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Siamo tutti iraqeni
- Subject: Siamo tutti iraqeni
- From: lanfranco caminiti <lanfranco@apolis.com>
- Date: Mon, 10 May 2004 10:45:43 +0200
Siamo tutti iraqeni
lanfranco caminiti [www.lanfranco.org]
Nous sommes tous Américains, scrisse Jean-Marie Colombani, direttore di
"Le Monde", all'indomani dell'11 settembre. De Bortoli, direttore del
"Corriere delle Sera", riecheggiò. Quasi un manifesto, una dichiarazione
di principio, molto più che l'evidente pietà per i morti: il bisogno di
reagire alla paura, all'ignoto, al sorprendente, all'orribile. Un
istinto "umano" prima ancora che politico. Come se dalle tenebre fosse
uscito un diabolico mostro, Behemoth, come se si fossero spaccati i
cieli per la collera divina. Ma quelli erano innocenti. Ma noi siamo
innocenti. Stringersi assieme. Noi stessi, qui in Europa, eravamo come
colpiti, come scavando tra le macerie delle Torri gemelle, ci
riorganizzavamo. Stand up. In piedi.
Poi, le bombe dell'11 marzo a Madrid. Di nuovo attoniti, di nuovo
vicini, in piedi: Hoy somos todos españoles. Quasi un manifesto, una
dichiarazione di principio. La nostra "cultura dell'innocenza", che si
incarna in un principio giuridico ma lo esubera in un "principio
ordinatore" di vita, ci sorreggeva, come ci sorregge quotidianamente,
sovrappensiero. Si consolidava anzi.
Nessuno è innocente, è questo il principio discriminante della bomba
indiscriminata. Ciascuno è colpevole, ciascuno sa, ciascuno fa finta di
non vedere, distrae lo sguardo e il pensiero. Gli occidentali sanno, si
ingrassano, si abboffano sull'espropriazione e la violenza. E' questo il
"principio ordinatore" della violenza fondamentalista. Gli occidentali
sanno. Tutti, indiscriminatamente.
Il volto stolido della soldatessa Lynndie, della torturatrice della
porta accanto, è il nostro stesso volto. Adesso tutti sanno, adesso
tutti sappiamo. Nel buco del culo del mondo, dove non si posa lo
sguardo, nella prigione di Abu Ghraib, dove si giocava davvero la
partita tra la "civiltà" dell'occidente e il terrorismo fondamentalista
o il totalitarismo, non 'è soluzione di continuità.
Qual è, dov'è la differenza tra il torturatore "amatoriale" americano e
il torturatore "professionista", di Saddam Hussein, d'un qualunque
dittatorello di merda, d'un qualunque pazzo delirante di potenza?
Le torture sistematiche sono gli "effetti collaterali" d'una guerra o
d'una operazione di polizia. Noi italiani brava gente, figurarsi,
abbiamo la nostra Bolzaneto. Prima avevamo le nostre foto delle
splendide operazioni della Folgore in Somalia. Un dossier. Uno
"scandalo", uno scoop.
Forse davvero siamo tutti americani.
Saremmo anche iraqeni. Dovremmo essere. Quasi un manifesto, una
dichiarazione di principio. In quelle orribili immagini c'è una
"passione" per tutti noi, un principio di salvezza.
Roma, 10 maggio 2004