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La nonviolenza e' in cammino. 727
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 727
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Sun, 9 Nov 2003 01:19:16 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 727 del 9 novembre 2003
Sommario di questo numero:
1. Federica La Perna: una lettera sulla proposta di Lidia Menapace
2. Aldo Capitini: "Azione nonviolenta" e'...
3. Enrico Peyretti: contro ogni terrorismo
4. Hannah Arendt: l'azione
5. Etty Hillesum: una persona come te
6. Simone Weil: un pezzo di pane
7. Giovanni Paolo II: Pacem in terris, un impegno permanente
8. Aldo Garzia ricorda Dino Frisullo
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. FEDERICA LA PERNA: UNA LETTERA SULLA PROPOSTA DI LIDIA
MENAPACE
[Ringraziamo di tutto cuore Federica La Perna (per contatti:
federica_laperna@libero.it) per questo intervento, cosi' caratteristico -
anche nella scelta stilistica della forma epistolare - del suo modo di
porsi, di essere solidale, ed impegnata ed educatrice, senza prosopopea.
Federica La Perna, educatrice ed operatrice sociale, impegnata nella
solidarieta' concreta, collabora da anni col "Centro di ricerca per la pace"
di Viterbo, ed ha preso parte a pressoche' tutte le iniziative di pace,
solidarieta' e nonviolenza a Viterbo dai primi anni novanta; e' una delle
figure di riferimento fondamentali dell'esperienza di accostamento alla
nonviolenza svoltasi presso il centro sociale occupato autogestito "Valle
Faul" di Viterbo. Ed ha una scrittura di struggente bellezza, di cui si
tormenta, ed e' cosi' difficile estorcerle uno scritto che questo intervento
e' un dono vieppiu' prezioso]
Caro Peppe,
perche' una lettera?
Perche' il mio carattere, la mia (relativamente) giovane eta' e soprattutto
le mie esperienze e competenze in merito non mi permettono di intervenire in
altro modo in questa importante discussione.
Mi fa piacere pero' condividere con te alcune riflessioni su un tema che,
come ben sai, mi sta molto a cuore. E una lettera, con il suo carattere
cosi' intimo e personale, e' il mezzo piu' vicino al modo con cui mi piace
comunicare.
Ti diro' innnanzitutto che sono stata molto felice della proposta di Lidia
Menapace: finalmente decidiamo di giocare un ruolo attivo e concreto in
questioni fondamentali come la scelta della nonviolenza, di una neutralita'
attiva e non passiva, del ripudio totale della guerra; finalmente decidiamo
di non delegare, di non subire le decisioni altrui per poi lamentarcene.
Parlo al plurale perche' singolarmente molti lo hanno fatto e continuano a
farlo, ma l'idea nuova e importante mi sembra essere quella di farlo tutti
insieme. Pur nel rispetto delle differenze, delle peculiarita', delle
prospettive specifiche, condividere obiettivi comuni. Questo mi sembrava
mancasse.
2. MAESTRI. ALDO CAPITINI: "AZIONE NONVIOLENTA" E'...
["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento
fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per
tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".
Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici
della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a
tutti i lettori del nostro notiziario - a rinnovare (o sottoscrivere per la
prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta"; ma oggi presentiamo
invece un passo dell'intervento con cui il fondatore di "Azione
nonviolenta", Aldo Capitini, presento' la rivista al suo apparire
quarant'anni fa.
Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, pp.
352-353; e' un brano dalla parte conclusiva dell'editoriale di presentazione
nel primo numero di "Azione nonviolenta", del gennaio 1964.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta"
(e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono
disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini
non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.cosinrete.it]
"Azione nonviolenta" e' l'espressione soprattutto dei gruppi che operano nel
movimento nonviolento per la pace; si inserisce attivamente nella lotta per
la liberta' di espressione, di associazione, di informazione, di dialogo, e
nella lotta sociale e sindacale contro i privilegi; stabilisce la piu'
aperta solidarieta' con le forze religiose che vedano nel metodo nonviolento
un modo preminente di servizio religioso, nell'unita' intima con tutti gli
esseri.
"Azione nonviolenta" sostiene la formazione di assemblee popolari periodiche
per la trattazione di tutti i problemi nel controllo "dal basso"; afferma
l'importanza delle piccole citta' e delle comunita' decentrate, che un
rinnovamento sociale, industriale, agricolo, tecnico e un diffuso moto
dell'animo ed una sensibilita' poetica debbono valutare e rinnovare; tende a
pronuovere nella scuola un'operosa solidarieta' collettiva tra gli studenti,
in modo che al dualismo e all'autoritarismo si sostituisca una grande
cooperazione per la migliore efficienza dello studio e della ricerca.
"Azione nonviolenta" non vuole condannare ne' riprodurre il passato tale e
quale, ed ha fiducia nella possibilta' di molto creare nel servizio ad una
grande idea...
3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: CONTRO OGNI TERRORISMO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscali.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il
piu' recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una
cui edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente
aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario
della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001. Una
piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n.
477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario]
Potranno anche, destra e sinistra, manifestare insieme il 19 novembre contro
il ricomparso terrorismo, come propone Berlusconi. Quello puo' giustamente
essere un momento unitario, perche' la politica armata nega e offende la
regola minima - non uccidere - di ogni societa' politica, primo obbligo di
tutte le parti. Una manifestazione unitaria puo' essere un momento valido,
ma non deve essere equivoco.
Si deve sapere e dire forte - prima e dopo la manifestazione unitaria,
durante la quale si puo' tacere per ragioni di galateo - che non c'e' solo
la violenza armata.
C'e' una violenza assai piu' profonda e vasta, piu' invisibile e accettata,
di quella del terrorismo delle bande segrete e del terrorismo degli stati
che e' la guerra.
