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La nonviolenza e' in cammino. 737
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 737
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Fri, 21 Nov 2003 19:53:44 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 737 del 22 novembre 2003
Sommario di questo numero:
1. Nonviolenza giuriscostituente
2. La sintesi apparsa su "Le Monde" della proposta di accordo di pace
israelo-palestinese che verra' presentata il 20 novembre a Ginevra
3. Sosteniamo l'iniziativa di Ginevra per la pace in Medio Oriente
4. Maria G. Di Rienzo: capire i bisogni delle persone
5. Brunetto Salvarani: per il dialogo interreligioso
6. Francesco Comina intervista Alessandro Zanotelli
7. Ileana Montini: la societa' degli orchi
8. Claudio Fava: una politica per l'Europa, la pace preventiva
9. A Venezia dal 6 all'8 dicembre il terzo salone dell'editoria di pace
10. E' uscito il nuovo Annuario della pace
11. Sosteniamo le Edizioni Qualevita
12. Riletture: AA. VV., La vita come noi l'abbiamo conosciuta
13. Riletture: L'autobiografia di Mamma Jones
14. Riletture: Moema Viezzer (a cura di), Chiedo la parola. Testimonianza di
Domitila
15. Riletture: Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta' Menchu'
16. Riletture: Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. NONVIOLENZA GIURISCOSTITUENTE
C'e' un solo modo per fermare il terrorismo: ed e' la scelta della
nonviolenza come principio istitutivo della civile convivenza fra tutti gli
esseri umani, fondata sul rispetto per la vita e la dignita' di tutti gli
esseri umani.
C'e' un solo modo per fermare le guerre: ed e' la scelta della nonviolenza
come ripudio assoluto di tutte le uccisioni, le oppressioni, le umiliazioni;
ripudio assoluto di tutte le armi e gli eserciti; ripudio assoluto di ogni
violenza; rottura della complicita' con ogni menzogna, ingiustizia,
sfruttamento, negazione dell'altro.
C'e' un solo modo per difendere la legalita' e la democrazia: ed e' la
scelta della nonviolenza come assunzione di responsabilita' diretta, come
fondamento delle relazioni sociali dal livello interpersonale a quello
internazionale, come inveramento della regola delle regole che fondano la
civilita' umana: la misericordia, la solidarieta', il riconoscimento della
verita' cruciale di quell'"anthropos esti' zoon politikon": gli esseri umani
possono vivere solo in societa', solo vicendevolmente aiutandosi: ognuno di
noi lo sa, perche' ognuno di noi dalla nascita e per anni e' potuto
sopravvivere solo perche' qualcuno si e' preso cura di noi.
*
Nella catastrofe in cui i poteri politici, economici ed ideologici dominanti
stanno trascinando il mondo, la nonviolenza puo' e deve divenire non sono
testimonianza e metodo, non solo tecnica e appello, non solo profezia e
ricerca, ma scelta e movimento politico, e ormai decisivamente principio
giuriscostituente.
Principio giuriscostituente: che istituisca legalita' adeguata e cogente,
che inveri quanto gia' sovente dicono ma non riescono ancora a garantire le
carte dei diritti, le tavole della legge sollecite del bene comune, i codici
della convivenza civile. Occorre la scelta della nonviolenza, che essa si
traduca in legge, che essa informi le regole scritte, oltre che quelle
incise nell'animo di ogni essere umano come Antigone ci rivelo'.
In alcune parti del mondo si e' gia' cominciato a farlo: si veda
l'esperienza luminosa della "Commissione per la verita' e la
riconciliazione" in Sudafrica che ha dimostrato storicamente come la
nonviolenza possa essere principio giuriscostituente fin nell'ambito
decisivo del diritto penale, e nella necessita' ed urgenza di giudicare
responsabilita' ed assumere provvedimenti in presenza dei crimini piu'
efferati, quelli avvenuti nel regime dell'apartheid. In Sudafrica la
nonviolenza giuriscostituente ha gia' vinto la prima grande lotta, per
l'umanita' intera, e ci apre la via.
Oggi a noi sembra che questa lotta si sposti anche qui, in Europa: ed
occorre che noi si sappia suscitare un movimento dei popoli e delle
istituzioni che nella Costituzione europea scriva la nonviolenza come scelta
cardinale che orienti sia la politica internazionale, sia quella interna,
che detti le scelte amministrative di sicurezza e cooperazione, che difenda
e promuova il diritto e i diritti secondo il principio del riconoscimento di
tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Nonviolenza giuriscostituente: nella Costituzione europea, nell'Unione
Europea.
Nonviolenza giuriscostituente: questo ci pare di aver colto come il punto
piu' luminoso e aggettante della proposta promossa da Lidia Menapace per
un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e
nonviolenta, e dell'appello ad essa conseguente e di essa sviluppo elaborato
nell'incontro di Verona dell'8 novembre che verra' presentato a Venezia l'8
dicembre.
*
Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita': con il rifiuto di
ogni oppressione, con la lotta ad ogni oppressione; con il programma
costruttivo della solidarieta', del riconoscimento di umanita'; con
l'impegno a non nuocere e ad opporsi ad ogni nocumento, ad ogni lesione, ad
ogni violenza e inganno: ahimsa; con la forza della verita', con la forza
dell'amore che unisce, con il rispetto per la vita, con la ricerca e la
vicinanza al vero e al buono: satyagraha. Il programma - politico, si' - di
Giacomo Leopardi e di Virginia Woolf, di Simone Weil e di Mohandas Gandhi.
2. DOCUMENTAZIONE. LA SINTESI APPARSA SU "LE MONDE" DELLA PROPOSTA DI
ACCORDO DI PACE ISRAELO-PALESTINESE CHE SARA' PRESENTATA IL 20 NOVEMBRE A
GINEVRA
[Dal sito di "Peacelink (www.peacelink.it), che a sua volta lo riprende dal
sito di "Liberazione" (www.liberazione.it), riproduciamo questa traduzione
di Titti Pierini della sintesi apparsa sul prestigioso quotidiano "Le
Monde", a cura di Gilles Paris e Stephanie Le Bars, della proposta di
accordo di pace israelo-palestinese elaborata da prestigiose personalita'
israeliane e palestinesi e che sara' presentata ufficialmente a Ginevra il
20 novembre]
I punti principali dell'intesa
L'obiettivo e' stato individuato da tempo: la pace attraverso lo Stato
palestinese. Tuttavia, il metodo caldeggiato da chi ha concepito il nuovo
piano di pace israeliano-palestinese e' rivoluzionario. In luogo della
politica dei piccoli passi sostenuta da dieci anni a questa parte, dagli
Accordi di Oslo alla "Road Map" dell'aprile di quest'anno, quei consumati
negoziatori che sono l'israeliano Yossi Beilin e il palestinese Yasser Abed
Rabbo, insieme a esperti e responsabili politici delle due parti, hanno
scelto di innovare, privilegiando un modo di procedere molto volontaristico,
enormemente facilitato, questo e' vero, dalla natura non ufficiale del loro
percorso.
