L'Espresso, un'inchiesta sui veleni di Taranto



Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/La-Puglia-dei-veleni/1554209


La Puglia dei veleni
di Gigi Riva

(L'Espresso 5/4/2007 - in edicola oggi)


Inchiesta sulla regione a più alta concentrazione tossica. Fra Taranto e Brindisi gli impianti che producono il 30 per cento della diossina in Italia e 36 milioni di tonnellate di gas. È qui il buco nero dell'inquinamento in Europa



Nell'immaginare un vestito verde per l'Europa, in sintonia con la regina mitologica che le regala il nome e che fu rapita da Zeus mentre raccoglieva fiori, la cancelliera tedesca Angela Merkel chissà se ha pensato anche alle scarpe. L'Europa geografica calza uno stivale (l'Italia) con un tacco nero (la Puglia) che sarebbe adatto per una serata di gala ma che stride con i colori arcobaleno di un'anziana signora (il Vecchio Continente) che si
vorrebbe ecologicamente virtuosa. Gli obiettivi Ue si proiettano oltre
Kyoto, prevedono una riduzione del 20 per cento di anidride carbonica e di consumo di energia elettrica entro il 2020. La direttiva che sarà emanata il prossimo settembre avrà valore obbligatorio e vincolante, pena una citazione degli inadempienti alla Corte di giustizia.

Mentre tutto questo si discute a Bruxelles, quaggiù in periferia, sul tacco impolverato da ogni genere di inquinante diossina compresa (sì, diossina come a Seveso) ci si arrovella semmai sul modo per eludere i vincoli e i piani di avvicinamento a Kyoto (entro il 2012 il 6,5 per cento in meno dell'anidride carbonica sparata in aria). E sarebbe il luogo dove c'è più bisogno, di Kyoto, visto il terrificante risultato di una gara in cui vinceva il peggiore. Primo, secondo e terzo posto, podio tutto pugliese nella classifica dei dodici impianti italiani che producono più anidride carbonica, responsabile dell'effetto serra e dunque del surriscaldamento del Pianeta. Nell'ordine: centrale termoelettrica Enel di Brindisi sud 15.340.000 tonnellate l'anno di CO2; Ilva di Taranto 11.070.000; centrali termoelettriche Edison di Taranto 10.000.000. I dati sono del 2005, gli ultimi disponibili, e li ha raccolti l'Eper-Ines. Gli acronimi stanno per European Pollutant Emission Register e per Inventario Nazionale delle Emissioni e Loro Sorgenti, cioè l'organismo europeo e quello statale. Legambiente li ha elaborati e diffuso di recente. Si trattasse poi solo di anidride carbonica. La stessa Eper nel 2002 aveva detto di peggio. Degli 800 grammi di diossina che finiscono nell'aria europea ogni anno, 71 escono dagli impianti dell'Ilva e sono pari all'8,8per cento del totale europeo e al 30,6 di quello italiano. L'anno prima lo stesso organismo aveva citato in un dossier ancora l' Ilva per il monossido di carbonio (10,2 per cento del totale) e l'Enipower di Brindisi (13,7 per cento delle emissioni di zinco).

L'ottimismo della volontà potrebbe far pensare che da quegli anni censiti le cose sono migliorate. Il pessimismo della ragione fornisce una risposta lapidaria: no, semmai il contrario. Ed è un pessimismo che poggia su valutazioni oggettive ma non su cifre perchè i dati, e anche questo è clamoroso, non ci sono. Ci saranno, ma non ci sono. Il professor Giorgio Assennato, direttore generale dell'Arpa Puglia, quando è stato nominato dalla nuova giunta di centrosinistra ha trovato, nelle zone più critiche, controlli praticamente inesistenti e un personale ridotto all'osso (una ventina di persone a Brindisi e Taranto, l'asse critico).

L'assessore all'Ambiente Michele Losappio, di Rifondazione comunista, riassume: "L'Arpa aveva 200 dipendenti scarsi quando la pianta organica ne prevede 800. Stiamo provvedendo a completarla". E sono stati anche stanziati 3 milioni di euro per iniziare il lavoro. Che si annuncia complicato. Nel vuoto attuale può succedere che il bresciano Emilio Riva, il proprietario dell'Ilva, invochi uno studio del Cnr per quanto riguarda la diossina. Però nemmeno ci si prova a contestare le emissioni di anidride carbonica e anzi prende carta e penna e scrive a chiunque abbia un ruolo, da Prodi in giù, per minacciare un taglio di 4.000 dipendenti (su circa 12.000) nel caso debba rispettare Kyoto e ridurre il carico inquinante. Lo hanno assecondato e l'anidride carbonica, dice il governo, sarà tagliata altrove. Potenza della siderurgia in ripresa sul mercato mondiale tanto che l'Ilva è passata in breve da 6 a 10 milioni di tonnellate di acciaio prodotto e c'è da scommettere che nel 2007 andrà ancora meglio perché Riva ha chiuso, dopo una lunga battaglia ambientalista, il suo stabilimento a Cornigliano (Genova) e conta di trasferire i reparti che producono "a caldo", i più pericolosi, in Puglia: altri 2,5 milioni di tonnellate.