La violenza piu' profonda e vasta e' la violenza strutturale, economica, e'
la violenza esercitata, sostenuta, esaltata dall'odierno totalitarismo
liberista mondiale, cui aderisce pienamente il governo Berlusconi.
La liberta' senza giustizia, la liberta' sciolta dal vincolo del rispetto
dell'altro e della sua vita, specialmente del piu' povero e sprovveduto, la
liberta' di abbandonare l'altro al suo destino, la liberta' dei forti contro
i deboli - libere volpi fra libere galline - e' ideologia e pratica
violentissima, premeditata, feroce, disumana, colpevole fautrice di altra
violenza reattiva, ingiustificabile e condannabile questa tanto quanto, e
non di piu', della prima.
Le vittime della violenza economica nel mondo sono piu' numerose delle
vittime delle armi, sia quelle legali sia quelle illegali. La violenza
economica uccide piu' del terrorismo di banda o di stato.
Il crimine mondiale economico e' piu' vasto e micidiale delle gia' orribili
ingiustificabilissime guerre presenti, specie quelle dell'impero Usa, che si
fanno modello, che sono fonte del disordine mondiale contro l'ordinamento di
pace delle Nazioni Unite, guerre avallate anche da Berlusconi (che avrebbe
trascinato l'Italia nella guerra all'Iraq, se il movimento popolare per la
pace non glielo avesse impedito). Anche il centro-sinistra, approvando e
sostenendo l'ingiustificabile guerra del 1999 per il Kossovo, ha dimostrato
grande debolezza e subordinazione della propria cultura politica.
*
Assassini sono i terroristi, assassini i politici che prevedono, vogliono,
approvano la guerra come "mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali" (quindi contro il dettato dell'art. 11 della Costituzione,
vero vanto dell'Italia civile) e, peggio, come mezzo di dominio imperiale.
Assassino e' chi consapevolmente promuove e utilizza la strage economica
mondiale del liberismo violento.
Chi da' il proprio avallo alla violenza economica ha un minore titolo per
condannare la violenza armata interna. Si puo' sperare che l'impegno contro
questa violenza porti le persone serie e sensibili, presenti dappertutto, a
comprendere e giudicare e rifiutare la prima violenza. Percio' e' utile
manifestare tutti insieme contro il terrorismo, purche' con l'occhio attento
a tutta la vastita' della violenza.
Il nostro rifiuto radicale della violenza armata non assolve e non "condona"
nulla alla violenza economica.
La nostra lotta contro la violenza militare ed economica e' una lotta
totalmente nonviolenta: secco e' il giudizio sui delitti, aperto il dialogo
con le persone. Dura la condanna della violenza militar-economica, pacifici
e attivamente nonviolenti i mezzi di contrastarla costruttivamente con la
diffusione della cultura di pace, con la pratica alternativa dal basso.
*
Una manifestazione in comune con la destra di governo potra' avere un
positivo significato unitario limitato contro gli attentati terroristici, ma
non potra' essere per noi ignoranza o dimenticanza o assoluzione della
violenza economica mondiale e nazionale che questo governo liberista
sostiene e incoraggia.
Questo governo sta massacrando la legalita' e lo stato di diritto. Per
opporsi davvero e in modo convincente al terrorismo, come e' suo dovere,
esso deve ritornare sui suoi passi e rientrare nel rispetto della legalita',
deve porre il bene comune e i principi di giustizia al di sopra degli affari
privati e dell'immunita' del suo capo-proprietario e dei suoi soci, deve
trovare ministri competenti e non servizievoli.
*
Altrettanto lontani noi siamo - ça va sans dire - da chi, per immensa
ignoranza, per stolta fiducia nel mito della violenza, per insensibilita'
umana, affida alle armi la sua lotta e le sue speranze.
La politica armata, oltre che criminale, e' stupida, perche' distrugge
soprattutto gli obiettivi che crede di sostenere, mentre favorisce la parte
che crede di avversare.
Chi uccide, indirettamente con l'egoismo economico, direttamente nella
guerra o nell'omicidio politico, e' negatore dell'umanita' di tutti, e
anzitutto della propria.
La societa', piu' che inferocirsi a sua volta nella vendetta legale, deve
anzitutto impedire e fermare il terrorista e la sua organizzazione, e poi
aiutarlo, con tutte le risorse civili culturali e spirituali, a ritrovare la
propria umanita' nell'incontro umano con persone umane, con la societa'
intera, con l'intera famiglia umana e le sofferenze degli umiliati e
oppressi.
Gli oppressi hanno bisogno di incontrare alta qualita' umana e azioni umane,
non feroci e vigliacchi guerrieri, che sarebbero futuri nuovi oppressori, se
vincessero.
*
La lotta costruttiva contro la violenza, per una vita sociale libera da ogni
violenza, specialmente da quella onorata e rispettata, non e' una piccola
contesa o gara tra partiti dal piccolo orizzonte, ma il compito umano
storico piu' grande e impegnativo che abbiamo.
Questo compito deve determinare la politica, a tutti i livelli, in tutti i
settori della gestione della cosa pubblica.
Questo compito e' il criterio principe col quale noi giudichiamo ogni
posizione e proposta politica.
4. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'AZIONE
[Da Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1964, 1994, p. 7 (con un
minimo ritocco alla peraltro assai bella traduzione). Hannah Arendt e' nata
ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e
Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga
in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del
Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di
attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei
diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi
lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati,
per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione
italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del
totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958),
Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La
banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano;
Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso
La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi
di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto
interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e
politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La
corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo
1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1.
