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La nonviolenza e' in cammino. 715
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 715
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Mon, 27 Oct 2003 22:43:14 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 715 del 28 ottobre 2003
Sommario di questo numero:
1. Angelo Cavagna: in digiuno per una finanziaria di pace
2. Peppe Sini: ancora una lettera provinciale
3. Marcella Bravetti: sulla proposta di Lidia Menapace
4. Evelina Savini: sulla proposta di Lidia Menapace
5. Lidia Menapace: l'amicizia e la memoria
6. A Verona l'8 novembre con Lidia Menapace
7. Enrico Peyretti: difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente (parte seconda)
8. Movimento Internazionale della Riconciliazione e Movimento Nonviolento di
Torino: 4 novembre, non festa ma lutto
9. Missionari comboniani: permessi di soggiorno "in nome di Dio"
10. Ileana Montini: con sguardo e voce di donna
11. Riletture: Societa' italiana delle storiche, A volto scoperto. Donne e
diritti umani
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. ANGELO CAVAGNA: IN DIGIUNO PER UNA FINANZIARIA DI PACE
[Dagli amici del Gavci (per contatti: gavci@iperbole.bologna.it) riceviamo e
diffondiamo. Padre Angelo Cavagna e' religioso dehoniano, prete operaio,
presidente del Gavci (gruppo di volontariato con obiettori di coscienza),
obiettore alle spese militari, infaticabile promotore di inizative di pace e
per la nonviolenza. Opere di Angelo Cavagna: Per una prassi di pace, Edb,
Bologna 1985; (a cura di, con G. Mattai), Il disarmo e la pace, Edb, Bologna
1982; (a cura di), I cristiani e l'obiezione di coscienza al servizio
militare, Edb, Bologna 1992; I malintesi della missione, Emi, Bologna; (a
cura di), I cristiani e la pace, Edb, Bologna 1996]
No a una "finanziaria di guerra"; si' a una "finanziaria di pace".
Il dehoniano padre Angelo Cavagna, presidente del Gavci (Gruppo autonomo di
volontariato civile in Italia) ha iniziato lunedi' 27 ottobre un digiuno a
tempo indeterminato salvo la vita (rigoroso: sola, solissima acqua).
E' da circa vent'anni che si parla ogni volta di "finanziaria
rigorosissima". Ma la mannaia si abbatte inesorabilmente sulle spese sociali
piu' sacrosante (sanita', scuola, cooperazione, pensioni), e quasi mai su
quelle militari, che invece crescono.
Obiettivo del digiuno di padre Cavagna e di chi vorra' unirsi a lui e'
precisamente di invertire la tendenza: tagliare le spese militari e
aumentare quelle sociali, due in particolare: quelle per la cooperazione
internazionale e quelle per gli obiettori.
I punti precisi dell'impostazione distorta della proposta governativa e
l'insieme delle proposte correttive, con cifre dettagliate, si possono
trovare nello studio specialistico svolto dalla campagna "Sbilanciamoci"
(sito: www.sbilanciamoci.org/), che noi sosteniamo nel suo complesso.
Alla nostra protesta costruttiva e anche alla forma del digiuno hanno gia'
aderito gli/le onorevoli: Fulvia Bandoli (Ds), Luana Zanella (verdi),
Giovanni Bianchi (Margherita). Sono gia' preannunciate altre adesioni di
singoli e gruppi, che verranno formalizzate e segnalate di volta in volta.
Le adesioni al digiuno o singole, o di gruppo a staffetta, o per un giorno
settimanale (periodico) o a tempo indeterminato, sono da inviare al Gavci
(e-mail: gavci@iperbole.bologna.it, tel. e fax: 0516344671).
Per il Gavci, padre Angelo Cavagna
2. EDITORIALE. PEPPE SINI: ANCORA UNA LETTERA PROVINCIALE
Dove porta l'ignobile sport nazionale di ingiuriare e aggredire i
magistrati? Porta a Capaci.
Dove porta la stupefacente abitudine di esprimersi su questioni di
coscienza - di cui crassamente si ignorano i termini e la profondita' - in
modo superficiale, tracotante e volgare? Porta al Gulag.
Dove porta il disprezzo fin esibito delle leggi? Non alla buona anarchia del
principe Kropotkin, ma al lugubre regime del "doppio stato" nazista.
Dove porta l'insulto alle idee e alle fedi, il disprezzo dei convincimenti
religiosi e filosofici, e la sostituzione di essi con la mera idolatria del
consumismo e della protervia che tutto divora e sussume? Porta al disastro
morale e intellettuale in cui il nostro povero mondo si sta inabissando.
Dove porta il rifiuto dell'altro? Porta a un mondo in cui i quattro quinti
dell'umanita' vivono una vita d'inferno.
Vorremmo vivere in uno stato di diritto in cui tutti gli esseri umani
fossero rispettati nella loro dignita', nelle loro coscienze. Vorremmo
vivere in un paese laico le cui strutture pubbliche fossero coerenti col
dettato costituzionale che rigetta e combatte ogni discriminazione. Vorremmo
vivere in un paese in cui gli scrupoli di un genitore (che puo' anche essere
un personaggio pubblico le cui posizioni ed i cui atteggiamenti sono
discutibili, ma non di questo qui si tratta) non venissero irrisi; in cui un
magistrato che doverosamente applica lo spirito e la lettera della
Costituzione venisse apprezzato e ammirato e non grevemente aggredito con
l'offesa e la minaccia; in cui i sentimenti religiosi non fossero degradati
a mercanzia elettorale sul mercato politico; un paese civile.
3. RIFLESSIONE. MARCELLA BRAVETTI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo di cuore Marcella Bravetti (per contatti
donnemondo1@interfree.it) per questo intervento. Perugina, Marcella Bravetti
e' nata nel 1938 da famiglia proletaria. E' presidente del "Comitato
internazionale 8 marzo" dalla sua fondazione; e' stata operaia tessile alla
Luisa Spagnoli dai 14 ai 50 anni (eta' in cui e' stata prepensionata), qui
ha svolto attivita' sindacale prima nel consiglio di fabbrica e poi da
distaccata alla Filtea-Cgil di Perugia. E' rientrata in fabbrica giusto in
tempo per condividere con le proprie compagne la cassa integrazione e poi la
lotta contro i licenziamenti, culminata con l'occupazione della fabbrica, di
cui e' stata tra le principali protagoniste. Il Comitato internazionale 8
marzo, che Marcella Bravetti presiede, e' una associazione multiculturale
impegnata nella promozione dei diritti e per la valorizzazione delle culture
delle donne; nasce nel 1987 a Perugia su iniziativa di un gruppo di donne di
diversa nazionalita' e cultura; ha un sito (www.donnemondo.com) e pubblica
un'agenda "Di marzo in marzo" che ogni anno tratta un tema di grande
interesse, tra cui: poverta' e potere delle donne; la pace e la guerra; per
amore per convenienza per schiavitu'; ed e' gia' uscita quella per il 2004
che tratta il tema: seduzione sesso lavoro successo]
Erano i giorni immediatamente successivi alla decisione dell'amministrazione
americana di ignorare il veto di Francia e Germania all'intervento armato in
Irak, e dell'appoggio dato dal governo Italiano allo stesso intervento,
quando a Perugia, nella sede del consiglio della Regione Umbria, si tenne
una affollatissima assemblea a cui intervennero militanti e dirigenti delle
associazioni impegnate sui temi della pace e della nonviolenza.
