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QUANDO GLI ELEFANTI SCHIACCIANO L'ERBA: il viaggio (in Cecenia) di Carlo (Gubitosa)
- Subject: QUANDO GLI ELEFANTI SCHIACCIANO L'ERBA: il viaggio (in Cecenia) di Carlo (Gubitosa)
- From: "elisabetta caravati" <elisabettacaravati@libero.it>
- Date: Wed, 24 Mar 2004 15:53:21 +0100
"Viaggio in Cecenia" un libro di Carlo Gubitosa con prefazione di Giulietto
Chiesa - in edicola dal 20 marzo per due settimane -
Una guerra, probabilmente, quasi mai si puo' spiegare razionalmente, ma un
giornalista dovrebbe andare al di la' della semplice narrazione cronologica
degli eventi; un giornalista dovrebbe chiedersi e documentarsi (per poi
spiegare agli altri) i perche' di una guerra.
Carlo Gubitosa, in questo libro, fa del suo meglio per raccontarci cio' che
ha visto, vissuto e capito durante il suo viaggio in Cecenia; fa del suo
meglio per raccontarci quello che, nella prefazione del libro, Giulietto
Chiesa definisce un "matrimonio impossibile". Un matrimonio tra coniugi
diseguali che si odiano di un odio ormai mortale. Nove anni di guerra di
massacri di violenze da entrambe le parti, fino ad arrivare al punto che,
ognuno delle due parti, quando accusa l'altra, mette anche se stessa al
banco degli imputati.
"Quando due elefanti combattono, chi soffre e' l'erba" dice un proverbio
africano. L'erba e' il popolo ceceno schiacciato dall'esercito russo e dal
terrorismo interno. Da una parte l'esercito russo (composto da gente colta,
che siede al vertice del governo del mondo, vive nel benessere ed e'
appoggiato dai paesi occidentali) che manda a morire i propri figli per il
controllo di un territorio e dall'altra un "esercito" di criminali e banditi
(che affonda le proprie radici in una realta' di miserie umane) che nasconde
i propri interessi ed i propri traffici dietro alla sofferenza di un popolo.
Da un'altra parte ancora la nostra indifferenza (l'erba e' un popolo al
quale la "civilta' occidentale dei diritti umani" non sa o non vuole dare
una risposta).
Le cause di questo violento conflitto armato sono molteplici e sarebbe
sbagliato semplificare il tutto ad una guerra "partigiana" per la
rivendicazione dell'indipendenza del proprio Stato.
Lo scioglimento dell'Unione Sovieta, la "privatizzazione" dell'economia,
l'assenza di ordine e di controllo ha favorito pochi a discapito di molti.
Nella regione del Caucaso, i vertici del Cremlino, in cambio del sostegno al
loro potere, hanno chiuso un occhio sulla gestione, da parte dei clan
locali, delle attivita' piu' redditizie: banche, petrolio, armi, droga,
caviale, alcol, tabacco.
L'esercito ufficiale si e' frammentato in piccole bande armate dove vi sono
gruppi moderati sinceramente indipendentisti, gruppi che nascondono i loro
traffici mafiosi dietro alla lotta per l'indipendenza e milizie legate al
fondamentalismo islamico. Ci sono giovani ceceni attratti dal
fondamentalismo islamico, perche' sperano di trovare li', oltre che uno
stipendio, quell'ordine, quella sicurezza e quella stabilita' che non
riescono a trovare altrove; ma questi ragazzi ceceni non sanno che le loro
aspirazioni saranno tradite e strumentalizzate e che porteranno soltanto
altra violenza, altre guerre. La Russia, dal canto suo, sa che rinunciare
alla Cecenia, vorrebbe dire, oltre che perdere un territorio di grandissima
importanza strategica, dare il "cattivo esempio" ad altre regioni che
potrebbero chiedere anch'esse il distacco dalla Federazione. E poi (o forse
prima) nel Caucaso c'e' il petrolio e la Cecenia e' un territorio di
fondamentale importanza, un punto di passaggio che la Russia non puo'
permettersi assolutamente di perdersi. Ma la guerra in Cecenia, oltre a
tutto il resto, vuole essere forse un modo per distogliere l'attenzione dai
gravi problemi interni (instabilita', assenza di ordine, corruzione) che
affliggono la Federazione; e cosi' l'ondata di attentati e la guerra al
terrorismo "servono" anche a Vladimir Putin, ad esempio.
Carlo Gubitosa ha ascoltato ceceni profughi in Inguscezia; ha guardato negli
occhi soldati russi poco piu' che bambini, soldati che ha saputo poi, essere
stati picchiati dagli ufficiali di grado superiore e rinchiusi per giorni in
gabbie simile a quelle dello zoo; ha osservato i papaveri di un campo
schiacciati dai cingoli dei carri armati russi ed ha pensato alla "guerra di
Piero" di De Andre'; ed ha capito, un'altra volta ancora, che ogni singola
persona puo' fare qualcosa per far fare un piccolo passo indietro alla
violenza, prendendosi a cuore una situazione, anziche' girare la faccia
dall'altra parte!
Carlo Gubitosa ci narra il suo viaggio; analizza la tragica situazione di un
popolo, denuncia la violazione dei diritti umani compiuta sia dall'esercito
russo che dalle milizie cecene, e tristemente afferma che le sofferenze del
popolo ceceno dipendono anche (dalla sua, dice lui, ma io credo che sarebbe
meglio dire) dalla nostra indifferenza.
elisabetta caravati