L'iniziativa, che sara' simbolicamente ratificata a Ginevra a meta'
novembre, affronta direttamente cio' che finora e' sempre stato rinviato
all'ultima fase delle presunte trattative: gli argomenti principali del
contenzioso tra israeliani e palestinesi.
Il piano, dunque, abborda il problema dei confini, dello statuto di
Gerusalemme, del destino delle colonie e di quello dei rifugiati. E' una
scelta che deriva dall'analisi della situazione, condotta dopo tre anni di
ininterrotte violenze.
Secondo gli artefici del piano, la pace ormai non puo' nascere se non dalla
soluzione, la piu' rapida possibile, di questi dolorosi problemi.
Volutamente, percio', si eludono le condizioni di un eventuale ritorno alla
calma. Scartata anche l'ipotesi di una nuova fase transitoria, ritenuta per
forza fonte di frustrazioni, per la durata e per il contenuto.
Per quanto, in compenso, riguarda le risposte fornite alla sfida posta dalla
creazione di uno Stato palestinese accanto ad Israele, alla rottura nel modo
di procedere si affianca una evidente continuita' con il contenuto degli
ultimi negoziati, tenuti ormai quasi tre anni or sono. Il filo conduttore
delle "discussioni di Taba" (Egitto) - le ultime per datazione intercorse
tra due delegazioni ufficiali israeliana e palestinese, nel gennaio 2001 -
viene ripreso e dipanato fino in fondo da un accordo che rientra, tra
l'altro, nel quadro dei "parametri" proposti dal presidente nordamericano
Bill Clinton prima di lasciare la Casa Bianca, nel dicembre 2000, venuti
meno cosi' tragicamente nel vertice fallimentare di Camp David, sei mesi
dopo.
*
I principi
L'accordo sancisce l'esistenza di due parti: lo Stato di Israele e
l'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp). Esso riconosce "il
diritto del popolo ebraico a uno Stato" e "il diritto del popolo palestinese
a uno Stato". Il documento fa riferimento a tutte le iniziative ed accordi
precedenti, nonche' alle risoluzioni Onu nn. 242 e 338.
I redattori assicurano che esso rientra nel discorso del "presidente Bush" e
nel processo della "Road Map" del Quartetto (Stati Uniti, Unione Europea,
Russia, Onu).
L'obiettivo e' quello della "riconciliazione storica tra i palestinesi e gli
israeliani", per approdare alla riconciliazione tra "il mondo arabo e
Israele".
Lo statuto permanente porra' fine a un'"epoca di conflitti e di violenza",
in pro di un'"epoca di pace, di collaborazione e di coabitazione".
L'applicazione del progetto d'intesa porra' fine a tutte le rimostranze
delle parti, che si impegneranno peraltro a non sollevarne di nuove.
*
I confini
La base del tracciato e' costituita dalla Linea Verde, la linea d'armistizio
del 1949, combinata a margine con alcuni scambi di territori, per risolvere
una delle questioni piu' spinose del conflitto: quella delle colonie
ebraiche. Lo scambio avviene su basi di parita' (in luogo del rapporto di 1
a 9 proposto nel 2000, a Camp David, dall'allora Primo ministro israeliano,
Ehud Barak).
In concreto, rimangono israeliani soltanto i principali quartieri di
colonizzazione di Gerusalemme Est (Givat Zeev, Gilo), la principale colonia
della Cisgiordania (Maale Adumin), una parte del "blocco" del Gush Etzion
(alcuni dei cui insediamenti sono anteriori alla creazione di Israele) e
altri insediamenti contigui alla Linea Verde.
In compenso, i palestinesi ricevono terre equivalenti nel sud della
Cisgiordania e, soprattutto, lungo la Striscia di Gaza. Sono evacuate e
cedute, "intatte", ai palestinesi tutte le altre colonie (Ariel inclusa, nel
nord della Cisgiordania). Si prevede un corridoio sotto sovranita'
israeliana, per collegare Gaza alla Cisgiordania senza interferire con la
rete stradale israeliana. I tempi previsti per l'evacuazione sono di trenta
mesi, tranne che per la valle del Giordano, oggetto di un trattamento
particolare. Il territorio palestinese evacuato, dove si installa una "forza
multinazionale", e' smilitarizzato. La Striscia di Gaza viene evacuata
integralmente.
Per questo periodo di trenta mesi, Israele conserva il diritto d'ispezione
sui movimenti di beni e persone nei punti d'accesso a questo territorio.
Entrambe le parti (i palestinesi sono di fatto direttamente interessati) si
impegnano a lottare contro il terrorismo. Sono vietate le alleanze concluse
con Stati terzi apertamente ostili ad una delle due parti. Infine, si creano
due "stazioni di allerta" (basi di vigilanza) israeliane in Cisgiordania,
per un periodo di dieci anni.
*
Gerusalemme
La soluzione del caso di Gerusalemme avviene in base a un principio
"clintoniano", vale a dire la sovranita' palestinese sulle zone popolate in
maggioranza da palestinesi e la sovranita' israeliana in quelle
maggioritariamente popolate da israeliani. La conseguenza che ne deriva e'
la spartizione politica della citta', nella quale i due paesi possono
insediare le rispettive capitali riconosciute dalla comunita'
internazionale.
La citta' vecchia non sfugge a questa spartizione. Israele gode della
sovranita' sul quartiere ebraico e il Kotel, il Muro del Pianto. La
sovranita' sul resto della citta' vecchia, soprattutto sulla spianata delle
Moschee (il monte del Tempio per gli ebrei), spetta in compenso alla parte
palestinese.
Nel caso della spianata delle Moschee/monte del Tempio, la sovranita'
palestinese si esercita sotto controllo di un "gruppo internazionale" (con
il dispiegamento in loco di una "presenza multinazionale").
Israele conserva l'accesso al cimitero ebraico del monte degli Ulivi.
I due municipi cosi' creati costituiscono un "comitato di coordinamento e di
sviluppo di Gerusalemme", responsabile per i problemi comuni di edilizia,
idrici, di trasporto, economici e di polizia.
*
I rifugiati
Ad ogni palestinese rifugiato all'estero si propongono una serie di scelte,
sotto il controllo di una "commissione internazionale". I rifugiati possono
esercitare il diritto al ritorno nel quadro dello Stato palestinese cosi'
creato, sia all'interno della Linea Verde, sia nelle parti di territorio
cedute da Israele. Possono anche optare per un paese terzo, per Israele, o
per rimanere nel paese di residenza. Israele resta tuttavia sovrano sul
numero di rifugiati autorizzati a rientrare in territorio israeliano. La
base stabilita al riguardo si calcola a partire dalla media dei rifugiati
accolti da ciascuno degli altri nuovi paesi di accoglienza. I rifugiati
hanno a disposizione due anni per fare la propria scelta. Al termine di
questo periodo essi perdono automaticamente lo statuto di rifugiati.