1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954,
Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]
L'azione, la sola attivita' che metta in rapporto diretto gli esseri umani
senza la mediazione di cose materiali, corrisponde alla condizione umana
della pluralita', al fatto che gli esseri umani, e non l'Uomo, vivono sulla
terra e abitano il mondo. Anche se tutti gli aspetti della nostra esistenza
sono in qualche modo connessi alla politica, questa pluralita' e'
specificamente la condizione - non solo la conditio sine qua non, ma la
conditio per quam - di ogni vita politica.
5. MAESTRE. ETTY HILLESUM: UNA PERSONA COME
[Da Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996, p. 168.
Etty Hillesum e' nata nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel 1943, il suo
diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo valore e in
questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua meditazione
diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la riflessione. Opere
di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996; Lettere
1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum: AA. VV., La
resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di "Alfazeta", n. 60,
novembre-dicembre 1996, Parma. Piu' recentemente: Nadia Neri, Un'estrema
compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty
Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie
Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000;
Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero,
Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty
Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo "altro" e' possibile, Apeiron,
Sant'Oreste (Rm) 2002 (catalogo della mostra svoltasi a Roma nel 2002)]
Mi si dice: una persona come te ha il dovere di mettersi in salvo, hai tanto
da fare nella vita, hai ancora tanto da dare. Ma quel poco o molto che ho da
dare lo posso dare comunque, che sia qui in una piccola cerchia di amici, o
altrove, in un campo di concentramento. E mi sembra una curiosa
sopravvalutazione di se stessi, quella di ritenersi troppo preziosi per
condividere con gli altri un "destino di massa".
6. MAESTRE. SIMONE WEIL: UN PEZZO DI PANE
[Da Simone Weil, Quaderni, volume quarto, Adelphi, Milano 1993, p. 301.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa,
militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria,
operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti,
lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a
lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione,
sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna
come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della
Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Colui che da' un pezzo di pane senza una parola, se il gesto e' quello
giusto, a volte da' in questo modo al tempo stesso la vita eterna. Un gesto
simile puo' avere un valore redentivo di gran lunga superiore a molti
sermoni.
7. RIFLESSIONE. GIOVANNI PAOLO II: PACEM IN TERRIS, UN IMPEGNO PERMANENTE
[Riportiamo il messaggio di papa Vojtyla per la giornata della pace del
primo gennaio 2003. Segnaliamo gli interventi papali per la giornata della
pace dalla sua istituzione ad oggi:
Paolo VI: La giornata per la Pace (1968, ma nell'originale senza titolo), La
promozione dei diritti dell'uomo, via verso la Pace (1969), E' nostra
missione insegnare agli uomini a riconciliarsi (1970), Ogni uomo e' mio
fratello (1971), Se vuoi la Pace lavora per la giustizia (1972), La Pace e'
possibile e doverosa (1973), La Pace dipende anche da te (1974), La
riconciliazione via alla Pace (1975), Le vere armi della Pace al servizio
dell'umanita' nuova (1976), Se vuoi la Pace difendi la vita (1977), No alla
violenza, si' alla Pace (1978).
Giovanni Paolo II: Per giungere alla Pace educare alla Pace (1979), La
verita', forza della Pace (1980), Per servire la Pace, rispetta la liberta'
(1981), La Pace dono di Dio affidato agli uomini (1982), Il dialogo per la
Pace una sfida per il nostro tempo (1983), La Pace nasce da un cuore nuovo
(1984), La Pace e i giovani camminano insieme (1985), La Pace e' valore
senza frontiere Nord-Sud, Est-Ovest: una sola Pace (1986), Sviluppo e
solidarieta': due chiavi per la Pace (1987), La liberta' religiosa
condizione per la pacifica convivenza (1988), Per costruire la Pace,
rispettare le minoranze (1989), Pace con Dio Creatore, Pace con tutto il
creato (1990), Se vuoi la Pace, rispetta la coscienza di ogni uomo (1991), I
credenti uniti nella costruzione della Pace (1992), Se cerchi la Pace, va
incontro ai poveri (1993), Dalla famiglia nasce la Pace della famiglia umana
(1994), La donna educatrice di Pace (1995), Diamo ai bambini un futuro di
Pace (1996), Offri il perdono, ricevi la Pace (1997), Dalla giustizia di
ciascuno nasce la Pace per tutti (1998), Nel rispetto dei diritti umani il
segreto della Pace vera (1999), Pace in terra agli uomini che Dio ama
(2000), Dialogo fra le culture per una civilta' dell'amore e della Pace
(2001), Non c'e' Pace senza giustizia, non c'e' giustizia senza perdono
(2002), Pacem in terris: un impegno permanente (2003).
Tutti i testi sono disponibili nel sito: www.vaticano.va
Ringraziamo di tutto cuore suor Marcella Farina (per contatti:
mfarina@pfse-auxilium.org) per averci inviato questo testo, queste
indicazioni, ed altri utilissimi materiali; e per la sua amicizia e la sua
generosita']
1. Sono trascorsi quasi quarant'anni da quell'11 aprile 1963, in cui Papa
Giovanni XXIII pubblico' la storica Lettera enciclica Pacem in terris. Si
celebrava in quel giorno il Giovedi' Santo. Rivolgendosi "a tutti gli uomini
di buona volonta'", il mio venerato Predecessore, che sarebbe morto due mesi
piu' tardi, compendiava il suo messaggio di pace al mondo nella prima
affermazione dell'Enciclica: "La pace in terra, anelito profondo degli
esseri umani di tutti i tempi, puo' venire instaurata e consolidata solo nel
pieno rispetto dell'ordine stabilito da Dio" (Pacem in terris, introd.: AAS,
55 [1963], 257).
