Lettere aperta a Nichi Vendola



Lettere aperta a Nichi Vendola


Caro Presidente,

Consentimi di continuare a darti del tu, da Comunista a Comunista, come ai tempi del vecchio PCI, quella grande forza politica di cui il mondo del lavoro oggi sente tanto la mancanza e nella quale abbiamo militato e ci siamo conosciuti.
Altri tempi ? Un altro mondo ?
Non credo ma, pur apprezzando la tua sensibilità, sincerità, il linguaggio semplice ed efficace della tua lettera aperta ad Emilio Riva, consentimi alcune considerazioni sui contenuti che non condivido. I lavoratori, la classe operaia, sono ancora presenti oggi in Italia (Taranto ha oggi la più grande azienda italiana) e nel mondo (oltre un miliardo di anime) meritano, per la storia che rappresenta, qualcosa di più di una sollecitazione epistolare per la soluzione dei problemi di questa estate e di quella passata. Oggi, per capirci, lo scontro esce dalla fabbrica e diventa “politico” coinvolge tutti in quanto riguarda la cultura, la dignità di un popolo (lavoratori e cittadini), la sicurezza sui posti di lavoro, il rispetto per le istituzioni democratiche e per la natura, un bene di noi tutti che si impoverisce sempre più. Quello di queste settimane non è un semplice scontro tra due parti contrapposte ed una che media, come sembra tu intenda, quella di risolvere cioè con un “patto leale di reciproca buona volontà”, perché ad una delle due, il sindacato, non viene riconosciuto ruolo e dignità. Il “passo indietro” di ILVA non ha rappresentato il suo senso di responsabilità ma un atto dovuto !
Per questo non spetta ai sindacati “dimostrare altrettanta responsabilità”.
Tu ci ricordi che il ruolo di Presidente della Regione non può essere quello da te avuto a Melfi, ma ti dico che proprio per quell’impegno e per quell’incarico da conferirti mi sono personalmente speso tanto, tornando alla attività politica dopo tanti anni perché ho creduto in quella che è stata definita la possibile “nuova primavera pugliese” e nutro oggi la speranza di una nuova stagione anche per la mia città. Come fai però a non accorgerti che la sfida, chiaramente voluta da ILVA, sin dai suoi inizi tarantini, è quella relativa al “governo delle forze produttive”, al suo controllo totale. Ricordi Gramsci certamente, egli individuava quello come il livello più alto dello scontro e vedeva nei consigli di fabbrica lo strumento delle conquiste dei lavoratori, la loro consapevolezza di essere “produttori” non più “sfruttati”.
Categorie lontane ? Metodi di analisi superati ? Personalmente ritengo di no.
L’organizzazione del lavoro, così si chiama oggi, non si contratta più, non si discute nemmeno perché comprende non solo il modo di produrre ma anche i tempi e le quantità delle produzioni. Tutto questo oggi deve essere prerogativa dell’impresa, subordinata al mercato e quindi flessibile e libera da lacci e condizionamenti vari quali l’ambiente e la sicurezza. Caro Vendola il “palazzo d’inverno” qui a Taranto non è la conquista del governo della fabbrica ma quello delle condizioni minime di dignità, salute, vita dei nostri ragazzi che lì lavorano. Una generazione, gridiamolo insieme, che per la prima volta nella storia starà peggio di quella dei genitori .
Cosa facciamo noi per loro ? Questa è la domanda che tutti dovremmo porci.
Avendo vissuto 30 anni della mia vita in questa azienda, di cui 8 con questa proprietà, ti garantisco che sarebbe bastato confrontarti direttamente con questi giovani lavoratori per capire meglio quella che è ILVA oggi, altro che “ oscuro oggetto del desiderio” come tu dici. Sarebbe stato sufficiente leggere con attenzione e circondarti di un minimo di competenza per capire le finalità, obiettivi e contraddizioni del Piano siderurgico 2003/2007 per non doverlo definire “ecocompatibile”. Ti ricordo i giudizi severi del nuovo direttore ARPA Puglia Dott. Assennato che richiamano innanzitutto le responsabilità politiche e l’impossibilità di controllare ciò che produce in termini di impatto ambientale la più grande area a caldo “quella inquinante” della siderurgia europea. Tornando alle vicende di questi giorni, ti ricordo che il passo indietro di ILVA ne vale due in avanti (Riva come Lenin ?). Riassumendo i tre lavoratori, ti chiede ancora il consenso di investire una enorme quantità di denaro, 700 milioni di euro, per la costruzione della quarta centrale nel nostro territorio solo per ridurre i costi dell’acciaio e non come tu affermi, nella lettera, occasione potenziale per migliaia di posti di lavoro e per un minor impatto ambientale. Come non comprendere, infine, che la siderurgia, l’energia, il metano sono grandi occasioni di arricchimento per le imprese e solo briciole è per la gente che direttamente ed indirettamente è al loro servizio ? Per capirci meglio è il “mercato” che determina il sito di un investimento non la volontà politica che se innovativa lo corregge od ostacola. Esempio è il rigassificatore a Taranto ed anche la chiusura dell’area a caldo di Genova, il suo trasferimento senza alcun vantaggio occupazionale a Taranto per le condizioni favorevoli determinate dal suo porto e dalla subalternità politica ai poteri economici di chi qui gestisce le istituzioni a differenza di Genova e della Liguria.
Per questo, caro Presidente, su Taranto e l’ILVA ti sbagli.
In questi giorni ti presenteranno il conto delle tre riassunzioni dei lavoratori licenziati secondo copione. L’autunno sarà per i lavoratori ed i sindacati come sempre duro, ma anche la tua primavera rischia di volgere rapidamente al termine.


.

Giancarlo GIRARDI  giricarlo at libero.it