Il clima era notevolmente teso e scombussolato per quanto era avvenuto. Si
discuteva sull'Onu e sulla sua inadeguatezza a rappresentare i popoli della
terra; sull'Europa e per quale identita' europea il movimento pacifista
dovesse spendere il proprio impegno. Ognuno cerco' di dire la sua e anch'io
intervenni, quasi alla fine, proprio perche' ero interessata a sentire prima
quali valutazioni e idee avrebbero espresso coloro che rappresentano piu' da
vicino le organizzazione per la pace, le istituzioni locali e regionali, i
partiti, eccetera.
Nel mio intervento cercai di stigmatizzare la pericolosita' che
rappresentava per l'Europa e il mondo un'America che per merito del suo
presidente era pronta a vedere ovunque e comunque un nemico da abbattere;
pronta a dare il proprio assenso ad un intervento armato per ogni sospetto
di antipatia, non nei confronti del popolo americano ma con la politica del
suo governo; da cio' traevo e traggo la necessita' per l'Europa di crearsi
una sua identita' di continente non perennemente condizionato dagli Usa,
cosi' dissi che forse era il caso di prendere in seria considerazione la
proposta che Lidia Menapace andava facendo dal momento in cui si iniziava a
discutere della carta costituzionale europea, e cioe' di un'Europa neutrale;
in verita' quella era la seconda volta che tale proposta introducevo in
pubblico, la prima, sempre in Regione, era una riunione notevolmente piu'
ristretta dove la proposta cadde nel nulla, o meglio: come se fosse un'idea
strampalata che non stava ne' in cielo ne' in terra. Nella seconda occasione
non dico che entusiasmo', pero' l'interesse che la proposta suscito' mi
confermo' che fosse una idea sulla quale era possibile ragionare, anche se
era assolutamente necessario sostanziare l'intuizione con i contenuti.
Debbo dire che anche a me, come ad altri intervenuti nel dibattito che si e'
sviluppato in queste settimane, non convinceva ne' piaceva il termine
"neutrale": sia perche' e' facile abbinare questo termine alla Svizzera per
la quale siamo in tante e tanti a nutrire antipatia: per come hanno trattato
i nostri emigranti, per il riciclaggio di denaro sporco, ecc.; sia perche'
e' un termine che a seconda di come e' inteso puo' dare l'idea di essere
indifferenti ai problemi e ai dolori che travagliano i popoli extraeuropei.
Quello di cui ero certamente convinta era che non era certo questo che
ruotava nel pensiero di Lidia, con la quale ho una vicinanza politica e
ideale oltre che amicale, che data dai primi anni '70.
Sono proprio soddisfatta che questa proposta si sia andata definendo con una
proposta articolata.
Si dice: "e' un sogno", e chi lo dice lo dice in termini positivi; io che
non credo alla realizzazione dei sogni ma che essi sono destinati a rimanere
tali, la considero una proposta che ha i piedi per terra, che sarebbe troppo
ingenuo pensare di imporla immediatamente e tutta intera nell'Europa, nella
sua Costituzione, cosi' come si configura oggi negli schieramenti politici
degli stati che la compongono. Credo invece che sia una proposta che va
fortemente supportata da tanti piccoli-grandi obiettivi su cui aprire ampie
mobilitazioni che facciano camminare, certo il piu' celermente possibile, la
realizzazione di un'Europa neutrale e solidale con tutti i popoli a partire
dai paesi del sud del mondo.
Credo peraltro che sarebbe estremamente negativo, e distruttivo dell'idea
stessa, offrire il destro all'illusione che sia una cosa da ottenere subito
e intera. Non voglio agitare il fantasma della rivoluzione "tutto e subito"
e dei guasti che ha prodotto nel movimento di lotta operaia sindacale
politica, ma voglio affermare il valore di garanzia di durata che hanno le
cose conquistate attraverso una azione che coinvolga larghi strati di
persone: singole, popoli, nazioni.
A me, per esempio, non basta che nella Costituzione europea si affermi in
astratto il ripudio della guerra, perche' se ci pensiamo bene nessuno dice
che la ama, anzi tutte/i dicono che e' brutta; il problema e' che dentro ci
sono tutte le variegate possibilita', c'e' anche quella di chi "si tura il
naso", o di chi la distingue in "guerra umanitaria", "una terribile
necessita'", e via di seguito. Pertanto voglio che si affermi chiaramente
che L'Europa esclude sempre e comunque il ricorso o la partecipazione alla
guerra quale mezzo per risolvere i conflitti tra i popoli e le nazioni.
4. RIFLESSIONE. EVELINA SAVINI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Ringraziamo di cuore suor Evelina Savini (per contatti:
evelina.savini@tiscali.it), amica amatissima, per questa tenerissima
lettera. Evelina Savini e' nella vita religiosa contemplativa come clarissa
a Jesi, amica della nonviolenza, partecipe ed animatrice di tante luminose
iniziative di pace e di solidarieta']
Cari Peppe, Lidia e Mao,
questa e' una lettera a tre, che nasce dalla gradita sollecitazione di Peppe
ad intervenire nel dibattito suscitato dalla proposta di Lidia.
Il desiderio di un'Europa neutrale e attiva, solidale e nonviolenta,
smilitarizzata, e' anche un mio sogno, un'utopia per cui credo valga la pena
di darsi, sino in fondo. Non saremo forse noi e vederne i frutti, ma
lasceremo i semi per un mondo migliore.
Credo che la proposta (e gia' lo ha dimostrato dall'ampliamento del
dibattito) possa coinvolgere i cuori e le teste di tutti gli amici della
nonviolenza, fondandosi saldamente sulle radici di una prassi e impegno
storico-sociale che ha fatto storia e cultura. Soprattutto, perche', oltre a
centrare con chiarezza e semplicita' i valori e gli obiettivi che piu' ci
stanno a cuore, presenta una concretezza di fattibilita', che sono portatori
di speranza.
