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Iraq: militari italiani ad altissimo rischio
- Subject: Iraq: militari italiani ad altissimo rischio
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti@peacelink.it>
- Date: Thu, 20 Nov 2003 08:00:56 +0100
L'intelligence aveva previsto l'utilizzo di camion bomba
Ne conosceva anche le targhe. Polemica sulle rivelazioni
"Sapevamo dei kamikaze"
inascoltato l'allarme del Sismi
L'informativa sul possibile attacco a novembre a Nassiriya
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - Ci sono i nomi di sei arabi "possibili componenti di un commando di
feddayn". I numeri delle targhe di camion pronti ad essere imbottiti di
esplosivo e poi lanciati contro installazioni militari. Anche a Nassiriya,
contro il comando italiano. Alcune note ipotizzano anche possibili date
degli attacchi kamikaze: prima decade di ottobre e prima decade di novembre.
Tutto sembrano tranne che "generiche previsioni del tempo", come dice il
ministro della Difesa Antonio Martino, le informative del Sismi relative al
"teatro iracheno". Forse anche per questo il direttore del Sismi Niccolò
Pollari è stato prodigo di dettagli martedì sera davanti al Comitato
parlamentare di controllo sui servizi segreti. E per tre ore ha ripetuto,
leggendo rapporti riservati: "Avevamo previsto tutto, non c'era dubbio che
saremmo stati colpiti". Per poi concludere: "La minaccia cresce e il
livello di rischio in Iraq è sempre più alto".
Il generale si è presentato con due ufficiali, il capo di gabinetto del
servizio segreto militare e il responsabile dell'intelligence in Iraq. Con
sé ha portato una specie di libro-mastro su cui è registrata, da maggio a
oggi, l'attività dell'intelligence e una serie di cartelline relative a
specifiche informative. In tutto sono circa 600 i rapporti di analisi e
scenari. Il direttore del Sismi si è soffermato sulla lettura testuale di
una decina di informative con la dicitura "in evidenza".
Due soprattutto fanno tremare i polsi pensando alla strage del 12 novembre.
La prima è relativa "alla prima decade di ottobre". E parla di "probabili
attacchi al contigente italiano a Nassiriya e nella regione Dhi-Qar nel
sud-est dell'Iraq". Nel gergo degli 007 il termine "probabile" è superiore
al "possibile" e ha un livello di "quasi certezza". Nella stessa regione,
continua l'informativa, "è stato registrato l'arrivo di un commando di
almeno sei persone di feddayn di Saddam che insistono nell'area grazie
all'appoggio di alcuni basisti locali". Il servizio azzarda anche due
possibili date utili per l'attacco, due notti una di seguito all'altra.
La seconda nota di intelligence è relativa alla "prima decade di novembre".
Questa volta non è indicata la città di Nassiriya dove è insediato il
comando italiano della missione Antica Babilonia ma vi si legge di "un
certo numero di camion bomba in arrivo in Iraq, alcuni già in circolazione
e pronti ad essere cioè lanciati contro installazioni militari". La fonte
del servizio militare italiano è così bene informata che è anche in grado
di dare i "numeri di targa dei mezzi". Questa volta non si parla nello
specifico di rischio per le forze militari italiane. "Ma a partire da
luglio - ha insistito Pollari - l'oggetto di tutte le minacce registrate
dalla nostra rete di informatori sono gli italiani in genere e le nostre
forze armate in Iraq".
Eravamo nel mirino, era solo questione di giorni o settimane. A luglio,
infatti, c'è un primo allarme dettagliato "su un camion imbottito di
tritolo che sta per essere lanciato contro uno dei nostri insediamenti nel
sud-est iracheno". Non succede nulla. Ad agosto, il Sismi fa evacuare un
paio di volte l'ambasciata italiana a Bagdad. Viene colpita la sede delle
Nazioni Unite (19 agosto, 22 morti) e poi della Croce Rossa ma non la
nostra sede diplomatica.
Il direttore non vuole valutare i dispositivi di sicurezza, non è sua
competenza. "Noi abbiamo trasmesso le informazioni" taglia corto. Pollari
invece spiega come è articolata la nostra rete di intelligence nel teatro
iracheno: "Mettiamo insieme tre tipi di indicatori: militare; criminalità
comune, dove possono essere reclutati i basisti e il logistico delle
azioni; e terroristi". Un sistema integrato che ha permesso di registrare,
già da luglio, "la saldatura operativa tra feddayn di Saddam e cellule
dell'islamismo armato". Quel miscuglio di tecnica di guerriglia e kamikaze
che hanno fatto saltare il comando dei carabinieri e ucciso 19 persone.
