazioni di commercianti o addirittura incoraggiandole. Pur conservando la propria autonomia e specificità, nulla vieta che dieci, venti diverse specialità merceologiche si raggruppino lungo un isolato ed offrano una gamma di prodotti di qualità a prezzi competitivi approvvigionandosi dalle grandi catene commerciali nazionali. Verrebbe così realizzato un supermercato di fatto con attività commerciali autonome ma concertate e calibrate sui bisogni dei consumatori. La logica potrebbe essere anche quella del microdistretto economico. In tal senso potrebbe nascere il microdistretto dell’artigianato di riparazione. Nel quartiere Salinella ad esempio potrebbero nascere tante piccole botteghe artigianali, raggruppate ma autonome, di commercializzazione e riparazione di articoli sportivi, considerato l’orientamento urbanistico del quartiere nel quale si concentrano impianti sportivi di varia tipologia.
In altri quartieri potrebbe nascere il microdistretto commerciale dell’abbigliamento, delle scarpe, etc..
Una siffatta organizzazione, nelle periferie,  produrrebbe risposta anche a quella domanda di sicurezza avanzata dai cittadini e dagli stessi commercianti.
Tutto ciò probabilmente non produrrà risultati capaci di modificare gli attuali equilibri occupazionali. L’elevato numero di disoccupati non potrà trovare risposta nella modesta rete di attività commerciali o artigianali. C’è invece una strategia di lungo termine capace di modificare gli attuali equilibri occupazionali attraverso l’adozione di elevati standard di qualità. Si tratta, con altre parole, di introdurre criteri nuovi di produrre e di proporsi al mercato. Processi capaci di dare buoni frutti come ha dimostrato l’esperienza tedesca e giapponese. E’ indubbio che un siffatto processo presuppone politiche di respiro nazionale. E tuttavia nulla vieta che già in riva allo Ionio alcune realtà produttive e la stessa pubblica amministrazione avviino un processo di attenzione alla qualità dei prodotti e dei servizi. Non accadrà nulla sul piano occupazionale se il fenomeno non sarà oggetto di politiche del lavoro su vasta scala ma Taranto avrà fatto dei passi avanti nella cultura del nuovo modello produttivo. Entrare in un ufficio comunale, in un ospedale, in un ambulatorio, in una sede dell’istituto per le pensioni e trovare un modo nuovo di lavorare e di offrire servizi avrebbe una indubbia valenza pedagogica sul modo di guardare al lavoro e ai criteri della produttività.







I giovani e il futuro

Un intervento urgente riguarda le giovani generazioni. Quartieri come Salinella, Paolo
VI e Tamburi mortificano drammaticamente la condizione giovanile. Se si esclude il ruolo delle istituzioni scolastiche e delle parrocchie a questi giovani non viene offerto altro. Peraltro non tutte le parrocchie offrono una interessante attività parrocchiale come non tutte le scuole sembrano in grado di dare risposte complessive. Per molti giovani di periferia è ordinaria consuetudine strutturare una sorta di “ostilità sociale”. Come la città guarda negativamente loro, così loro guardano con ostilità la città. Ogni giovane dovrebbe invece avere una gamma di opportunità. Gamma di opportunità fa venire in mente dovizia di risorse. Ciò è vero ma non sempre indispensabile. Se la scuola e la parrocchia decidono di assumere un ruolo diverso, di assolvere alla istitutiva funzione socio-educativa, non sono necessarie grandi risorse. Perché la Chiesa, la casa di Nostro Signore, non può diventare luogo di riflessione e di esercitazioni intorno alle arti. Perché i giovanetti non possono avvicinarsi alla buona musica nella casa del Signore. Perché non ascoltare le buone letture nella Chiesa. Certo, sono pochi i giovani che hanno voglia di ascoltare buona musica, poesie, valide lettura. Altrettanto certamente però finché non ci saranno occasioni capaci di stimolare la minoranza dei giovani, anche questi correranno nelle discoteche, negli anonimi ambienti dove la maggioranza dei giovani trova rifugio. Il vero freno è costituito dai luoghi di aggregazione. Nel passato la strada era maestra di vita. Oggi molti ragazzi non si affacciano mai veramente su una realtà sociale se si esclude la scuola e il servizio militare. Offrendo ai giovani nuovi spazi sarà forse possibile una ripresa del sociale. Il resto può farlo egregiamente il Volontariato, quello con la maiuscola.
Oggi la scuola è come lo stadio, uno spreco. Uno stadio viene pensato e costruito per una partita di 90 minuti in un arco di 14 giorni. Per 13 giorni rimane inutilizzato, se si escludono poche ore di allenamento. Anche la scuola, come lo stadio, deve poter essere utilizzata pienamente. Il pomeriggio deve diventare centro di educazione alla creatività, alla socialità, all’educazione artistica, alla pratica sportiva non agonistica.
Oggi in una classe di scuola elementare compresenziano anche tre insegnanti. Spesso però sono dedicati esclusivamente all’attività curriculari. La vita è esercizio molto più complesso. La scuola finisce per essere maestra del leggere dello scrivere e del far di conto ma non maestra di vita.
Le attività della vita, la quotidianità devono trovare spazio e rappresentazione nella scuola attraverso i genitori dei giovanetti che, a turno, possono essere invitati a parlare delle loro attività professionali. Ci sarà così il padre che racconta che cosa significa fare l’impiegato comunale e il padre che racconta cosa significa fare il commerciante. Nella pratica quotidiana. Non è escluso che a queste conversazioni possano partecipare, in veste di ascoltatori, anche altri genitori. Analoghi interventi, ad un più alto grado di complessità, possono essere realizzati nella scuola media e nelle scuole superiori.
Ancor oggi la scuola conserva i limiti individuati circa quaranta anni or sono da Don Milani. Molti insegnanti affermano di non potersi fare carico dei culturalmente svantaggiati. “Io devo preoccuparmi della maggioranza ordinariamente attrezzata”. Questo significa condanna senza appello per molti ragazzi delle periferie che si avvicinano alla scuola senza un retroterra di sostegno culturale familiare. Nella suola dovrebbero poter entrare le mamme di quei ragazzi “ordinariamente attrezzati” per fungere da sostegno nei confronti dei ragazzi meno fortunati. La ragione sta nel fatto che il proprio figlio si giova della presenza del compagno meno fortunato. Anche il






