Taranto: criticato il patto d'intesa di Provincia e Comune con l'Ilva



Inquinamento industriale a Taranto: raddoppiati i tumori negli ultimi trent'anni (circa 1.200 decessi l'anno). Sotto accusa da parte degli ambientalisti il patto d'intesa di Provincia e Comune con l'Ilva

TARANTO - L’Ilva di Taranto immette nell’atmosfera un quantitativo di diossina pari all’8,8% del totale europeo, ma non esiste in città alcun sistema di monitoraggio dell’inquinamento da diossina. Rispetto al totale delle emissioni nocive europee l’Ilva di Taranto incide per il 6,2% per gli Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici), notoriamente cancerogeni. I morti per neoplasie a Taranto sono più che raddoppiati dal 1971 al 1996 e, sulla base dei dati del Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto relativi al quadriennio 1998-2001 nella provincia jonica, si registrano circa 1.200 decessi annui, dati che “collocano Taranto, per le neoplasie tutte, fra le Aree del Sud-Italia a maggiore incidenza e per le neoplasie polmonari ben oltre la media nazionale”.

Sono questi alcuni dati emersi nella tavola rotonda tenutasi il 22 aprile presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto e organizzata dall’associazione TarantoViva. Le associazioni ambientaliste locali si sono confrontate con esperti in campo ambientale come Emidio Loperfido, consulente per la Provincia nel settore ecologico, Michele Conversano, direttore del Dipartimento di prevenzione della ASL di Taranto, Luigi Lopez, presidente del Corso di Laurea in scienze ambientali a Taranto, Lorenzo Liberti, preside della Facoltà di Ingegneria di Taranto e il pubblico ministero Franco Sebastio, che ha portato più volte l’Ilva di Taranto in tribunale.

Ma è stata proprio l’Ilva la grande assente dell’incontro. “Anche le autorità politiche che hanno firmato il patto d’intesa con l’Ilva sono purtroppo assenti. Siamo imbarazzati, mancano proprio i nostri interlocutori”, ha lamentato Gianluca Scafa, animatore di TarantoViva. Michele Conversano, firmatario di due perizie che sono costate due condanne all’Ilva, ha rilevato che dall’inizio dell’anno è stato superato per 21 volte il tetto massimo di PM10, le polveri sottili responsabili in Italia di una mortalità superiore del 4,7% (circa 3472 vittime stimate ogni anno). La nuova normativa prevede massimo 35 superamenti annui della soglia di 50 microgrammi.

Al centro dell’attenzione della tavola rotonda c’era in particolare il recente “patto d’intesa” con il quale il Comune e la Provincia di Taranto hanno raggiunto un compromesso dopo una lunga stagione di lotte che avevano mobilitato la città, giungendo alla chiusura delle batterie 3-4-5-6 della cockeria Ilva e a due condanne (in primo e in secondo grado) per inquinamento da polveri.

Il “patto d’intesa” non è piaciuto agli ambientalisti tarantini, che hanno visto in esso una sorta di “tradimento” della Provincia (governata dal centrosinistra) e del Comune (governato dal centrodestra), enti che in origine si erano costituiti parte civile e che si sono ritirati dal processo proprio ora che si attende la sentenza della Cassazione. Ma il “patto d’intesa” non è stato apprezzato neppure dagli esperti – come il prof. Luigi Lopez - in quanto non prevede la copertura dei parchi minerali che sono una delle principali cause di inquinamento a Taranto. “A Taiwan i parchi minerali sono coperti, a Taranto no”, ha osservato Michele Conversano, che ha aggiunto: “L’unico che aveva fretta a fare un patto d’intesa era Riva. Noi come cittadini avevamo tutto l’interesse ad aspettare la sentenza della Cassazione e fare un atto di intesa da una posizione di forza”. Il PM Franco Sebastio ha voluto sottolineare che il diritto alla salute e alla vita è “costituzionalmente un diritto assoluto che non è suscettibile di contemperamenti e di limitazioni”, a differenza del diritto di proprietà privata e di libera impresa.

Interi quartieri adiacenti all’Ilva di Taranto hanno una esposizione alle polveri minerali pari a 250 grammi annui per metro quadro, provenienti dai parchi minerari dell'Ilva.

Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink, ha fatto notare che le centraline registrano costantemente nel quartiere Tamburi (a ridosso dell’Ilva) “un picco di PM10 tra le ore 2 e le ore 3 del mattino, indice che con il buio c’è chi riversa nell’atmosfera impunemente ciò che di giorno ad occhio nudo desterebbe troppo allarme”.

Giovanni Matichecchia, portavoce di Tarantosociale, ha segnalato il rischio di inquinamento radioattivo dovuto al passaggio di sottomarini a propulsione nucleare.

Il movimento contro l’inquinamento a Taranto è nato da persone e associazioni tarantine come Legambiente, PeaceLink, Wwf, Attac, riunitesi attorno al sito web di coordinamento tarantosociale.org e TarantoViva, associazione quest’ultima formata da tarantini che vivono e lavorano in altre città d’Italia.

(D. M.)
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