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Newsletter Numero 5
Comitato Piazza Carlo Giuliani o.n.l.u.s
Newsletter Numero 5 - Febbraio 2004
- I processi di Genova;
- Le iniziative di solidarietà del Comitato;
- 20 marzo 2004: la giornata per la pace.
Il Comitato Piazza Carlo Giuliani
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COMITATO PIAZZA CARLO GIULIANI o.n.l.u.s.
NEWSLETTER NUMERO 5 - FEBBRAIO 2004
APPELLO
Il 2 Marzo prossimo saranno processati a Genova 26 manifestanti tra i molti
che hanno partecipato al contro G8 del 2001.
Alcuni di loro hanno tirato sassi contro le vetrine.
Alcuni stavano a guardare.
Alcuni hanno tirato sassi contro le forze dell'ordine.
Tre erano in piazza Alimonda, come Carlo.
Tutti devono rispondere di devastazione e saccheggio, e per questa
imputazione rischiano svariati anni di carcere.
Abbiamo visto i filmati che riprendono nelle piazze e nelle strade di
Genova carabinieri, poliziotti, guardia di finanza mentre manganellano,
feriscono, prendono a calci, rompono braccia, gambe, denti, mascelle, teste
di manifestanti inermi: nessuno di loro è indagato; solo "quelli" della
Diaz e di Bolzaneto (ma non tutti, date le difficoltà di riconoscimento)
saranno chiamati a rispondere di qualcosa, ma intanto si parla di
trasferire il procedimento a Torino, quindi di ricominciare tutto daccapo,
con altri viaggi, altre difficoltà per chi ha sporto denuncia.
Non credo sia nostro compito giudicare le singole azioni degli uni o degli
altri. Il problema sta a monte, nella responsabilità politica e nella
gestione dell'ordine pubblico. Il problema è che, da parte della
magistratura e dell'informazione, non si è mai voluto prendere in esame la
dinamica complessiva degli "incidenti" di quelle due giornate: la teoria
secondo la quale le violenze dei manifestanti hanno provocato le
"esagerazioni" da parte delle forze dell'ordine è totalmente falsa, lo
sappiamo ma nessuno lo dice.
In quei giorni sono state compiute ingiustizie insopportabili.
Staremo in silenzio mentre se ne compiono altre?
Staremo in silenzio mentre dei ragazzi verranno buttati in galera come
delinquenti o terroristi?
E cosa diremo poi agli altri, a tutti quei giovani che vogliono credere
nella giustizia?
La mamma di Carlo
Ai 300.000 di Genova,
ai portavoce del Genoa Social Forum,
a tutti i democratici
Il 2 marzo comincia il processo contro 26 manifestanti. Sono accusati per
episodi diversi ma a tutti viene contestato un reato gravissimo che si
chiama "devastazione e saccheggio". Comporta una pena minima di otto anni.
Otto anni. Più di quanti se ne infliggano normalmente a uno stupratore. Non
crediamo che sia compito nostro giudicare le singole azioni degli uni e
degli altri. Ma è compito nostro impedire che si arrivi a una sentenza
esemplare, con pene altissime, sproporzionate rispetto agli stessi episodi
che il dibattimento dovrà dimostrare, e un gruppo di persone sbattute in
galera per coprire le responsabilità politiche e operative di chi gestì
l'ordine pubblico nei giorni del G8.
Per queste ragioni vi chiediamo di venire a Genova il 28 e 29 febbraio e il
2 marzo, per le iniziative organizzate dai nostri comitati. E' qualcosa che
vi riguarda. Vi chiediamo di portare a Genova la memoria di quei giorni, il
racconto di ciò che avete fatto, visto, subìto, delle scelte che avete
compiuto; vi chiediamo di portare a Genova la vostra indignazione per le
ingiustizie compiute in quei giorni e la vostra voglia di battervi affinché
la verità sia rispettata nei tribunali e nella società.