Il reinsediamento va insieme al versamento di indennizzi, a compensazione
dei danni subiti. A questo scopo, si costituiscono una "commissione
internazionale" e un "fondo internazionale". Per valutare l'ammontare delle
perdite, si istituisce un "panel" di esperti che, in capo a sei mesi,
comunica le proprie decisioni. Israele partecipa al finanziamento del fondo.
Si prevede un periodo di cinque anni perche' tutti i casi siano risolti.
Trascorso questo periodo, non si accettano piu' ricorsi e si scioglie
l'organismo dell'Onu appositamente creato per venire in aiuto ai rifugiati
palestinesi all'indomani della creazione dello Stato di Israele (l'Unrwa).
*
Controllo, accesso ai Luoghi santi, liberazione dei prigionieri
Si costituisce un "gruppo di applicazione e di verifica" per "aiutare,
assistere, garantire, controllare e risolvere le controversie" connesse
all'applicazione dell'accordo. Esso e' prevalentemente composto da Stati
Uniti, Unione Europea, Russia e Onu. Lo dirige un "gruppo di contatto", con
alla testa un "esponente speciale" che lo rappresenta in loco; sotto la sua
autorita' e' posta la "forza multinazionale", della quale designa il
comandante supremo.
Specifici accomodamenti sono previsti per la visita ai Luoghi santi ebraici
posti sotto sovranita' palestinese, ad esempio le tombe dei Patriarchi a
Ebron, o la tomba di Rachele a Nord di Bethlemme. Il controllo di queste
visite spetta alla "forza multinazionale".
Il problema dei prigionieri e' oggetto di un trattamento bilaterale. Essi
sono suddivisi in tre categorie. La prima concerne i detenuti da piu' antica
data (quelli detenuti da prima del 1994), le donne, i bambini, i malati e i
detenuti "amministrativi": questi saranno tutti liberati appena entrato in
vigore l'accordo. La seconda categoria riguarda le persone detenute dopo il
1994, che saranno liberate entro diciotto mesi al massimo. La terza
comprende i casi ritenuti piu' problematici (responsabili politici, o
persone implicate nell'organizzazione di un attentato): questi ultimi
detenuti saranno liberati dopo trenta mesi dall'entrata in vigore
dell'accordo.
3. APPELLI. SOSTENIAMO L'INIZIATIVA DI GINEVRA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE
[Riproduciamo nuovamente questo appello che abbiamo ricevuto da Ali Rashid
(per contatti: alirashid@tin.it), appello cui hanno gia' aderito molte
illustri personalita' ed al quale anche noi aderiamo. Invitiamo tutti i
nostri interlocutori ad aderire, e ad inviare notizia dell'adesione ad Ali
Rashid (alirashid@tin.it), al presidente della Repubblica
(presidenza.repubblica@quirinale.it), al presidente del senato
(m.pera@senato.it), al presidente della Camera (casini_p@camera.it), al
presidente del Consiglio dei ministri (berlusconi_s@camera.it); e alle altre
autorita' istituzionali, ai mezzi d'informazione, ed agli altri destinatari
cui ciascuno riterra' opportuno trasmetterlo]
Noi firmatari di questo appello chiediamo al nostro Paese di sostenere
l'intesa di pace che sara' siglata a Ginevra.
Crediamo che la pace nel Medio Oriente passi per il riconoscimento reciproco
dello Stato di Israele e dello Stato della Palestina. Due popoli in due
stati.
Siamo contrari all'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi
occupati nel 1967 che viola le risoluzioni dell'Onu e che produce sofferenze
indicibili alla popolazione palestinese costretta a subire violenze e
umiliazioni di ogni tipo. Vogliamo che i cittadini israeliani possano vivere
in sicurezza senza la paura di essere uccisi dai kamikaze palestinesi e che
i palestinesi possano avere uno Stato indipendente.
Occupazione, violenza e terrorismo alimentano l'odio trascinando entrambi i
popoli verso la loro distruzione.
Il futuro di Israele e della Palestina passa per la pace, il dialogo, la
convivenza tra popoli, religioni, culture diverse.
Allo scontro tra le civilta' contrapponiamo il rispetto del diritto e della
legalita' internazionale. Alla "guerra preventiva" preferiamo la politica
come unico strumento per governare le controversie internazionali.
Non dobbiamo lasciare soli i cittadini israeliani e palestinesi. Dobbiamo
aiutare chi, nelle due societa', si batte per la soluzione pacifica del
conflitto.
Non puo' sfuggire, infatti, l'importanza del patto per la pace che sara'
firmato a Ginevra, insieme ad altre analoghe iniziative, tra alcuni
rappresentanti autorevoli delle due parti in conflitto per i riflessi
positivi che l'accordo puo' produrre sull'intera area medio orientale e nei
rapporti con l'Europa.
Per questi motivi chiediamo al governo italiano di sollecitare il governo
israeliano e l'autorita' nazionale palestinese a riprendere il dialogo.
Milioni e milioni di cittadini in tutto il mondo si sono mobilitati nei mesi
scorsi per la pace ma non sono riusciti ad impedire la guerra.
Questa volta la pace e' possibile malgrado l'ottusita' di chi vuole la
guerra ad ogni costo.
4. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: CAPIRE I BISOGNI DELLE PERSONE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
I bisogni sono le cose di cui abbiamo necessita', come individui o come
gruppi, per le piu' svariate ragioni. Per chi lavora al cambiamento sociale,
comprendere i bisogni della comunita' in cui vive, e a cui si rivolge, e'
basilare, cosi' come comprendere i bisogni delle persone con cui si lavora
al cambiamento. In genere, possiamo dividerli in cinque categorie.
*
1. Bisogni largamente condivisi per il benessere della comunita'
Molto spesso sono ovvi: se c'e' stato un terremoto, vi e' immediata
necessita' di cibo, acqua, assistenza medica e riparo per le persone
coinvolte. Oppure, vi e' molto interesse nella comunita' rispetto ad una
particolare istanza, ed esso si esprime visibilmente con lettere ai
giornali, firme di petizioni, manifestazioni spontanee. Tuttavia,
altrettanto spesso i bisogni di una comunita' non sono cosi' chiari; nella
loro espressione possono intervenire competizioni fra interessi diversi o
mancanza di informazioni, e la confusione che ne risulta puo' paralizzare i
gruppi di attivisti.
*
2. Bisogni-radice
Sono quelli "reali", ovvero le cause sottostanti al bisogno ovvio. Spesso
non sono facili da individuare: sotto al bisogno cosi' come vi appare
possono esservi molteplici radici. Se un bimbo arriva al pronto soccorso con
difficolta' respiratorie, il bisogno ovvio (suo e della comunita', che non
vuole perderlo) e' l'assistenza medica. Ma le cause del suo problema di
salute possono essere le piu' svariate: il fallimento della campagna per
l'immunizzazione, la poverta' economica del suo gruppo di appartenenza,
violenze subite in famiglia o altrove, eccetera.
