Ora sappiamo che l'Ilva di Taranto inquinerà di più: lettera al Corriere del Giorno



--- Lettera al Corriere del Giorno ---

Gentile direttore,
ho letto "Ilva: Genova-Taranto due realtà opposte", un articolo di Luisa Campatelli sul Corriere del Giorno del 9 novembre 2005.

Nell'articolo si evidenzia - dati alla mano - che si stanno delineando due Ilva, una relativamente più "pulita" a Genova (nello stabilimento di Cornigliano) e una sempre più "sporca" a Taranto. Scrive Luisa Campatelli: "La chiusura dell'area a caldo di Cornigliano sta già penalizzando Taranto sotto il profilo ambientale. Nello stabilimento ionico sono già state trasferite le quote di produzione cancellate a Genova. E altre ne arriveranno man mano che il processo di riconversione andrà avanti".

La questione è di una evidenza che sconcerta. La conclusione di Luisa Campatelli è un grido d'allarme alla città che, se cadesse nel vuoto, metterebbe in luce purtroppo l'inconsistenza morale e civile di una gran parte della classe politica e sindacale che si confermerebbe non come classe dirigente ma come classe inetta e collusa. Conclude infatti l'articolo del Corriere: "Morale della favola: a Cornigliano si sta creando il siderurgico “pulito”, a Taranto si sta consolidando quello “sporco” degli altoforni che sputano veleno 24 ore su 24 (fatevi raccontare da qualche operaio in che condizioni è l'Acciaieria 1)".

Vorrei esprimere un grazie di cuore a Luisa Campatelli per aver scritto questo bellissimo articolo sull'Ilva, come pure esprimo un apprezzamento al Corriere del Giorno per essere, con giornalisti bravi e attenti, in un certo modo "supplente" di quei politici e sindacalisti tanto silenti su questioni così rilevanti per il futuro della nostra città quanto chiassosi sulle beghe interne o di schieramento. Forse non lo sapete ma l'articolo del Corriere ma sta facendo il giro di Internet. Le cose di buona qualità non passano inosservate. Come pure non passa inosservata la denuncia.

Questa mia lettera non è però una semplice lettera di cortesi elogi. La questione è invece altra: è la questione della solitudine.

Ogni tanto i giornalisti vanno incoraggiati perché si sentono il vuoto attorno e pensano che sia del tutto inutile ciò che fanno per sollevare il problema della tutela della salute e per darne informazione. E' la stessa sensazione che abbiamo noi - attivisti della società civile - dopo che lanciamo un appello. I silenzi ti fanno pensare tutto il male possibile dei politici, dei sindacalisti, di Taranto e dei suoi cittadini. Ma poi ci si accorge che il passimismo è una brutta bestia e che nell'incontro con le persone si aprono spiragli di speranza. E trovi uomini e donne per bene ovunque, anche dove non te lo aspetti. Persone per bene ma isolate, affogate in una melmosa abitudine al silenzio. Quell'abitudine al silenzio che portò per millenni l'uomo del neolitico a non scrivere nulla. Ecco: Taranto stenta ad uscire dal neolitico. Nelle scuole si rimproverano gli studenti se scrivono la è senza l'accento ma poi scopri che centinaia di insegnanti di Lettere non scrivono neppure quella e non inviano una sola lettera ai giornali per rendere manifesto il proprio pensiero. Ma forse siamo tutti vittime di una malattia che ci corrode dentro: uno strisciante senso di rassegnazione. In questa Taranto del neolitico e del silenzio, tuttavia, la speranza non muore. Infatti scopri che, oltre il silenzio dell'apparente rassegnazione, c'è gente che ti incoraggia e ti sorride. E capisci che non tutto è perduto. E quindi questo è il segnale che la lotta continua, perché questa strana città, per quanto silenziosa, non smette di apprezzare chi tiene alta la bandiera dell'impegno civile e dell'informazione veritiera. E' questa l'unica strada, in salita (tremenda salita), che ci porterà - mi auguro - ad avere una politica più alta, una rappresentanza sindacale più adeguata e una partecipazione sociale proporzionale ai drammatici problemi di questa apparente "città del silenzio".
Cordiali saluti

Alessandro Marescotti
PeaceLink


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