L'audizione di Pollari ha provocato imbarazzo nella maggioranza che ha
minimizzato il rischio in Iraq. Fabrizio Cicchitto (fi), membro del Copaco,
ha accusato il presidente Enzo Bianco "di fare un uso politico della
Commissione". Giuseppe Caldarola (ds) non ha dubbi: "Un ministro della
Difesa che paragona le informative dei servizi alle previsioni del tempo, o
se ne va o manda via il responsabile del servizio". E Cicchitto "non può
mettere in dubbio la legittimità del Copaco ogni volta che contrasta con
quello che dice il governo". Il senatore diessino Massimo Brutti è convinto
che "il paese debba essere informato dell'allarme e del rischio altissimo
che c'è in Iraq".
(La Repubblica on line 20 novembre 2003)
Fonte: http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/esteri/iraq8/sismi/sismi.html
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Nassiriya, altri kamikaze
erano pronti a colpire
Potenziato l'apparato di sicurezza intorno alla base italiana
(Repubblica on line 19 novembre 2003)
(vedere http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/esteri/iraq8/nasss/nasss.html)
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Iraq, "altissimo rischio" per i soldati italiani
Il colonnello Scalas, portavoce del contingente italiano: "Il livello di
allerta è aumentato". Bombardamenti su Tikrit. Forse agli australiani il
compito di addestrare l'esercito iracheno.
NASSIRIYA – All’indomani dell’ allarme lanciato dal Sismi su possibili
nuovi attacchi contro italiani in Iraq, proprio dal quartier generale di
Nassiriya, teatro della strage contro i soldati italiani, arriva la
conferma del pericolo. E’ il colonello Scalas, portavoce del contingente
militare italiano nel sud del Paese, ad ammettere che l’area dove sono di
stanza i militari italiani è ad “altissimo rischio”. “Le nostre misure di
sicurezza – aggiunge il colonnello – sono sempre state improntate alla
massima cautela e attenzione. Ogni segnalazione è sempre stata verificata e
riscontrata”. E dopo l’attentato di mercoledì, “il livello di allerta è
ulteriormente aumentato”.
Terza notte di bombardamenti. Intanto in Iraq, per la terza notte
consecutiva, sono andati avanti i bombardamenti nella zona attorno a
Tikrit, città natale di Saddam Hussein. Com’era stato preannunciato,
l’amministrazione americana tenta di cambiare strategia militare. Presi di
mira un bunker ed edifici usati per imboscate contro le truppe della
coalizione. “Il nemico ci penserà due volte prima di usare di nuovo le
posizioni se sa che possiamo concentrarvi un fuoco preciso”, ha detto Colin
Crowe, comandante del plotone impiegato nell’operazione.
Ma il cambimanto riguarda anche le scelte politiche e le intenzioni
dell'amministrazione americana di velocizzare i tempi per il passaggio di
poteri agli iracheni. Secondo l'autorevole quotidiano indipendente di
Beirut An-Nahar, una "clausola segreta" del piano Usa prevede le che forze
americane e quelle britanniche mantengano sei basi permanenti nel Paese
come forza di deterrenza nei confronti della resistenza irachena. Che
saranno: la base aerea di Habbaniya, presso Falluja, la base aerea di
Shuaiba, vicino a Bassora, la base di Ali ben Abi Taleb presso Nassiriya,
le basi di al-Walid e al-Ghizlani presso Mossul.
Agli australiani l'addestramento dell'esercito iracheno. L’obiettivo degli
americani, ora, è un progressivo ma veloce passaggio di poteri e incarichi
agli iracheni. Per questo, alle truppe australiane presenti in Iraq (circa
300), potrebbe presto essere affidato il compito di addestrare i soldati
del nuovo esercito iracheno. Il ministro della Difesa australiano Robert
Hill, che si trova da oggi a Washington per colloqui con i vertici della
Difesa americana, ha confermato che i compiti militari dell’Australia in
Iraq potranno variare.
