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La nonviolenza e' in cammino. 622
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 622
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Thu, 24 Jul 2003 21:30:53 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 622 del 25 luglio 2003
Sommario di questo numero:
1. Aldo Capitini: nonviolenza e potere di tutti dal basso
2. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto: tra tutte le soluzioni
3. "Un ponte per": via i soldati italiani dall'Iraq
4. Elettra Deiana: contro la partecipazione italiana all'occupazione
militare dell'Iraq
5. Giuliana Sgrena: a Nasiriya un pessimo inizio
6. Il Comune di Alcamo mette al bando gli ogm
7. Franca Ongaro Basaglia: una frattura
8. Gregory Bateson: le premesse errate
9. Prossime pubblicazioni di Nonluoghi
10. Letture: Tich Nhat Hanh, Il segreto della pace
11. Riletture: Roland Barthes par Roland Barthes
12. Riletture: Raissa Maritain, Senza dimora
13. Riletture: Dorothee Soelle, Fantasia e obbedienza
14. Riletture: Edith Stein, La scelta di Dio
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'
1. MAESTRI. ALDO CAPITINI: NONVIOLENZA E POTERE DI TUTTI DAL BASSO
[Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, p. 399
(e' un brano da un articolo apparso originariamente su "Azione nonviolenta"
di aprile-giugno 1966). Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899,
antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore
di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E'
stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia.
Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di
Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini,
Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed
una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle
ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente
e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea
d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e
liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del
Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni
e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e
possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu'
reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza
religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la
pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un
volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di
Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata,
Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini:
oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio
di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo
Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno
schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio
Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole
(Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra
religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo
Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.cosinrete.it]
La sintesi di nonviolenza e di potere di tutti dal basso diventa cosi' un
orientamento costante per le decisioni nel campo politico-sociale. Si
realizza in questo modo quella "rivoluzione permanente", che se fosse armata
e violenta non potrebbe essere "permanente", e sboccherebbe in un duro
potere autoritario, cioe' nella violenza concentrata dell'oppressione:
nessuna societa' puo' durare nella continua violenza e si appiglia a
qualsiasi soluzione pur di farla finire; percio' la violenza, anche
rivoluzionaria, prepara la strada ai tiranni. Altra cosa e' la rivoluzione
permanente nonviolenta, perche' essa non bagna le strade e le case di
sangue, ma unisce gruppi e moltitudini di persone (perfino i cinquecento
milioni di indiani per l'indipendenza) nelle loro campagne rinnovatrici, ora
per una parte, ora per l'altra, della societa'; e posto anche che questo
porti, pur nell'uso delle tecniche nonviolente, talvolta qualche disagio,
esso sara' infinitamente minore di quello che puo' portare un "governo" con
una sola mezz'ora di guerra.
2. MAESTRI. GIUSEPPE GIOVANNI LANZA DEL VASTO: TRA TUTTE LE SOLUZIONI
[Da Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore,
Jaka Book, Milano 1989, p. 241. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto e' una
delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei
Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e
medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la
"Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria
nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose
iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra
le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente:
Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e'
la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela, Introduzione alla vita
interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha pubblicato anche altri
libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del ritorno all'evidenza,
Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze; In fuoco e
spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca - cosi' come
gruppi e persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari paesi e
proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni e
contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ e anche (in francese)
www.canva.org. Segnaliamo anche che il Comune di San Vito dei Normanni (Br),
luogo di nascita di Lanza del Vasto (per contatti: segreteria del sindaco,
tel. 0831955205, fax: 0831955230, e-mail: svitonormgab@mail6.clio.it), ha
recentemente istituito un premio "per una tesi di laurea avente come tema il
pensiero, l'insegnamento e l'opera di Lanza del Vasto, illustre concittadino
apostolo della pace"]
La nonviolenza, tra tutte le soluzioni, e' la piu' umana.