Personalmente ho letto tutti gli interventi apparsi sul foglio, sino quasi a
confondermi, tanta e' stata la mole dei suggerimenti, dei punti di vista,
degli approfondimenti pubblicati. Ho cercato di comprendere, questo si', ma
non posso dire di aver capito a fondo tutti gli interventi. Non ho le
competenze, ne' l'esperienze per pormi ad un tale livello. Non vedo quindi
cosa potrei aggiungere di importante ai tanti interventi, se non segnalare
l'adesione piena del mio cuore e della mia testa, in questo caso indivisi.
A Peppe dico che non so proprio se sia da pubblicare questa mia lettera, non
mi sembra apporti contributi e suggerimenti nuovi.
Vi scrivo, pero', e scrivo a tutti e tre, perche' voglio essere presente l'8
novembre come suor-evelina-di-cartone. Vi spiego: questa e' una cara amica
di Mao che mi rappresenta e che lo ha accompagnato in tante importanti
occasioni. Voglio essere protagonista con voi di questo evento, non nel
senso di dover apparire, ma protagonista col cuore, pur nei limiti personali
e in quelli di mobilita' che il mio stato attuale di vita mi impone.
La lettera ai parlamentari di Peppe mi sembra un buon riferimento di
partenza per l'elaborazione di un documento programmatico.
L'altra cosa che mi sento di dire, anche se voi la sapete meglio di me, e'
l'importanza di coinvolgere tutti gli amici della nonviolenza, i movimenti,
le istituzioni (ho iniziato a parlarne con la Consulta della pace del Comune
di Jesi, e se, come spero, Mao verra' a Jesi questo autunno, potra' essere
un'ottima opportunita' per coinvolgerla). Il rischio piu' grosso e' la
dispersione in tanti piccoli carrettini tirati avanti con buona fede, ma con
scarsissima possibilita' di reale incisivita'.
Se mi farete avere il documento elaborato provvedero' a passarlo a Gino e
Teresa Strada, sono cari amici e non ho dubbi sulle loro posizioni.
Dati tutti i miei limiti, voglio comunque lavorare con voi, per cui mi offro
per lavori di manovalanza che possano essere eseguiti via internet o
quant'altro.
L'altra cosa che posso offrirvi e' un tetto e un letto per eventuali
incontri intermedi che possano svolgersi nella zona attorno ad Ancona.
A Peppe un bacio e una stropicciata a qual barbone bianco di cui mi hanno
parlato, sperando un giorno di poterlo stropicciare davvero.
A Lidia dedico tutta la tenerezza dei miei miti liceali ove il suo nome
sapeva di sogno, di voglia di lottare e di speranza. Sempre a te Lidia
chiedo un giorno di poterti incontrare e conoscere; nella tua costituzione
di "viaggiatrice", se vorrai, non dovrebbe esserti impossibile.
A Mao, amico e fratello, un abbraccio stretto e la gratitudine per la nostra
amicizia e fraternita'.
Evelina
5. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: L'AMICIZIA E LA MEMORIA
[Ringraziamo di cuore Lidia Menapace (per contatti:
llidiamenapace@virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a
Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento
cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del
"Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle
donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La
maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa
in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della
donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974;
Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di,
ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa,
Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Prego Enrico Peyretti di far conoscere ad Anna Maria Bruzzone la mia gioia
per vedere il suo nome (e quello di Anna Bravo) tra le persone interessate
alla nostra impresa "neutralista".
Quanto a Rosangela Pesenti e' straordinario che abbia trovato tempo e voglia
di intervenire, so che per lei e' un periodo piu' difficile del solito (alla
pura e semplice difficolta' costante e' allenatissima) e anche amaro. Grazie
dunque.
Rispondo in parte anche al pastore Bruno Giaccone. Certo non e' possibile
non ricordare che qualsiasi nostra posizione politica anche la piu' generosa
e' comunque sorretta da tante superfluita': ma da qualche parte bisogna pur
cominciare; la condivisione individuale e' quella che ciascuno di noi cerca
di praticare; ma non posso sottrarmi a un fastidioso sentimento di
inutilita' e vergogna se non provo anche ad operare sulle cause profonde e
generali dell'ingiustizia: e' quello che esprimo dicendo che quando incontro
chi mendica per strada mi vergogno sia se si da' qualcosa sia se non si da'
nulla.
*
So che la neutralita' svizzera copre anche molto egoismo e magari anche
interesse, una posizione politica puo' anche essere retta dall'utilita', e'
gia' qualcosa.
Tuttavia non posso dimenticare che il fratello di mio marito, che era
antifascista e appena laureato, non voleva iscriversi al partito fascista e
percio' non poteva insegnare (che era la professione scelta): e cosi' si
rifugio' in Svizzera e la' insegno' per lunghi anni, divento' anche
commentatore politico a radio Monteceneri (una radio ascoltata di nascosto
anche nell'Italia del nord durante il regime fascista); quando torno' in
Italia dopo la liberazione era cittadino svizzero (aveva le due
nazionalita'), aveva sposato una ticinese, e porto' nella politica della
sua regione (il Trentino) una grande passione autonomista e federalista, ed
ebbe in patria riconoscimenti minori che fuori.
Il futuro marito di mia sorella, essendo militare e non volendo andare con
la repubblica di Salo', espatrio' in Svizzera e fu accolto pur essendo un
disertore - come molti altri italiani.
Secondo me queste cose debbono essere ricordate perche' - ad esempio -
l'Italia non le ha fatte, durante il fascismo ovviamente no, ma nemmeno
dopo.
*
Quanto agli orari per l'incontro dell'8 novembre a Verona mi pare che
prevalga l'inizio alle 11; io ho la possibilita' di essere comodamente a
Verona prima, cioe' alle 10, e poiche' alcune persone mi hanno comunicato
che volentieri si intratterrebbero con me per comunicazioni dopo la fine dei
lavori, devo dire che dopo non mi e' possibile, ma invece posso ascoltare e
incontrare chi volesse prima dell'inizio.
Abbracci,
Lidia
6. INCONTRI. A VERONA L'8 NOVEMBRE CON LIDIA MENAPACE
L'8 novembre a Verona, su invito di Lidia Menapace, di Mao Valpiana e di
Giovanni Benzoni, tutte le persone di volonta' buona interessate e
disponibili si incontrano per dare una piu' precisa definizione alla
proposta promossa da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di donne
contro le guerre "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e
smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e tradurla in un appello e
un'iniziativa.