Questo Riva sta collezionando condanne per inquinamento, l'ultima è di metà febbraio, tre anni in primo grado più l'interdizione dall'attività industriale per lo stesso periodo. Il ricatto occupazionale e la scarsa sensiblità ecologica (eufemismo) lo hanno reso particolarmente odioso alla parte più dura dell'ambientalismo. Che accusa il presidente Nichi Vendola di intelligenza col "nemico". La giunta insediata nel 2005, non avendo scheletri nell'armadio sul tema, invece procede guidata dalla stella polare della coniugazione tra idealità e pragmatismo. Convinta com'è che è meglio avviare un confronto e imporre delle regole certe laddove c'era solo anarchia. L'Ilva chiede di costruire una nuova centrale termoelettrica da 600 megawatt? Discutiamo, ma in cambio chiuda quella obsoleta che sta dentro i suoi confini (tre quinti del territorio comunale, 15 milioni di metri quadrati) ed è gestita dalla Edison. L'Eni vuole raddoppiare le sue capacità produttive investendo un miliardo di euro e diminuendo l'inquinamento? Discutiamo, vediamo se sul piano c'è il conforto di un parere tecnico.

L'atteggiamento possibilista si scontra con le reazioni estreme di chi troppe ne ha subìte, nel corso del tempo, e non crede più ai compromessi. Come Alessandro Marescotti, di Peacelink, il quale ricorda i tempi in cui i suoi amici neopatentati che abitavano ai Tamburi (il quartiere più vicino allo stabilimento) si presentavano orgogliosi con auto nuove fiammanti la cui carrozzeria veniva corrosa dopo pochi mesi. Difetti di fabbrica? No, inquinamento. Era trent'anni fa. E poi quel cielo che azzurro non è mai, nonostante la latitudine, e ha sempre tutte le sfumature cromatiche del rosso di giorno per virare sul giallo di notte, quando due torce sempre accese segnalano che la produzione continua. Marescotti sottolinea come, dati Arpa (tra i pochi che ci sono), i picchi di inquinamento si registrano proprio tra le 2 e le 3 del mattino. Si è potuto stabilire con una certa approssimazione che ogni abitante si fuma "anche se non è un tabagista" il corrispettivo di sette sigarette al giorno. Stando all'ultimo rapporto Apat 2006 (Agenzia di protezione dell'ambiente) il 93 per cento dell'inquinamento deriva dall'industria e solo il restante 7 da emissioni civili: la percentuale più sbilanciata d'Italia.

Taranto è ultima per la classifica del 'Sole 24 Ore' in quanto ad ambiente. I 1.200 decessi annui per neoplasie la collocano nettamente sopra la media nazionale. Insomma c'erano tutti i motivi per dichiararla città ad alto rischio ambientale, come è successo. Nove sono gli impianti critici e in tanto degrado ci mancava pure la discussione sul rigasificatore da collocare nel Golfo. Vendola aveva detto no a Brindisi ("sarebbe criminale") e i tarantini hanno cominciato a temere per via di una richiesta avanzata dalla Gas Natural che ha fatto imbufalire, tra gli altri, Leo Corvace coordinatore del comitato per il 'no'. Per descrivere uno scenario apocalittico, i contrari adattano a Taranto un'ipotesi prevista da Piero Angela nel suo ultimo libro.

