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Considerazioni sul Rapporto Mandelli
Ciao a tutti,
nei giorni scorsi ho ricevuto il Rapporto Mandelli sull'uranio impoverito e
le possibili correlazioni con le morti dei soldati italiani. Il rapporto mi
e' stato gentilmente inviato dall'on. Massimo Ostillio, sottosegretario
alla Difesa.
Poiche' PeaceLink ha sollevato la questione, e' bene tornarci alla luce dei
risultati della Commissione e delle controdeduzioni di alcuni scienziati,
come il prof. Massimo Zucchetti di cui invio la relazione.
Cordiali saluti
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
From: Massimo Zucchetti <zucchetti@polito.it>
Subject: Critiche al Rapporto Mandelli
Torino 20.3.2001
Con riferimento ai lavori della Commissione scientifica sull'uranio
impoverito nominata dal Ministro della Difesa, presieduta dal prof.
Mandelli ("Commissione"), il sottoscritto ha esaminato la Relazione
Preliminare emessa dalla Commissione in data 19.3.2001.
1) Nell'esprimere apprezzamento per il lavoro effettuato dai membri della
Commissione e per i dati messi a disposizione, si esprime stupore tuttavia
sul fatto che i risultati di questo lavoro siano stati intesi come
"Assoluzione dell'Uranio impoverito", facendo ampio torto al reale
contenuto del rapporto stesso e alle dichiarazioni dello stesso prof.Mandelli.
2) Inoltre, sullo specifico del metodo utilizzato nel rapporto e sui suoi
risultati preliminari, verrano espresse alcune osservazioni critiche, atte
più che altro, se prese in considerazione, a migliorarne i contenuti.
1) La relazione preliminare NON è (e non poteva essere) una assoluzione
dell'uranio impoverito.
Il sottoscritto in particolare, a questo riguardo, concorda pienamente con
il prof. Mandelli ed i membri della Commissione sui seguenti punti:
- Si tratta di una relazione preliminare su un aspetto specifico
dell'intera questione, ovvero la maggior incidenza di tumori rispetto al
normale nei militari italiani in missione nei Balcani.
- La quantità di dati a disposizione era troppo esigua per poter permettere
sia di negare sia di affermare con certezza il legame fra uranio impoverito
e certe neoplasie.
- Sarà necessario un accurato monitoraggio nel tempo, sia per quanto
riguarda l'acquisizione di eventuali nuovi casi, sia per controlli da
effettuare su altre popolazioni a rischio, sia per seguire nel tempo la
coorte dei soggetti militari esposti. E' necessario in particolare
aggiornare il numero di casi di neoplasie mediante l'acquisizione della
documentazione necessaria alla conferma diagnostica delle segnalazioni che
arriveranno alla Commissione nei prossimi mesi.
- Il ruolo di altre cause oltre all'uranio impoverito non ha potuto essere
preso in considerazione.
- Le considerazioni effettuate sul ruolo dell'uranio impoverito sono
preliminari e derivano dalla letteratura e dalle campagne recenti dell'Unep.
- L'incidenza di alcune forme tumorali (linfoma di Hodgkin, ma anche altre)
è superiore all'atteso, anche se, viste le precedenti premesse, erano di
statistica dubbia e l'attribuzione all'uranio impoverito non è stata
possibile. Vi sono tuttavia lavori in letteratura che indicano una
possibile correlazione fra linfoma di Hodgkin e esposizione interna da
Uranio impoverito.
Se questa è una sentenza assolutoria, allora il sottoscritto qui, alla pari
dei membri della Commissione nel Rapporto, si è probabilmente espresso in
una lingua diversa dall'italiano corrente!
2) Sui seguenti punti della relazione si esprimono invece alcune
perplessità e osservazioni. In particolare:
A) La statistica sulla normalità o meno rispetto all'atteso del numero di
casi di malattia riscontrati dipende ovviamente da due parametri, cioè:
a) Il numero di casi di tumore preso in considerazione.
b) La popolazione globale presa come campione statistico. Se infatti 10
casi di tumore, ad esempio, sono "sotto il normale" su una popolazione di 1
milione di persone, sono "sopra il normale" su una popolazione di 1000
persone.