Una proposta aperta e inclusiva, che vuol essere occasione d'incontro di
diverse esperienze e culture, di sinergia di pratiche e progetti diversi, di
riconoscimento e condivisione in un comune impegno, necessario e urgente,
per costruire un'Europa di pace che assuma la nonviolenza come criterio e
come impegno.
Senza presunzioni, senza rivendicazioni di primogeniture, valorizzando il
contributo, le esperienze e le riflessioni di tutte e tutti coloro che
vorranno impegnarsi insieme nel rispetto della soggettivita' di ciascuna e
ciascuno, in corale colloquio.
Ricordiamo che il luogo dell'incontro dell'8 novembre a Verona e' la Casa
per la nonviolenza, in via Spagna 8 (vicino alla Basilica di San Zeno);
l'orario dell'incontro e' dalle ore 11 alle ore 16. Lidia Menapace sara' li'
fin dalle ore 10, per poterci parlare insieme anche di altro.
Per arrivare alla Casa per la nonviolenza: dalla stazione ferroviaria
prendere l'autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da
Vico, subito dopo il Ponte Risorgimento; chi arriva in macchina deve uscire
al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova,
poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno.
Per informazioni e contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it
7. MATERIALI. ENRICO PEYRETTI: DIFESA SENZA GUERRA. BIBLIOGRAFIA STORICA
DELLE LOTTE NONARMATE E NONVIOLENTE (PARTE SECONDA)
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscali.it) per averci
inviato l'ultimo aggiornamento del 26 ottobre 2003 di questo suo
fondamentale lavoro bibliografico. Enrico Peyretti e' uno dei principali
collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura
e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al
di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; della sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui di seguito pubblichiamo la prima
parte aggiornata, una edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto
successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla
pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios,
Trieste 2001. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico
Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario]
II. Opere sulla Resistenza al nazifascismo
Oltre i riferimenti alla Resistenza compresi nelle opere gia' indicate, si
vedano le opere sotto indicate.
* 1. Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler. La resistenza civile in
Europa 1939-1943, Edizioni Sonda, Torino-Milano 1993 (Payot, Paris 1989). Il
lavoro si limita al periodo 1939-1943 allo scopo di illustrare le sole forme
di lotta nonarmata autonome dalla lotta armata, e non quelle successive,
combinate con questa. Studiando le forme sociali della resistenza nonarmata
al nazismo in tutti i paesi occupati e nella stessa Germania, ne realizza la
raccolta storica finora piu' ampia. L'edizione italiana contiene anche due
appendici, una di Stefano Piziali, Commento bibliografico. La resistenza
nonarmata in Italia (pp. 227-234) e una mia (che deve essere riveduta e
corretta), Un caso italiano: lo sciopero come strumento di lotta (pp.
235-240), sugli scioperi operai del '43 e '44 in Italia, trascurati da
Semelin.
* 2. Il Centro Studi Difesa Civile (via della Cellulosa 112, 00166 Roma,
tel. 0661550768) ha organizzato alcuni convegni di cui gli atti sono
pubblicati e disponibili:
- La lotta nonarmata nella Resistenza, Roma, ottobre 1993 (contributi di
Giannini, Parisella, Drago, Zerbino, Albesano, Vaccaro, Marescotti ed
altri).
- La Resistenza nonarmata, Roma, novembre 1994, patrocinato dal Comitato
nazionale per il cinquantennale della Resistenza e della guerra di
liberazione (contributi di Zerbino, Giannini, Parisella, Drago, Semelin,
Klinkhammer, Peyretti, L'Abate, Menapace, Giuntella, ed altri). Atti
pubblicati in La Resistenza nonarmata, a cura di Giorgio Giannini, Editrice
Sinnos, Roma 1995.
- L'opposizione popolare al fascismo, Roma, ottobre 1995. Atti pubblicati
con lo stesso titolo, a cura di Giorgio Giannini, Edizioni Qualevita, Torre
dei Nolfi (Aq) 1996.
- Sull'esperienza di resistenza nonarmata all'occupazione e ai soprusi
dell'esercito tedesco, da parte di centinaia di persone nella tenuta Tor
Mancina, a 30 km da Roma, dal settembre 1943 al giugno 1944, e' possibile
leggere la testimonianza, di cui possiedo il testo, resa dal cav. Paolo
Sabbetta (paolosabbetta@libero.it).
3. Giorgio Giannini, La resistenza nonarmata nella lotta al nazifascismo, in
"Bozze 94", n.2/1994, pp.77-84.
4. Jean-Marie Muller, Desobeir a Vichy, La resistance civile de
fonctionnaires de police, Presses Universitaires de Nancy, 1994. Nella
collaborazione data ai nazisti dalla polizia francese della Francia occupata
nel perseguitare gli ebrei, ci furono significative disobbedienze.
5. Nell'aprile 1995 ho presentato gli studi disponibili a quella data in una
relazione su La resistenza civile nelle ricerche storiche, pubblicata in
Fascismo - Resistenza - Letteratura. Percorsi storico-letterari del
Novecento italiano, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, I Quaderni
del Museo, n. 2, Torino, febbraio 1997, pp. 61-87.
* 6. Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne
1943-1945, Laterza, Roma-Bari 1995. Sono 125 interviste su diversi aspetti
dell'opposizione delle donne alla guerra - per esempio il "maternage" di
massa, la pieta' per i morti anche nemici -, e sulla violenza di genere
della guerra sulle donne. Il libro - introdotto da un ampio saggio critico
di Anna Bravo, Donne, guerra, memoria - mostra la vasta realta' della
resistenza senz'armi attuata dalle donne e contribuisce a individuare
un'immagine della difesa che supera la guerra, e della cittadinanza
svincolata dalla figura del cittadino in armi. Questo libro ha portato ad un
autorevole mutamento nella considerazione della resistenza civile da parte
di uno storico quale Claudio Pavone. Infatti, e' interessante notare come
Pavone, autore dell'importante e ampio volume Una guerra civile. Saggio
storico sulla moralita' nella Resistenza (Bollati Boringhieri, Torino 1991),
nel quale non si dimostrava sensibile alla ricerca sulla Resistenza non
armata (tanto che trascurava del tutto la figura di Aldo Capitini, che da
lungo tempo aveva combattuto il fascismo con insolita profondita' di motivi,
ma senza mai prendere le armi; e, attraverso una citazione di una testimone
ebrea, presentava un'idea del tutto inadeguata della nonviolenza come una
posizione "metastorica" e irresponsabile; cfr. ivi, p. 414), introducendo
invece, nel 1995, il numero della rivista "Il Ponte" dedicato al
cinquantesimo anniversario della Resistenza, si soffermi sul saggio di Anna
Bravo contenuto nel fascicolo (corrispondente all'introduzione al libro In
guerra senza armi), per rilevare il "valore euristico" del concetto di
resistenza civile ivi proposto, che e' - scrive Pavone - "qualcosa di piu'
ampio" della cosiddetta resistenza passiva, ma - come dice appunto Anna
Bravo - una "pratica di lotta" con mezzi diversi dalle armi (I percorsi di
questo speciale, articolo introduttivo del fascicolo de 'Il Ponte',
n.1/1995, dedicato a Resistenza. Gli attori, le identita', i bilanci
storiografici, p. 13). Il concetto di resistenza civile vale dunque a
superare la tendenza, rilevata da Claudio Dellavalle nello stesso fascicolo,
ad adottare "il criterio militare come criterio prevalente" (ivi, p. 12).
