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[glt NV] Lillipuziana in Palestina
Giro a tutti questa lettera pubblicata sul giornale locale L'Adige di oggi
(12/8) e inviata da Lorenza del nodo di Lilliput di Trento a proposito della
vicenda che l'ha coinvolta in Palestina.
Roberto Barbiero
*************
Perché Israele
sta sbagliando
di LORENZA ERLICHER
Credo che tocchi a me ora dire qualcosa della vicenda che mi ha coinvolta,
l´arresto in Palestina (ci tengo a sottolinearlo) e l´espulsione da Israele.
Vorrei farlo per me, perché mi sono trovata addosso un modo di pensare e, per
quel che riesco, di vivere il pacifismo che non sento appartenermi, come
tanto
meno sento appartenermi la modalità del discriminare fra buoni e cattivi che
Paola Rosà, senza conoscermi e senza aver mai parlato con me, mi
attribuisce. E
per provare a ragionare in modo meno approssimato sulle ragioni che mi fanno
stare in questo momento dalla parte dei palestinesi, fuori dalla
semplificazione della domanda "Ma la colpa è proprio tutta di Israele ?" e
dello schematismo buoni e cattivi. Non è questo il piano su cui voglio
stare.
Ma per tornare a quanto mi riguarda, e riguarda probabilmente Sara, Erica e i
molti altri italiani e non che partecipano a questo tipo di azioni, non siamo
né "professionisti della pace" né ansiosi cercatori di protagonismo (in
questo
caso poi vi assicuro del tutto involontario) che sentenziano
dogmaticamente su
torti e su ragioni.
Avevo una speranza per questa mia prima esperienza di interposizione in
Palestina, che ho affrontato con molte incertezze, anche per il limite della
lingua condiviso con molti altri italiani, ma anche con molta convinzione:
concludere i miei 15 giorni in quei luoghi già conosciuti in altre occasioni
sperimentandomi, a dispetto dei miei limiti, possibilmente per ritornarci
un´altra volta, con più conoscenza, più preparata, più efficace, e magari
parlando un po´ più di inglese. Non è andata così ma lo rifarei.
È una questione di convinzione, di accettare di mettersi in gioco senza
aspettare di avere tutte le competenze e le carte in regola (quando mai lo si
farebbe.. ) e credo che una presenza di questo tipo serva, per la pace in
Medioriente, non fosse altro perché molta altra presenza non c´è.
Non rifarei, spero, di tirare calci verso i militari che mi portavano via: per
prima ho vissuto come un fallimento dei miei propositi di resistenza
passiva la
rabbia incontrollata di quei momenti. Ma non reputo né violenza né
aggressione
la mia ribellione poco più che simbolica contro l´arroganza e la
prepotenza che
ho visto nei due giorni vissuti a Mas´ha, contro una deportazione che aveva
l´unica ragione della forza, non della legalità o dell´ordine pubblico.
Questo vorrei che non si dimenticasse: il luogo da cui ci portavano via era un
cortile dichiarato mezz´ora prima zona militare chiusa per sgomberare qualche
decina di internazionali (e israeliani e palestinesi) rompiballe che
volevano,
se non impedire, almeno rendere pubblica la demolizione dell´ennesima casa
palestinese, per sua sfortuna trovatasi sul tracciato del "muro di
sicurezza".
Non è una nostra impressione distorta che quella barriera stia dentro la
Cisgiordania e non sul confine, che la stia ancora smembrando, impoverendo, è
la realtà fisica e concreta che abbiamo visto a Mas´ha, a Qalqilya già chiusa
in una fortezza soffocante, a Tulkarem dove molti contadini non hanno più
accesso alle loro terre.
Quel muro per me diventa un altro dato di riflessione politica, come lo
sono gli
insediamenti, i posti di blocco, i coprifuoco. Mi sembra invece strano
che non
lo siano per tutti.
La domanda non è se la colpa è tutta di Israele, ma cosa vuole ottenere
Israele,
un paese riconosciuto, forte, democratico, con la politica che sta
attuando nei
Territori Occupati. Paola Rosà sembra accusarci di dimenticare che anche fra
gli israeliani ci sono dissidenti, fra l´altro ben motivati e preparati, e il
senso di questa accusa non riesco davvero a capirlo: non essere altrettanto
motivata? È vero, ma se permette, prima di decidere di fare la reporter dalle
carceri israeliane vorrei poterci meditare un po´, e ciò non toglie che
continuerò a mettermi in gioco per quello che mi sento di fare.
