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L'AIA all'Ilva: cosa è e perché non piace agli ambientalisti
- Subject: L'AIA all'Ilva: cosa è e perché non piace agli ambientalisti
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Tue, 12 Jul 2011 07:29:34 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Su http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/33377.html potere trovare il testo dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) dell'Ilva. E' il Parere Istruttorio Conclusivo della Commissione IPPC. Ora questo testo passa nelle mani del Ministro dell'Ambiente che può migliorarlo o peggiorarlo. Che cos’è A.I.A. A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) è un provvedimento che autorizza l’esercizio di un'industria a patto che adotti le migliori tecnologie disponibili e riduca l'inquinamento. Ciò nonostante nell'AIA Ilva non sono stati recepiti i seguenti 10 punti irrinunciabili indicati da Altamarea. 1. La massima capacità produttiva da autorizzare non può essere molto diversa dal massimo storico ottenuto in 50 anni di esercizio dello stabilimento e dal dato di 10,5 milioni di tonn/anno universalmente attribuito al centro siderurgico di Taranto dall'epoca del raddoppio negli anni '70. Recentemente il prof. Federico Pirro, noto "storico" dell'Ilva di Taranto, tra l'altro autore di oltre 120 pagine su "La siderurgia europea e mondiale dal secondo dopoguerra ad oggi" del patinato ed elegantissimo volume "La civiltà del ferro. Dalla preistoria al III millennio", edito da Olivares in occasione del cinquantenario della fondazione del Gruppo Riva, scrive a pag. 20 del settimanale WEMAG del 16 giugno 2011: "Taranto vede in esercizio il gigantesco Siderurgico del Gruppo Riva che, con i suoi 11.695 addetti diretti e una capacità installata di 11,5 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, è la più grande fabbrica manifatturiera d'Italia e il maggior centro siderurgico a ciclo integrale d'Europa". La massima capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate indicata da Ilva è inaccettabile. 2. La durata dell'AIA può essere di 5 anni e non 6 perchè il Certificato di qualità presentato non copre le attività dell'area a caldo che provoca il 90% dell'inquinamento ma copre solo le attività del ciclo integrale dalle bramme di colata continua in poi. Deve contare la realtà delle cose, non gli arzigogoli e le ambiguità di qualche manipolatore. 3. Lo stabilimento non può essere autorizzato a esercire impianti privi di Certificato Prevenzione Incendi e di nulla osta di analisi di rischio di incidenti rilevanti, di chiunque sia la responsabilità del mancato rinnovo o rilascio. Sarebbe da irresponsabili, forse penalmente perseguibili, continuare a mantenere in esercizio impianti privi di CPI e di nulla osta, che sono i pilastri su cui si basa la sicurezza nei confronti dei cittadini e dei lavoratori. 4. Le emissioni della diossina vanno controllate in continuo e non solo al camino E312 ma anche intorno a elettrofiltri, raffreddatori, ecc.. Le emissioni vanno assoggettate non al rispetto dell'assurda media annuale calcolata sulla base di campagne di poche decine di ore sulle 8760 ore di un anno di esercizio, ma, come per il PM10, va fissato il numero massimo di splafonamenti della concentrazione fissata, superato il quale scatta immediatamente l'arresto dell'impianto per il tempo necessario ad attivare provvedimenti tecnici ed operativi che evitino gli splafonamenti. 5. Va fissato anche il limite quantitativo annuo delle emissioni complessive degli inquinanti indicati nella dichiarazione INES, fissando un programma di progressiva ma drastica riduzione nel tempo.. 6. Il controllo del B(a)P va fatto non solo sul perimetro esterno ma anche sugli impianti all'interno dello stabilimento, fissando un limite emissivo di 150 ng/mc sul piano coperchi della cokeria (limite adottato in Francia). I lavoratori addetti sono i più esposti a quel micidiale inquinante definito cancerogeno di 1° livello dall'OMS. Sui parametri da rispettare vale lo stesso concetto indicato per la diossina, cioè non solo valori medi ma anche numero di splafonamenti e quantità annue in assoluto emesse. In parallelo va prescritta la delocalizzazione del 50% della cokeria nel corso della durata dell'AIA e del restante 50% nella prossima tornata. 7. Il controllo e monitoraggio degli inquinanti nei reflui idrici non va effettuato sugli sbocchi a mare, dove tutto è diluito, ma sulle acque di processo degli impianti non diluite da acque di raffreddamento, piovane, ecc. e prima che confluiscano nelle condutture che poi arrivano agli scarichi a mare. Inoltre vanno fissati i quantitativi massimi di inquinanti scaricati, in funzione delle concentrazioni fissate e dei flussi totali finali. 8. Deve essere prescritta la copertura dei parchi primari senza il balletto degli studi di fattibilità a babbo morto. Le tecnologie esistono già, si tratta di deciderne l'impiego come ci risulta che stiano facendo per coprire i carbonili di ENEL Brindisi. 9. La bonifica dei siti inquinati deve essere prescritta alla luce delle recenti determinazioni assunte dalla Regione Puglia. 10. In caso di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA, il gestore deve essere fortemente sanzionato. Non sono accettabili provvedimenti di tipo dilatorio ma si devono pretendere provvedimenti risolutivi, fino al fermo dell’impianto che all’interno dello stabilimento dovesse violare le prescrizioni dell’AIA. --- Sostieni PeaceLink, versa un contributo sul c.c.p. 13403746 intestato ad Associazione PeaceLink, C.P. 2009, 74100 Taranto (TA)