editoriale di Chomsky su PeaceLink



Cari amici,
molti di voi avranno trovato sul web di PeaceLink l'editoriale scritto da Chomsky sui barbari e abominevoli atti di terrorismo contro cittadini americani inermi e innocenti. E' una sorta di esclusiva per l'Italia che la nostra Sabrina Fusari ha ricevuto da Chosmky per posta elettronica e che Sabrina ha tradotto per tutti noi.

Il testo che e' sul nostro sito contiene parole molto nette, dure. Durissime contro gli attentatori ma anche molto severe contro l'amministrazione americana, in quanto si paventa una strumentalizzazione a fini di guerra dell'immane tragedia che ha colpito il popolo americano.

Ci auguriamo che il testo non sia travisato nell'attuale spasmodica ricerca del "noglobal" da sparare in prima pagina con la scritta "ecco un antiamericano".

Chomsky lo si potra' criticare per non aver scelto le parole e il tono che si ispirano alla sensibilita' di ciascuno, e di fronte al dolore e all'orrore ognuno e' libero e ha diritto di scegliere le proprie parole.

Chomsky esprime il suo punto di vista di un intellettuale americano; gli si potra' fare ogni critica tranne quella di antiamericanismo, perche' Chomsky e' un docente universitario degli Stati Uniti, il maggior studioso di linguistica a livello mondiale, un intellettuale di indubbia fedelta' ai principi della liberta' e della democrazia.

Detto questo va aggiunto che il nostro sforzo di pacifisti nonviolenti e di persone intellettualmente libere e dotate di capacità critica sara' ora quello di rivendicare - dopo il momento unanime del cordoglio - la nostra indipendenza di giudizio sulle forme della punizione dei colpevoli, a partire dalla esigenza di un regolare processo che accerti, prove alla mano, l'effettiva colpevolezza dei presunti mandanti.

Ad una giustizia sommaria e vendicativa, tipica della guerra o delle rivoluzioni violente da cui anche gli ex partiti comunisti oggi prendono le distanze, occorre sostituire una giustizia "civile" che consideri come obiettivo primario l'accertamento della verita' e non la spettacolarizzazione della punizione (si pensi alle macabre fucilazioni negli stadi cinesi!) al fine di dimostrare alle masse la terribile onnipotenza e l'implacabilità di un potere ferito che desidera riconquistare un'immagine di forza di fronte a tutti.

Vorremmo che l'amministrazione americana si distinguesse appunto dalla Cina e non ideasse una fucilazione sommaria (moltiplicata all'infinito dalla potenza di fuoco dei bombardieri) in quegli stadi moderni che sono le rete televisive mondiali.

Come nonviolenti non condivideremo pertanto l'idea che ad atti estremi si debba rispondere con estremi rimedi e che a vittime innocenti sia inevitabile e tutto sommato giusto aggiungere altre vittime innocenti pur di colpire il presunto colpevole. Ecco perche' e' francamente inaccettabile il proclama di Bush con cui si annuncia la "prima guerra del nuovo secolo". No. Cio' che occorre non e' una guerra ma un'azione di polizia internazionale che veda concorde il mondo intero e le premesse per fare questo ci sono tutte. In una guerra la violenza mette nel conto l'uccisione di persone che non hanno alcuna colpa se non quella di appartenere ad un'altra nazione. Nell'azione di polizia (tralasciamo Genova...) la forza ha lo scopo di essere al servizio della giustizia e non della vendetta sommaria.

Cosi' come oggi di fronte al governo americano rivendichiamo la nostra contrarieta' alla pena di morte come mezzo di punizione del colpevole, cosi' pure domani rivendicheremo la nostra contrarieta' ad ogni azione che abbia come scopo la vendetta al posto della giustizia. Di fronte ad un potenziale inutile bagno di sangue futuro noi gia' da ora dobbiamo rivendicare un sistema di punizione che sia commisurato alla neutralizzazione dei colpevoli, evitando che a sangue innocente si aggiunga altro sangue innocente. I morti innocenti degli Stati Uniti non potremo rescuscitarli con la nostra rabbia, i futuri morti innocenti potremo evitarli invece con un fermo richiamo ai valori della nostra più valida tradizione culturale che derivano dai principi dell'illuminismo di Cesare Beccaria e quindi dal ripudio di ogni giustizia che si trasformi in desiderio di vendetta.

Dopo gli attentati si sono visti in TV dei festeggiamenti fra alcuni palestinesi (tristissima scena). Molti di noi hanno pero' anche sentito e visto di persona amici e parenti dire: "Uccidiamoli tutti", con chiari riferimenti agli arabi e alla loro fede religiosa. E' triste notare che non si riesca spesso a compiere un salto di civilta' nel combattere la barbarie. Abbiamo visto anche cartelli americani con la scritta: "PRESIDENT BUSH DECLARE WAR ON AFGANISTAN TONIGHT" ("Presidente Bush, dichiara buerra questa notte all'Afghanistan"). La foto, pubblicata da "Il Giornale" del 13/9/01, porta la data dell'11 settembre 2001 (erano passate solo a poche ore dall'attentato), quando neppure l'ultimo consigliere di Bush aveva un'ipotesi.

La giustizia non e' l'uccisione del Pacciani di turno sulla base di un sondaggio di opinione. E' ricerca paziente e faticosa come ha testimonianto la stessa giustizia americana con la sua "fatica" e lentezza nell'individuare - per di piu' sul territorio nazionale - gli effettivi mandanti dell'uccisione dei fratelli Kennedy.

La giustizia non e' sinonimo di rapidita', a diferenza della vendetta. La giustizia non e' spettacolare. Ecco perche' la nostra idea di giustizia non piace ad alcuni giornalisti che ci attaccheranno proprio per questo.

Ma noi non dobbiamo accettare di fare 400 anni di balzo all'indietro della civilta' emulando in questo gli ancor piu' barbari regressi dell'integralismo e del fanatismo.

Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it