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1000 donne per la pace
Mille, e più di mille
di Monica Lanfranco
"Il numero 1000 è un simbolo per dire: la pace non è una realtà che
germoglia all'improvviso, ma dal lavoro lento e passo dopo passo. Non
riguarda gli atti individuali. Non si può fare pace in solitudine". Parola
di Kamla Bhasin, autrice e attivista femminista indiana, il cui pensiero
insieme ad altre decine di altri contributi di donne da tutto il mondo sta
a supportare l'iniziativa di Ruth-Gaby Vermot-Mangold, attiva nel
Parlamento Svizzero e nel Concilio Europeo, che a fine 2003 ha lanciato una
campagna per premiare, nel 2005, con il Nobel per la pace, 1000 donne. Il
processo per arrivare a questa campagna è stato messo a punto ad agosto a
Berna, dove undici studiose dei processi di risoluzione pacifica dei
conflitti, provenienti da tutto il mondo, si sono trovate per stabilire,
con criteri inclusivi e non discriminanti, le griglie comuni per trovare le
mille donne da premiare. In tutto il mondo, saranno identificate donne di
ogni età che lavorano per la pace nei loro Paesi, nelle loro comunità o nel
vicinato. Donne- è scritto nei documenti che illustrano la campagna,
rappresentano ad ogni livello sociale, artistico, politico esempi concreti
di costruttrici di pace e di un futuro possibile senza violenza. Sono, per
esempio, le donne che si oppongono alla privatizzazione dell'acqua in
India, o quelle che mediano in Sudan tra i gruppi militari di ogni colore e
la gente dei villaggi.
Mille è un numero piccolo, spiega la Vermot-Mangold, perché meglio sarebbe
pensare di poter premiarne un milione, ma il realismo nordico motiva che in
così poco tempo sarebbe impossibile realizzare questo sogno. Mille è un
numero più credibile, e dunque l'idea realizzabile è di attirare
l'attenzione del mondo sul ruolo vitale della donna nella costruzione della
pace.
"Ho viaggiato durante il mio impegno nel Concilio Europeo in Azerbaijan,
Armenia, in Bosnia e in Kossovo, in Serbia, Georgia e Chechnya, e altre
regioni del mondo; dovunque ho incontrato donne che davano forma nel
quotidiano, in condizioni estreme e terribili, alla pace ricostruendo
relazioni, rischiando la vita per permettere, contro il volere delle
autorità locali, che la gente potesse riavere diritti usurpati, restituire
bambini e bambine alla scuola, gli adulti ad una dimensione di vita
dignitosa. Nella loro grande diversità tutte queste donne, con differenti
approcci e tecniche, hanno dato e stanno dando al mondo l'esempio di come
il lavoro di pace sia creativo e insostituibile. Ho capito che era
fondamentale rendere visibile in modo chiaro il lavoro di pace che queste
donne stavano facendo, nel silenzio mediatico più totale".
Sin dal 1901 sono stati 80 gli uomini, 20 le organizzazioni internazionali
e soltanto11 le donne a ricevere il Nobel per la pace, la prima delle quali
è stata la misconosciuta Bertha von Suttner, la reale ispiratrice del
premio, che però non porta il suo nome.
Mi permetto di avanzare una proposta su due nomi di donne italiane viventi,
e uno alla memoria, a mio parere meritevoli di essere nella rosa delle
mille, un piccolo numero che già però può dare forma e parola ad una realtà
in crescita: Luisa Morgantini e Lidia Menapace. E Rachel Corrie.
Le informazioni per le procedure su www.1000peacewomen.org
maren.haartje@1000peacewomen.org
Monica Lanfranco
www.marea.it
www.marea.it/lanfranco
"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone"
(Audre Lorde)