Sulla determinazione di queste grandezze il rapporto solleva dei dubbi.
Infatti:
a) L'esame dei casi di malattie e morti attribuibili all'uranio impoverito
deve prendere in esame, vista l'esiguità del fenomeno, la maggior base
possibile di casi significativi, per migliorare la affidabilità
dell'indagine. Allora, i molti ulteriori casi segnalati dalle associazioni
di militari colpiti (quali la AnaVafaf e altre) non possono non essere
presi in considerazione, e probabilmente, visti i piccoli numeri,
potrebbero modificare alcune delle conclusioni ora tratte nel Rapporto.
b) La popolazione considerata "esposta" ai fini della statistica sulla
normalità dell'insorgenza dei tumori è di ben 57164 soggetti, includendo
fra i potenzialmente esposti anche soggetti che sono stati nei Balcani per
una sola volta e per tempi brevissimi (anche fino ad un sol giorno, in
teoria!), oppure in date talmente posteriori ai bombardamenti e/o in luoghi
così lontani da esso da poterne escludere con ogni probabilità
l'esposizione da uranio. La statistica stessa sui colpiti da linfoma di
Hodgkin, ad esempio, indica in 173 giorni la durata media della permanenza,
con un minimo di 64 giorni per un solo caso.
In sostanza, se si includono nella statistica persone che all'uranio non
sono state esposte mai, da un lato, e si escludono invece casi di patologie
che potrebbero aumentare la statistica, dall'altro, risulta ovvio come si
possa giungere alle conclusioni sulla "normalità rispetto alle attese"
dell'incidenza di tumori.
B) Per quanto riguarda lo screening dei militari esposti per accertare
l'esposizione ad uranio impoverito (ovvero gli esami da effettuare su
potenziali contaminati, ma senza patologie) è ben noto [si veda come solo
esempio la ref. 1] che esami ematologici e delle urine "standard" non
possono, a distanza di qualche anno, rilevare alcunchè, tranne il caso di
militari con proiettili ritenuti, che non si applica qui. La tipologia di
esami da effettuare risulta più complessa in questo caso. E' anche
improbabile, che, a distanza di anni, il meccanismo di esposizione alla
risospensione di polveri da parte di militari "alla prima esperienza" sia
in grado, a distanza di anni dai bombardamenti, di provocare in costoro una
esposizione significativamente rilevabile. Si fa notare in ultimo che
l'analisi "Whole Body Counter" è poi inefficace alla rilevazione di
contaminazioni da alfa emettitori quali l'uranio.
C) Si concorda con la Commissione che la via di esposizione più rilevante
per l'uranio impoverito è l'inalazione e che, dai polmoni, una frazione non
trascurabile dell'attività in questi depositata si concentri nei linfonodi
del mediastino. Questo tuttavia, al di là delle comprensibili cautele e
premesse della Commissione già esaminate, appare un segnale significativo
di correlazione fra l'eccesso di casi di linfomi di Hodgkin e l'esposizione
a uranio impoverito. Si concorda però su come occorra meglio chiarire il
ruolo della contaminazione interna da uranio nella eziologia dei linfomi,
campo di ricerca sul quale non vi sono sufficienti dati.
D) Fra le statistiche del UNSCEAR citate nel Rapporto riguardo il linfoma
di Hodgkin, risultano purtroppo di scarsa utlità quelle legate a
esposizione a Iodio-131 e al gas Radon, mentre è interessante la statistica
del 1994 che riporta, fra i lavoratori addetti alla lavorazione del
minerale uranifero (quindi professionalmente esposti a inalazione di
polveri di uranio) casi in eccesso di linfoma di Hodgkin, pur in presenza
di normale incidenza di tumori a polmoni e ossa.
E) La citazione dei rassicuranti risultati del rapporto UNEP [2]: "non è
stata registrata una contaminazione significativa delle aree sottoposte a
mitragliamento con dardi all'uranio impoverito" non rassicura affatto,
purtroppo, a causa di forti dubbi riguardo la liceità di tali conclusioni.
