A scuola di campi elettromagnetici: l'esperienza di Taranto



- A Taranto una scuola controlla i campi elettromagnetici -

Si chiama ‘’Progetto elettrosmog’’ ed è un’esperienza innovativa messa in
pratica dall’Istituto tecnico industriale Righi, che ha acquistato un
rilevatore di campi elettromagnetici e ha avviato la formazione degli
studenti di elettronica

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TARANTO - Un'esperienza innovativa di monitoraggio dei campi
elettromagnetici si sta realizzando in una scuola di Taranto. L"Istituto
Tecnico Industriale Righi ha infatti acquistato un rilevatore di campi
elettromagnetici ed è stata avviata un’esperienza di formazione degli
studenti di elettronica. Redattore Sociale ha intervistato Giuseppe
Rondinelli, ingegnere elettronico che insegna nell’Istituto Righi e che ha
realizzato il "progetto elettrosmog”.

Perché la scuola dovrebbe interessarsi dei campi elettromagnetici?

Fra le tante forme di inquinamento alle quali siamo ogni giorno
sottoposti, una relativamente nuova è l’elettrosmog, cioè l’inquinamento
elettromagnetico. L’attenzione sui campi elettromagnetici sembra essersi
concentrata in particolare sulle antenne radio base per la telefonia
mobile. Benché i rischi sulla salute siano tuttora oggetto di dibattito,
la legge ha posto dei limiti oltre i quali i cittadini non dovrebbero
essere esposti.

Come è nato il “progetto elettrosmog”?

Il progetto nasce dopo una raccolta di firme per bloccare l’installazione
di antenne nelle vicinanze della scuola. Prendiamo atto che tra la gente
c’è confusione, ci sono poche certezze, molte chiacchiere. Nella mia
scuola mi accorgo che c’è un gruppo di docenti interessato. Da qui si
sviluppa l’idea di creare un corso per insegnare agli studenti che cosa è
l’elettromagnetismo e come si può misurare con una strumentazione a norma
di legge. Fare chiarezza e divulgare la tematica, questi gli obiettivi del
progetto che ha già formato, a partire dall’anno scolastico 2002/2003,
alcune decine di allievi e che ha ricevuto anche un riconoscimento dal
ministero della Pubblica Istruzione.

Che tipo di apparecchiature avete utilizzato e come avete proceduto alle
misurazioni?

Abbiamo progettato un corso teorico-pratico utilizzando uno strumento di
misura cosiddetto a “banda larga”, cioè non in grado di distinguere le
frequenze dei campi rilevati, ma col vantaggio della leggerezza e della
semplicità d’uso.

Perché secondo lei può essere importante coinvolgere i ragazzi con un
progetto di questo tipo?

Abbiamo scelto come target i nostri allievi, dai sedici ai diciotto anni,
per due ragioni. La prima: trasmettere loro i contenuti tecnici,
legislativi, professionalizzanti e metodologici. La seconda:
sensibilizzare sul tema che, a nostro avviso, è di importanza assoluta.

Che conclusioni avete potuto trarre dalla misurazione dell’elettrosmog?

Le misure fatte ci hanno portato in alcuni casi a concludere che purtroppo
i campi presenti, con i quali “allegramente” conviviamo, hanno entità
superiori ai valori stabiliti per legge.

Sarebbe secondo lei positivo se anche altre scuole venissero coinvolte in
questo tipo di progetto? Perché?

Tutte le scuole, a mio avviso, andrebbero coinvolte in progetti simili al
nostro in quanto favoriscono l’interdisciplinarità e consentono di dare
alle nozioni della fisica e dell’elettronica una dimensione di carattere
applicativo. In altri termini la scuola passa in questo modo da una
dimensione teorica ad una dimensione pratica e rende visibili le
applicazioni sociali della scienza e della tecnica.

Cosa prescrive la legge a proposito della tutela della salute
dall’elettrosmog?

Chi resta fermo per più di 4 ore in un punto, non deve assorbire più di 6
volt su metro, questo è il limite imposto dalla legge. Non è difficile
trovare in città superamenti di tali valori. La legge obbliga gli enti
locali a fare la mappatura, il “catasto”, dei campi elettromagnetici.
Occorrerebbe rendere pubblici i dati. Purtroppo qui a Taranto ciò non
accade.

Il problema elettrosmog riguarda solo i telefonini o anche le linee
elettriche?

Siamo inondati da onde elettromagnetiche e nessuno se ne rende conto. Non
ci sono soltanto le strutture per la tv e per la telefonia mobile ad
emettere elettrosmog, c’è anche la distribuzione dell’energia elettrica, i
famosi elettrodotti, che emettono campi magnetici estremamente
preoccupanti per la salute.

Come insegnante ritiene adeguati gli attuali programmi scolastici rispetto
a progetti come quello sull’elettrosmog?

Occorrerebbe sviluppare una maggiore consapevolezza sul “principio di
precauzione” e su quanto ne consegue in termini di valutazione critica
delle “certezze” della scienza. Il principio di precauzione dice che poco
importa se non ci sono prove sul fatto che certe cose facciano male.
Occorre infatti dimostrare scientificamente l’opposto: che esse non siano
nocive. Senza la dimostrazione della non nocività scatta automaticamente
il “principio di precauzione”. Tale principio, filosofico e padre di
potenzialità innovative di una scuola da riformare, andrebbe posto alla
base di un progetto realmente innovativo di una nuova educazione civica e
morale.

(Daniele Marescotti)

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Per contatti:
ing. Giuseppe Rondinelli
e-mail: campielettromagnetici at gmail.com