Nel fine settimana porteremo in piazza tutta la storia del G8: la Diaz,
Bolzaneto, Forte San Giuliano, piazza Alimonda, l'assalto al corteo in via
Tolemaide, le aggressioni a piazza Manin e in corso Italia. Parleremo dei
diritti civili, di una petizione per migliorare le leggi dello Stato. Il 2
marzo ci piacerebbe attraversare Genova con la "carovana di pace" che il 20
marzo raggiungerà Roma. Ci piacerebbe che la carovana, prima di arrivare a
piazza De Ferrari, passasse dalla caserma di Bolzaneto, davanti alla scuola
Diaz, in piazza Alimonda. Sono alcuni dei luoghi del G8: vi sono accadute
cose che hanno indignato il mondo e che non devono accadere in un mondo di
pace e di giustizia.
Vorremmo vivere queste tre giornate con la forza delle nostre ragioni,
senza esporci alla minima provocazione, senza rischiare contatti con chi
probabilmente farà in modo di blindare la città. Non ci interessano, perché
non ci convincono: abbiamo il vantaggio di non avere nulla da nascondere e
molto, moltissimo da dire.
Vi aspettiamo.
Haidi Giuliani, Comitato Piazza Carlo Giuliani
Lorenzo Guadagnucci, Comitato Verità e Giustizia per Genova
Sabato 28 febbraio - ore 11
Sala Rossa di Palazzo Tursi, via Garibaldi
Seminario: "MAI PIU' COME AL G8"
Rilancio, in vista degli ultimi mesi di raccolta firme (la conclusione è
prevista per luglio 2004, in coincidenza col terzo anniversario dei fatti
di Genova), della petizione "Mai più come al G8", promossa dal Comitato
Verità e Giustizia per Genova e dal Comitato Piazza Carlo Giuliani.
La petizione si rivolge ai presidenti di Camera e Senato per chiedere una
rapida discussione di alcuni progetti di legge già presenti in parlamento,
tutti legati ai fatti del luglio 2001.
I progetti chiedono:
- introduzione del reato di tortura;
- targhette di riconoscimento su caschi e divise degli agenti in servizio
d'ordine pubblico;
- formazione a tecniche e principi della nonviolenza per gli appartenenti
alle forze dell'ordine;
- messa al bando dei gas nocivi (CS) usati contro i manifestanti;
- commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti di Napoli e Genova.
Intervengono: parlamentari, esponenti delle associazioni e dei sindacati
che sostengono la petizione.
A seguire: presentazione dei libri di Marco Poggi, già infermiere nella
caserma di Bolzaneto ("Io l'infame di Bolzaneto"), e di Enrica Bartesaghi
("Genova, il posto sbagliato"), presidente del Comitato Verità e Giustizia
per Genova.
Sabato pomeriggio - ore 16 Piazza De Ferrari
AZIONE DI INFORMAZIONE E DENUNCIA PER STRADA
Alcuni dei partecipanti indosseranno dei cartelli con la descrizione delle
violenze subite (uno per uno) dai 93 della Diaz, dalle decine di persone
passate per Bolzaneto, dai tanti aggrediti durante i cortei e per strada.
A seguire (luogo da definire): monologo teatrale di Riccardo Lestini "Con
il tuo sasso"
Domenica 29 febbraio - ore 11
Sala Cambiaso, salita S. Francesco 4
"PENA MINIMA OTTO ANNI". Convegno giuridico sul reato di devastazione e
saccheggio.
Introdotto prima della guerra, è stato raramente applicato. Infligge pene
pesantissime: da 8 a 15 anni. Fu utilizzato negli anni Quaranta contro
alcuni sciacalli in azione durante il bombardamento alleato di Roma, in
tempi più recenti contro gruppi di ultrà.