ragazzo meno fortunato è portatore di una sua cultura. Cultura che diventa arricchimento per i più fortunati. Se invece questi ragazzi meno fortunati vengono espulsi o emarginati anche i ragazzi più fortunati vengono depauperati di conoscenze e di quotidianità di vita. Le mamme, inoltre, darebbero un grande messaggio e un grande insegnamento ai propri figli. Un messaggio di amore e di attenzione per i meno fortunati. Più che un messaggio, una testimonianza viva. Un esemplare comportamento per il proprio figlio. Ma la scuola deve aprirsi. Prima fra tutte la scuola delle periferie. Deve accogliere e rielaborare il disagio e la sofferenza sociale. 
La scuola tradizionale ci ha consegnato la cultura della pratica sportiva agonistica. Campionati, gare, duri allenamenti, il primeggiare sugli altri. Niente di più sbagliato. Ci serve una cultura del benessere fisico, dell’esercizio fatto per stare bene e per conservare buone condizioni di salute. La scuola, nelle attività di doposcuola, deve correggere e integrare la cultura della competizione.
Va realizzata una vera e propria promozione della pratica sportiva non agonistica.
Quartieri come Paolo VI e Salinella e parzialmente anche Tamburi possono contare su ampie distese di spazi più o meno abbandonati che potrebbero essere riciclati a campetti di calcio o a percorsi di ciclocross o a campi di giochi di squadra all’aperto. Le società di promozione sportiva dovrebbero attrezzarsi per la gestione delle attività all’aperto. Stiamo parlando di attività capaci di innestare anche occasioni occupazionali temporanee o stagionali.
In altre realtà vengono sistemate a campi di calcio alcune zone periferiche. Si tratta di campi in terra battuta e di alcuni pali con traversa che fungono da porta. La spesa non è proibitiva e consente a numerose squadre di disputare varie partite di calcio. Le stesse società di promozione sportiva potrebbero consorziarsi e acquistare il necessario, utilizzandolo a turno. Altrettanto poco è necessario per realizzare piste di ciclocross. Percorsi per la corsa campestre possono essere facilmente attrezzati. Se tutto ciò avviene in prossimità di un impianto sportivo nulla vieta di pensare ad una tariffa per usufruire di un parcheggio custodito e della doccia.
Bisogna intanto interrogarsi sulla assenza di politica impiantistica per le attività ludico ricreative e sportive. Sul come riescano invece alcuni comuni della provincia ad avere cospicui finanziamenti per realizzare una impiantistica invidiabile. Gli organismi sportivi istituzionali dovrebbero semplicemente e banalmente preoccuparsi di imitare quelle realtà che hanno dimostrato di conoscere le modalità per accedere ai finanziamenti del credito sportivo.