O mi si accusa di voler nascondere questa parte importante di dissenso che
cresce fra gli ebrei dentro e fuori Israele perché loro devono risultare i
cattivi? Non è vero né in questa né in altre occasioni. Con noi a Mas´ha
c´erano israeliani (piuttosto maltrattati dalla loro polizia fra l´altro)
quel
giorno, altri sono andati a protestare il giorno dopo. L´ISM è stato fondato
anche da palestinesi e israeliani. In Trentino le voci dei dissidenti
israeliani le abbiamo sentite più di una volta, dal professor Daniel Amit al
giovane "refusenik" ospite quest´inverno.
Lo scorso anno in Palestina con una delegazione delle "Donne in Nero" avevamo
incontrato Jeff Halper, uno dei fondatori proprio del comitato israeliano
contro le demolizioni. L´analisi più lucida e documentata sulla politica
israeliana di controllo della Palestina l´ho sentita proprio da lui. Le
contraddizioni da cui lsraele non sembra in grado di uscire, il voler essere
stato ebraico, che quindi non vuole inglobare gli arabi della
Cisgiordania, ma
allo stesso tempo vuole mantenere il controllo di quel territorio importante
dal punto di vista storico, religioso e strategico, e allo stesso tempo vuole
essere democratico: ciò stona con la repressione che deve attuare sui
palestinesi per mantenerne il controllo.
La strategia del "fatto compiuto", gli insediamenti che si stringono a cintura
intorno a Gerusalemme est (il cui status non è ancora definito,) e la
separano
dalla Cisgiordania, le colonie che fasciano a occidente la "green line",
comprendendo le zone più ricche di acqua e a oriente la valle del Giordano, i
soprusi mirati a stancare i palestinesi perché se ne vadano dalla
Cisgiordania…
Jeff è un dissidente israeliano informato, preparato e motivato (lui in carcere
c´è stato) che chiede che si giudichi con serietà e severità la politica del
suo paese, che la comunità internazionale prenda posizione perché in
gioco non
c´è solo la pace con i palestinesi e la sicurezza degli israeliani, ma il
fondamento etico del suo stesso Stato.
Era stato il primo ad incoraggiarci a fare un boicottaggio dei prodotti
israeliani. È fondamentale che ci siano israeliani che protestano, sarà forse
grazie a loro che i palestinesi potranno ritrovare fiducia in vicini di
casa di
cui hanno sperimentato soprattutto, e non possiamo permetterci di
dimenticarlo,
la violenza e la sopraffazione. Vorrei che si ascoltasse che cosa hanno da
dirci questi dissidenti, non farne l´oggetto decorativo del democratico
Israele
dove non tutti sono cattivi e si può dissentire.
Credo di essere d´accordo in questo con Paola Rosà: l´oggetto sono le
demolizioni, e il perché delle demolizioni, non le conseguenze di chi
protesta
(anche se un po di solidarietà si apprezza sempre in questi casi).
Un appunto sulla democrazia di Israele, perché la domanda è frequente: "ritengo
che Israele sia uno stato democratico?", "sarebbe finita così in un altro
Paese
non democratico?" . La mia ambasciata ha contrattato - per farmi partire
- con
un Paese democratico, i miei amici hanno protestato per il mio
trattamento (non
poter parlare con gli avvocati) con un Paese democratico, ho vissuto un
giorno
e mezzo in un centro di detenzione per immigrate che non era il massimo di
umanità, ma probabilmente non diverso da quelli della democratica Italia.
Il problema della democrazia in Israele lo lascio meditare agli israeliani,
almeno fintanto che non siano loro a farlo pesare. Ma non posso non chiedermi
quale esperienza abbiano i palestinesi di questa democrazia.
A chi poteva rivolgersi l´anziano contadino a cui le ruspe del democratico
Israele venivano a demolire la casa? All´Autorità Palestinese? Non solo non è
democratica, ma non è in grado di garantirgli nessun diritto e nessuna
sicurezza.
A chi si possono appellare i palestinesi contro le demolizioni arbitrarie, i
blocchi stradali, i posti di blocco, i coprifuoco, le incursioni mirate che
qualche volta sbagliano mira?
Non al proprio Stato che non c´è, non all´Onu, non agli Stati Uniti che fanno i
mediatori e "sgridano" Sharon quando esagera ma finanziano la politica di
occupazione, non alla comunità internazionale che apprezza gli "atti di buona
volontà" del governo israeliano e quindi pazienza se qualche casa ancora
viene
buttata giù e qualche campo viene espropriato, in attesa della pace.
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Hay hombres que luchan un día y son buenos. Hay otros que luchan un año y
son mejores. Hay quienes luchan muchos años, y son muy buenos. Pero hay los
que luchan toda la vida, esos son los imprescindibles (Bertold Brecht)