Martedì 2 marzo
Tutto il giorno: Informagiovani di Palazzo Ducale
Testimonianze e video non stop
CAROVANA DI PACE (proposta al comitato organizzatore)
Orario da definire
Percorso: caserma di Bolzaneto - via Battisti (scuola Diaz) - piazza
Alimonda - piazza De Ferrari (conclusione), da fare in parte in auto e
camper in parte anche a piedi. Ad ogni tappa piccola manifestazione con
testimonianze e altro.
AGGIORNAMENTI SU LUOGHI ED ORARI NEI PROSSIMI GIORNI SU
www.piazzacarlogiuliani.org - www.veritagiustizia.it
Black Bloc?
Il 10 febbraio Valerie è tornata a Genova.
Il 20 Luglio 2001 Valerie era con un gruppo di Attac Francia davanti alla
cancellata che chiudeva la zona proibita in piazza Dante; sotto la
pressione dei manifestanti si era aperto un varco e lei era scivolata
dentro, aveva - come era nelle intenzioni e nei proclami del Genoa Social
Forum - violato pacificamente con il proprio corpo la famigerata zona
rossa. Dietro a lei, l'abbiamo visto tutti nei filmati, era entrato un
vecchietto: barba bianca, corpo magro, braccia alzate.
Anche Valerie aveva le mani in alto, ma quel gesto di resa non le è servito
a molto: un agente in divisa l'ha accompagnata un po' più in là, lontano
dagli occhi dei manifestanti e delle telecamere, e l'ha consegnata ad
alcuni personaggi in borghese che l'hanno trattenuta, ammanettata,
picchiata, fatta salire di forza in un'auto, arrestata.
Al giudice, nell'aula del tribunale, Valerie ha consegnato un certificato
medico, rilasciato nel suo Paese quando finalmente è riuscita a farvi
ritorno. Ha dovuto anche specificare quali lesioni le erano state procurate
al momento dell'arresto, quali in seguito, nella caserma di Bolzaneto.
Del vecchietto entrato dopo di lei non sappiamo nulla, solo che non è stato
arrestato, forse in omaggio alla sua barba bianca, in barba al cartello che
pende sulla testa dei giudici: "LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI". Per carità,
siamo contenti per lui: non comprendiamo al contrario perché si sia voluto
infierire su Valerie.
Dei manifestanti che non li hanno seguiti non sappiamo molto, solo che non
sono stati capaci di essere coerenti, di concordare parole e azioni, il
dire e il fare; non hanno saputo praticare la solidarietà e non hanno
varcato con lei il confine proibito.
C'erano anche manifestanti un po' confusi, quel giorno a Genova; quelli che
sono arrivati il giorno dopo, invece, avevano le idee molto chiare: erano
venuti a manifestare, a farsi gassificare, picchiare, ferire, nonostante un
ragazzo assassinato, anzi, proprio perché era stato assassinato un ragazzo;
erano venuti a difendere la democrazia.
Non c'erano manifestanti l'altroieri, nell'aula B del tribunale, insieme a
Valerie, i suoi avvocati e i suoi testimoni. Il poliziotto e il
carabiniere, chiamati a confermare la deposizione firmata dopo il suo
arresto, si sono finalmente un po' vergognati di fronte alle sue mani
nervose, alle sue braccia sottili, a due occhi che diventavano ancora più
grandi nel ricordo di quella brutta esperienza italiana: sì, era entrataŠ
non rammentavanoŠ non avevano vistoŠ non potevano giurare che lei fosse tra
quelli cheŠ; sì, si era dibattutaŠ la difficoltà della linguaŠ forse non
aveva capitoŠ non si erano spiegatiŠ Alla fine, fuori dall'aula, sono
venuti a porgerle la mano. Un rigurgito di coscienza?
Dovrà tornare di nuovo, Valerie, tra poco più di un mese; dovrà salutare i
suoi tre bambini, prendere l'ennesimo permesso dal lavoro, salire sul treno
per Genova: peccato che una così bella città debba ancora dare a tante e a
tanti quel senso di disagio, quella stretta allo stomaco, quella voglia di
piangereŠ
UNA CAPITALE EUROPEA CHE IGNORA I DIRITTI?