(IL NUOVO 19 NOVEMBRE 2003; ORE 8:55; aggiornato alle 12:40)
Fonte: http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,192310,00.html
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notizia del 18/11/2003
21:27 IRAQ: MARTINO, SISMI NON AVEVA PREVISTO ATTACCHI SPECIFICI
''DA BIANCO RIVELAZIONI IMPROPRIE, INFORMATIVE COPERTE DA RISERVATEZZA''
Roma, 18 nov. - (Adnkronos) - Enzo Bianco ha sbagliato a diffondere alla
stampa le informazioni del Sismi su presunti attentati a Nassiriya, e se il
presidente del Copaco ha rivelato informazioni esatte ''questo non
significa affatto che il Sismi aveva previsto che si sarebbero stati
attentati e che questi poi si sono verificati confermando una previsione
del Sismi''. Il ministro della Difesa Antonio Martino commenta cosi',
durante 'Porta a Porta', le dichiarazioni di Enzo Bianco che ha rivelato il
contenuto di alcune informative del Sismi.
Adnkronos
Fonte: http://news2000.libero.it/index_politica_news.jhtml?id=5786620
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Dal Sismi l'allarme per nuovi attacchi, scoppia la polemica
Non ancora messi da parte lo choc e la commozione per i funerali delle 19
vittime della strage di Nassyria, in serata si è riaccesa la polemica
politica dopo l'allarme lanciato dal Sismi sulla possibilità di nuovi
agguati in Iraq. Il presidente del Comitato parlamentare di Controllo sui
servizi, al termine dell'audizione del direttore del Sismi, ha denunciato
infatti gli altissimi rischi per gli italiani in Iraq, segnalati in una
serie di informative sin dal luglio scorso. Ma ha smentito che ci fosse un
allarme alla vigilia dell'attacco di Nassyria. Il ministro della Difesa
Martino ha replicato in serata, accusando Bianco di aver violato le regole
di un'audizione riservata.
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Sismi e Cia sapevano: due allarmi. Invano
Panorama on line 13/11/03
Dai servizi di intelligence almeno da 20 giorni erano giunti allarmi,
replicati anche nel giorno stesso dell'attenato, sulla possibilità di
agguati contro le nostre truppe nella città irachena. E il Segretario di
Stato americano ammonisce: "occorre che chi partecipa alla missione laggiù
lo faccia con gli occhi bene aperti"
Chi contribuisce alla campagna guidata dagli Stati Uniti in Iraq inviandovi
truppe, deve farlo "tenendo gli occhi aperti": lo ha dichiarato il
segretario alla Difesa americano e numero 1 del Pentagono, Donald Rumsfeld,
a proposito della strage di ieri a Nassiriya, in cui hanno perso la vita
quasi trenta persone tra carabinieri (12), soldati (5) e civili italiani
(2) nonché cittadini iracheni (nove).
Ai militari italiani caduti in servizio il capo del Pentagono ha rivolto un
pensiero, affermando di averli tutti nel cuore. "L'Iraq e' un Paese
pericoloso, e violento", ha ammonito.
"E' stato un Paese violento per parecchio tempo, e molto probabilmente
continuerà a esserlo ancora a lungo. Certo", ha sottolineato Rumsfeld,
"occorre che chi partecipa alla missione laggiù lo faccia con gli occhi
bene aperti".
In effetti, i servizi italiani gli occhi aperti, sia nei giorni precedenti
all'attacco a Nassiriya, sia lo stesso giorno del'attentato, li avevavno.
Si apprende infatti da fonti del ministero della Difesa che due allarmi
"rossi" dei servizi di intelligence hanno dato l'allerta dalla mezzanotte
dell'11 novembre che nella mattina del 12, all'alba, su possibili attacchi
contro i reparti militari italiani a Nassirya, la città a 350 km a sud di
Baghdad.
Il primo è scattato dal Sismi, il nostro controspionaggio militare, dopo la
mezzanotte. È seguito, alle 5,30 del mattino, quello della Cia. Entrambi
mettevano in guardia sulla possibilità di agguati contro le nostre truppe
nella città irachena.
Ma il Sismi non ha mai interrotto il flusso delle informazioni sulla
situazione in Iraq, che era diventata sempre più pericolosa.
Meno di venti giorni fa, un rapporto del servizio al ministero della Difesa
affermava: «I seguaci di Saddam Hussein, così come i talebani, hanno deciso
di intensificare gli attacchi contro le forze presenti, senza più
distinzione fra i vari contingenti. Questo è un segnale di allarme anche
contro le rappresentanze italiane».