Le scuole e la pulizia.

Sono le scuole la prima e più significativa palestra di vita, di esercitazione per comportamenti e abitudini che strutturiamo e che diventano quotidianità. Nelle scuole deve nascere la cultura e l’attenzione per la pulizia. Per la pulizia della propria classe. L’attenzione dell’insegnante che deve sollecitare affinché la classe venga abbandonata nell’ordine e nella pulizia. E’ necessaria la continuità tra i comportamenti domestici e scolastici e pertanto anche le famiglie devono essere sensibilizzate sulle nuove politiche e le nuove strategie di perseguimento della pulizia.







I bambini possono dimostrare come si tiene pulita la città. Ogni scuola dovrebbe istituire un consiglio dei ragazzi che si occupa del problema della pulizia e dei sui riflessi sull’igiene curando soprattutto l’individuazione dei bisogni (con l’aiuto di insegnanti e genitori). Ogni scuola adotterà una via che sarà sorvegliata e tenuta pulita (gli interventi ordinari (carte e rifiuti) possono essere raccolti con apposite pinze, gli interventi straordinari vengono effettuati dall’Amiu su chiamata). Il tratto di strada potrà essere opportunamente abbellito con fiori e piante (a cura della scuola). Lo stesso tratto di strada potrà essere utilizzato per giochi all’aperto con la collaborazione degli anziani che fanno sorveglianza davanti alle scuole. Si tratta di restituire il senso di responsabilità  nell’igiene, nell’uso della strada e di ciò che è pubblico.   

Il ruolo del consiglio circoscrizionale


Oggi il Consiglio circoscrizionale è la sede degli scontri politici tra minoranze e maggioranze che scimmiottano la cultura e gli atteggiamenti dei grandi centri amministrativi e di potere politico. Hanno scarsi poteri e competenze eppure litigano come e più dei loro agognati modelli. Il Consiglio circoscrizionale deve dotarsi di altra logica e di altra cultura. La cultura del servizio. Chi viene eletto in Consiglio circoscrizionale, se può, rifugga dall’atteggiamento del vigilante che denuncia, pur di apparire sui giornali, e adotti, se può, il ruolo del cittadino che, a turno con gli altri consiglieri, rimane a disposizione della comunità. Di recente in un piccolo comune rivierasco gli amministratori hanno preso ramazze e badili e hanno pulito le spiagge. In città basterebbe un palco in una piazza cittadina per invitare i ragazzi nelle lunghe calde serate estive a realizzare attività ludiche e recitative con, a turno, un consigliere circoscrizionale che vigila sul buon andamento e pronto a collaborare con i gruppi di volontariato e parrocchiali. Una figura istituzionale che si mette a disposizione dei ragazzi e della intera collettività. Non che oggi manchino i lodevoli esempi e l’abnegazione di questo o quel  consigliere. Sono tuttavia l’eccezione e non la regola.
Il Consiglio circoscrizionale può inoltre diventare modello di amministrazione. Proprio perché ha un bilancio limitato, la Circoscrizione deve rendere conto mensilmente delle spese che vengono effettuate magari su un sito Internet di modestissima spesa. Oltre ad essere un raro esempio di vera trasparenza, la pubblicizzazione periodica dei bilanci ha una indubbia valenza di apertura alla partecipazione dei cittadini che potrebbero così chiedere spiegazioni sulle modalità con cui vengono spesi i soldi della comunità. E chissà che un simile esempio non venga seguito anche da altre piccole realtà che veramente vogliono riavvicinare i cittadini alle comunità di appartenenza.

La salute e l’organizzazione dei servizi sanitari.

Il quartiere Salinella, come tutti quartieri periferici, è particolarmente svantaggianto nei servizi in genere e nei servizi sanitari in particolare. Così mentre nel quartiere si registrano due ragguardevoli insediamenti privati (Villa Verde e Bernardini) ai cittadini della Salinella viene negata ogni forma di presenza della realtà pubblica. Nel recente passato era insediato un Consultorio poi trasferito a via Lazio.