Signor Sindaco Pericu,
siamo sorpresi dalla solerzia con cui la Sua amministrazione comunale si è
mossa per costituirsi parte civile, per danni materiali e morali, contro i
26 manifestanti il cui processo inizierà il 2 marzo.
Il nostro stupore aumenta se consideriamo il Suo silenzio di fronte alla
nostra lettera del 19 gennaio scorso, con la quale le chiedevamo di fare di
Genova nel 2004 non solo la capitale europea della cultura, ma anche la
capitale europea dei diritti civili. Le chiedevamo di costituirsi come
parte dei civili nei futuri processi per i fatti di Bolzaneto e della Diaz,
e di impegnarsi affinché siano accertate tutte le responsabilità per i
gravissimi abusi sulle persone commessi dalle forze dell'ordine dei giorni
del G8. Glielo chiedevamo perché siamo convinti che finché questo non
avverrà, Genova in tutto il mondo continuerà ad essere una parola ostile,
continuerà a ricordare i giorni più bui della nostra democrazia a tante,
troppe persone.
Nel luglio 2001 nella Sua città furono calpestati molti dei fondamentali
diritti previsti dalla nostra Costituzione e dalle norme europee ed
internazionali, come più volte denunciato anche da Amnesty International.
Ora apprendiamo che i suoi legali chiederanno risarcimento per i danni
all'immagine della città arrecati dai 26 imputati che saranno in tribunale
il 2 marzo.
E' stupefacente che Lei non si sia accorto che l'immagine di Genova è stata
profondamente segnata da quei giorni per ben altri motivi. Ci sono migliaia
di persone, in Italia, per le quali è ancora difficile, a due anni e mezzo
di distanza, tornare in Corso Italia, come in piazza Manin, per non parlare
di piazza Alimonda.
Bolzaneto è un toponimo ormai conosciuto in tutto il pianeta come il luogo
dove centinaia di persone sono state torturate. Diaz non è più il nome di
un generale impegnato nell'inutile strage del 1914-1918 ma il luogo dove
alcune decine di appartenenti alle forze dell'ordine (travisati e quindi
sfuggiti alla giustizia) hanno devastato e saccheggiato due edifici
pubblici, pestando a sangue 93 persone. In tutto il mondo è noto che chi ha
guidato quella mattanza e ha preparato in maniera così goffa la
falsificazione delle prove, oggi è stato promosso ad alti incarichi.
Non comprendiamo come Lei possa fingere di non sapere tutto ciò.
COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA
Genova, 11 febbraio 2004
LETTERA APERTA AL SINDACO DI GENOVA
Il Comune di Genova, dopo trentuno mesi dal G8 e circa un mese prima del
processo del 2 Marzo, che vede imputate 26 persone, si è costituito parte
civile contro i Black Bloc che hanno devastato la città il 20 e il 21
Luglio 2001.
Volete i loro veri nomi?
Eccoli:
Silvio BERLUSCONI, Presidente del Consiglio, da Palazzo Ducale
Gianfranco FINI, vice di Berlusconi, dalla caserma di S.Giuliano
Claudio SCAJOLA, ministro dell'Interno, da vari luoghi
Gianni DE GENNARO, capo della Polizia, da Roma
Francesco GRATTERI, capo dello Sco, dal cortile della Scuola Diaz
Gilberto CALDAROZZI, vice di Gratteri, dallo stesso cortile
Giovanni LUPERI, vice capo dell'Ucigos, dallo stesso cortile
Vincenzo CANTERINI, capo del VII reparto mobile, nella scuola Diaz
Alessandro PERUGINI, ex Digos di Genova, a Bolzaneto e non solo lì
Per non dimenticare gli onorevoli (si fa per dire) ASCIERTO e BORNACIN, al
seguito di Fini, e il ministro dell'ingiustizia CASTELLI, che passava
distrattamente dalla caserma di Bolzaneto.