*
3. Bisogni formativi
Si tratta delle conoscenze di base, quelle che servono per far funzionare la
"baracca". Ovvero, i membri del vostro gruppo sanno facilitare un incontro?
Scrivere un comunicato stampa? Allacciare relazioni con altri gruppi? Non e'
difficoltoso individuare tali bisogni, ne' che vengano espressi direttamente
da coloro che li provano. Ad esempio, e' assai raro che una volontaria dica
nel corso di un incontro: "Non mi sento apprezzata. Vorrei sapere con
esattezza che importanza ho per questo dannato gruppo". Piu' spesso accade
che invece dica: "Si', sono interessata ad aiutare le donne alla 'Casa per
non subire violenza', pero' non l'ho mai fatto prima. Potete spiegarmi come
vanno le cose?".
*
4. Bisogni concreti
Sono quelli che si toccano con le mani, per cosi' dire. La necessita' di
finanziamento per il vostro gruppo, la necessita' di una miglior
illuminazione in quella strada, la necessita' di abitazioni per i nuovi
membri della comunita', eccetera. Rispondere ad essi da' di solito un grande
senso di soddisfazione: quando avete raggiunto lo scopo, lo potete vedere e
sperimentare senz'ombra di dubbio.
*
5. Bisogni personali
Si tratta dell'apprezzamento e della cura. La maggior parte delle persone
che al vostro fianco lavorano per il cambiamento sociale, sono coinvolte in
esso per ragioni del tutto estranee alle ricompense consuete (denaro,
status): oltre all'idealita' e all'emozione, cio' che le tiene insieme e'
l'amicizia, il conforto del non essere sole, il sentirsi apprezzate, il
sapere che altri/e si preoccupano per loro. L'apprezzamento e la cura sono i
bisogni meno visti di tutti, eppure non rispondere ad essi sfascia
organizzazioni con impressionante regolarita'.
*
Come potete capire cio' di cui le persone hanno bisogno? Il metodo piu'
semplice ed efficace e' chiederglielo, ma chiedere non basta: una volta
fatta la domanda le vostre orecchie devono essere aperte all'ascolto di cio'
che le persone dicono, e non semplicemente di cio' che voi volete sentire.
Ci sono molti modi per fare domande e lavorare sulle risposte,
dall'intervista al questionario, dal dividersi in piccoli gruppi di
discussione alla conversazione faccia a faccia. Potete anche approntare una
"scatola per i suggerimenti" o una "lista dei desideri" durante le vostre
azioni, o nella vostra sede, o addirittura in tutta la citta' alle fermate
degli autobus e nei bar.
Notate che tecniche differenti rispondono ad identificazioni differenti: per
sapere di che hanno bisogno i membri del vostro gruppo non avete
probabilmente necessita' di un'intervista formale, ma piuttosto di una
riunione focalizzata.
Un altro aspetto da considerare e' il numero delle persone di cui volete
conoscere l'opinione: se il gruppo e' piccolo, sarete in grado di parlare
personalmente ad ogni individuo, ma se vi interessa sapere come la pensano
le 20.000 persone che abitano nel vostro paese, dovrete usare una tecnica
diversa. Quando vi capita una situazione del genere, decidete quali
potrebbero essere le persone piu' adatte da contattare, gli "informatori
chiave", per cosi' dire, da cui avete magari gia' ottenuto risposte sensate
in passato: possono essere membri di altre organizzazioni, personaggi noti
nella comunita', individui toccati direttamente dall'istanza, lavoratori dei
media, eccetera. Fate attenzione a chi scegliete di interpellare, di modo da
avere una rappresentazione onesta della vostra comunita'; se vi rivolgete
solo ai vostri amici ed alleati, non state cercando di sapere come la
cittadinanza la pensa, ma di formare una coalizione (che e' bella cosa, ma
altra cosa, d'accordo?).
Inoltre, cercate di essere accessibili: se avete una sede da aprire al
pubblico va benissimo, ma se non la avete dovete essere il piu' possibile
sulla "scena", dove i problemi si manifestano e dove potete parlare
direttamente con le persone investite dai problemi stessi: relazioni
significative con costoro si creano solo in questo modo, non c'e'
scorciatoia. Per costruire un rapporto di fiducia avrete bisogno di fare
domande e di parlare con onesta' di voi stessi come individui e come gruppo;
siate persistenti, e non fate l'errore di mostrarvi d'accordo con tutto
quello che vi viene detto al solo scopo di stringere la relazione: diverse
opinioni posso comunque essere dirette verso lo scopo comune.
Infine, individuate sistemi (incontri specifici, questionari, eccetera) in
cui queste persone possano valutare a posteriori il vostro intervento, il
lavoro fatto assieme a voi, i risultati ottenuti, e dirvi cosa secondo loro
ha funzionato e cosa no.
5. RIFLESSIONE. BRUNETTO SALVARANI: PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
[Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani@carpi.nettuno.it)
per questo intervento. Brunetto Salvarani, teologo ed educatore, da tempo si
occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la
rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il
Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista,
scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e fa parte
del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza
del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle
nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo
Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve'
Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da
padre Bruno Hussar. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana,
Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline]
Nel novembre 2001, a poche settimane dai tragici attentati terroristici
dell'11 settembre, un gruppo di cristiani di svariate confessioni
(cattolici, evangelici, ortodossi), responsabili di ordini missionari,
islamologi, intellettuali e educatori idearono un appello ecumenico
affinche' quanto era purtroppo accaduto non mettesse in discussione le
iniziative di partnership fra cristiani e musulmani in corso. Con un
obiettivo concreto, e controcorrente nei confronti del clima socioculturale
imperante nell'Europa di quei mesi: la proclamazione di una Giornata da
dedicare espressamente al dialogo interreligioso, e soprattutto al dialogo
cristianoislamico. Senza negare le oggettive difficolta', decisamente in
aumento. L'esito fu consolante, a parere di chi, come me, era tra i
promotori della cosa: oltre un centinaio di iniziative lungo tutta la
penisola, l'operazione "moschee aperte", piu' di mille adesioni raccolte,
e - soprattutto - la sensazione che la strada intrapresa fosse inevitabile
quanto corretta.
Ecco perche' abbiamo deciso di riproporre quell'esperienza, puntando ad una
seconda Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, il 21 novembre
2003 e nei giorni successivi, di nuovo in coincidenza dell'ultimo venerdi'
di Ramadan dell'anno islamico 1424 (per ulteriori informazioni si veda il
sito: www.ildialogo.org), a imitazione dell'invito di Giovanni Paolo II per
il 14 dicembre 2001.