Pavone scrive ancora: "La Resistenza civile rimane una forma di Resistenza.
I suoi confini con l'esercizio della violenza, anche di quella piu'
palesemente difensiva, non sono sempre sicuri. Sicura e' invece la sua
distanza da quella "zona grigia" in cui si ritrovano coloro che i resistenti
bollavano come 'attesisti'" (ivi, p. 13). (Si veda anche il n. 15 di questa
bibliografia).
* 7. Sul vasto e significativo fenomeno del rifiuto di collaborazione da
parte di centinaia di migliaia di militari italiani internati dai tedeschi
dopo l'8 settembre 1943:
- AA. VV., I militari italiani internati dai tedeschi dopo l'8 settembre
1943 (atti del convegno 14-15 novembre 1985), Giunti, Firenze 1986.
- Resistenza senz'armi. Un capitolo di storia italiana dal 1943 al 1945
(dalle testimonianze dei militari toscani internati nei lager nazisti),
prefazione di Leonetto Amadei, Le Monnier, Firenze 1988.
- Orlando Lecchini, Per non chinare la testa. Un lunigianese nei lager
nazisti, Edizioni "Il Corriere Apuano", Pontremoli 1988.
- AA. VV., Fra sterminio e sfruttamento (atti del convegno 23-24 maggio
1991), Ed. Le Lettere, Firenze 1992.
- Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di
concentramento del Terzo Reich 1943-1945, a cura dell'Ufficio Storico dello
Stato Maggiore dell'esercito, 1992.
- Luigi Collo, La resistenza disarmata, Introduzione di Nuto Revelli,
Marsilio, Venezia 1995.
- Giampiero Carocci, Il campo degli ufficiali, Giunti, Firenze 1995.
- Alessandro Natta, L'altra Resistenza. I militari italiani internati in
Germania, Einaudi, Torino 1997.
* 8. Sulla Resistenza di cittadini tedeschi al nazismo, in Germania o nei
territori assoggettati al Terzo Reich, si trovano nelle biblioteche 10-20
titoli, in gran parte sull'attentato del 20 luglio 1944. L'Istituto
Piemontese per la Storia della Resistenza conserva quasi 80 titoli di cui 32
in tedesco, 3 in francese, 2 in inglese, 4 pubblicazioni promosse dal
Consiglio Regionale Piemontese. Ho raccolto gli aspetti civili e nonviolenti
che si possono rintracciare entro la realta' limitata e prevalentemente
militare della resistenza interna al nazismo, nella relazione La Resistenza
antinazista in Germania, tenuta nel corso di aggiornamento per docenti
"Nonviolenza nella storia. Casi di resistenze civili nel Novecento"
(organizzato dal Centro Studi Domenico Sereno Regis e dall'Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea,
Torino, ottobre 1996 - gennaio 1997). Da questo lavoro traggo le indicazioni
che rientrano nella presente bibliografia.
- Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler, La Resistenza civile in
Europa, 1939-1943, Edizioni Sonda, Torino-Milano 1993 (1989), p. 120-129,
171-172.
- Ad uno degli episodi di resistenza efficace da parte di cittadini
tedeschi - donne sposate o imparentate ad uomini ebrei gia' arrestati -
contro la persecuzione razzista e' dedicato il libro di Nina Schroeder, Le
donne che sconfissero Hitler, Pratiche, Milano 2001. Sullo stesso
significativo fatto esiste il libro di Nathan Stoltzfus, Resistance of the
Heart: intermarriage and the Rosenstrasse protest in Nazi Germany,
pubblicato nel 1996. La regista Margarethe von Trotta ha presentato nel
settembre 2003 al Festival di Venezia un film su questo episodio, intitolato
Rosenstrasse, nome della via di Berlino in cui seimila donne sostarono per
sei giorni, nel marzo 1943, costringendo infine Goebbels e Hitler a liberare
i 1.700-2.000 uomini ebrei, una parte dei quali gia' internati in lager.
Dice la regista: "Il fatto dimostra che in quel periodo si poteva davvero
agire contro il nazismo se si fosse stati piu' coraggiosi" ("La Stampa", 7
settembre 2003).
- Enzo Collotti, La Germania nazista, (dalla Repubblica di Weimar al crollo
del Reich hitleriano), Einaudi, Torino 1962, pp. 273-305. Dello stesso
autore vedi anche l'articolo Per una storia dell'opposizione antinazista in
Germania, in "Rivista storica del socialismo", gennaio-aprile 1961, pp.
105-137, che contiene piu' ampie referenze bibliografiche.
- Giorgio Vaccarino, Storia della Resistenza in Europa, 1938-1945,
Feltrinelli, Milano 1981, parte prima, pp. 17-152.
- La "parola nuda come arma di resistenza" (come dice Julian Aicher, in "Il
Margine", Trento, n. 8/1998) fino a pagare con la vita fu il mezzo d'azione
dei fratelli Hans e Sophie Scholl e dei loro compagni d'azione
nell'Universita' di Monaco, su cui vedi Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca,
Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1994. Il libro di Ghezzi contiene
una bibliografia di 53 titoli, dalla quale segnalo Inge Scholl, Die Weisse
Rose, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main 1982, edizione italiana
non integrale La Rosa Bianca, a cura di Carlo Francovich, La Nuova Italia
editrice, Firenze 1978, quarta edizione. Una profonda riflessione su questa
esperienza e' il libro di Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana,
Brescia 1994 (scritti del 1946 e 1958). Il testo intero dei sei volantini
scritti e diffusi dal gruppo di studenti resistenti e' in Paolo Ghezzi, Noi
non taceremo. Le parole della Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1997.