Spiacente di non potervi ancora rivelare il nome del graduato dei
carabinieri che, celato in un defender, ha sparato a Carlo Giuliani.
Haidi Gaggio Giuliani
P.S. Noi mamme, chiedo scusa per il paragone irriverente, siamo un po' come
il Papa: tutti si commuovono quando parliamo ma subito dimenticano, o fanno
finta di non aver capito, le nostre parole.
Qualche giorno fa un'altra madre ha scritto una lettera al Sindaco della
nostra città.
La riporto qui, per i più distratti.
LETTERA APERTA AL SIG. PERICU, SINDACO DI GENOVA
A partire da questo mese e per tutto il 2004 la città di Genova sarà la
capitale europea della cultura, è un compito importante e, certamente, Lei
ed i suoi concittadini avrete già predisposto un vasto programma di eventi
culturali che celebrino questo avvenimento. Io non sono una cittadina
genovese ma mi permetto, Signor Pericu, di chiederle in quest'occasione, un
impegno.
Glielo chiedo a nome delle centinaia, migliaia di cittadine e cittadini
italiani, europei, del mondo, che durante le manifestazioni anti-G8 del
mese di luglio del 2001, a Genova hanno riportato gravi ferite ed ancora
soffrono per questo. Come Lei ed i suoi concittadini sicuramente
ricorderete, in quei giorni furono calpestati molti dei fondamentali
diritti previsti dalla nostra Costituzione e dalle norme Europee ed
internazionali.
Il diritto a manifestare senza essere uccisi o feriti (e rischiare di
morire) per mano delle forze dell'ordine, come successo in piazza Alimonda,
nelle strade e alla scuola Diaz. Quello di essere curati se feriti, quello
che prevede in caso di fermo o di arresto che siano informate le famiglie
ed i consolati per gli stranieri, quello di conoscere, per gli arrestati,
perché e dove si trovano e dove saranno condotti. Quello che garantisce a
chiunque in stato di fermo o arresto di essere tutelato dalle forze
dell'ordine che lo custodiscono, e non di essere ingiuriato, picchiato,
torturato come avvenuto nella caserma di Genova Bolzaneto e a San Giuliano.
Tutti questi diritti e molto altri furono soppressi a luglio del 2001.
Io le chiedo, quale primo cittadino di Genova, di impegnarsi, perché si
chiariscano tutte le responsabilità a tutti i livelli, affinché sia
istituita una Commissione di indagine parlamentare con pieni poteri che
ricostruisca quanto accaduto in quei drammatici giorni.
Glielo chiedo perché fino a quando questo non succederà (e son già passati
due anni e mezzo) Genova continuerà ad essere una parola ostile, continuerà
a ricordare i giorni più bui della nostra democrazia a tante, troppe
persone. E non saranno sufficienti eventi culturali, anche se di alto
livello, a cancellare il terrore e l'angoscia che questo nome ancora
suscita in noi.
E non ci bastano le benedizioni del Vescovo a Bolzaneto o improbabili gite
scolastiche, ci vuole ben altro perché la frattura che in quei giorni si è
creata tra cittadini e forze dell'ordine si ricomponga, ci vogliono verità
e giustizia.
Questo non riguarda solo noi, testimoni e parenti, vittime, della furia
cieca ed ingiustificata di quei giorni, riguarda anche Lei, ed i suoi
concittadini, perché Genova ritorni ad essere per noi e per voi la
splendida e generosa città che avevamo dentro il cuore prima del G8 e possa
esserlo per tutti quanti, italiani e stranieri, l'hanno conosciuta solo a
luglio del 2001 e, da allora, non possono o non riescono a ritornare a
Genova.