3. REPETITA IUVANT: "UN PONTE PER": VIA I SOLDATI ITALIANI DALL'IRAQ
[Dall'organizzazione umanitaria "Un ponte per" (per contatti:
posta@unponteper.it) riceviamo e diffondiamo]
232 milioni di finanziamento per "proteggere" 22 milioni di aiuti umanitari:
queste due cifre, contenute nel decreto portato in discussione alla Camera
dei deputati, bastano a chiarire la finalita' della cosiddetta "Missione
Babilonia": non sono i soldati a servire da protezione agli aiuti, ma gli
aiuti a costituire il pretesto per inviare 3.000 soldati che, inquadrati
sotto il comando britannico, avranno funzione di controllo territoriale e di
ordine pubblico nella regione di Nassiriya.
L'Italia si aggiunge cosi' agli Usa e alla Gran Bretagna come potenza
occupante, e mentre si inviano soldati che dovranno fronteggiare il
malcontento iracheno, le aziende italiane si mettono in fila (oltre 200 di
cui una dozzina gia' vincitrici di appalti) per partecipare alla torta della
ricostruzione.
La protezione degli aiuti e' un pretesto, anzi l'invio dei militari puo'
mettere a rischio gli operatori umanitari italiani.
In Iraq operano da mesi centinaia di volontari e cooperanti internazionali,
delle ong, della Croce Rossa, delle agenzie delle Nazioni Unite, senza
bisogno di nessuna protezione militare, anzi e' proprio questa indipendenza
che ha garantito sinora la loro incolumita'. L'eventuale legame con le forze
di occupazione potrebbe compromettere la loro sicurezza.
Chiediamo che la Camera ritiri subito la missione militare e che i fondi
cosi' risparmiati (232 milioni di euro) vengano integralmente utilizzati per
interventi umanitari e di cooperazione allo sviluppo.
Via i soldati italiani dall'Iraq.
Per firmare la petizione: www.tavoloiraq.org/petizione.asp
Per scrivere alle commissioni difesa del parlamento:
www.unponteper.it/it/letteracommissioni.htm
4. DOCUMENTAZIONE. ELETTRA DEIANA: CONTRO LA PARTECIPAZIONE ITALIANA
ALL'OCCUPAZIONE MILITARE NELL'IRAQ
[Riportiamo l'intervento svolto il 22 luglio dall'on. Elettra Deiana nel
dibattito parlamentare sulla conversione in legge del decreto-legge n. 165
del 2003 avente ad oggetto "Interventi urgenti a favore della popolazione
irachena e proroga partecipazione italiana ad operazioni militari
internazionali" e concernente di fatto - tra altre cose - la prosecuzione ed
intensificazione della illegale e criminale partecipazione militare italiana
alla guerra effettuamente tuttora in corso in Iraq. Elettra Deiana (per
contatti: deiana_e@camera.it), parlamentare, e' da sempre impegnata per la
pace e i diritti]
Signor presidente, ho gia' avuto modo di sottolineare durante la discussione
svoltasi nelle Commissioni congiunte che il provvedimento in esame
rappresenta un vero e proprio imbroglio.
E' un imbroglio del governo ai danni del Parlamento, dell'opinione pubblica
e delle Forze armate. Queste ultime vengono invocate continuamente come
baluardo della nostra credibilita' all'estero e sono, invece, costrette da
una forsennata campagna ideologica a svolgere un ruolo letteralmente in
contrasto con la Costituzione.
Si tratta di un imbroglio, caro sottosegretario Cicu, fondato su un castello
di bugie micidiali che sono partite dall'amministrazione Bush e dal
Pentagono e che il governo Berlusconi ha avvalorato, legittimato, sostenuto
e continua a sostenere indefessamente in questo periodo.
Mi riferisco a bugie a sostegno di una guerra che appartiene alla schiera di
quelle che, non io ma uno storico esimio della destra, Franco Cardini,
definisce guerre saggiamente vili. Queste costano apparentemente poco per la
nostra parte del mondo e dovrebbero produrre, nelle intenzioni di chi le fa,
grandi spostamenti di potere sul piano mondiale.