*
Certo, non sarebbe realistico nascondermi e nasconderci che l'obiettivo e',
oggi piu' di ieri, quotidianamente messo in discussione, dalla cronaca
nazionale di costume (se cosi' vogliamo chiamare, ad esempio, la triste
vicenda del crocifisso di Ofena) a quella nera, con attentati sempre piu'
crudeli che si ripetono ora dopo ora, con lo scopo lampante di scoraggiare
quanti - e sono tanti, nonostante tutto - non si lasciano piegare alla
logica dello scontro di civilta', della guerra infinita, delle chiusure
identitarie e fondamentalistiche.
La paura e' grande, senza dubbio: ma farsi intimidire e smettere la pur
difficile pratica del dialogo, e qui in particolare del dialogo
cristianoislamico, equivarrebbe di fatto a dar ragione ai terroristi, a chi
usa le bombe al posto dell'accoglienza e del confronto, a chi strumentalizza
le parole religiose e lo stesso nome di Dio profanando radicalmente le une e
l'altro. Ecco perche', proprio in una situazione come quella attuale, nella
Giornata ecumenica e' necessario gridare che occorre piu' coraggio e piu'
dialogo, non meno coraggio e meno dialogo. Anzi, che occorre un autentico
salto di qualita' nel dialogo interreligioso, che non puo' piu' essere
considerato un ambito per specialisti o per pochi, non un generico verbo
buonista o un invito al semplicistico "volemose bene", ma un caso serio e un
tema decisivo per le varie comunita' di fede: sul quale investire con fatica
la propria vita, studiando, discutendo, pregando, chiedendo a Dio di
illuminarci e di illuminare la terra, in questa tremenda ora della prova.
Il cammino e' tutto in salita. A me, cattolico laico, confortano la prassi
evangelica di Gesu' e la memoria del Concilio, la pedagogia dei gesti di
Giovanni Paolo II e la firma della "Charta Oecumenica" europea.
Mi pare significativo, del resto, che questa nostra iniziativa, che prevede
decine di appuntamenti in tutte le principali citta' del nostro Paese, non
riesca a "bucare" il mondo dell'informazione (salvo benemerite eccezioni,
che confermano la regola). E' qui contraddetta, infatti, la regola aurea
dell'uomo che morde il cane: in una fase che viene sempre piu' percepita
come un'anteprima di uno scontro finale tra occidente cristiano e islam,
dovrebbe pure far notizia il fatto che, spontaneamente e senza particolari
benedizioni dall'alto, una piccola tradizione, quella della Giornata
ecumenica del dialogo, abbia gia' messo radici, dimostrando il bisogno
diffuso del dialogo. Che, in questi giorni, molte moschee e centri islamici
vengano aperti a chiunque per la cerimonia della rottura del digiuno. Che si
facciano dibattiti e incontri tra cristiani e musulmani. Che centinaia di
donne e uomini continuino a sottoscrivere l'appello al dialogo, nonostante
la nostra struttura di organizzatori sia quanto mai povera e priva di mezzi.
Credo che tutto cio' dovrebbe incuriosire...
A quanti, domani, donne e uomini di buona volonta', parteciperanno alle
varie iniziative pubbliche, a quanti digiuneranno e devolveranno il denaro
risparmiato a opere di solidarieta', ai monasteri e alle parrocchie e ai
centri islamici che pregheranno per la pace tra le fedi, grazie di cuore e
buon cammino. Non facciamoci scoraggiare.
*
Personalmente, tra le intenzioni della mia preghiera e del mio digiuno ho
inserito la prossimita' profonda alle comunita' ebraiche d'Italia, di
Israele e di tutta la diaspora, in modo speciale dopo gli attentati alle
sinagoghe di Istanbul, perche' chi si impegna nel dialogo interreligioso e'
chiamato a farlo a tutto campo: il mio 21 novembre 2003, ultimo venerdi' di
Ramadan 1424, e' anche una Giornata per la liberta' di religione e contro
ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di razzismo.
Con la fiducia e la speranza che contraddistinguono ogni figlia e ogni
figlio di Dio, un cordiale abbraccio di pace - shalom - salaam.
Brunetto Salvarani
6. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA ALESSANDRO ZANOTELLI
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti f.comina@ladige.it) per averci
messo a disposizione questa sua intervista a padre Zanotelli apparsa su
"L'Adige" del 20 novembre 2003.
Fancesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato
nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una
tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di
Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo
(Mi) 2000; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria,
Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo
purificato, Emi, Bologna.
Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista
"Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del
governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere
politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in
Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo
recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista
"Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di
Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro
paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga
e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia,
Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno
1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana,
Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita,
Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La
solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi,
Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003;
(con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il
Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del
sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano
2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida
alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003]
Indignato padre Alex Zanotelli. Dal suo piccolo appartamento di Napoli segue
con grande sconforto il diluvio di polemiche che si sono innescate dopo le
parole pronunciate dal vescovo di Caserta, monsignor Nogaro, nell'omelia di
domenica scorsa per i morti di Nassiriya: "Bisogna fare attenzione - ha
detto monsignor Nogaro - a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi
della patria strumentalizzando la morte di questi giovani per legittimare
guerre ingiuste".
Zanotelli ritorna con la memoria alle pressioni che erano piombate su di lui
quando aveva avuto l'ardire di denunciare il traffico di armi dell'Italia
con i Paesi del sud del mondo. Improvvisamente erano partiti degli attacchi
violentissimi dalle alte cariche dello stato, tanto violenti da esser
obbligato a lasciare la direzione della rivista "Nigrizia" per incamminarsi
sulle strade impolverate e insudiciate della baraccopoli di Korogocho in
Kenya.
Ora quegli attacchi cadono potentissimi sulle spalle di un vescovo "che ha
il coraggio di parlare con le parole del vangelo", commenta padre Zanotelli,
"per dire che quell'orribile attentato contro i carabinieri italiani ci
riproietta la vecchia ideologia della guerra, del tricolore, del
patriottismo sotto la copertura della pace".
- Francesco Comina: Padre Zanotelli, la frase attribuita a monsignor Nogaro,
che ha provocato il vespaio e' questa: "La Chiesa, benedicendo le bare
legittima la guerra". Poi e' giunta una sua precisazione in cui dice: "Non
ho criticato chi benedice le bare, ma ho detto che il terrorismo non si
combatte con le armi". Perche' tutto questo polverone?
- Alessandro Zanotelli: Mi pare che la precisazione di monsignor Nogaro sia
molto chiara, molto profonda, molto condivisibile. Qui non si tratta di
benedire o meno le bare (certo che siamo d'accordo nel benedire le bare) ma
di stare attenti con certe espressioni come quella che fa leva sul "culto
dei martiri". Noi non siamo qui a giudicare sulle motivazioni che hanno
portato quei giovani ad andare in un territorio tanto pericoloso, ma siamo
qui a porre un elemento di critica verso questo patriottismo ideologico che
trasforma tutto, la pace con la guerra, gli interessi con la solidarieta'.