La sua città, Signor Sindaco, in quei terribili giorni reagì con grande
solidarietà e genuina democrazia, noi l'abbiamo conosciuta attraverso i
legali, i medici, i giornalisti, tutti coloro che si prodigarono affinché
le ferite inferte ai manifestanti, alla democrazia, non fossero ancora più
gravi di quanto furono, di questo io La ringrazio e ringrazio tutti i
genovesi. Penso che questo anno della cultura non possa però dimenticare
quei giorni, perché cultura sono anche i sentimenti che ci legano ad una
città, gli ideali di cittadinanza che tutelano i diritti di chi ci vive ma
anche di chi ci passa, magari per poche ore, durante una gita o una
manifestazione.
Per questo Le chiedo che Genova si costituisca parte civile nei prossimi
processi per Diaz e Bolzaneto, Le chiedo che Genova nel 2004 sia, oltre che
capitale europea della cultura, anche capitale europea dei diritti,
organizzando incontri ed altre iniziative sul tema dei diritti civili
nell'ambito europeo nel corso del 2004, a Genova. Io ed il comitato verità
e giustizia per Genova, siamo pronti a collaborare con Lei.
Grazie,
Enrica Bartesaghi - Presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it - info@veritagiustizia.it
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Notizie dal nostro Comitato
Il 31 Gennaio scorso, nel refettorio di S.Maria di Castello, abbiamo per la
prima volta preparato una cena di autofinanziamento. Molt* hanno
contribuito con il loro lavoro, moltissim* hanno contribuito con il loro
appetito, qualcuno anche con musica e canti.
Ringraziamo tutti con le parole del nostro Presidente:
Carissime/i, a nome del Comitato, ringrazio quanti con la loro presenza,
con il loro impegno a preparare qualcosa per gli/le invitati/e anche quando
non son potuti/e essere presenti, hanno contribuito a fare della cena di
solidarietà un momento di condivisione, di amicizia e di soldarietà.
Il contributo ci permetterà di adottare per due anni una famiglia curda
della Turchia il cui governo repressivo tiene in carcere militanti
sindacalisti coraggiosi, che credono, nonostante la violenza che viene
operata su di loro, in un altro mondo possibile, quello nel quale la
differenza di culture, di lingue e di religioni è arcobaleno di pace.
Un abbraccio a tutti/e.
Peppino.
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20 Marzo 2004
"Era in grado di fare le armi. Era pericoloso, e io non sono proprio uno
che lo lascia al potere, o che ha fiducia in un pazzo". George Warbusto ha
sciorinato davanti al mondo la sua drammatica visione del diritto
nternazionale, che, mutatis mutandis, l'oppone all'altezza del ministro
italiano della giustizia.
di Giulietto Chiesa
La lettura dell'intervista, effettuata sulle pagine del Herald Tribune è
però molto più divertente di quella - ben educata e con le virgole a posto
- data da alcuni giornali italiani. A un certo punto l'intervistatore, Tim
Russert, richiede, molto rispettosamente, se ritenga che la guerra sia
stata una scelta o una necessità. La prontezza di riflessi dell'imperatore
appare eccezionale. "Penso che sia una domanda interessante. Non potrebbe
elaborare un pochino meglio?", ci deve pensare sopra. Poi, forse - non è
sicuro - si accorge che qualcosa deve pur dire, e continua da solo: "Una
guerra per necessità. L'Iraq era un posto pericoloso".
Basta questo piccolo florilegio per farci capire in che mani siamo. Costui
ha mandato un esercito a conquistare un paese sulla base di una fila di
menzogne che farebbero arrossire i soliti ignoti. E adesso ci comunica che
Saddam Hussein era in grado di fare le armi. Quanti sono, in giro per il
mondo, a cominciare da lui stesso, quelli che sanno fare le armi e le usano
a sproposito? Che facciamo? Li facciamo fuori tutti?