Un recente accordo con l’AUSL ripropone la presenza del Consultorio e di un Ufficio in grado di offrire informazioni e prenotazioni. Il suggerimento che si propone è quello di una migliore coesistenza tra pubblico e privato. Nell’attesa, già da ora, nelle strutture private potrebbero trovare ospitalità alcuni operatori pubblici che mediante collegamento telematico sono in grado di dare risposte ai cittadini in fatto di prenotazione di visite specialistiche.
E’ estremamente importante che il Consultorio svolga il proprio ruolo all’interno di un quartiere di periferia. La grave crisi della famiglia italiana ha duri riverberi nelle realtà economicamente problematiche e laddove la disoccupazione produce i frutti più aspri. La famiglia va sostenuta con iniziative capaci di migliorare la capacità di ricerca di occupazione. La realizzazione di una Banca del Tempo potrebbe essere di aiuto alle famiglie che hanno bisogno di maggiore autonomia e tempo per cercare nuove sia pure provvisorie e limitate capacità di lavoro. Quando in una famiglia non vi sono entrate anche le piccole occupazioni diventano un sollievo. Proprio per questa ragione presso ogni Circoscrizione dovrebbe nascere uno sportello dei piccoli lavori occasionali. Una sorta di sportello informazioni sulle piccole possibilità di lavoro che gli stessi cittadini del quartiere mettono a disposizione con una telefonata magari anche attraverso le associazioni di volontariato. Uno sportello informazioni capace di organizzare piccole cooperative sulla base di una idea di lavoro da perseguire in forma associata.
La più recente legislazione prevede una partecipazione alla spesa sociosanitaria anche per le amministrazioni comunale. Più precisamente si tratta delle spese per quegli aspetti assistenziali spesso erogati in concomitanza con una prestazione sanitaria (le ausiliarie che offrono assistenza si disabili nelle scuole). A ben guardare alcuni servizi sociali sono prevenzione di vere e proprie patologie. Offrire un intervento di socializzazione degli anziani non è molto lontano da una vera e propria azione preventiva di alcune patologie, effetto di quella sindrome depressiva che si instaura quando è la solitudine a farla da padrona. Quindi si interviene in una dimensione sanitaria oltre che in quella sociale nel momento in cui si realizzano interventi per gli anziani. Va creata una Banca del Tempo. Come risposta ai problemi di solitudine degli anziani. Molti anziani vorrebbero recarsi in visita ai propri coetanei. Non possono farlo per mancanza di adeguato aiuto

Il problema dei problemi è la partecipazione.

Il ’68 ci ha consegnato il mito della partecipazione. Nessuno è riuscito ad incarnare la partecipazione. E’ fallita nelle scuole, nelle fabbriche, nella sanità. Resiste un’approssimativa esperienza nei quartieri. Di vero decentramento non si può parlare neanche dopo la stesura del nuovo Regolamento varato dal Comune di Taranto. Va complessivamente ripensata la partecipazione. Nel passato partecipare ha significato sostanzialmente il diritto ad essere ascoltati, ad esprimere la propria opinione, in virtù di una contribuzione alla spesa pubblica mediante tasse e imposte.
La partecipazione potrebbe non essere più questa, potrebbe essere molto di più, considerato che chi governa non è disposto ad ascoltare chi non è disponibile ad accettare le responsabilità che scaturiscono dalle decisioni.
Partecipazione dovrà divenire, sempre più, coinvolgimento responsabile. Partecipare alle azioni  assumendosi la responsabilità di alcune scelte fatte collettivamente.



E’ un grande salto di qualità per la mentalità dei tarantini e dei meridionali in genere votati all’individualismo, risultato di una atavica diffidenza verso gli altri.  Proprio per favorire la partecipazione dovrebbe nascere un collegamento nuovo tra Circoscrizione e Associazioni di volontariato. Le associazioni di volontariato proprio perché prive di pastoie burocratiche potrebbero essere il primo filtro verso le Circoscrizioni. In altre parole, ad esempio, dovrebbero poter raccogliere le richieste di certificazioni anche a mezzo telefono cosa che la Circoscrizione non può fare. Gli associati delle varie associazioni proprio perché conoscono il diretto interlocutore dell’associazione potrebbero avanzare in maniera informale una serie di richieste che l’Associazione si fa carico di garantire nel rapporto con la Circoscrizione. Tutto ciò avvicinerebbe i cittadini alle istituzioni perché nelle associazioni troverebbero quelle risposte e quelle spiegazioni che burocraticamente non possono essere offerte.
I consigli circoscrizionali devono poter dare e ricevere informazioni anche mediante le associazioni di volontariato. La necessità di monitorare la città è una esigenza reale. Una sorta di monitoraggio istituzionale viene compiuto dai consigli circoscrizionali, dalle maggioranze e dalle minoranze. Si tratta di incoraggiarle nella giusta direzione per renderle fruibili, perché divengano indicazioni operative o spunto progettuale. In sostanza dovrebbe essere istituzionalizzata la presenza di un collaboratore dell’Assessorato alle Periferie in seno ai lavori di ogni consiglio circoscrizionale. Questa presenza proporrebbe e raccoglierebbe proposte che verrebbero rielaborate, concertate e ricondotte ad un unitario disegno di miglioramento dell’intera città. I lavori quindi dovrebbero non essere fatti tutti nello stesso giorno e le date dovrebbero essere riportate su un calendario telematico facilmente accessibile da un sito internet o da una pagina del sito ufficiale del comune. Ogni consiglio circoscrizionale potrà così scegliere la data tra quelle libere.