*
Parlare di pace ad un mondo diviso
2. In realta', il mondo a cui Giovanni XXIII si rivolgeva era in un profondo
stato di disordine. Il XX secolo era iniziato con una grande attesa di
progresso. L'umanita' aveva invece dovuto registrare, in sessant'anni di
storia, lo scoppio di due guerre mondiali, l'affermarsi di sistemi
totalitari devastanti, l'accumularsi di immense sofferenze umane e lo
scatenarsi, nei confronti della Chiesa, della piu' grande persecuzione che
la storia abbia mai conosciuto.
Solo due anni prima della Pacem in terris, nel 1961, il "muro di Berlino"
veniva eretto per dividere e mettere l'una contro l'altra non soltanto due
parti di quella Citta', ma anche due modi di comprendere e di costruire la
citta' terrena. Da una parte e dall'altra del muro la vita assunse uno stile
differente, ispirato a regole tra loro spesso contrapposte, in un clima
diffuso di sospetto e di diffidenza. Tanto come visione del mondo quanto
come concreta impostazione della vita, quel muro attraverso' l'umanita' nel
suo insieme e penetro' nel cuore e nella mente delle persone, creando
divisioni che sembravano destinate a durare per sempre.
Inoltre, proprio sei mesi prima della pubblicazione dell'Enciclica, mentre a
Roma si era da pochi giorni aperto il Concilio Vaticano II, il mondo, a
causa della crisi dei missili a Cuba, si trovo' sull'orlo di una guerra
nucleare. La strada verso un mondo di pace, di giustizia e di liberta'
sembrava bloccata. Molti ritenevano che l'umanita' fosse condannata a vivere
per tanto tempo ancora in quelle precarie condizioni di "guerra fredda",
costantemente sottoposta all'incubo che un'aggressione o un incidente
potessero scatenare da un giorno all'altro la peggior guerra di tutta la
storia umana. L'uso delle armi atomiche, infatti, l'avrebbe trasformata in
un conflitto che avrebbe messo a repentaglio il futuro stesso dell'umanita'.
*
I quattro pilastri della pace
3. Papa Giovanni XXIII non era d'accordo con coloro che ritenevano
impossibile la pace. Con l'Enciclica, egli fece si' che questo fondamentale
valore - con tutta la sua esigente verita' - cominciasse a bussare da
entrambe le parti di quel muro e di tutti i muri. A ciascuno l'Enciclica
parlo' della comune appartenenza alla famiglia umana e accese per tutti una
luce sull'aspirazione della gente di ogni parte della terra a vivere in
sicurezza, giustizia e speranza per il futuro.
Da spirito illuminato qual era, Giovanni XXIII identifico' le condizioni
essenziali per la pace in quattro precise esigenze dell'animo umano: la
verita', la giustizia, l'amore e la liberta' (cfr. ibid., I: l. c.,
265-266). La verita' - egli disse - sara' fondamento della pace, se ogni
individuo con onesta' prendera' coscienza, oltre che dei propri diritti,
anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edifichera' la pace,
se ciascuno concretamente rispettera' i diritti altrui e si sforzera' di
adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. L'amore sara' fermento
di pace, se la gente sentira' i bisogni degli altri come propri e
condividera' con gli altri cio' che possiede, a cominciare dai valori dello
spirito. La liberta' infine alimentera' la pace e la fara' fruttificare se,
nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione
e si assumeranno con coraggio la responsabilita' delle proprie azioni.
Guardando al presente e al futuro con gli occhi della fede e della ragione,
il beato Giovanni XXIII intravide ed interpreto' le spinte profonde che gia'
erano all'opera nella storia. Egli sapeva che le cose non sempre sono come
appaiono in superficie. Malgrado le guerre e le minacce di guerre, c'era
qualcos'altro all'opera nelle vicende umane, qualcosa che il Papa colse come
il promettente inizio di una rivoluzione spirituale.
*
Una nuova coscienza della dignita' dell'uomo e dei suoi inalienabili diritti
4. L'umanita', egli scrisse, ha intrapreso una nuova tappa del suo cammino
(cfr. ibid., I: l. c., 267-269). La fine del colonialismo, la nascita di
nuovi Stati indipendenti, la difesa piu' efficace dei diritti dei
lavoratori, la nuova e gradita presenza delle donne nella vita pubblica, gli
apparivano come altrettanti segni di un'umanita' che stava entrando in una
nuova fase della sua storia, una fase caratterizzata dalla "convinzione che
tutti gli uomini sono uguali per dignita' naturale" (ibid., I: l.c., 268).
Certo, tale dignita' era ancora calpestata in molte parti del mondo. Il Papa
non lo ignorava. Egli era tuttavia convinto che, malgrado la situazione
fosse sotto alcuni aspetti drammatica, il mondo stava diventando sempre piu'
consapevole di certi valori spirituali e sempre piu' aperto alla ricchezza
di contenuto di quei "pilastri della pace" che erano la verita', la
giustizia, l'amore e la liberta' (cfr. ibid., I: l. c., 268-269). Attraverso
l'impegno di portare questi valori nella vita sociale, sia nazionale che
internazionale, uomini e donne sarebbero diventati sempre piu' consapevoli
dell'importanza del loro rapporto con Dio, fonte di ogni bene, quale solido
fondamento e supremo criterio della loro vita, sia come singoli individui
che come esseri sociali (cfr. ibid.). Questa piu' acuta sensibilita'
spirituale, il Papa ne era convinto, avrebbe avuto anche profonde
conseguenze pubbliche e politiche.
Davanti alla crescente consapevolezza dei diritti umani che andava emergendo
a livello sia nazionale che internazionale, Giovanni XXIII intui' la forza
insita nel fenomeno ed il suo straordinario potere di cambiare la storia.
