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dal Guatemala .......a Nassiriya
ricevo e trasmetto, per chi vuol riflettere sulle recenti tragedie è un
ottimo sussidio
----- Original Message -----
From: Amici del Guatemala
To: Gianna Berti
Sent: Monday, November 17, 2003 10:12 AM
Subject: Guatemala .......
ancora guatemala (in grassetto per chi non volesse leggere l'altro) e non
solo ma comunque molto interessante
Gianna
NASSIRIYA
Le dolorose ipocrisie della guerra
GIANNI MINA'
Quello che più sconcerta nel dolore per questa carneficina di italiani a
Nassiriya non è solo l'atto feroce e disperato degli attentatori, ma anche
l'ipocrisia e la retorica d'accatto della maggior parte dei nostri
politici. Siamo andati a immolare in Iraq la vita di alcuni fra i migliori
cittadini del nostro paese in una guerra dove nessuno, salvo George W.
Bush, ci aveva invitato e che solo l'attuale presidente degli Usa e i
signori della guerra, dell'energia e del petrolio che lo hanno eletto
avevano interesse a dichiarare. Perché la guerra in Iraq (che la maggior
parte del mondo non voleva) non è mai finita, anche se ci siamo illusi che
lo fosse. La crudele sequenza di attentati a partire dal 19 agosto
all'ambasciata giordana e poi all'hotel Canall, dove stavano i funzionari
dell'Onu, all'hotel Baghdad, dove albergavano quelli della Cia fino alla
sede della Croce Rossa sono la prova indiscutibile di questa realtà. E'
scandaloso quindi che in questa circostanza dolorosa per noi come nazione,
molti, non solo il presidente del consiglio Berlusconi e il ministro degli
esteri Martino, abbiano dimenticato di ricordare che 18 nostri connazionali
sono stati assassinati mercoledì a Nassiriya perché siamo stati e
continuiamo ad essere conniventi di un conflitto senza giustificazione. Un
conflitto sostenuto con menzogne dall'amministrazione Bush e ribadite da
Tony Blair in Inghilterra. Strategie così inquietanti da causare il
misterioso suicidio di uno scienziato che aveva smascherato l'azzardata
macchinazione del governo di Londra per convincere l'opinione pubblica
della giustezza della guerra.
E' vero, gli italiani erano a Nassiriya per far ripartire la vita di una
nazione ma, purtroppo, le circostanze hanno fatto in modo che fossero
considerati dalle frange più esasperate del paese come complici degli
occupanti, gli Stati Uniti. Una potenza che ha scatenato l'inferno solo per
portar via o controllare la vera ricchezza dell'Iraq, il petrolio.
I nostri connazionali assassinati a Nassiriya sono stati quindi due volte
vittime: della follia terroristica e del cinismo della politica dei forti.
E' vero che l'inferno della guerra ha bruciato finalmente la dittatura di
Saddam Hussein, ma è palese che se gli Stati Uniti dovessero far guerra a
tutti i «mostri» che hanno creato per i loro interessi politici ed
economici, sarebbero in conflitto continuo con decine e decine di paesi,
dall'Indonesia al Guatemala.
Nella terra dei Maya, solo recentemente il governo di Washington ha
scaricato, per esempio, il genocida generale Efrem Rios Montt che
impunemente concorreva per la presidenza del paese e ha scelto il meno
compromettente candidato dell'estrema destra neoliberista Oscar Berger che
ora si giocherà al ballottaggio con Alvaro Colon (leader di una
aggregazione anch'essa conservatrice) il governo del paese.
E non è l'unico esempio di contraddizione della politica estera degli Stati
Uniti. Meno di un mese fa, in Bolivia, la resistenza di un grande movimento
indigeno di base, dopo aver bloccato la privatizzazione dell'acqua si è
opposto alla svendita a una multinazionale nordamericana del gas, ultima
ricchezza di un paese depredato. Quel movimento ha costretto alla fuga a
Miami il presidente Sanchez De Losada che aveva represso le manifestazioni
di piazza facendo sparare sulla folla e causando più di cento morti e
quattrocento feriti. Sanchez De Losada, però, faceva gli interessi
dell'economia Usa e i più importanti giornali italiani hanno sorvolato sul
suo tramonto inglorioso e vile.
Qual è allora, la morale che nutre il giudizio di molti dei nostri
politici, di buona parte dei media e giustifica le decisioni del governo?
Ieri mattina ho sentito affermare da alcuni opinionisti, nei telegiornali
della tv pubblica e commerciale, che l'Italia ora è un paese più maturo
perché ha provato su di sé la guerra.
No, all'insensato collega sostenitore di queste tesi, dico che il paese è
stato ed è maturo, dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale, proprio
perché rifiuta per principio la guerra e lo ha scritto anche nella
Costituzione, nata in una stagione in cui si voleva ricostruire e non
ancora dividere.
Le guerre di occupazione (perché purtroppo questa è la natura del conflitto
in Iraq) durano molto, più di ogni previsione. Ed è indecente che, dopo
aver costruito scientemente questa tragedia, gli Stati Uniti chiedano
all'Onu o a nazioni come la nostra, di tirarli fuori dalla palude dove si
sono impantanati, senza nemmeno avere la disponibilità a cedere il comando
delle operazioni a una istituzione o a un governo neutrale.
Piangere i nostri ragazzi, senza farci propositori decisi di questa
esigenza, senza capire che non si può imporre un governo di comodo a una
popolazione martoriata non solo da una dittatura ma da tanti anni di
embargo e da una attualità senza speranza, è immorale e inutile.
Il fatto che la resistenza diventi crudele in una regione, quella dov'è
Nassiriya, a forte presenza sciita, la minoranza perseguitata per anni da
Saddam, dovrebbe spiegare il sentimento che sta crescendo nella popolazione
irachena e convincerci che, nella situazione attuale, non abbiamo nessuna
possibilità di portare la pace e non abbiamo il diritto di sacrificare la
vita di altri nostri generosi connazionali.
g.mina@giannimina.it
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