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"A Taranto nella busta paga ci hanno messo anche il tumore"
- Subject: "A Taranto nella busta paga ci hanno messo anche il tumore"
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Fri, 10 Aug 2012 22:37:27 +0200
- Importance: Normal
Pubblichiamo di seguito l’intervento che solo in parte Cataldo Ranieri è riuscito a leggere durante la manifestazione dei sindacati dello scorso 2 agosto. Ricordiamo che il comitato ‘Cittadini e operai liberi e pensanti’ interruppe i comizi dei sindacati di Cgil, Cisl e Uil perché, nonostante ne avessero fatto richiesta formale, fu negata loro la possibilità di intervento. Non riuscirono in ogni caso a concludere la lettura del documento. E’ per questo che oggi lo riportiamo integralmente: “Oggi, 2 agosto 2012, ricorre l’anniversario della strage di Bologna, strage di Stato: oggi io qui voglio ricordare un’altra strage di Stato che ha fatto in cinquant’anni centinaia di vittime sul lavoro, all’interno dello stabilimento siderurgico, e migliaia fuori dallo stabilimento, vittime dell’inquinamento. Su questo palco parlo a nome del Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti. Siamo operai Ilva, lavoratori precari, disoccupati, studenti, uomini, donne e bambini. Liberi perchè abbiamo scelto di sfilare in questo corteo non per appoggiare le posizioni dei sindacati, nè per difendere la proprietà, e neanche per opporci alle decisioni della magistratura. Siamo liberi perché abbiamo scelto di spezzare le catene del ricatto occupazionale che da cinquant’anni tiene sotto scacco questa città. Non siamo più disposti a rinunciare alla nostra dignità di cittadini e lavoratori, costretti a dover scegliere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro. Nessun Paese civile permetterebbe mai quello che a Taranto è stato possibile per 50 anni: che nella busta paga ci mettesero anche il tumore. Nessun Paese civile dovrebbe essere messo con le spalle al muro. Oggi lo Stato italiano si ritrova con le spalle al muro perché per 50 anni è stato complice di un delitto. Il delitto è aver permesso che diritti fondamentali, come il lavoro e la salute, fossero frutto di negoziazione. Avete negoziato sulla nostra pelle per il profitto di pochi. Per mezzo secolo il nostro sudore ha prodotto l’acciaio che ha sorretto l’economia e l’industria italiana ed europea, senza che nessuno si preoccupasse dei veleni che da quelle ciminiere ci venivano sputavano addosso. Per il vostro acciaio avete distrutto vite, aziende, attività imprenditoriali e turistiche. Avete distrutto il futuro e i sogni di una città intera, che era ricca di cultura, storia e risorse. Nessuno si è mai preoccupato del prezzo altissimo che questo territorio sta pagando. Ai sindacati di Taranto vorrei ricordare che mai, negli ultmi 15 anni, avete convocato di vostra iniziativa uno sciopero per difendere i diritti dei lavoratori. Ai miei colleghi chiedo: “Vi ricordate che i segretari territoriali, la Fim, la Fiom e la Uilm di Taranto abbiano negli ultimi anni convocato giornate di sciopero per le vertenze locali? Per il rispetto delle norme di sicurezza, per la tutela dell’ambiente?” Mai. Lo hanno fatto oggi, per difendere i loro interessi e quelli della famiglia Riva. Allo stesso modo lo Stato italiano, che prima di Riva, ha sfruttato e avvelenato questo territorio, si è ricordato di Taranto quando ha visto in pericolo il suo profitto. Fino ad oggi i lavoratori dell’Ilva sono stati carne da macello per lo Stato italiano, e i cittadini di Taranto effetti collaterali di un sistema industriale malato. Ai sindacati vorrei ricordare che sono nati per difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini, diritti non negoziabili su cui invece oggi state negoziando: il diritto al lavoro e il diritto alla salute. . Che le istituzioni e la politica sappiano che da oggi noi cittadini e lavoratori di Taranto non permetteremo più che le decisioni vengano prese senza di noi. È finito il tempo dei protocolli d’intesa e dei patti fatti sulla nostra pelle. Da oggi Taranto decide per sè. È arrivato il momento di dire basta. Io lavoro in quella fabbrica da 15 anni, io so quello che succede là dentro. Noi lavoratori conosciamo i veleni che escono da quella fabbrica e quando parliamo da uomini liberi, a mensa, da uomo a uomo, non possiamo nasconderci la verità. Oggi maledico l’ignoranza di mio padre che ha permesso che si costruisse questo stabilimento ma lui non sapeva. Nè io nè voi possiamo permettere che i nostri figli un giorno maledicano la nostra indifferenza per non aver agito pur sapendo. Con o senza fabbrica abbiamo bisogno di tornare ad essere lavoratori che hanno una dignità. La dignità di poter lavorare senza che nessuno, dentro e fuori lo satbilimento, si ammali per colpa dell’Ilva. E questa dignità non sarà il sindacato a ridarcela ma spetta a noi riprendercela. Cittadini e lavoratori insieme, perchè questa battaglia è di tutti. Per concludere chiedo a questa piazza di osservare un minuto di silenzio per la strage di Stato che a Taranto dura da cinquant’anni”.
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