Il rapporto del Sismi faceva seguito agli ultimi nastri attributi a Osama
bin Laden e trasmessi dalla tv satellitare araba al Jazeera. Bin Laden
minacciava l'Italia e gli altri paesi che sostengono l'impegno militare
statunitense in Iraq.
«I due paesi sono ormai da considerarsi un fronte unico della guerra santa
proclamata dall'Islam estremista contro l'Occidente intero», scriveva
ancora il Sismi riferendosi ai nostri 2.500 militari impegnati in gran
parte nella zona sud dell'Iraq.
Il servizio segnalava inoltre che l'area dove si trovano i militari
italiani era tra quelle maggiormente esposte ad attacchi: «la sicurezza
appare minacciata dai toni accesi della campagna politica lanciata dagli
estremisti sciiti, oltre che dalla riorganizzazione logistica di gruppi
quali El-Dawah e Shaaban».
Ma sul pericolo «elevato» di attentati terroristici da parte di
integralisti islamici, il direttore del nostro servizio militare, Niccolò
Pollari, aveva parlato nelle audizioni al Comitato parlamentare di
controllo sui servizi di informazione e sicurezza presieduto da Enzo Bianco.
Secondo il direttore del servizio segreto militare, il pericolo emergeva
«dall'esplicita connessione fatta da Bin Laden tra l'attacco all'Iraq ed
azioni terroristiche da parte di Al Qaeda o altri gruppi in Paesi occidentali».
Fonte: http://www.panorama.it/mondo/medioriente/articolo/ix1-A020001021717
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Secondo la Difesa i Servizi avvrebbero avvertito di un pericolo imminente.
Ma da mesi prevaleva l'ottimismo
ROMA - Il Sismi sapeva, si dice ora. A sentire fonti del ministero della
Difesa, forse già dalla mezzanotte di martedì, quando con un ultimo
dispaccio avrebbe segnalato che soldati italiani e marines americani
dovevano ritenersi un solo bersaglio, perché "considerati un fronte unico
della guerra santa proclamata dall'Islam estremista contro l'Occidente
intero". Si aggiunge ancora: sapeva il Sismi e, dall'alba di ieri, sapeva
la Cia. Quantomeno, prudentemente si corregge, "possiamo dire che da tempo
era alto il livello di vigilanza del nostro servizio militare" (è quanto ha
dichiarato Enzo Bianco, presidente del Comitato parlamentare di controllo
sui servizi di sicurezza).
Ma cosa davvero sapeva il Sismi? E cosa e come quel che sapeva è stato
comunicato e condiviso? Nel mercoledì di sangue delle nostre forze armate,
conviene partire da qui, da queste domande. Perché nella risposta che
offrono - lo vedremo - sta la cronaca del senso di smarrimento che, in soli
tre mesi, ha travolto un fin troppo generoso ottimismo della nostra
intelligence militare, trasformandolo prima in inquietudine, quindi in
paura. E questo, mentre il terreno si rivelava rapidamente fonte di rischi
inattesi, in una fioritura di nemici dalle sigle sin lì sconosciute, in un
accavallarsi disordinato di informazioni copiose ma apparentemente
incoerenti e dunque lavorate all'ingrosso. È una storia scritta nella
sequenza delle informative trasmesse dal Sismi all'autorità politica tra
l'agosto scorso e la fine di ottobre. Documenti cui Repubblica ha avuto
accesso. Vediamo.
È ancora piena estate quando Forte Braschi rassicura Palazzo Chigi. La sede
Onu di Bagdad non è stata ancora martoriata dal camion bomba che, il 19
agosto, uccide il rappresentante speciale delle Nazioni Unite Sergio Vieira
de Mello con altri 22 innocenti e l'aggressività nei confronti delle forze
del contingente alleato non sembra affare che ci riguardi. Al contrario. Il
servizio militare, citando quanto l'Imam della moschea Baratha, a Bagdad,
va dicendo nelle preghiere del Venerdì, ritiene di poter concludere nella
sua informativa che "la popolazione vede con favore la presenza italiana in
Iraq". Che, dunque, pur non sottovalutando i rischi di un teatro di
operazioni complesso, si può essere ragionevolmente certi che non dovremo
condividere con le truppe anglo-americane un pedaggio di sangue.