I problemi abitativi della  Salinella

La Salinella è un quartiere con gravi problemi abitativi. Emblematici sono gli scheletri di palazzi abbandonati da oltre quarant’anni. Taranto ha sempre avuto fame di case. Di recente il Prefetto ha invitato i proprietari di case sfitte a metterle a disposizione di quei cittadini per i quali è imminente uno sfratto. L’Istituto Autonomo delle Case Popolari non sembra, al momento, in grado di risolvere i problemi della Salinella, dei Tamburi e Paolo VI.

Progetto: Le periferie e l’igiene

L’influenza dell’ambiente sulla qualità della vita.
Gli esseri umani stanno scegliendo di rendere il mondo un posto sempre più inquinato. Il genere di economie che abbiamo scelto sono quelle che producono grandi quantità di elementi inquinanti. Taluni vengono considerati inevitabile prezzo da pagare al progresso, altri sono assolutamente evitabili o, quanto meno, comprimibili. Riguadagnare il mondo significa modificare cultura e comportamenti. I giovanissimi, è noto, risultano più disponibili al cambiamento. Abbiamo bisogno di una concezione nuova del tempo e dello spazio (è libero chi ha sufficiente spazio per viverci e tempo da dedicare a se stesso). Lo spazio deve essere un invito alla vita. Uno spazio sporco e inquinato orienta al dissenso, alla violenza. Il tempo deve parlare di vita e non di nevrosi, di accelerazioni e di crolli.




La filosofia dell’intervento.
Negli anni passati sono state realizzate numerose iniziative di sensibilizzazione della cittadinanza intorno al tema dell’igiene urbana. Si è trattato di interventi dall’alto del tipo: cerca di essere più pulito. Queste campagne non hanno modificato le nostre abitudini e i nostri comportamenti. Si rende sempre più necessario un comportamento sostenuto da motivazioni. Da norme sentite interiormente. La norma viene interiorizzata allorché se ne avvertono e se ne comprendono i benefici. Si tratta quindi di mostrare i benefici e i risultati che può produrre un dato comportamento. Finché non ci sarà una salda motivazione si adotteranno comportamenti epidermici, destinati a dissolversi in assenza di risultati. Quindi bisogna produrre risultati e bisogna che a produrli siano i cittadini, i bambini, gli anziani. Il ruolo dell’istituzione non potrà limitarsi a produrre indicazioni e suggerimenti. E’ indispensabile un sostegno concreto capace di offrire gli strumenti necessari.

La partecipazione dal basso.
E’ necessario che siano i cittadini ad avvertire l’urgente bisogno di maggiore pulizia. Questo bisogno di pulizia può essere indotto.
Una campagna di sensibilizzazione potrebbe limitarsi a manifesti che propongono reali situazione di degrado e di mancanza di igiene. Potrebbero andare benissimo le foto dell’ordinaria sporcizia presente qua e là nei quartieri. Quindici giorni di manifesti con sporcizie e cacca dei cani credo che faranno innervosire i benpensanti, i fautori della bellataranto, gli igienisti. In città si deve parlare di questi manifesti che raffigurano solo immondizie e cacca di cani e discariche di inerti.

Lo stadio e la pulizia.
Il pubblico deve essere invitato a lasciare gli spalti puliti, l’organizzazione predisporrà naturalmente quegli accorgimenti che rendono possibile la pulizia: Raccoglitori per lattine, per carte e altro. Ad ogni partita, nello stadio, sarà ricordato il bisogno di maggiore pulizia La pulizia è igiene, l’igiene è salute, la pulizia è salute- a cominciare dallo stato in cui viene lasciato il campo. Lasciare il campo pulito significa avere rispetto per una struttura che ci consente di fruire di un servizio importante per il tempo libero della collettività. Alcune ragazze (hostess), a bordo campo, potrebbero ricordare, nell’intervallo, con quei cartelloni che si usano negli incontri di box, il bisogno di pulizia. Nel cartello potrebbe essere scritto: ricorda al tuo vicino che la pulizia è salute.
 
