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"Sommergibili nucleari: problemi di sicurezza e impatto ambientale"



Le città militarizzate a convegno a Taranto il 20 novembre 2004

La relazione che leggerà l'ingnegner Francesco Polcaro del CNR (con contributi di Zucchetti e Iannuzzelli) è reperibile su:

http://www2.polito.it/didattica/climatechange/Rapporto_Sommergibili.pdf
Titolo: "Sommergibili nucleari: problemi di sicurezza e impatto ambientale"

In questo lavoro, oltre ad una breve descrizione dei sommergibili nucleari dal punto di vista impiantistico, si faranno cenni anche all'utilizzo civile della propulsione nucleare per mostrane il totale fallimento, per poi passare ad una illustrazione e commento del poco  rassicurante record di incidenti nucleari o radiologici avvenuti a bordo o a causa di sommergibili nucleari. Lo studio comprende anche una descrizione di massima del recente incidente al sottomarino Hartford avvenuto al largo della base de La Maddalena nel 2003. La conclusione alla quale si giunge è che i sottomarini nucleari sono inevitabilmente sistemi "accident prone", ovvero che possono subire vari tipi di incidenti, anche molto gravi, con frequenza notevolmente maggiore rispetto ai sistemi nucleari civili.

Di fronte agli immensi rischi per le popolazioni derivanti dall'impiego di sommergibili nucleari, così ovvi che non possono essere sconosciuti agli Stati maggiori ed ai governi delle nazioni che li possiedono, viene quindi spontaneo chiedersi se il permanere in servizio di questi vascelli sia in qualsiasi modo inevitabile.

A questa domanda, si può rispondere con tre ordini di considerazioni diverse.

Sul piano puramente militare, è evidente che lo sviluppo dei sommergibili nucleari è stato dovuto solo alle esigenze della Guerra Fredda e della "Mutua Distruzione Assicurata" (MAD). Lo sviluppo della tecnologia nucleare, spinta dalla competizione tra USA e URSS, portò, nella seconda metà del XX secolo, a sviluppare ordigni sempre più potenti (prima nucleari e poi termonucleari) e sempre più numerosi (fino ad arrivare a decine di migliaia di testate nucleari per parte, molte delle quali di potenza equivalente a tutto l'esplosivo impiegato nel corso della Seconda Guerra Mondiale) ed ad una impressionante panoplia di vettori per condurli sul bersaglio. Nel giro di meno di dieci anni, apparve evidente sia agli USA che all'URSS che non vi era mezzo tecnico per impedire che, una volta che un attacco nucleare su vasta scala fosse stato lanciato, esso arrivasse sulla nazione attaccata, distruggendola completamente. L'unica soluzione era quindi quella della ritorsione: la nazione aggredita, scoperto di essere sotto attacco, prima di essere colpita avrebbe lanciato un contrattacco nucleare totale contro l'aggressore, che ne sarebbe stato a sua volta completamente distrutto. Questo Equilibrio del Terrore è stata la sola cosa che ha impedito lo scatenarsi di una guerra nucleare.

In questa logica, i sottomarini nucleari armati di missili balistici avevano un ruolo fondamentale: a differenza dei missili con basi a terra, che potevano in teoria essere distrutti da un attacco di sorpresa, e dei bombardieri strategici, che potevano essere intercettati ed abbattuti, la loro capacità di rimanere in immersione a grandi profondità, in continuo movimento ma sempre in posizioni sconosciute al nemico, li rendeva invulnerabili ad ogni possibile attacco preventivo e quindi sempre pronti ad un attacco di ritorsione totale, qualsiasi fossero stati i danni inferti alla loro patria. Per questo motivo, essi erano certamente un elemento stabilizzante nell'Equilibrio del Terrore.

Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e della stessa URSS, questa loro funzione è venuta completamente a mancare: non esiste infatti attualmente al mondo, e non esisterà per lungo tempo, nessun paese che possa infliggere all'unica superpotenza rimasta un colpo di una tale gravità da rendere impossibile una sua reazione nucleare intollerabile, messa a segno con missili intercontinentali e con bombardieri strategici. D'altra parte, i sommergibili nucleari armati di missili, anche se possono essere riconvertiti ad altri compiti, come il lancio di missili da crociera nell'ambito di campagne locali, non sono certo il mezzo più adatto a questo tipo di conflitto. In queste guerre locali infatti, la capacità di navigare in immersione non porta ad alcun vantaggio, dato che il nemico non ha certo la forza per attaccare preventivamente chi sta per colpirlo. I missili cruise che si intende impiegare possono quindi essere lanciati, e con una facilità molto maggiore, da navi di superficie, da aerei o da basi a terra, senza l'aggiunta dei costi, fortissimi e completamente inutili, di farli partire da sotto la superficie marina. Per i sommergibili d'attacco d'altra parte la grande autonomia non è certo una caratteristica particolarmente apprezzabile: dato il loro impiego prevalentemente tattico, essi hanno al contrario tutto da guadagnare da missioni brevi, che non mettono a durissima prova l'equilibrio psichico dell'equipaggio e quindi la sua capacità di una massima concentrazione nell'esecuzione della missione. E' infatti ben noto che i lunghi periodi di assoluto isolamento degli equipaggi dei sommergibili nucleari sottopongono ad un gravissimo stress i loro marinai ed i loro ufficiali (questo problema psichico dovuto all'isolamento in piccole comunità è ormai noto in psichiatria proprio con il nome di "sindrome del sommergibile") ed hanno costituto in passato, quando era effettivamente necessario che questi vascelli rimanessero in immersione per mesi al fine di adempiere alla loro funzione strategica, uno dei problemi più gravi di queste armi, mai completamente superato. Dal punto di vista puramente militare, si può quindi ben dire che i sommergibili nucleari sono solo residuati della Guerra Fredda.