- La limpida grande figura di Franz Jaegerstaetter, contadino austriaco che,
sostenuto solo dalla comprensione della moglie, rifiuto' per ragioni morali
e religiose il servizio militare sotto il nazismo e fu decapitato il 9
agosto 1943, e' illustrata in due libri in lingua italiana, usciti a grande
distanza di tempo: Gordon Zahn, Il testimone solitario. Vita e morte di
Franz Jaegerstaetter, Gribaudi, Torino 1968; Erna Putz, Franz
Jaegerstaetter, Un contadino contro Hitler, Editrice Berti, Piacenza 2000.
Il secondo libro (da me recensito in "Il Margine", n. 6/2002) e' piu'
preciso del primo nella documentazione.
- Francesco Comina, Non giuro a Hitler, La testimonianza di Josef
Mayr-Nusser, San Paolo, Milano 2000. Altoatesino, fervente cattolico,
arruolato d'autorita' nelle SS dopo l'8 settembre 1943, Mayr-Nusser si
rifiuto' di giurare a Hitler par ragioni di fede, come Jaegerstaetter.
Dapprima internato in manicomio, muore di sfinimento durante il viaggio
verso Dachau. Comina documenta la lucidita' del suo precoce giudizio morale
e poltico sul nazismo. Di Mayr-Nusser ha scritto anche Isabella Bossi
Fedrigotti sul "Corriere della Sera", 2 febbraio 2002, p. 29.
- Sui resistenti, ribelli e disertori nell'esercito nazista ho raccolto dei
fatti e dei dati in Quelli dell'ultima ora, uscito, come parte di una piu'
ampia relazione tenuta per l'Iprase di Trento nell'aprile 2000, nel volume
Maestri e scolari di nonviolenza, a cura di Claudio Tugnoli, Franco Angeli,
Milano 2000, pp. 243-256.
- Ho raccolto parecchi casi di boicottaggio personale della Shoah, compiuto
anche da molti cittadini tedeschi, in uno scritto inedito intitolato Molti
Schindler: dunque si poteva resistere al nazismo.
- Sulla probabile obiezione degli scienziati tedeschi alla costruzione della
bomba atomica: Leandro Castellani, La grande paura, Storia dell'escalation
nucleare, Prefazione di Carlo Bernardini, Eri, Torino 1984, pp. 96-106;
Thomas Powers, La storia segreta dell'atomica tedesca, Mondadori, Milano
1994 (1993), pp. 503-509.
- Sul problema di coscienza relativo all'uccidere Hitler, cfr. la mia
recensione del libro di Peter Hoffmann, Tedeschi contro il nazismo. La
Resistenza in Germania, Il Mulino, Bologna 1994 (1988), pubblicata in
"Servitium", n. 102, nov.-dic. 1995, fascicolo "Resistenza al male", pp. 117
e 119-120.
- Documenti di alta resistenza morale, che ricordano in qualche momento gli
atti dei martiri cristiani sotto l'impero romano, sono: Helmuth James von
Moltke, Futuro e resistenza (dalle lettere degli anni 1926-1945),
Morcelliana, Brescia 1985; Dietrich Bonhoeffer, Dieci anni dopo. Un bilancio
sul limitare del 1943, in Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere,
Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1989, pp. 59-74.
- Aggiungo qualche riferimento attuale (1998) in Germania sulla Resistenza
antinazista: 1) DRAFD, Deutsche in der Resistance, in den Streitkraeften der
Antihitlerkoalition und der Bewegung Freies Detschland (Tedeschi nella
Resistenza, nelle forze armate della coalizione antihitleriana, nel
movimento Libera Germania). Telefono sede centrale di Berlino:
0049/30/5098852. Contatto diretto con un partigiano del DRAFD: Peter
Gingold, Reichsforststrasse 3, D-60528 Frankfurt, tel. 0049/69/672631.
2) Bundesvereinigung Opfer der NS Militaerjustiz (Associazione vittime dei
tribunali militari nazisti), Freidrich Humbert Strasse 116, D-28758 Bremen,
tel. 0049/421/622073, fax 621422. Contatto diretto con il presidente Ludwig
Baumann, Aumunder Flur 3, D-28757 Bremen, tel 0049/421/665724.
3) Antikriegsmuseum, Friedensbibliotek (Museo antiguerra, Biblioteca della
pace), Bartolomaeuskirche, Friedensstrasse 1, D-10249 Berlin, tel
0049/30/5081207.
4) Mahn- und Gedenkstaette fuer die Opfer der Nationalsozialistischen
Gewaltherrschaft (Ammonimento e memoria per le vittime del dominio nazista),
Muehlenstrasse 29, D-40591 Duesseldorf. Catalogo di 202 pagine Verfolgung
und Widerstand in Duesseldorf 1933-1945, (Persecuzione e Resistenza a
Duesseldorf, 1933-1945), Duesseldorf 1990.
* 9. Ermes Ferraro, La Resistenza napoletana e le Quattro Giornate, in Una
strategia di pace: la difesa popolare nonviolenta, cit. (nella prima sezione
al n. 16), pp. 89-95. Secondo l'ordine di Hitler, l'esercito dei guastatori
doveva lasciare "cenere e fango" al posto della citta'. Una popolazione in
gran parte femminile, quasi senza armi, inflisse all'esercito tedesco
"l'unica sconfitta popolare da esso subita nel mondo" (A. Drago, Una nuova
interpretazione della Resistenza italiana secondo categorie storiche
nonviolente, dattiloscritto).
10. Lotte nonviolente nella storia, volume in preparazione. E' una proposta
di lavoro rivolta a insegnanti e studenti. Contiene una parte metodologica
generale e una parte storica limitata al periodo della Resistenza al
nazifascismo, in diversi paesi europei, compresa la Germania. Il lavoro
contiene molte ulteriori indicazioni bibliografiche che allungherebbero di
molto il presente elenco. Esso e' stato compiuto da un gruppo di ricerca del
Centro Studi e Documentazione "Domenico Sereno Regis" di Torino.
11. Un episodio tipico, tra i molti sconosciuti, di resistenza senz'armi e'
narrato bervemente in Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla
parte dell'ultimo. Prefazione di David Maria Turoldo, Rizzoli, Milano 1993
(1974), p. 219, nota 13. Nel piccolo villaggio di Acone, nel Mugello
fiorentino, fu creato uno dei maggiori centri di smistamento e di raccolta
dei prigionieri alleati fuggiti dai vari campi di concentramento. Poveri
contadini analfabeti, inermi che aiutavano altri inermi per puro spirito
evangelico, furono la base di questa azione animata dal pievano e da una
organizzazione clandestina del Partito d'Azione.
