Taranto, la base più grande



Taranto, la base più grande

Inaugurata ieri dal ministro Martino: da qui partiranno le truppe per le zone di crisi. La prima esercitazione Nato simulerà l'affondamento di un sommergibile nucleare. Protestano i pacifisti: «Meno militi, più mitili»

ORNELLA BELLUCCI

TARANTO. Diciannove anni di lavori e oltre 100 milioni di euro, parte dei quali concessi dalla Nato. Questi i numeri della nuova base navale di Taranto, la più grande infrastruttura militare del dopoguerra, inaugurata ieri mattina a Chiapparo dal ministro della difesa Antonio Martino. Decine di unità d'altura ormeggiate alle nuove banchine hanno fatto da cornice alla cerimonia, ricordata anche da un francobollo speciale delle Poste. La struttura, che si estende su 60 ettari, comprende 20 banchine, un eliporto, chilometri di strade, un parcheggio, una mensa e una sorta di cittadella dormitorio per chi ci lavorerà. Quanto alle aree a mare, al progetto originario si aggiungono due darsene, quattro pontili, due banchine e impianti di depurazione. Stando alla documentazione apparsa sul sito del Pentagono, è dall'ottobre 2002 che la base di Chiapparo è diventata comando Nato nonché deposito Usa. Ma presto, a pochi chilometri dal porto commerciale, il governo ne battezzerà un'altra, in cui dovrebbe essere trasferita la IV flotta statunitense ora di stanza a Gaeta. «Taranto vede confermato il suo ruolo di principale base navale del paese - dice entusiasta Martino - Abbiamo a cuore l'importante aliquota di personale di stanza qui, professionalità che assicurano alla Marina di rispondere ai gravosi compiti cui è chiamata». Quali siano è l'ammiraglio Sergio Biraghi a spiegarlo. «Le unità operative - dice - continueranno a salpare da qui per tutti i teatri di crisi. Pronte a contrastare il terrorismo internazionale, il rischio di produzione di armi di distruzione di massa e l'immigrazione clandestina».

Molte le associazioni, i gruppi e i singoli che, davanti alla base, hanno contestato l'evento fronteggiate da uno spropositato sbarramento di forze di polizia. Tra gli altri, il comitato dei due no (al nucleare e a ogni insediamento militare), in cui confluiscono diverse sigle pacifiste (Legambiente, Wwf, Peacelink, Taranto Sociale, Chiesa Valdese, Pax Christi, Attac), la Cgil e la Fiom, Cobas e Slai Cobas, Network per i diritti globali, comboniani, scout, il comitato contro il nucleare di Scanzano, quello dei genitori dei militari caduti in tempo di pace e delle donne contro la guerra. Molti i lavoratori dell'arsenale e dell'Ilva. Assenti i partiti politici della sinistra, in particolare i Ds che si sono limitati a chiedere trasparenza sul rapporto tra insediamenti militari e territorio. Rifondazione Comunista invece aveva tenuto un presidio alla vigilia dell'inaugurazione, in concomitanza con il gran concerto della banda della Marina. Il sit-in del comitato Città vecchia, che contestava il concerto, è stato invece sciolto dalla polizia. «Meno militi, più mitili». «Taranto città di pace». «Via le truppe dall'Iraq». Queste alcune delle scritte apparse sugli striscioni srotolati davanti alla nuova base. «Le servitù militari ci schiacciano», dice Salvatore Di Corato della Fiom, che rivolge un appello al sindaco perché tenga fede all'impegno assunto con gli elettori di dismettere le aree militari. «La militarizzazione non porterà alcun vantaggio economico - continua Salvatore Stasi dei Cobas - e ci sarà sempre meno agibilità per le lotte sociali».

Intanto la prima esercitazione Nato a Chiapparo è già stata pianificata. A quanto rivela Peacelink, il 25 giugno del 2005 nella rada di Mar Grande sarà simulato l'affondamento di un sommergibile. Obiettivo, il salvataggio dell'equipaggio. «Non si può escludere che coli a picco - dice il portavoce dell'associazione Alessandro Marescotti - In quel caso sarebbe impossibile affrontare l'emergenza». Nel 2000 Massimo Ostillio, allora sottosegretario alla difesa, dichiarò che «in caso di incidente, l'azione da intraprendere sarebbe stata l'allontanamento dell'unità coinvolta». Ma l'eventualità dell'affondamento non fu considerata. Eppure è proprio sull'affondamento che verterà la prima esercitazione in rada. Curioso come ieri mattina tra i pacifisti circolasse un appello firmato nel 1986 dal comitato cittadino per il disarmo, Taranto libera da armi atomiche, batteriologiche e chimiche. «Erano altri tempi - racconta Loredana Flore, dell'associazione per la pace - Raccogliemmo più di 10 mila firme, ci fu un referendum consultivo e l'allora giunta comunale dichiarò Taranto città operatrice di pace». Formalmente lo è anche oggi, secondo il primo articolo dello statuto comunale.


il manifesto - 26 Giugno 2004