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riflessioni su Cancun
Vi invio per opportuna conoscenza .
RIFLESSIONI SU CANCUN
Francesco Martone
www.francescomartone.it
Il palcoscenico ufficiale di Cancun ha celato dietro le quinte una trama
fitta di interessi, poste in gioco, alleanze e tradimenti. Gli attori
studiano la loro parte, rivedono gli schemi negoziali, si preparano ad
improvvisare, oppure ad inventare battute ad effetto ogni qualvolta il
pubblico o le esigenze dell'impresario lo richiedano. Cosi' vanno i
negoziati: a guardarli con occhio distaccato si delineano con chiarezza,
dietro le quinte, i fili conduttori, e gli snodi cruciali, le agende
ufficiali e quelle nascoste. Se Cancun si rivelera' sulla lunga distanza
per quello che e' sembrato fin dall'inizio, allora questo spettacolo
stavolta e' stato un mezzo flop, soprattutto per la tenuta dell'OMC.
Passata l'onda lunga di Doha, del dopo 11 settembre l'OMC vede riemergere
tutte le contraddizioni che allora erano state rimosse collettivamente, per
poi rifare capolino in altri incontri multilaterali. Se il multilateralismo
tradizionale delle Nazioni Unite e' oggi in crisi, certamente lo e' anche
quello dell'OMC, alla merce' degli interessi specifici degli stati membri,
o meglio delle piu' potenti coalizioni di stati membri. Di fronte alle sue
contraddizioni interne, il segretariato ha ripiegato su vecchie formule di
negoziato dietro le quinte, di incontri informali, delle famigerate "Green
room" che escludono i paesi in via di sviluppo. Gia' a Seattle questa
pratica antidemocratica aveva provocato la rivolta di questi ultimi. Un
blocco che con la nascita del gruppo dei cosiddetti 23 rappresenta forse il
risultato politico piu' rilevante di Cancun. Contemporaneamente si si
profila un altro fronte, i G90, paesi dell'Unione Africana, i LDC, (paesi
meno sviluppati) e quelli di Asia Caraibi e Pacifico (ACP) che se
riuscissero a trovare punti in comune con i G23 nel corso del negoziato
dopo Cancun, potrebbero dare molto filo da torcere ai negoziatori ed al
segretariato del WTO. Al di la' del merito, cioe' la tematica commerciale,
le contraddizioni e le dinamiche che si innestano in questi appuntamenti
sono essenzialmente politiche. C'e' il Brasile, che forte di un patto
economico e politico siglato qualche mese fa con India e Sudafrica cerca di
ritagliarsi un ruolo di leadership non solo a livello continentale ma anche
globale. A livello nazionale per recuperare credito in vista di momenti
delicati, quali l'avvio del nuovo negoziato con il Fondo Monetario, a
livello regionale per mantenere una posizione negoziale forte nei confronti
dell'ALCA, e rafforzare l'asse con l'Argentina, ed il patto commerciale del
Mercosur. La coalizione del G23 dovra' certamente passare varie prove prima
di poter pensare o sperare ad un embrione di un nuovo movimento dei
non-allineati. L'unico comun denominatore oggi sembrerebbe essere quello di
creare un fronte compatto per rompere il duopolio USA-UE nel settore
agricolo, viste anche le profonde differenze politiche tra i governi dei
tre paesi guida: di sinistra moderata il Brasile come anche il Sudafrica di
Mbeki, di destra reazionaria quello Indiano. Resta il fatto che a Cancun,
finalmente si e' aperta una partita che non vede piu' solo l'Europa e gli
USA protagonisti assoluti. Paradossalmente proprio dalle rovine del
multilateralismo, caduto sotto i colpi dell'intervento militare in Iraq e
della politica unilaterale americana, si aprono gli spazi per un nuovo
modello di multilateralismo nel quale gruppi di paesi con interessi o
vocazioni affini possano confrontarsi in maniera piu' democratica. Insomma
un multilateralismo multipolare? Staremo a vedere. Come se la sono cavata
gli europei e gli americani? Il negoziatore americano Zoellick lo aveva
dato ad intendere subito, prima ancora dell'inizio del negoziato: "un
rinvio di due anni della scadenza del round di Doha non ci preoccuperebbe
piu' di tanto". Ciononostante, dopo qualche giorno di letargo, l'aquila
americana si e' svegliata, con la delicatezza dell'elefante che
contraddistingue la diplomazia dell'amministrazione Bush. Minacce,
forzature, ultimatum, per provare a rompere il fronte dei G23 che pero'
sono stati respinti al mittente. Poco conta, per gli USA ispirati alla
dottrina del multilateralismo selettivo, cosa che deve terrorizzare quei
paesi e quelle istituzioni che ritengono la presenza USA un fattore
imprescindibile, Se cosi' fosse stato non ci sarebbe stato pero' alcun
protocollo di Kyoto, o Tribunale Penale Internazionale. Allora piuttosto
che multilateralismo multipolare o selettivo, sara' opportuno configurare
un multilateralismo "meno uno"?. Certo per gli Usa oggi anche questo
sarebbe irrilevante, visto che possono persino rinunciare alla partita
degli investimenti, in grado come sono di continuare a concludere accordi
bilaterali, dove possono flettere a volonta' i loro muscoli , lontano dai
riflettori dei media globali, e dall'occhio attento dei movimenti e delle
ONG. Basta leggere il capitolo sul libero commercio come strumento di
politica estera di potenza contenuto nella "National Security Strategy of
the USA", la dottrina di sicurezza nazionale. Il "coup de teatre" pero' gli
USA lo hanno fatto abbandonando la nave che affonda, quella dell'Unione
Europea con la quale qualche settimana prima dell'inizio dei lavori avevano
concluso un accordo per una linea comune sulla spinosa questione agricola.