* 12. Antonio Parisella, Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della
Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi editore, Roma 1997,
pp. 160. L'autore, in questa raccolta di saggi, valorizza la lotta
nonarmata, definita "una scoperta del Cinquantenario", partita dalla cultura
nonviolenta e finalmente entrata sotto l'attenzione degli storici. Parisella
mostra come la lotta per la sopravvivenza fisica e ideale, lungi dall'essere
"attendismo", e' componente essenziale e basilare della Resistenza al
nazifascismo come di ogni lotta di resistenza. La liberazione e' il
compimento della sopravvivenza, e questa e' l'inizio della liberazione.
Parisella cita Collotti e Klinkhammer: "Quando la resistenza civile assume
forme collettive puo' avere una forza anche superiore a quella di un gesto
armato". Si ricava l'immagine della resistenza nonarmata come un cerchio
molto ampio, che comprende mille forme e modi autonomi, entro il quale sta
il cerchio minore, per quanto importante, della resistenza armata; immagine
che rovescia quella tradizionale tutta e solo armista.
13. Bianca Ballesio, La guerra di Kira, La resistenza civile nel Canavese,
prefazione di Ersilia Perona, L'Angolo Manzoni ed., Torino, 1999.
* 14. Lidia Menapace, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001, pp. 90.
L'autrice racconta, in base alla propria esperienza partigiana, che nella
Resistenza si poteva fare obiezione di coscienza all'uso delle armi, insomma
che la vicenda fu molto piu' ricca di quanto la tradizione della
storiografia italiana (molto politico-militare e poco sociale e popolare) ci
abbia trasmesso.
* 15. Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina, La Resistenza taciuta. Dodici
vite di partigiane piemontesi, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 312.
Anna Maria Bruzzone e' autrice di vari libri sulla Resistenza e la Shoah.
Questa edizione di La Resistenza taciuta, dopo la prima del 1976,
apprezzatissima e da lungo tempo esaurita, compare in forma nuova e bella,
arricchita da una intelligente prefazione di Anna Bravo (coautrice, con Anna
Maria Bruzzone, di In guerra senza armi; si veda il n. 6 della seconda parte
di questa bibliografia). Queste opere d'inchiesta e testimonianza sulla
partecipazione delle donne, effettiva ma per lo piu' disarmata, alla lotta
di Resistenza, hanno promosso tra gli storici l'individuazione e il
riconoscimento, dapprima gravemente mancato, del fatto e del concetto di
resistenza nonarmata e nonviolenta, concetto "di valore euristico" (Claudio
Pavone," Il Ponte", n. 1/1995), realta' ben diversa dalla resistenza
passiva. Chi lavora per la trasformazione nonviolenta della gestione dei
conflitti acuti, e cioe' per l'eliminazione del disumano infelice giudizio
delle armi nelle contese umane, trova in questi lavori storici, che danno il
giusto riconoscimento al contributo delle donne alla civilizzazione umana,
motivo di profonda gratitudine e ammirazione per l'insegnamento prezioso che
ci danno.
*
Desidero informare chi legge o utilizza questa bibliografia che essa verra'
ampiamente integrata, appena possibile, anche grazie alla collaborazione di
altre persone impegnate nella raccolta e diffusione di cultura di pace.
(Fine. La prima parte e' apparsa nel notiziario di ieri)
8. INIZIATIVE. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE E MOVIMENTO
NONVIOLENTO DI TORINO: 4 NOVEMBRE, NON FESTA MA LUTTO
[Da Paolo Candelari (per contatti: paolocand@inwind.it) riceviamo e
diffondiamo questo documento del Mir e del Movimento Nonviolento di Torino]
Il 4 novembre, giorno delle Forze Armate, si ricorda la vittoria militare
del 1918.
Ecco i costi umani di quella guerra: Italia: 680.071 morti; 1.050.000 feriti
di cui 675.000 mutilati. Austria-Ungheria: 1.200.000 morti; 3.620.000 feriti
("Storia Illustrata", agosto 1979). I morti di tutti i paesi furono quasi 10
milioni.
Uno dei risultati per l'Italia furono venti anni di fascismo.
Queste le conseguenze di una folle decisione voluta dal re e dal governo
contro la volonta' del Parlamento (450 su 508 deputati erano contrari), il
re e il governo uccisero, ferirono, mutilarono 2.405.000 italiani, contadini
poveri, e 4.820.000 austriaci e ungheresi, per conquistare all'Italia non
solo terre di popolazione italiana (che si potevano ottenere per via
diplomatica, come voleva Giolitti) ma anche terre di popolazione tedesca,
come il Sudtirol.
Le autorita' civili e militari dicono di rendere onore ai caduti. Ma quei
poveretti sono uomini ammazzati da chi ha voluto la guerra, sono vittime dei
loro governi, sono stati ingannati, traditi, costretti ad uccidere altri
come loro e a morire per le pretese di chi li dominava.
Noi ricordiamo con rispetto e con pena profonda le vittime civili e militari
di tutte le guerre.
Rende vero onore alle vittime soltanto chi lavora tenacemente per rendere
illegittima ogni guerra ed escluderla dai mezzi della politica, per
sciogliere tutti gli eserciti e istituire i corpi civili di pace (interventi
di mediazione civile e nonviolenta nei conflitti), per una polizia
internazionale non militare sotto comando dell'Onu e non di una potenza o
coalizione particolare.
La democrazia, se e' vera democrazia, deve abolire l'istituzione guerra.
Martedi' 4 novembre dalle ore 17,30 alle ore 18,30 a Torino in piazza
Castello manifesteremo con un alzabandiera della pace e con un'ora di
silenzio la nostra opposizione a tutte le guerre. Invitiamo tutti a
partecipare.
Movimento Nonviolento e Movimento Internazionale della Riconciliazione di
Torino; aderisce Pax Christi di Torino.
9. INIZIATIVE. MISSIONARI COMBONIANI: PERMESSI DI SOGGIORNO "IN NOME DI DIO"
[Tramite la cara amica Agnese Ginocchio (per contatti:
agnese.musica@katamail.com) riceviamo e diffondiamo il seguente appello
degli amici missionari comboniani di Castel Volturno]
Cari amici,
siamo i missionari comboniani di Castel Volturno (Caserta) e vi proponiamo
una azione ecclesiale nonviolenta: il rilascio dei permessi di soggiorno "in
nome di Dio" davanti alla questura di ognuna delle vostre citta' il sabato
15 novembre, vigilia della Giornata mondiale delle migrazioni, alle ore 16.
Questa azione ecclesiale nonviolenta iniziata in giugno a Caserta con
l'incatenamento di fronte alla questura e alla prefettura, proseguita con
altre iniziative (fax, e-mail, cartoline, e sit-in il 27 giugno davanti a
22 prefetture, e infine il 5 ottobre con la preghiera di fronte a
Montecitorio nel giorno della canonizzazione del nostro fondatore monsignor
Daniele Comboni) continua con il rilascio dei permessi di soggiorno "in Nome
di Dio".