Il Consiglio comunale, i Consigli circoscrizionali e la pulizia.
Queste assise lasceranno, al termine dei lavori, l’aula consiliare sgombra da rifiuti. Anche qui saranno presenti contenitori per i rifiuti. E’ estremamente importante il messaggio che si invia in questo modo alla comunità. Chiediamo pulizia e siamo pronti a dare l’esempio.

I mercati rionali e la pulizia (gli uomini sandwich).
Nei mercati rionali andranno in giro uomini sandwich che esporranno un cartello di questo tenore. Gli abitanti della piazza si lamentano delle sporcizie abbandonate che rendono l’area impraticabile finché non intervengono gli addetti. Proviamo ad usare i contenitori di rifiuti. Se la piazza sarà più pulita l’amministrazione premierà i bambini accompagnati dai genitori con un piccolo giocattolo.




Conclusioni

Il Sole 24 Ore ha recentemente e sonoramente bocciato la vivibilità della intera provincia di Taranto. Ha bocciato le più recenti realizzazioni (piazza Immacolata) tese a ridare vivibilità a questa provincia e al suo capoluogo? Certamente no. A determinare i giudizi negativi sono le sacche di arretratezza e di degrado sociale e culturale presenti soprattutto nelle periferie. Periferia, ricordiamolo, diventa anche il Borgo quando viene abbandonato per la fatiscenza di alcuni palazzi, per il buio di alcune strade, per la periferizzazione commerciale di alcune aree, per la mancanza di centri dedicati alla cultura (teatro, cinema, librerie (non rivendite di libri), sale conferenze).
La riqualificazione delle periferie è problema di tutti, anche degli abitanti dei quartieri ricchi. La riqualificazione senza il coinvolgimento diretto della gente non è possibile. La partecipazione deve assumere connotazioni socio-politiche nuove. Ciò non avverrà mai se nessuno è disponibile a limitare il proprio piccolo ambito di potere. L’amministrazione comunale deve rendersi conto che non può esserci un potenziamento della qualità della vita se continua a permanere un accentramento di compiti e funzioni sociali e amministrativi.
I quartieri periferici non possono avere la stessa quantità di risorse e di servizi che vengono offerti agli altri quartieri (né vale la suddivisione secondo la spesa pro-capite, vale invece il discorso della gravità del disagio che viene legittimamente valutata da valenti operatori sociali).
Vanno potenziati i servizi pubblici (servizi comunali, trasporti, manutenzione del verde, igiene pubblica). La recente proposizione del poliziotto o del vigile di quartiere deve prevedere incontri pubblici periodici con i cittadini. Solo il loro coinvolgimento renderà significativa la presenza dell’autorità pubblica.
In ogni quartiere dovrebbe essere operante una sorta di osservatorio sociale del quartiere nel quale potrebbero trovare posto i parroci, i presidenti delle associazioni di volontariato, i rappresentanti politici di quartiere, i dirigenti scolastici, i rappresentanti delle organizzazioni commerciali, i sindacalisti residenti nel quartiere (uno per i confederali e uno per gli autonomi).
Un’ultima iniziativa potrebbe riguardare l’informazione.
Ogni quartiere, qualcuno lo ha già fatto, dovrebbe avere un proprio sito Internet il cui link dovrebbe trovarsi nel sito del Comune.
Purtroppo però non sono molti i cittadini che si affacciano a queste modalità mediatiche.
Si rende quindi necessario un ricorso più appropriato all’uso dei manifesti e la realizzazione di un foglio informazioni da diffondere tra gli abitanti (è disponibile specifico progetto).
Va infatti precisato che nessun comportamento pubblico o privato potrà essere modificato se non vengono proposti modelli e risultati capaci di motivare al cambiamento. Nessun cambiamento sociale sarà posto mai in essere se non vengono offerte adeguate informazioni capaci di stimolare la partecipazione alla vita sociale e soprattutto se non sarà percepibile come la propria partecipazione veramente possa essere utile per determinare cambiamenti sociali stabili.

                                                                Giovanni Matichecchia