Quel che avvenne pochi anni dopo soprattutto nell'Europa centrale ed
orientale ne offri' la singolare conferma. La strada verso la pace,
insegnava il Papa nell'Enciclica, doveva passare attraverso la difesa e la
promozione dei diritti umani fondamentali. Di essi infatti ogni persona
umana gode, non come di beneficio elargito da una certa classe sociale o
dallo Stato, ma come di una prerogativa che le e' propria in quanto persona:
"In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio
che ogni essere umano e' persona, cioe' una natura dotata di intelligenza e
di volonta' libera; e quindi e' soggetto di diritti e di doveri che
scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura:
diritti e doveri che sono percio' universali, inviolabili, inalienabili"
(ibid., I: l. c., 259).
Non si trattava semplicemente di idee astratte. Erano idee dalle vaste
conseguenze pratiche, come la storia avrebbe presto dimostrato. Sulla base
della convinzione che ogni essere umano e' uguale in dignita' e che, di
conseguenza, la societa' deve adeguare le sue strutture a tale presupposto,
sorsero ben presto i movimenti per i diritti umani, che diedero espressione
politica concreta a una delle grandi dinamiche della storia contemporanea.
La promozione della liberta' fu riconosciuta come una componente
indispensabile dell'impegno per la pace. Emergendo praticamente in ogni
parte del mondo, questi movimenti contribuirono al rovesciamento di forme di
governo dittatoriali e spinsero a sostituirle con altre forme piu'
democratiche e partecipative. Essi dimostrarono, in pratica, che pace e
progresso possono essere ottenuti solo attraverso il rispetto della legge
morale universale, scritta nel cuore dell'uomo (cfr. Giovanni Paolo II,
Discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, 5 ottobre 1995, n. 3).
*
Il bene comune universale
5. Su di un altro punto l'insegnamento della Pacem in terris si dimostro'
profetico, precorrendo la fase successiva dell'evoluzione delle politiche
mondiali. Davanti ad un mondo che stava diventando sempre piu'
interdipendente e globale, Papa Giovanni XXIII suggeri' che il concetto di
bene comune doveva essere elaborato con un orizzonte mondiale. Ormai, per
essere corretto, il discorso doveva far riferimento al concetto di "bene
comune universale" (Pacem in terris, IV: l. c., 292). Una delle conseguenze
di questa evoluzione era l'evidente esigenza che vi fosse un'autorita'
pubblica a livello internazionale, che potesse disporre dell'effettiva
capacita' di promuovere tale bene comune universale. Questa autorita',
soggiungeva immediatamente il Papa, non avrebbe dovuto essere stabilita
attraverso la coercizione, ma solo attraverso il consenso delle nazioni. Si
sarebbe dovuto trattare di un organismo avente come "obiettivo fondamentale
il riconoscimento, il rispetto, la tutela e la promozione dei diritti della
persona" (ibid., IV: l. c., 294).
Non sorprende percio' che Giovanni XXIII guardasse con grande speranza
all'Organizzazione delle Nazioni Unite, costituita il 26 giugno 1945. Egli
vedeva in essa uno strumento credibile per mantenere e rafforzare la pace
nel mondo. Proprio per questo espresse particolare apprezzamento per la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, considerandola "un
passo importante nel cammino verso l'organizzazione giuridico-politica della
comunita' mondiale" (ibid., IV: l. c., 295). In tale Dichiarazione infatti
venivano fissati i fondamenti morali sui quali avrebbe potuto poggiare
l'edificazione di un mondo caratterizzato dall'ordine anziche' dal
disordine, dal dialogo anziche' dalla forza. In questa prospettiva, il Papa
lasciava intendere che la difesa dei diritti umani da parte
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite era il presupposto indispensabile
per lo sviluppo della capacita' dell'Organizzazione stessa di promuovere e
difendere la sicurezza internazionale.
Non solo la visione precorritrice di Papa Giovanni XXIII, la prospettiva
cioe' di un'autorita' pubblica internazionale a servizio dei diritti umani,
della liberta' e della pace, non si e' ancora interamente realizzata, ma si
deve registrare, purtroppo, la non infrequente esitazione della comunita'
internazionale nel dovere di rispettare e applicare i diritti umani. Questo
dovere tocca tutti i diritti fondamentali e non consente scelte arbitrarie,
che porterebbero a realizzare forme di discriminazione e di ingiustizia.
Allo stesso tempo, siamo testimoni dell'affermarsi di una preoccupante
forbice tra una serie di nuovi "diritti" promossi nelle societa'
tecnologicamente avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono
soddisfatti soprattutto in situazioni di sottosviluppo: penso, ad esempio,
al diritto al cibo, all'acqua potabile, alla casa, all'autodeterminazione e
all'indipendenza. La pace richiede che questa distanza sia urgentemente
ridotta e infine superata.
Un'osservazione deve ancora essere fatta: la comunita' internazionale, che
dal 1948 possiede una carta dei diritti della persona umana, ha per lo piu'
trascurato d'insistere adeguatamente sui doveri che ne derivano. In realta',
e' il dovere che stabilisce l'ambito entro il quale i diritti devono
contenersi per non trasformarsi nell'esercizio di un arbitrio. Una piu'
grande consapevolezza dei doveri umani universali sarebbe di grande
beneficio alla causa della pace, perche' le fornirebbe la base morale del
riconoscimento condiviso di un ordine delle cose che non dipende dalla
volonta' di un individuo o di un gruppo.
*
Un nuovo ordine morale internazionale
6. Resta comunque vero che, nonostante molte difficolta' e ritardi, nei
quarant'anni trascorsi si e' avuto un notevole progresso verso la
realizzazione della nobile visione di Papa Giovanni XXIII. Il fatto che gli
Stati quasi in ogni parte del mondo si sentano obbligati ad onorare l'idea
dei diritti umani mostra come siano potenti gli strumenti della convinzione
morale e dell'integrita' spirituale. Furono queste le forze che si
rivelarono decisive in quella mobilitazione delle coscienze che fu
all'origine della rivoluzione non violenta del 1989, evento che determino'
il crollo del comunismo europeo. E sebbene nozioni distorte di liberta',
intesa come licenza, continuino a minacciare la democrazia e le societa'
libere, e' sicuramente significativo che, nei quarant'anni trascorsi dalla
Pacem in terris, molte popolazioni del mondo siano diventate piu' libere,
strutture di dialogo e di cooperazione tra le nazioni si siano rafforzate, e
la minaccia di una guerra globale nucleare, quale si profilo' drasticamente
ai tempi di Papa Giovanni XXIII, sia stata efficacemente contenuta.