Stiamo creando una religione laica, asservita totalmente al sistema
politico, militare, economico e strumentalizziamo perfino le vite dei
giovani che sono morti nell'attentato. Nogaro ha perfettamente ragione. C'e'
una bellissima frase di Arundhati Roy, questa grande scrittrice indiana, nel
libro Guerra e' pace, che potrebbe essere il commento piu' adatto ad
esprimere le parole di Nogaro. (attimo di silenzio, Alex cerca il libro con
la citazione). Eccola qui la lettera scritta dalla Roy subito dopo l'11
settembre: "Ogni persona innocente che viene uccisa deve essere aggiunta e
non sottratta all'orrendo bilancio dei civili morti a New York e Washington.
La gente raramente vince le guerre, i governi raramente le perdono. La gente
viene uccisa. I governi si trasformano e si ricompongono come teste di idra.
Usano la bandiera prima per cellofanare la mente della gente e soffocare il
pensiero, e poi come sudario cerimoniale per avvolgere i cadaveri straziati
dei loro morti volonterosi. Quando Bush ha annunciato gli attacchi aerei ha
detto: 'Noi siamo un paese pacifico'. L'ambasciatore preferito di
Washington, Tony Blair, gli ha fatto eco: 'Noi siamo un popolo pacifico'. E
cosi' ora lo sappiamo. I maiali sono cavalli, le bambine sono maschiette, la
guerra e' pace".
- F. C.: Eppure la politica e' intervenuta pesantemente contro monsignor
Nogaro. Il ministro Pisanu chiede ai vescovi di prendere provvedimenti
mentre il senatore Cossiga chiede al governo di far pressione perche' quel
vescovo venga rimosso. Come si spiega questa invasione di campo?
- A. Z.: Me la spiego con la crisi totale della politica. La nostra non e'
piu' politica, ma e' uno strumento succube dei poteri forti, economici,
finanziari, militari. Per chi tiene le fila di questa politica va bene una
religione che non disturbi l'assetto del sistema, una religione che
legittimi lo status quo. E questa e' una colpa enorme, scandalosa, che va
smascherata. Il vescovo Nogaro ha fatto precisamente questo: ha letto questo
momento con gli occhi del vangelo che rimette in discussione tutto. Il
cristiano deve fare proprio cosi', deve buttare nell'ordine del sistema la
provocazione del vangelo. Aveva ragione Martin Luther King quando diceva che
la religione non puo' ridursi ad essere il termostato della societa', ma
deve essere il termometro. Il cristiano non puo' restare passivo e non
denunciare la follia di questa guerra preventiva e permanente che sta
causando piu' male che bene. Grazie al cielo lo ha affermato piu' volte il
papa. Senza la sua voce davvero avremmo corso il rischio di provocare una
guerra santa, una nuova crociata fra mondo occidentale cristiano e mondo
islamico. Io l'ho detto fin dall'inizio. Ma non mi stupiscono le pressioni
di un Pisanu o di un Cossiga, rientrano nelle geometrie dell'ordine, del
sistema, dell'impero.
- F. C.: Eppure il cardinale Ruini ha detto, nell'omelia, che "noi non
fuggiremo davanti ai terroristi assassini, ma li fronteggeremo con tutto il
coraggio, l'energia, la determinazione di cui noi siamo capaci".
- A. Z.: Io fin dall'inizio dicevo che se gli Usa avessero dichiarato guerra
all'Iraq sarebbe successo il finimondo. Era chiarissimo. Ho lavorato con i
musulmani e stando accanto a loro era facile capire che quella guerra
sarebbe stata vista come una guerra provocata dall'occidente cristiano
contro il cuore dell'islam. No, no, quella guerra e' immorale e assurda
perche' fa leva su un criterio folle quello che dice: "Ti ammazzo prima che
tu mi ammazzi". Siamo fuori da ogni logica del diritto.
- F. C.: Non e' d'accordo dunque con Ruini. I nostri militari dovrebbero
lasciare il territorio iracheno?
- A. Z.: La guerra e' una violazione della Costituzione. La nostra non e'
una missione di pace, ma e' una missione che da' legittimazione alla guerra,
e' parte dell'aggressione contro un popolo sovrano. In questo modo abbiamo
avallato una occupazione.
7. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: LA SOCIETA' DEGLI ORCHI
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini@tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
Il settimanale "L'Espresso" ha pubblicato questa settimana (n. 48) un
articolo dal titolo Pedofilia ceca, di quelli che sono destinati a non far
dormire sonni tranquilli.
Contiene una notizia che riguarda la violenza sui minori mediante
prostituzione. Una sociologa, Cathrin Schauer, ha raccolto 500 interviste
che dimostrano come tra la Germania e la vicina Cecoslovacchia prospera un
turpe turismo sessuale che ha come oggetto i bambini.
Solo nel 2002 almeno sedicimila tedeschi sono stati sorpresi nelle zone di
confine per reati legati alla pedofilia. L'identikit del turista sessuale e'
del tutto normale, perche' sono uomini che varcano i confini magari
accompagnati dalla moglie. Lei va dal parrucchiere e lui a fare sesso con
minori. Oppure, si tratta di gruppi di studenti tedeschi che varcano il
confine per festeggiare il diploma. Un po' come avveniva ai tempi dei casini
in Italia. Naturalmente non manca la produzione di foto e filmini.
La pedofilia non e' certo un problema nuovo sulla faccia della terra.
Soprattutto le donne sono in grado di raccontare come da bambine hanno avuto
spesso a che fare con zii dalle mani lunghe o amici carissimi dei genitori,
o vicini di casa troppo gentili. Ma oggi c'e' una novita': la pedofilia ha
raggiunto gradi sofisticati di organizzazione e uso delle tecnologie a
partire da Internet. O forse e' anche notevolmente aumentata.
Recentemente in una citta' del nord est e' stato avviato un procedimento
giudiziario nei confronti di alcune maestre di scuola materna accusate di
portare a passeggiare i bambini per poi farli fotografare o sottoporre a
sevizie pedofile dagli adulti.
La nostra "modernita' liquida", come la definisce il sociologo Bauman, si
struttura sulla formazione di identita' deboli perche' fondate sul bisogno
di consumare rapidamente qualsiasi oggetto o sensazione. La "liberta'
sessuale" ha messo sul mercato degli oggetti di consumo anche il sesso che
deve essere rapidamente sfruttato sul piano delle emozioni e dei sentimenti.
Nello stesso tempo le nostre societa' sviluppano sempre di piu' il desiderio
del controllo: tenere tutto, o quasi, sotto controllo e' una sorta d'ideale
supremo. Avendo consapevolezza di non poter fare assegnamento su grandi
ideali o metanarrazioni fonti di valori e norme, devono agire sul piano
dello sviluppo dei sistemi di controllo e repressione.