Ma ormai la logica, perfino la sintassi, sono oltre l'orizzonte dei
dirigenti del pianeta. Che ne è di Osama Bin Laden?, chiede malizioso
l'intervistatore. E George prontissimo: "Non so se è vivo o morto, ma lo
prenderemo". E come mai la commissione d'inchiesta deve finire i suoi
lavori l'anno prossimo, a elezioni avvenute? "Deve esserci il tempo a
sufficienza per fare un ritratto ampio... che servirà ai prossimi
presidenti".
Un vero spettacolo di varietà, come l'intervallo del Super Bowl, dove Janet
Jackson ha fatto come Cicciolina e si è tirata giù, per caso, il reggiseno,
per la gioia (o il raccapriccio) di un centinaia di milioni di spettatori
americani, più altri cento milioni di stranieri che si interessano di
football americano.
In fondo ha ragione quel fior fiore di reazionario intelligente che si
chiama Thomas Friedman che ieri sul New York Times ha avuto un attimo di
sconforto e di vergogna: "Noi, che siamo così ricchi e così forti e così
nel giusto", ci vediamo consegnare dalla Casa bianca un messaggio che è
"moralmente e strategicamente da bancarotta", e che suona più o meno così:
Tutti voi continuate a occuparvi dei vostri affari, fate shopping, cercate
la felicità, guardatevi le tette di Janet nell'intervallo del Super Boal,
compratevi il fuoristrada di Shwarzenhegger. "Nessun sacrificio vi è
richiesto, nessuna attacco da pagare per questa cuccagna infinita. Neppure
il bisogno di ridurre il consumo di benzina, anche se ciò consentirebbe di
tagliare i finanziamenti alle forze di intolleranza islamica che ammazzano
i nostri soldati".
L'imperatore, a domanda, risponde: "Credo che in Iraq noi siamo i
benvenuti". In un paese normale, uno che ha 115mila uomini sul terreno, e
che deve registrare mediamente uno o due morti al giorno, sarebbe stato
sommerso di invettive o di lazzi, o di entrambi. Ma un paese normale (una
democrazia normale) non affiderebbe a uno così le sorti del proprio destino
e di quello dei 115mila uomini.
Lui, l'imperatore, sa perfettamente che quello non è già più un paese
normale. E' per questo motivo che, sorridendo con sincero entusiasmo, ha
detto :"Io non perderò". Nonostante i sondaggi lo diano in basso, e
l'economia vada maluccio. Guardando quelle immagini mi sono ricordato la
descrizione della famiglia Bush al completo, la sera della vittoria (si fa
per dire) del 2000 fatta da Michael Moore. Bush stava perdendo, ma tutti
sorridevano compiaciuti, come gatti che sapevano, loro soltanto, dove stava
il topo che avrebbero mangiato di lì a poco.
da http://www.ventimarzo.org
Chiedi un voto di pace!
Invia una mail al deputato del tuo collegio per il ritiro del contingene
italiano in Irak.
Carissime/i in occasione del voto sul finanziamento della missione italiana
in Iraq, ad un anno di distanza in Iraq la guerra continua a mietere
vittime, la situazione umanitaria in Iraq continua ad essere terribile
mentre crescono pericoli di scontro interno. Per questo torniamo a chiedere
con forza il ritiro del contingente italiano coinvolto nell'occupazione per
favorire un processo di autodeterminazione del popolo irakeno che passi
attraverso un intervento di garanzia dell'Onu.
Abbiamo realizzato un meccanismo cosiddetto di "Mail Bombing" per attivare
una campagna di pressione per tutti i parlamentari, nei rispettivi collegi,
prima del voto e vi chiediamo di mobilitarvi al più presto nella petizione
prima del voto al senato che si terrà il 19 febbraio.
Vi chiediamo di attivarvi in due modi:
1) cliccate su http://www.retelilliput.org/votodipace.asp e firmate la
petizione per i parlamentari del vostro collegio
2) copiate questo messaggio e inoltratelo a quante più persone potete, alle
redazioni locali dei giornali, alle associazioni e gruppi che conoscete,
ecc...
Rete Lilliput