A questo proposito, con umile coraggio vorrei osservare come l'insegnamento
plurisecolare della Chiesa sulla pace intesa come "tranquillitas ordinis" -
"tranquillita' dell'ordine", secondo la definizione di Sant'Agostino (De
civitate Dei, 19, 13), si sia rivelato, alla luce anche degli
approfondimenti della Pacem in terris, particolarmente significativo per il
mondo odierno, tanto per i Capi delle nazioni quanto per i semplici
cittadini. Che ci sia un grande disordine nella situazione del mondo
contemporaneo e' constatazione da tutti facilmente condivisa.
L'interrogativo che si impone e' percio' il seguente: quale tipo di ordine
puo' sostituire questo disordine, per dare agli uomini e alle donne la
possibilita' di vivere in liberta', giustizia e sicurezza? E poiche' il
mondo, pur nel suo disordine, si sta comunque "organizzando" in vari campi
(economico, culturale e perfino politico), sorge un'altra domanda ugualmente
pressante: secondo quali principi si stanno sviluppando queste nuove forme
di ordine mondiale?
Queste domande ad ampio raggio indicano che il problema dell'ordine negli
affari mondiali, che e' poi il problema della pace rettamente intesa, non
puo' prescindere da questioni legate ai principi morali. In altre parole,
emerge anche da questa angolatura la consapevolezza che la questione della
pace non puo' essere separata da quella della dignita' e dei diritti umani.
Proprio questa e' una delle perenni verita' insegnate dalla Pacem in terris,
e noi faremmo bene a ricordarla e a meditarla in questo quarantesimo
anniversario.
Non e' forse questo il tempo nel quale tutti devono collaborare alla
costituzione di una nuova organizzazione dell'intera famiglia umana, per
assicurare la pace e l'armonia tra i popoli, ed insieme promuovere il loro
progresso integrale? E' importante evitare fraintendimenti: non si vuol qui
alludere alla costituzione di un super-stato globale. Si intende piuttosto
sottolineare l'urgenza di accelerare i processi gia' in corso per rispondere
alla pressoche' universale domanda di modi democratici nell'esercizio
dell'autorita' politica, sia nazionale che internazionale, come anche alla
richiesta di trasparenza e di credibilita' ad ogni livello della vita
pubblica. Confidando nella bonta' presente nel cuore di ogni persona, Papa
Giovanni XXIII volle far leva su di essa e chiamo' il mondo intero ad una
piu' nobile visione della vita pubblica e dell'esercizio della pubblica
autorita'. Con audacia, spinse il mondo a proiettarsi al di la' del proprio
presente stato di disordine, e ad immaginare nuove forme di ordine
internazionale che fossero a misura della dignita' umana.
*
Il legame tra pace e verita'
7. Contestando la visione di coloro che pensavano alla politica come ad un
territorio svincolato dalla morale e soggetto al solo criterio
dell'interesse, Giovanni XXIII, attraverso l'Enciclica Pacem in terris,
delineo' una piu' vera immagine dell'umana realta' e indico' la via verso un
futuro migliore per tutti. Proprio perche' le persone sono create con la
capacita' di elaborare scelte morali, nessuna attivita' umana si situa al di
fuori della sfera dei valori etici. La politica e' un'attivita' umana;
percio' anch'essa e' soggetta al giudizio morale. Questo e' vero anche per
la politica internazionale. Il Papa scriveva: "La stessa legge naturale che
regola i rapporti tra i singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le
rispettive comunita' politiche" (Pacem in terris, III: l. c., 279). Quanti
ritengono che la vita pubblica internazionale si esplichi in qualche modo
fuori dell'ambito del giudizio morale, non hanno che da riflettere
sull'impatto dei movimenti per i diritti umani sulle politiche nazionali e
internazionali del XX secolo, da poco concluso. Questi sviluppi, che
l'insegnamento dell'Enciclica aveva precorso, confutano decisamente la
pretesa che le politiche internazionali si collochino in una sorta di "zona
franca " in cui la legge morale non avrebbe alcun potere.
Forse non c'e' un altro luogo in cui si avverta con uguale chiarezza la
necessita' di un uso corretto dell'autorita' politica, quanto nella
drammatica situazione del Medio Oriente e della Terra Santa. Giorno dopo
giorno e anno dopo anno, l'effetto cumulativo di un esasperato rifiuto
reciproco e di una catena infinita di violenze e di vendette ha frantumato
sinora ogni tentativo di avviare un dialogo serio sulle reali questioni in
causa. La precarieta' della situazione e' resa ancor piu' drammatica dallo
scontro di interessi esistente tra i membri della comunita' internazionale.
Finche' coloro che occupano posizioni di responsabilita' non accetteranno di
porre coraggiosamente in questione il loro modo di gestire il potere e di
procurare il benessere dei loro popoli, sara' difficile immaginare che si
possa davvero progredire verso la pace. La lotta fratricida, che ogni giorno
scuote la Terra Santa contrapponendo tra loro le forze che tessono
l'immediato futuro del Medio Oriente, pone l'urgente esigenza di uomini e di
donne convinti della necessita' di una politica fondata sul rispetto della
dignita' e dei diritti della persona. Una simile politica e' per tutti
incomparabilmente piu' vantaggiosa che la continuazione delle situazioni di
conflitto in atto. Occorre partire da questa verita'. Essa e' sempre piu'
liberante di qualsiasi forma di propaganda, specialmente quando tale
propaganda servisse a dissimulare intenzioni inconfessabili.
