In occasione del Congresso di Medicina Democratica, diffondiamo questo ricordo di Gabriele Bortolozzo



In ricordo di Gabriele Bortolozzo, attivista di Medicina Democratica

--- Se l'obiezione di coscienza si estende alla fabbrica che uccide ---

"Gabriele viene attaccato pubblicamente dai sindacalisti. E lo stesso
accade anche durante le pause del lavoro. Lo accusano di essere nemico
degli operai, perché con le sue denunce e le sue 'storie' vuol far
chiudere i reparti del CVM-PVC" (Felice Casson).

CVM e PVC
Il CVM è il cloruro di vinile monomero, il PVC è il cloruro di polivinile.
Il libro da cui stralciamo il brano è scritto dal magistrato Felice
Casson. Gabriele è un operaio: il suo cognome è Bortolozzo. Nell'agosto
1994 Bortolozzo va da Casson per parlare di quelle sostanze cancerogene
utilizzate nel Petrolchimico di Venezia e così si avvia un processo contro
i padroni della chimica. Vengono accertati 157 morti e 103 malati tra gli
operai. E' un disastro ambientale in cui emerge che i vertici aziendali
hanno tenuto segreti i dati della pericolosità di quelle sostanze, i loro
possibili effetti cancerogeni. Tutto è raccontato da Casson, come in un
thriller, nel suo libro "La fabbrica dei veleni" (Sperling & Kupfer).

Obiezione di coscienza alle produzioni cancerogene
Nel libro ad un certo punto emerge la figura di Gabriele Bortolozzo come
obiettore di coscienza alle produzioni cancerogene. Procurare la morte con
la produzione industriale non è da meno che procurare la morte con le
armi. Inquinare un'intera città, minare la salute dei suoi bambini,
privarli del futuro non è da meno che fabbricare mine antiuomo. E' un
problema di coscienza. E Gabriele Bortolozzo lo affronta come quegli
operai che si sono definiti nel corso della storia "obiettori al lavoro
bellico" e che hanno lavorato per la riconversione delle loro industrie.
Casson lo descrive così: "Porta i sandali, Gabriele. E mi fa subito
l'impressione di un missionario laico. La sua aria a metà strada fra la
timidezza e la diffidenza (sono pur sempre un procuratore della
Repubblica) e la sua convinzione profonda mi colpiscono". Le accuse si
erano infittite nel corso del 1983. Racconta Casson: "Gabriele si dichiara
'obiettore di coscienza' nei confronti della 'chimica della morte'.
L'atmosfera attorno a Gabriele si fa sempre più pesante. Viene lasciato
solo con le sue ricerche e i suoi dossier"

Un operaio modello, un ricercatore
Bortolozzo è un operaio particolare: "Quando in fabbrica si vocifera
dell'acquisto degli impianti del CVM-PVC Gabriele mostra di conoscere bene
la scheda di sicurezza". E sopra c'è scritto: "Tossica, cancerogena,
mutagena". E Bortolozzo ha collegamenti esterni alla fabbrica, collabora
con associazioni come Medicina Democratica. Partecipa ad azioni ecologiste
dimostrative contro le navi della Montedison che al largo di Venezia
scaricano tonnellate di residui di lavorazione industriale.
Viene trasferito in un reparto punitivo. Eppure è un operaio modello e
nella sua scheda era annotato: "Rende in misura notevolmente superiore
alla media. Dà completo affidamento nel saper ben eseguire qualsiasi
lavoro. Esegue con cura le disposizioni ricevute. Lavora in perfetta
sintonia con i colleghi. Rispetta le norme di sicurezza. Elemento serio,
preciso, ottimo collaboratore".

L'inerzia sindacale
Bortolozzo "aveva cominciato a protestare, duramente, anche più della
Commissione ambiente del petrolchimico e dei sindacati, li aveva
scavalcati e accusati di inerzia", racconta Casson. Denuncia il
caporeparto alla magistratura per scarico illegale di quantità rilevanti
di CVM in aria.
Il 6 maggio 1985 Gabriele Bortolozzo deposita assieme a Medicina
Democratica una denuncia in cui si accusa il "Petrolchimico Montedison" di
continuare a "inquinare l'ambiente e rovinare la salute dei lavoratori".
Dal solo reparti CV 6 erano uscite circa venti tonnellate cloruro di
polivinile, finite in aria e nelle acque della laguna veneziana. Vengono
segnalati i casi di lavoratori colpiti da tumore. Bortolozzo si scontra
con i suoi "capi", ma diviene inviso anche a buona parte dei sindacalisti
"i quali gli avevano fatto terra bruciata attorno", annota Casson. La
Montedison aveva già deciso di scegliere (in una riunione al vertice del
21 gennaio 1975) gli "organi su cui agire" per "orientare realisticamente
e ragionevolmente la futura normativa", e Casson li cita nel libro a
pagina 215: "Ispettorato medico centrale del lavoro, ministero del Lavoro,
organizzazioni sindacali, opinione pubblica".

Danno genotossico e obiezione di coscienza
Ho raccontato questa storia non a caso. A Taranto il primario di
ematologia Patrizio Mazza – riferendosi alla diossina e agli altri
inquinanti mutageni - ha parlato di danno genotossico per l'intera
comunità. "Un tossico come la diossina - spiega il primario - ha un
impatto cancerogeno soprattutto sul sistema immunologico e può determinare
una disfunzione da cui derivano un mancato controllo sui sistemi di difesa
e al tempo stesso sui sistemi riparatori del Dna". Se si arriva al Dna,
può scattare l´ereditarietà. Il danno al Dna ha portata ancora maggiore se
si verifica sulle cellule germinali dei giovani o bambini. "Questo danno -
continua Mazza - si trasmetterà anche alle generazioni successive e ciò
significa la morte di una comunità o città". Negli ultimi trent'anni a
Taranto i morti per tumore sono aumentati. A Taranto, a differenza di ciò
che Casson racconta per Venezia, il mondo sindacale presenta al suo
interno anche aree più sensibili. E' possibile avviare un'azione anche a
Taranto di "obiezione di coscienza" come quella di Gabriele Bortolozzo? E'
moralmente giustificabile il danneggiamento del Dna dei propri figli e
nipoti per la "difesa del posto di lavoro"? Si pone lo stesso problema del
nucleare: possiamo decidere della nostra salute, non di quella delle
generazioni future. Il diritto al futuro è intoccabile.

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
http://www.peacelink.it
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(TA)