Nella citta' dove ora e' in corso il procedimento giudiziario contro le
maestre, per esempio, gli insegnanti non possono piu' usare la macchina
fotografica nella didattica quotidiana, a meno che non riescono a superare
infiniti permessi dopo verifiche ampie da parte dell'autorita' che non hanno
intenzioni eventualmente pedofile. La conseguenza e' una netta riduzione
della liberta' d'insegnamento e, soprattutto, dell'uso di uno strumento
altamente efficace. Appunto, un massimo di sforzo di controllo perche' altro
non si sa fare.
8. RIFLESSIONE. CLAUDIO FAVA: UNA POLITICA PER L'EUROPA: LA PACE PREVENTIVA
[Dalla rivista telematica "Itaca" diretta da Claudio Fava
(http://itaca.netfirms.com) riprendiamo questo articolo. Claudio Fava,
figlio di Giuseppe Fava, partecipe dell'esperienza de "I Siciliani",
giornalista e militante politico impegnato contro la mafia, e' attualmente
parlamentare europeo. Tra le opere di Claudio Fava segnaliamo
particolarmente La mafia comanda a Catania, Laterza, Roma-Bari 1991; Terra
di nessuno, Laterza, Roma-Bari 1992; Cinque delitti imperfetti, Mondadori,
Milano 1994; Sud, Mondadori, Milano 1995; Nel nome del padre, Baldini &
Castoldi, Milano 1996; e la sceneggiatura (con Marco Tullio Giordana e
Monica Zapelli) del film I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001]
La tragedia italiana in Irak mette in mora, una volta di piu', l'Europa. Il
suo ruolo, la sua autorevolezza, le sue scelte. Una scelta su tutte: da
affidare - se ne saremo capaci - alla futura Costituzione ma anzitutto da
applicare in ogni atto della nostra politica estera: la pace preventiva.
Ovvero una cultura di governo molto piu' impegnativa delle scorciatoie che
ci propone l'amministrazione americana con le sue guerre preventive. La
pace: prima che gli eventi precipitano. Quando ancora la politica ha una
voce e il senno degli uomini un proprio ruolo.
Cosi' non e' stato per l'Irak. E ne paghiamo pegno tutti. Non solo i
diciannove italiani fatti a pezzi, non solo le centinaia di militari uccisi
dopo l'orgogliosa dichiarazione che la guerra era stata vinta (vi ricordate
il Presidente Usa il primo maggio?). Non solo i nostri morti. Tutti i morti
pagano pegno. Anche quei due bambini irakeni rimasti schiacciati nel loro
scuolabus, a Nassirya, dall'onda d'urto dell'attentato ai carabinieri
italiani. Uno dei molti "danni collaterali" di cui si smarrisce subito
memoria.
*
Che c'entra l'Europa? Se la politica possiede ancora una sua funzione,
l'Europa c'entra fino al collo. Ieri, per aver deciso di assecondare. Oggi,
per continuare a negare il proprio ruolo. Che passa - perche' negarlo? -
anche attraverso la Costituzione che ci daremo, i valori che ridefiniremo,
gli strumenti che ci assegneremo.
Di questo confuso e a tratti picaresco dibattito tra i governi diamo conto
in un altro articolo di "Itaca". Qui ci interessa ricordare che battersi per
una politica di pace preventiva vuol dire, concretamente, almeno tre cose.
La prima. Pensare a una politica estera capace anche di cooperazioni
rafforzate, esattamente come fu per la creazione dell'Euro, moneta comune
per molti, ma non per tutti gli stati europei. Voglio dire che se affidiamo
la nostra soggettivita' politica in campo internazionale al gioco dei veti
incrociati, in un Europa a venticinque la nostra politica estera potra'
occuparsi al massimo di dettare comunicati di cordoglio e telegrammi di
auspicio. Dobbiamo prevedere percorsi istituzionali che permettano
all'Unione europea di decidere e di contare anche contro il parere di alcuni
governi. Una cooperazione rafforzata che abbia come obiettivo il
mantenimento della pace, senza accettare veti da nessuno.
La seconda priorita'. Dovremmo avere il coraggio civile di inserire nel
testo della Costituzione europea, cosi' come chiesto a piu' voci dalla
societa' civile, un passaggio equivalente all'art.11 della nostra
costituzione, ovvero "L'Europa ripudia le guerra". Non rifiuta: ripudia.
Mettendo in campo tutte le proprie risorse politiche e sostanziali per
garantire una soluzione pacifica dei conflitti internazionali. Cio' che in
Irak ci siamo ben guardati dal fare.
Infine. Occorre crederci. Capire cioe' che un nuovo ordine internazionale
basato sulla prevalenza della pace non puo' essere tolemaicamente centrato
sull'amministrazione americana (qualunque sia lo stato di integrita' mentale
o la sensibilita' politica dei suoi presidenti). L'Europa deve assumere su
di se' la sfida per bilanciare l'egemonia americana e per trovare un assetto
internazionale affidato ad una reale distribuzione delle responsabilita'.
Che faccia della pace un bene prezioso, non piu' delegabile. La pace come
premessa e non come epilogo. Come valore, non come proposta. Passa
attraverso l'Europa, questo spostamento, che non e' solo semantico.
9. INCONTRI. A VENEZIA DAL 6 ALL'8 DICEMBRE IL TERZO SALONE DELL'EDITORIA DI
PACE
[Da Giovanni Benzoni (per contatti: gbenzoni@tin.it) riceviamo e
diffondiamo]
Promosso dalla "Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace" nei giorni 6-8
dicembre 2003 avra' luogo a Venezia, nella incantevole sede della scuola
grande san Giovanni Evangelista, il "Fondaco di Venezia terzo salone
dell'editoria di pace" che quest'anno in collaborazione con la fondazione
Maitreya si arrichisce del primo salone dell'editoria buddista ed orientale.
Quest'anno poi il Comune di Venezia - che con Regione Veneto e Provincia di
Venezia e' parte degli enti che hanno costituito la Fondazione- vi collabora
attraverso il proprio Centro Pace.
E' un salone che cresce di anno in anno per qualita', numero degli
espositori-partecipanti, presenza di pubblico e interesse della critica:
120 sono state le realta' presenti nella seconda edizione. Contiamo,
malgrado l'innegabile ritardo con cui inviamo questo invito e la
concomitanza temporale di altre iniziative tese a promuovere l'editoria di
qualita', in una adesione ancora piu' larga degli editori.
Siamo persuasi che anche questa iniziativa, che ci risulta unica in Italia,
possa concorrere a corrispondere a quell'"anelito profondo degli esseri
umani di tutti i tempi" che e' la pace in terra (come afferma la Pacem in
terris di cui ricorre il quarantesimo anniversario). Anelito reso evidente,
in modo sorprendente, dalle mobilitazioni per la pace e dalla forza
dell'opinione pubblica mondiale durante questo 2003 in cui si e'
sciaguratamente cercato di rilegittimare la guerra.