Il governo italiano ha reso sempre piu' difficile la regolarizzazione degli
immigrati favorendo cosi' il crescere di un mondo sommerso di immigrati
facilmente vittima della criminalita' organizzata e di datori di lavoro
senza scrupoli.
Riteniamo che la legge Bossi-Fini sia lesiva dei diritti umani fondamentali
degli immigrati e sia l'espressione di un governo e di una societa' incapace
di accogliere e di vedere le ricchezze di cui gli immigrati sono portatori.
Questa e' la legge del governo italiano, ma non e' la legge di Dio.
Nel piano di Dio per l'umanita' nessuno e' straniero, e quando i sistemi e i
governi creano differenze tra cittadini e stranieri, Lui fa causa comune con
gli stranieri e chiede il rispetto dei loro diritti. Per questo "in nome di
Dio" vi invitiamo a rilasciare il permesso di soggiorno agli immigrati
perche' Dio da' loro questo diritto.
Questa azione evidentemente non e' esclusiva dei cristiani, ma aperta a
persone e gruppi di tutte le religioni e di ogni credo umano.
*
Vi diamo qualche suggerimento:
- quest'azione si svolga possibilmente davanti alla questura;
- portare un tavolino dove vengono compilati i permessi di soggiorno;
- esporre le bandiere della pace ed altri cartelloni e simboli (ad esempio:
catene) che spieghino il significato del gesto;
- spiegare agli immigrati che questo permesso di soggiorno non e'
riconosciuto dalla questura;
- invitare giornali e televisioni per dare visibilita' all'azione.
Il modello del "Permesso di soggiorno in nome di Dio" che potete stampare
nel numero di copie che pensate di utilizzare e' disponibile nel sito di
peacelink (www.peacelink.it). Vi ricordiamo che questo rilascio e'
simbolico, vuole aprire un dibattito, quindi il numero dei rilasci non e'
necessario che sia molto numeroso.
Noi stamperemo questi modelli di permesso di soggiorno, se ne avete bisogno
richiedeteli a noi. Se decidete di fare l'azione davanti alla questura o
altra piazza vi preghiamo di avvisarci per una valutazione finale.
I missionari comboniani di Castel Volturno vi salutano e vi danno il loro
recapito per ogni ulteriore chiarimento e richiesta.
Missionari comboniani, via Matilde Serao 8, 81030 Castel Volturno, tel. e
fax: 0823851390, cell. 3388562963, e-mail:
combonianicastelvolturno@hotmail.com, giorgiopoletti@tiscali.it
10. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: CON SGUARDO E VOCE DI DONNA
[Ringraziamo di cuore Ileana Montini (per contatti: ileana.montini@tin.it)
per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista,
gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da
genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la
prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
I quotidiani sono pieni zeppi della notizia, davvero drammatica, del rischio
che il crocifisso sparisca dalle aule scolastiche.
Ci si deve interessare, oppure no, a questo annoso problema italiano? La
questione se il crocifisso debba stare o meno sulla cattedra nelle aule
delle scuole pubbliche, e' antichissima. Qualche interrogativo in questo
senso se lo posero gli insegnanti "progressisti" degli anni settanta, cioe'
dopo e come conseguenza liberatoria del Concilio Vaticano secondo. Ha
pertanto ragione Bossi quando dichiara ("La Repubblica", 27 ottobre 2003)
che il vero "guaio" per la chiesa cattolica e' stato il Concilio. Una delle
conseguenza e' stato un movimento per la laicita': deve essere, o no,
veramente laica, cioe' di tutti, la scuola? Che e' quanto dire: degli ebrei
come dei cristiani, degli atei come dei musulmani e dei buddisti.
I quotidiani, i politici (vedi dichiarazione di Livia Turco dei Ds e del
sindaco di Roma Walter Veltroni), invitano alla prudenza (virtu' cristiana),
e si dimostrano, in definitiva, contrari all'iniziativa di Adel Smith, il
presidente di un'associazione assai minoritaria dell'Islam italiano, spesso
al centro di manovre atte a suscitare irritazione e polemica.
C'e' la paura di perdere consistenti fette di elettorato centrista e
moderato di sinistra? Forse c'e' semplicemente la consapevolezza che la
chiesa cattolica e' un grande potere, e che l'opinione pubblica non vedrebbe
di buon occhio questa piccola, ma significativa rivoluzione nell'arredamento
tradizionale delle aule.
Si dice: tutte le espressioni religiose dovrebbero avere diritto di
cittadinanza, che sta a dire di manifestazione simbolica. Si dice: nessuna
religione deve esprimere i suoi segni, ma quella cattolica e' tradizione
consolidata, cioe' il crocifisso e' una suppellettile intangibile in quanto
esprime una cultura antichissima, parte integrante dell'identita' collettiva
italiana. Ma una nazione deve esporre i segni visibile di una tradizione,
per quanto diffusissima, o limitarsi, come vuole la tradizione francese, a
eliminare ogni segno?
Alcuni esponenti dell'Islam in Italia si sono dichiarati assolutamente
contrari alla presa di posizione di Smith, perche' ritengono un diritto
dell'Italia cattolica di esprimersi piu' visibilmente di loro. Una posizione
tattica e coerente con la religiosita', non con la laicita'.
MI sorge un interrogativo. Gli uomini di chiesa interverrebbero se il solito
Smith chiedesse per i suoi figli insegnanti dello stesso sesso, per le
figlie il "rispetto" rigido dell'educazione fisica separata e cosi' via? O
il diritto al velo per le puberi come in Francia? Probabilmente no, perche'
l'inferiorizzazione delle donne non e' argomento interessante, tanto piu'
che di probizioni, come il sacerdozio femminile, la chiesa cattolica ne
conosce da sempre.
11. RILETTURE. SOCIETA' ITALIANA DELLE STORICHE: A VOLTO SCOPERTO. DONNE E
DIRITTI UMANI
Societa' italiana delle storiche, A volto scoperto. Donne e diritti umani,
Manifestolibri, Roma 2002, pp. 206, euro 15. A cura di Stefania Bartoloni,
una raccolta di interventi di prestigiose studiose. Con interventi di saluto
di Laura Balbo e di Staffan De Mistura, e contributi di Stefania Bartoloni,
Elisabetta Vezzosi, Cristina Scoppa, Nadezda Cetkovic, Silvia Salvatici,
Melita Richter Malabotta, Giuliana Sgrena, Maria Rosaria Stabili, Maria
Clara Donato.
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
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LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 715 del 28 ottobre 2003