Un accordo respinto dai Paesi in via di sviluppo poiche' continua a non
dare garanzie e scadenze certe sulla rimozione dei sussidi e l'accesso ai
mercati per i loro prodotti, e ridimensionato nella sua portata politica
anche da Washington, che ha avuto gioco facile nell'imporre le sue
condizioni nella bozza di negoziazione salutata come l'ultima ancora di
salvezza per la Conferenza di Cancun. A forza di voler riallacciare il
dialogo transatlantico, Bruxelles rischia di lasciare tutto all'altra
sponda dell'Atlantico, ed il commissario Lamy, pur di tener duro sulle sue
convinzioni (soprattutto sui temi di Singapore, in primis gli investimenti)
ha contribuito ad indebolire fortemente la credibilita' dell'Unione Europea
e la sua compattezza interna. Che dire degli alleati europei del presidente
Bush, in particolare del governo Berlusconi e dei suoi ministri presenti a
Cancun? Presentatisi con una unica vera priorita' , quella di avere
maggiori garanzie sulle indicazioni geografiche tipiche, per i prodotti
"made in Italy", ha svolto un ruolo di bassissimo profilo, senza alcuna
"vision" che potesse contibuire a superare l'impasse negoziale, e
ricollocare il negoziato WTO nell'alveo di un impegno globale per lo
sviluppo e la lotta alla poverta'. Eppure anche il Parlamento italiano ci
aveva provato, con una mozione firmata da 70 parlamentari dell'opposizione
che recepiva le sollecitazioni delle ONG e dei movimenti della societa'
civile, e nella quale si delineava un percorso che avrebbe potuto dare
all'Italia una posizione di intermediazione importante con i paesi in via
di sviluppo. Ciononostante, il governo ha preferito far slittare il voto
finale al dopo Cancun, per evitare di presentarsi a Cancun senza una
posizione "bipartizan" del Parlamento. Al margine dell'incontro di Cancun,
si e' riunita anche la rete parlamentare internazionale, la rete di
parlamentatri costituitasi a Porto Alegre e che comprendere parlamentari
progressisti di ogni parte del mondo. Nella dichiarazione finale vengono
recepite molte delle istanze dei movimenti e della societa' civile
organizzata, che qui a Cancun ha dimostrato tutta la sua potenzialita'.
Organizzazioni internazionali come Oxfam o ActionAid, e campagne a rete
come "Questo Mondo non e' in Vendita" hanno dimostrato di essere capaci di
agevolare la costruzione di alleanze tra governi affini, e - grazie alla
loro costante opera di elaborazione, analisi e critica - di fornire sia ai
negoziatori che al pubblico dei non addetti strumenti importanti di lavoro
e di comprensione. E' variegato e variopinto il mondo delle ONG, semmai il
termine riesca a racchiuderne tutte le connotazioni. Megio usare quello di
Organizzazioni della societa' civile, attori imprescindibili che
sopravvivono alle impennate ed ai deflussi carsici dei movimenti, questi
ultimi del tutto evidenti a Cancun. E' una conferma importante, questa, che
dovra' fornire un'occasione di verifica e confronto per i movimenti e le
organizzazioni nongovernative italiane, al fine di esplorare nuove sinergie
e forme di collaborazione tra chi dimostra il suo dissenso con
l'autorevolezza delle argomentazioni e delle proposte e chi decide di farlo
con l'autorita' dei numeri della piazza.