Siamo persuasi che ogni editore voglia dire la sua in merito, offrendo,
durante i tre giorni del salone, quanto tra la sua produzione editoriale
ritiene possa essere il suo contributo di informazione ed approfondimento
in merito ad una crescita di cultura di pace.
Durante le tre giornate del Fondaco di Venezia ( 6/8 dicembre) e nelle due
settimane di dicembre prima e dopo il salone (dal primo al quindici
dicembre) sia a Venezia che a Mestre sono previsti una serie di eventi
(seminari, mostre, dibattiti, concerti) tesi ad allargare le risonanze e gli
echi del salone.
Per informazioni: Giovanni Benzoni (tel. 3282517362, e-mail:
gbenzoni@tin.it), responsabile del Progetto iride 2003 per conto della
Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace; Federico Allegri (tel.
3355617468, e-mail: federicoallegri@libero.it), responsabile del salone
dell'editoria buddista ed orientale per conto della Fondazione Maitreya.
10. LIBRI. E' USCITO IL NUOVO ANNUARIO DELLA PACE
[Da Luca Kocci (per contatti: lkocci@tiscali.it) riceviamo e diffondiamo il
seguente comunicato]
Arrivera' nelle librerie nei prossimi giorni il terzo Annuario della pace,
realizzato dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace (a cura di
Luca Kocci, Asterios editore, pp. 376).
Esce - per una coincidenza non voluta - proprio mentre la guerra piomba
sull'Italia, pochi giorni dopo l'attentato di Nassiriya, in un momento in
cui diventa quindi ancora piu' urgente interrogarsi sulle questioni relative
alla guerra e alla pace.
Un anno, quello preso in esame dall'Annuario (dal giugno 2002 al maggio
2003), che verra' ricordato per la guerra in Iraq ma anche per la
diffusione, su scala globale, del piu' grande movimento per la pace e contro
la guerra degli ultimi decenni. Un anno da non dimenticare, quindi, che
l'Annuario della pace documenta analiticamente, con le cronologie di 12 mesi
di guerra e pace, ed analizza nei suoi molteplici aspetti geopolitici,
economici, giuridici, sociali, religiosi e culturali. In appendice una guida
essenziale ai siti internet e alle riviste per la pace.
Analisi, articoli, cronologie, interviste e schede di Alessandro Marescotti,
Salvatore Scaglione, Giulio Marcon, Ettore Masina, Giulietto Chiesa, Diego
Marani, Raniero La Valle, Michele Paolini, Lauso Zagato, Domenico Gallo,
Carlo Gubitosa, Tonio Dell'Olio, Gianni Novelli, Giovanni Sarubbi, Nanni
Salio, Luigi Accattoli, Alessandro Portelli, Massimo Paolicelli, Giorgio
Beretta, Loris Capovilla, Giovanni Benzoni, Antonio Cassese, Piergiorgio
Pasqualotto, Giuliana Martirani, Massimo Toschi, Francesco Iannuzzelli,
Lidia Menapace e altri.
Poesie inedite di Michele Ranchetti. Illustrazioni di Guido Fuga.
Con la collaborazione della scuola di ricerca e critica delle antropologie
"Vasti", del settimanale "Internazionale" e dell'associazione PeaceLink.
Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace (giugno
2002-maggio 2003), a cura di Luca Kocci, Asterios, Trieste 2003, pp. 376,
euro 25; (nelle migliori librerie o direttamente ad Asterios editore, via
Pigafetta 1, 31148, Trieste; tel. 040811286, fax 040825455, e-mail
asterios.editore@asterios.it).
L'Annuario della pace verra' presentato al pubblico durante il terzo Salone
dell'editoria di pace (Venezia, 6-8 dicembre 2003).
Per ulteriori informazioni: Luca Kocci, tel. 3406099673, e-mail:
lkocci@tiscali.it (Annuario della pace); Giovanni Benzoni, tel. 0415206960 e
3282517362, e-mail: gbenzoni@tin.it (Salone dell'editoria di pace).
11. APPELLI. SOSTENIAMO LE EDIZIONI QUALEVITA
Le Edzioni Qualevita pubblicano l'utilissimo bimestrale di riflessione e
informazione nonviolenta "Qualevita", molti libri fondamentali per una
cultura della pace, l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" che e' un ottimo
strumento di lavoro per tutte le persone amiche della nonviolenza.
A tutti i nostri interlocutori rivolgiamo l'invito a sottoscrivere un
abbonamento a "Qualevita", ad acquistare i libri della casa editrice, a
richiedere una o piu' copie di "Giorni nonviolenti", che puo' essere anche
un eccellente regalo per amici e colleghi.
L'abbonamento annuale al bimestrale "Qualevita" e' di 12,91 euro; il costo
dell'agenda-diario "Giorni nonviolenti" e' di 9,50 euro.
Per contatti, informazioni, richieste, acquisti: Edizioni Qualevita, via
Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448, 3495843946,
e-mail: sudest@iol.it
12. RILETTURE. AA. VV. LA VITA COME NOI L'ABBIAMO CONOSCIUTA
AA. VV., La vita come noi l'abbiamo conosciuta. Autobiografie di donne
proletarie inglesi, Savelli, Milano 1980, pp. 160. Un libro del 1931, con
una lettera introduttiva di Virginia Woolf, che merita di essere riletto.
13. RILETTURE. L'AUTOBIOGRAFIA DI MAMMA JONES
L'autobiografia di Mamma Jones, Einaudi, Torino 1977, pp. XLVIII + 190.
Pubblicata per la prima volta nel 1925, una testimonianza di straordinario
valore che ci sembra opportuno riproporre oggi.
14. RILETTURE. MOEMA VIEZZER (A CURA DI): CHIEDO LA PAROLA. TESTIMONIANZA DI
DOMITILA
Moema Viezzer (a cura di), Chiedo la parola. Testimonianza di Domitila, una
donna delle miniere boliviane, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 208. Una
testimonianza da rileggere.
15. RILETTURE. ELISABETH BURGOS (A CURA DI): MI CHIAMO RIGOBERTA MENCHU'
Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta' Menchu', Giunti, Firenze
1987, pp. XXIV + 304. Il libro-conversazione che ha fatto conoscere al mondo
la figura, le riflessioni e le esperienze di Rigoberta Menchu', luminosa
figura della nonviolenza, premio Nobel per la pace.
16. RILETTURE. MARIANELLA SCLAVI: ARTE DI ASCOLTARE E MONDI POSSIBILI
Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori,
Milano 2003, pp. 352, euro 18. Nuovamente segnaliamo questo bel libro
recente di Marianella Scavi, che vivamente raccomandiamo a tutti i nostri
interlocutori.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini@tin.it,
angelaebeppe@libero.it, mir@peacelink.it, sudest@iol.it, paolocand@inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 737 del 22 novembre 2003