*
Le premesse di una pace durevole
8. C'e' un legame inscindibile tra l'impegno per la pace e il rispetto della
verita'. L'onesta' nel dare informazioni, l'equita' dei sistemi giuridici,
la trasparenza delle procedure democratiche danno ai cittadini quel senso di
sicurezza, quella disponibilita' a comporre le controversie con mezzi
pacifici e quella volonta' di intesa leale e costruttiva che costituiscono
le vere premesse di una pace durevole. Gli incontri politici a livello
nazionale e internazionale servono la causa della pace solo se l'assunzione
comune degli impegni e' poi rispettata da ogni parte. In caso contrario,
questi incontri rischiano di diventare irrilevanti e inutili, ed il
risultato e' che la gente e' tentata di credere sempre meno all'utilita' del
dialogo e di confidare invece nell'uso della forza come via per risolvere le
controversie. Le ripercussioni negative, che sul processo di pace hanno gli
impegni presi e poi non rispettati, devono indurre i Capi di Stato e di
Governo a ponderare con grande senso di responsabilita' ogni loro decisione.
Pacta sunt servanda, recita l'antico adagio. Se tutti gli impegni assunti
devono essere rispettati, speciale cura deve essere posta nel dare
esecuzione agli impegni assunti verso i poveri. Particolarmente frustrante
sarebbe infatti, nei loro confronti, il mancato adempimento di promesse da
loro sentite come di vitale interesse. In questa prospettiva, il mancato
adempimento degli impegni con le nazioni in via di sviluppo costituisce una
seria questione morale e mette ancora piu' in luce l'ingiustizia delle
disuguaglianze esistenti nel mondo. La sofferenza causata dalla poverta'
risulta drammaticamente accresciuta dal venir meno della fiducia. Il
risultato finale e' la caduta di ogni speranza. La presenza della fiducia
nelle relazioni internazionali e' un capitale sociale di valore
fondamentale.
*
Una cultura di pace
9. A voler guardare le cose a fondo, si deve riconoscere che la pace non e'
tanto questione di strutture, quanto di persone. Strutture e procedure di
pace - giuridiche, politiche ed economiche - sono certamente necessarie e
fortunatamente sono spesso presenti. Esse tuttavia non sono che il frutto
della saggezza e dell'esperienza accumulata lungo la storia mediante
innumerevoli gesti di pace, posti da uomini e donne che hanno saputo sperare
senza cedere mai allo scoraggiamento. Gesti di pace nascono dalla vita di
persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace. Sono
frutto della mente e del cuore di "operatori di pace" (Mt 5, 9). Gesti di
pace sono possibili quando la gente apprezza pienamente la dimensione
comunitaria della vita, cosi' da percepire il significato e le conseguenze
che certi eventi hanno sulla propria comunita' e sul mondo nel suo insieme.
Gesti di pace creano una tradizione e una cultura di pace.
La religione possiede un ruolo vitale nel suscitare gesti di pace e nel
consolidare condizioni di pace. Essa puo' esercitare questo ruolo tanto piu'
efficacemente, quanto piu' decisamente si concentra su cio' che le e'
proprio: l'apertura a Dio, l'insegnamento di una fratellanza universale e la
promozione di una cultura di solidarieta'. La "Giornata di preghiera per la
pace", che ho promosso ad Assisi il 24 gennaio 2002 coinvolgendo i
rappresentanti di numerose religioni, aveva proprio questo scopo. Voleva
esprimere il desiderio di educare alla pace attraverso la diffusione di una
spiritualita' e di una cultura di pace.
*
L'eredita' della "Pacem in terris"
10. Il beato Giovanni XXIII era persona che non temeva il futuro. Lo aiutava
in questo atteggiamento di ottimismo quella convinta confidenza in Dio e
nell'uomo che gli veniva dal profondo clima di fede in cui era cresciuto.
Forte di questo abbandono alla Provvidenza, persino in un contesto che
sembrava di permanente conflitto, non esito' a proporre ai leader del suo
tempo una visione nuova del mondo. E' questa l'eredita' che egli ci ha
lasciato. Guardando a lui, in questa Giornata Mondiale della Pace 2003,
siamo invitati ad impegnarci in quei medesimi sentimenti che furono suoi:
fiducia in Dio misericordioso e compassionevole, che ci chiama alla
fratellanza; fiducia negli uomini e nelle donne del nostro come di ogni
altro tempo, a motivo dell'immagine di Dio impressa ugualmente negli animi
di tutti. E' partendo da questi sentimenti che si puo' sperare di costruire
un mondo di pace sulla terra.
All'inizio di un nuovo anno nella storia dell'umanita', e' questo l'augurio
che mi sale spontaneo dal profondo del cuore: che nell'animo di tutti possa
sbocciare uno slancio di rinnovata adesione alla nobile missione che
l'Enciclica Pacem in terris proponeva quarant'anni fa a tutti gli uomini e
le donne di buona volonta'. Tale compito, che l'Enciclica qualificava come
"immenso", era indicato nel "ricomporre i rapporti della convivenza nella
verita', nella giustizia, nell'amore, nella liberta'". Il Papa precisava poi
di riferirsi ai "rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i
cittadini e le rispettive comunita' politiche; fra le stesse comunita'
politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunita' politiche,
da una parte, e, dall'altra, la comunita' mondiale". E concludeva ribadendo
che l'impegno di "attuare la vera pace nell'ordine stabilito da Dio"
costituiva un "ufficio nobilissimo" (Pacem in terris, V: l. c., 301-302).