Dal punto di vista politico, per altro, superata la fase nella quale possedere un sottomarino a propulsione nucleare costituiva in pratica per una nazione uno "status symbol" di grande potenza, la gestione di questi vascelli è solo fonte di problemi con la propria popolazione (ed infatti vengono fatti tornare in patria il meno possibile, arrivando a sostituire gli equipaggi nelle basi all'estero, trasportandoveli in aereo) e di tensioni internazionali.

Purtroppo, l'unica ragione per la quale i sottomarini a propulsione nucleare sono ancora operativi è un problema economico. Il disarmo di una nave a propulsione nucleare è, infatti, costosissimo e, dato che quando un vascello militare è posto in disarmo la sua gestione passa dalle autorità militari a quelle civili, andrebbe a gravare su bilanci statali sempre più carenti, anche negli Stati Uniti. In più, il fatto stesso di passare sotto il controllo civile rende non più eludibile tutta la normativa di sicurezza ambientale, che poteva essere quasi completamente ignorata finché il reattore nucleare restava sotto il controllo militare [1] e ciò aggrava ulteriormente il costo della demolizione.

In definitiva, è ragionevole sospettare che, se i sottomarini a propulsione nucleare restano tuttora in servizio, ciò sia dovuto prevalentemente al fatto che non ci sono i soldi per smantellarli. Naturalmente, finché essi restano operativi, è anche ovvio che essi vengano impiegati, anche se le operazioni che essi compiono attualmente sarebbero più agevolmente affidabili a naviglio di superficie, dato che buona parte delle loro spese correnti di gestione sono in ogni caso ineludibili. Dato poi che si tratta in ogni caso di ordigni bellici, non utilizzabili per nessun altro fine, è anche ovvio che essi vengano concentrati principalmente nelle aree di massima tensione e queste, attualmente, sono tutte concentrate sulla parte meridionale del Mare Mediterraneo. Dobbiamo quindi attenderci che buona parte dei sommergibili nucleari esistenti verranno a concentrarsi nei prossimi anni in questo mare e sarà quindi nel Mediterraneo che avverranno la maggioranza degli incidenti che inevitabilmente li coinvolgeranno. Peccato che l'Italia vi si trovi proprio in mezzo!

Non neghiamo che, come pacifisti, non nutriamo alcuna simpatia per i sistemi darma ed in particolare per quelli che, come i sottomarini, sono stati sviluppati, fino dal loro esordio nella Prima Guerra Mondiale, essenzialmente come mezzi d'attacco. Ricordiamo che, soprattutto a seguito dello sdegno che seguì all'affondamento del transatlantico "Lusitania" avvenuto il 7 maggio 1915 a sud dell'Irlanda ad opera del sommergibile tedesco U20 [2], nelle trattative che portarono alla firma della Protocollo di Ginevra del 1925 sulla condotta delle operazioni belliche, si era discusso della possibilità di includere i sottomarini nel novero delle "armi proibite". Non se ne fece nulla, perché ormai tutti gli ammiragliati del mondo erano divenuti entusiasti sostenitori di quest'arma che poteva colpire il nemico di sorpresa [3]. Si mostrerà però come, se i governanti e gli stati maggiori vogliono che sommergibili con certe caratteristiche militari continuino ad esistere, vi sono, dal punto di vista tecnico,  valide alternative alla propulsione nucleare anche per questo tipo di vascelli. Se è ancora troppo presto perché l'umanità abbandoni questo tipo di arma, almeno si eviteranno gravi ed inutili rischi e sofferenze ai civili ed agli stessi equipaggi dei sommergibili in tempo di pace.

 


[1] Si mostrerà che questa è la principale ragione che rende i sottomarini nucleari così soggetti agli incidenti

[2] nel quale morirono 1.152 dei 1.916 passeggeri civili imbarcati sulla nave inglese

[3] Ricordiamo il truce inno della famigerata "X MAS" fascista: "Rapidi ed invisibili, partono i sommergibili"