Infatti:
- Le misurazioni sono state fatte a distanza di anni dai bombardamenti. Il
sottoscritto ha già ampiamente spiegato in altre sedi [3] come sia
improbabile, a distanza di anni, rilevare l'inquinamento da DU con le
usuali misure di contaminazione ambientale. Occorre ricorrere a
bioindicatori/bioaccumulatori, nei quali si può ancora rilevare il DU anche
dopo parecchio tempo dai bombardamenti.
- Il rapporto afferma infatti di non aver trovato concentrazioni ambientali
rilevanti di DU e questo appunto non stupisce. Tuttavia, contraddice le sue
stesse conclusioni (il DU in seguito ad un bombardamento non si sparge
nell'atmosfera se non entro un piccolo raggio dall'esplosione, ergo
l'esposizione della popolazione nel suo insieme risulta trascurabile),
leggendo quanto scritto nell'Appendice VI del Rapporto stesso.
- In essa vengono riportati i dati sui rilevamenti di DU in certi
bioindicatori (licheni e muschi). Si legge che in tutti i casi in cui si è
ricorso a questa misura si è trovato rilevante traccia di DU, segno che
esso si era polverizzato e sparso nell'atmosfera. Questo, anche in
concomitanza con rilevazioni nulle di contaminazione del suolo. Si
raccomanda nel Rapporto l'uso di questi bioindicatori in future rilevazioni.
- Questa appare perciò una implicita affermazione di non aver utilizzato le
tecniche più adeguate per la rilevazione del DU. Risultano perciò opinabili
ed inficiate tutte le affermazioni del rapporto sulla pericolosità del DU.
- Inoltre, solo in 11 siti sugli oltre 100 indicati sono state effettuate
misurazioni. Date le caratteristiche "a spot" dell'inquinamento da DU,
questo compromette la completezza ed esaustività dell'indagine.
F) Si concorda con la Commissione che i coefficienti di rischio attualmente
raccomandati dall'ICRP (derivati da alte esposizioni croniche esterne
principalmente a nuclidi beta e gamma emettitori - statistiche su
Hiroshima, Nagasaki e pazienti alto-irraggiati per errate cure con raggi X
negli anni quaranta) siano di difficile applicazione al caso in esame
(esposizioni interne croniche ad alfa emettitori). Questo, tra l'altro,
costituisce un ulteriore elemento di critica a molte delle rassicuranti
stime recentemente pubblicate [4].
In conclusione, il sottoscritto, al contrario di considerarlo una sentenza
assolutoria, considera il Rapporto della Commissione come un pregevole
primo risultato di una analisi che andrà ovviamente completata. Segnala in
particolare la necessità di migliorare e rivedere la statistica (come
riportato nel punto A di questo Documento) e di proseguire
nell'interessante analisi della correlazione fra alcune forme tumorali
(linfoma di Hodgkin) e l'esposizione interna da Uranio (punti C e D di
questo Documento).
Rimanendo a disposizione per ogni eventuale chiarimento, porgo distinti
saluti,
(Prof.Ing. Massimo Zucchetti)
Professore di Ruolo di Impianti Nucleari
DENER - Politecnico di Torino
Corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino (Italy)
Tel./Fax +39.011.564.4464/4499. Email: zucchetti@polito.it
[1] F.J.Hooper et al. "Elevated urine uranium excretion by soldiers with
retained uranium shrapnel", Health Phys. 77(5) (1999) 512-519.
[2] Unep, Depleted Uranium in Kosovo - Post-Conflict Environmental
Assessment, marzo 2001, reperibile al sito:
http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html.
[3] M.Cristaldi, A.Di Fazio, C.Pona, A.Tarozzi, M.Zucchetti "Uranio
impoverito (DU). Il suo uso nei Balcani, le sue conseguenze sul territorio
e la popolazione", Giano, n.36 (sett-dic. 2000), pp. 11-31.
[4] Unione Europea, Opinion of the group of experts established according
to Article 31 of the EURATOM Treaty -- Depleted Uranium, reperibile al
sito: http://europa.eu.int/comm/environment/radprot/opinion.pdf.
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Prof. Massimo Zucchetti
DENER - Politecnico di Torino
Corso Duca degli Abruzzi 24 - 10129 Torino (ITA)
Tel./Fax +39 - 011 - 564.4464 / 4499
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