Il quarantesimo anniversario della Pacem in terris e' un'occasione quanto
mai opportuna per fare tesoro dell'insegnamento profetico di Papa Giovanni
XXIII. Le comunita' ecclesiali studieranno come celebrare questo
anniversario in modo appropriato durante l'anno, con iniziative che non
mancheranno di avere carattere ecumenico e interreligioso, aprendosi a tutti
coloro che hanno un profondo anelito a "superare le barriere che dividono,
ad accrescere i vincoli della mutua carita', a comprendere gli altri, a
perdonare coloro che hanno recato ingiurie" (ibid., V: l. c., 304).
Accompagno questi auspici con la preghiera a Dio Onnipotente, sorgente di
ogni nostro bene. Egli, che dalle condizioni di oppressione e di conflitto
ci chiama alla liberta' e alla cooperazione per il bene di tutti, aiuti le
persone in ogni angolo della terra a costruire un mondo di pace, sempre piu'
saldamente fondato sui quattro pilastri che il beato Giovanni XXIII ha
indicato a tutti nella sua storica Enciclica: verita', giustizia, amore e
liberta'.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2002
8. MEMORIA. ALDO GARZIA RICORDA DINO FRISULLO
[Dalla rivista "Aprile", n. 106 del giugno 2003 (sito: www.aprile.org)
riprendiamo questo ricordo.
Aldo Garzia e' nato nel 1954, giornalista e saggista, da sempre impegnato
nella sinistra critica e nella solidarieta' internazionale, dirige la
rivista "Aprile". Opere di Aldo Garzia: Da Natta a Natta, Dedalo, Bari 1985;
Il vento di destra, Datanews, Roma 1994; C come Cuba, Elleu Multimedia, Roma
2001.
Dino Frisullo, impegnato nel movimento antirazzista e per i diritti umani,
per il suo impegno di solidarieta' con il popolo kurdo e' stato detenuto in
Turchia. E' deceduto nel giugno 2003. Tra le opere di Dino Frisullo:
L'utopia incarcerata, L'altritalia, Roma 1998; e' da poco uscito, postumo,
un suo nuovo libro, Sherildan. Alcune testimonianze in ricordo di Dino
Frisullo sono nel n. 577 del 10 giugno 2003 di questo foglio]
Una telefonata giunta inaspettata in redazione ai primi di maggio: "Sono
Dino. Vorrei scrivere per "Aprile" sul dopoguerra in Iraq". Poi il racconto
della malattia che lo teneva prigioniero in un ospedale di Perugia. Infine
il commiato, quando l'articolo e' arrivato via e-mail: "Dai Dino, lotta. Non
mollare", "Non mollo. E' una nuova lotta. Sapete che io lotto sempre".
Invece, Dino Frisullo se ne e' andato d'improvviso. Pochi giorni dopo la
telefonata con noi, il male gli ha inferto un altro colpo rendendo
impossibile vincere la lotta per sconfiggerlo. Lui, il combattente indomito
contro le ingiustizie, ha dovuto subire l'ingiustizia piu' amara: morire il
giorno del suo cinquantaduesimo compleanno, dilaniato dal male in un lettino
d'ospedale.
La commozione per questa scomparsa e' stata forte, e forse imprevista.
Frisullo era detestato e amato allo stesso tempo da tutte le componenti
della sinistra. Gli rimproveravamo la testardaggine e i modi bruschi, ma gli
volevamo bene e lo rispettavamo perche' era uno di noi. Piu' coerente di
noi. Sapevamo che si occupava dei nuovi "ultimi": gli immigrati, i kurdi, i
palestinesi e i senza fissa dimora. Sapevamo che aveva rinunciato a un
lavoro stabile, che era in grado di scrivere sia un saggio sia una poesia.
Sapevamo che era diventato il punto di riferimento di chi chiedeva diritto
d'asilo.
Nel 1988, Dino aveva fondato l'associazione "Senza confine" insieme a
Eugenio Melandri. Un anno prima della caduta del muro di Berlino e della
crisi internazionale del comunismo aveva intuito i luoghi e i soggetti su
cui spostare il proprio impegno. C'era in quegli anni un cambiamento
epocale, una inedita emergenza per l'Italia: l'arrivo di migliaia di
migranti in una terra di ex migranti del tutto impreparata a riceverli.
Molti di noi non se ne erano accorti. Dino aveva compreso che era sorto un
nuovo proletariato. Se il "socialismo reale" era fallito trascinando con se'
anche gli eretici che lo avevano criticato in nome di un altro socialismo,
occorreva recuperare nella quotidianita' l'impegno per gli altri senza
dimenticare le grandi questioni politiche.
Dino ci ha dato l'esempio: si puo' ricominciare, si puo' essere coerenti con
il passato, si puo' lavorare da subito per accoglienza e multiculturalita'.
E nei rapporti umani, singoli e collettivi, si puo' prefigurare una societa'
piu' giusta. Non occorre aspettare il "sol dell'avvenire". Col senno di poi,
avremmo dovuto dirgli che doveva avere maggiore cura di se'. Ma non ci
avrebbe ascoltati.
Chi ha voluto bene a Dino, da vicino e da lontano, ha avuto testimonianza
della sua eccezionale personalita' nel giorno dell'ultimo saluto. Una
domenica di giugno, al mattatoio del Testaccio a Roma: amici dai vari colori
della pelle convenuti per salutarlo. Chi legge una poesia, chi canta una
canzone, chi racconta un episodio, chi piange. Ci sono anche i famigliari.
Padre, fratello e sorella miti nel dolore ma orgogliosi di tanto affetto.
C'e' anche il sindaco Veltroni. Roma dedichera' una biblioteca alla memoria
di Dino Frisullo?
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
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Numero 727 del 9 novembre 2003