A ben vedere, l'analisi è significativa non solo per quel che comunica, ma
per la data che porta. Quanto accaduto a luglio, proprio a Nassiriya, non
sembra infatti aver depositato alcun elemento di legittima preoccupazione
nel nostro controspionaggio. E dire che ce ne sarebbero ottimi motivi. Un
mese e mezzo prima, il 3 luglio, è proprio questo giornale, per la firma di
Renato Caprile, a riferire nelle sue cronache da Nassiriya il plot di
sangue di cui il nostro contingente sarà vittima quattro mesi dopo.
Un colonnello iracheno, Hassan Ibrahim Dhahad, responsabile della polizia
per l'intera provincia di competenza italiana, gira al Sismi e
all'intelligence americana un'informazione precisa. Un camion carico di
tritolo e di martiri votati al suicidio si prepara a lasciare la zona
chiusa tra le città di Bagdad, Falluja e Ramadi per colpire gli
acquartieramenti dei nostri carabinieri.
La notizia viene lasciata cadere. Di più, bollata dal comandante del
contingente dell'Arma, Georg Di Pauli, come non verificabile e dunque
soltanto fonte di "inutile allarmismo".
Si arriva così a settembre. Si è consumata la strage della moschea di Najaf
e a Bagdad si muove qualcosa che piace sempre meno agli americani. "Fonti
qualificate" riferiscono il formarsi nella zona dell'aeroporto e dello
scalo militare di Habanya di una nuova sigla paramilitare: l'Esercito di
Maometto, brigata di irregolari che raccoglie ex funzionari del Baath. Gli
analisti del Sismi ne vedono il potenziale pericolo e suonano un primo
campanello di allarme. Vestendolo di qualche informazione in più.
L'Esercito di Maometto - si legge nelle informative - combatte anche al
riparo di un'altra sigla: l'Avanguardia armata del secondo esercito di
Maometto. E in questa formazione - si aggiunge - trovano spazio i Feddayn
di Saddam, irregolari già inquadrati nell'esercito del raìs durante la
guerra e ora punta di lancia delle operazioni di guerriglia contro il
contingente alleato. Gli stessi pubblicamente indiziati ieri dal ministro
della Difesa Martino in Senato quali autori della strage di Nassiriya.
Ebbene, in quei giorni di settembre, scrive il Sismi, "è forte la
determinazione di queste cellule a colpire tutti coloro che operano al
fianco degli americani", al punto che se ne indica anche un potenziale
obiettivo: le rappresentanze diplomatiche in Iraq dei paesi della coalizione.
In ottobre, le ambasciate non vengono colpite e di Feddayn ed Esercito di
Maometto non si trova più traccia nel flusso informativo del servizio. Al
loro posto, dopo che il 18 di quel mese Osama Bin Laden è tornato a
minacciare gli alleati del Satana americano (e dunque anche l'Italia),
compaiono "estremisti non meglio identificati" dal terrificante piano di
morte.
"Precipitare - scrive il Sismi - un velivolo carico di esplosivo su un
edificio di Bagdad utilizzato da forze della coalizione". E ancora: "una
catena di attentati con congegni esplosivi lungo la rotabile a ovest di
Bagdad in direzione Falluja".
Nella sequenza delle informazioni lavorate dal Sismi, che pure soddisfano
una certa bulimia degli apparati, è evidente un progressivo confondersi del
quadro. Dove, alla consapevolezza del crescere del rischio si combina un
fiorire di indicazioni che non per questo aiutano nella prevenzione di
possibili attacchi. Al punto che, il 22 ottobre, ascoltato in audizione
segreta dal Comitato di controllo sui servizi segreti, il direttore del
Sismi, Nicolò Pollari, è costretto a rifugiarsi in un'analisi di scenario
sull'Iraq così generica nella sostanza da non catturare alcuna attenzione
da parte degli interlocutori.
Sollecitato a offrire una previsione sul significato della minaccia rivolta
da Bin Laden il 18 ottobre, Pollari dice: "La circostanza che siano stati
colpiti tutti i Paesi indicati da Bin Laden nel precedente proclama dell'11
febbraio 2003 (Arabia Saudita, Yemen, Marocco, Pakistan, Nigeria e
Giordania) consiglia la massima attenzione alle nostre truppe. Anche se,
allo stato, non si registrano elementi di tensione". Ora, Pollari tornerà a
spiegare.
La Repubblica 13/11/03, riportata su
http://italy.indymedia.org/news/2003/11/420792.php