Ammettiamo che una nave metanifera che trasporta 125 mila metri cubi di
gas liquefatto si spezzi per un incidente, come ad esempio la collisione
con un sottomarino (è successo a Barcellona nel 2002), il gas si espande, evapora, forma una nube di metano che a contatto con una scintilla esplode (qui ci sono le due torce sempre accese): avrebbe la forza di un megaton, come un milione di tonnellate di tritolo. Ci sarebbero decine di migliaia di morti. Brividi. E ancora peggio andrebbe se fosse coinvolto un sottomarino nucleare. Incrociano in queste acque? L'assessore Losappio nulla ne sa. Marescotti ne è convinto. Comunque sul rigassificatore nessuna certezza e una cauta marcia indietro anche da parte di Vendola dopo la bocciatura esplicita di Brindisi. Dove, per le concessioni già erogate alla British gas, a fine febbraio scorso è stato rimesso agli arresti l'ex sindaco Giovanni Antonino. Sul versante adriatico della Puglia ancora si leccano le ferite del Petrolchimico e in un porto che dovrebbe essere commerciale c'è troppo viavai di carbone per alimentare le centrali. Immaginarsi aggiungere le navi metanifere.

L'assessore al Turismo Massimo Ostilio, Udeur, usa la terminologia che gli era familiare quando era sottosegretario alla Difesa: "Circa l'ambiente, abbiamo bisogno di una exit strategy. E bisogna seminare subito se vogliamo raccogliere qualche frutto tra dieci anni". Exit strategy, come se si trattasse di una guerra. Il suo collega Losappio cerca di tracciare una strategia realista: "Abbiamo ereditato una Puglia che è, con tutta evidenza, il tacco nero d'Europa. Farlo bianco sarà impossibile. Vediamo almeno di renderlo grigio".


--- Ciminiere sì grazie. Ma con i paletti ---

Lui è, adesso, il "presidente di tutti i pugliesi" e non più il "deputato di Rifondazione comunista". Lo dichiara subito Nichi Vendola. Come a sottolineare: non sono io che sono cambiato, ma il ruolo. Per questo ha aperto un dialogo con tutti, inquinatori compresi.

Presidente Vendola, la domanda che si fanno anche suoi ex compagni di strada è: perché si fida di Riva, il proprietario dell'Ilva, con cui ha avviato un tavolo di lavoro?

"Non ha nessuna rilevanza se io mi fidi o no. Io non rompo un tavolo di trattativa su un piano industriale che prevede investimenti per 2.500 milioni di euro, di cui 600 per ambientalizzazione, se non in presenza di licenziamenti ingiustificati. In due casi l'ho fatto. Inoltre non firmo deleghe in bianco e dentro l'Ilva metto dei ficcanaso come dei tecnici ambientali e difendo il diritto alla vita e all'aria pulita".

L'Ilva sembra esercitare il ricatto occupazionale. E la Puglia pare la ridotta in cui si è rifugiato il fordismo.

"La metafora è suggestiva, ma la realtà è più articolata. Ci si dovrebbe far carico di una storia che ha visto i Golfi più belli del Sud occupati da grandi impianti industriali. Taranto è la storia dell'acciaio. Quel mercato era entrato in crisi, ora ha un trend positivo. Siamo in una zona dove la disoccupazione è alta. Io non posso giocare a cuore leggero con 15.000 posti di lavoro più 6.000 nell'indotto".

Da lei si aspettavano di più gli ambientalisti in una regione considerata il tacco nero d'Europa, coi tre impianti più inquinanti d'Italia, le emissioni di diossina.

"Va bene. Il pregresso lo conosciamo. Aggiungo che l'aggressione all'ecosistema è stata ancora più selvaggia. Qui si è costruito dentro i corsi d'acqua, si è permessa l'erosione della costa. Abbiamo ereditato una situazione pesante. Ma subito abbiamo varato il piano di tutela di acqua, costa e paesaggio, abbiamo previsto l'istituzione di 12 nuovi parchi e fatto scattare il processo di salvaguardia".


Tuttavia si trova davanti dei veri e propri ecomostri.

"E cerco, con la controparte, di avviare una collaborazione proficua. Se l'Eni mi chiede di raddoppiare lo stoccaggio di un impianto e prevede di investire un miliardo di euro e di ridurre del 35 per cento le emissioni inquinanti, io sarei un pazzo se non andassi a vedere, se non creassi un tavolo di confronto. E metto tanti paletti e tanti controlli al punto che, al lato opposto degli ambientalisti, c'è chi mi definisce un signor no".

Invece?

"Invece io voglio essere un signor sì. Sì all'energia eolica che abbiamo intenzione di portare da 300 a 480 megawatt prodotti, anche off-shore. Sì, se si risponde alla vera questione: non si tratta solo di disinquinare ma di avviare un modello di sviluppo sostenibile. Anche per l'alta velocità Napoli-Bari abbiamo aperto un confronto e coinvolto associazioni e enti locali. Dalla Puglia parte una battaglia che definirei sì Tav".

(29 marzo 2007)