Vi sono bugie su tutti i fronti: ad esempio, quella sulle armi di
distruzioni di massa mai trovate. Negli accurati tentativi di ricostruzione
delle ragioni che renderebbero valida questa legge non vi e' mai un accenno
alle ragioni che hanno portato a giustificare la guerra e che sono state
fatte proprie da questo governo: e' un capitolo scomparso, non c'e' piu'. Vi
sono bugie sulle armi, bugie sull'imminente attacco di Saddam Hussein agli
Stati Uniti e all'occidente, bugie sulla natura della missione italiana in
Iraq.
Chiedo - ma una risposta la do' - perche' insistete tanto, contraffacendo in
maniera addirittura banale la realta', sul carattere umanitario della
missione quando i fatti contraddicono apertamente tale asserzione?
Voi parlate di missione umanitaria perche' e' il modo per intontire ed
obnubilare l'opinione pubblica. Quest'ultima, anche nelle fila del vostro
elettorato, e' larghissimamente contraria alla guerra e lo ha dimostrato in
tutti i modi. Manifestazioni, appelli ed altri fatti hanno dimostrato come
vi sia stata una grandissima opposizione alla guerra. Dunque, in che modo
imbrogliare l'opinione pubblica? Far credere che l'Italia si sia imbarcata
non in un'impresa di partecipazione alla strategia degli Stati Uniti di
controllo del territorio mediorientale e centroasiatico, ma in una generosa
missione umanitaria per fare del bene e portare vantaggi, cura e tutele,
come si e' affannato a dimostrare l'onorevole Landi di Chiavenna nella sua
relazione.
E' un imbroglio mastodontico e micidiale spacciare per missione umanitaria
un'impresa che, invece, ha tutte le caratteristiche, da una parte,
dell'impresa militare, della partecipazione ad un'occupazione neocoloniale,
dall'altra, di aprire la strada per un grande business italiano in Iraq
(quando e come sara' possibile fare affari in quel disgraziato paese).
Sono assolutamente sconcertata dell'assoluta impermeabilita' che gli
esponenti del Governo continuano a mostrare, cosi' come anche l'appassionato
intervento del sottosegretario Cicu, agli argomenti della realta' (e non
alle sciocchezze dell'ideologia).
Vi sono dei fatti; a tali fatti non si da' alcuna risposta, bensi' si
risponde con delle costruzioni mitiche, con delle favole, anzi delle
favolette, perche' non hanno neanche la dignita' delle grandi favole della
tradizione classica: favolette per ragazzini stupidi, con un tentativo di
ridurre questo Parlamento ad un luogo dove si ascoltano delle sciocchezze,
dove non si procede ad effettuare nessun approfondimento della realta' e
dove praticamente si mette a disposizione un voto, per salvare la faccia di
un governo che sta prendendo delle decisioni gravissime per quanto riguarda
la collocazione del nostro paese nel contesto internazionale.
*
Credo, allora, che oggi questo Parlamento, per evitare un coinvolgimento in
un'avventura che rischia di essere veramente senza fine e di portarci assai
lontano dagli elementi ancora fondativi del nostro paese, oltre che lontano
dalla saggezza politica sul piano internazionale, dovrebbe fare alcune cose
fondamentali: innanzitutto chiedere l'immediato rientro in Italia del
contingente militare (perche' questo dovrebbe essere deciso immediatamente);
allo stesso tempo, dovrebbe chiedere che il ministro (italiano) della
cultura, che il nostro governo ha installato nel governo Bremer, cioe' nel
governo fantoccio filoamericano che regge in questo periodo le sorti
dell'Iraq, venga destituito e richiamato nel nostro paese, per non avallare
quell'operazione incredibile di costruzione appunto di un governo fantoccio.
Il Parlamento dovrebbe, inoltre, chiedere al governo di ricercare una
soluzione internazionale seria della questione irachena: una soluzione
alternativa, radicalmente alternativa, a quella dell'occupazione da parte
delle truppe angloamericane. Una soluzione che dovrebbe articolarsi su
alcuni punti essenziali:
- in primo luogo, la richiesta che le truppe alleate se ne tornino a casa,
perche' questa e' la condizione primaria affinche' in Iraq possa riavviarsi
un processo di pacificazione;
- in secondo luogo, contestualmente al rientro delle truppe angloamericane
nei loro paesi, ci dovrebbe essere l'assunzione piena e centrale da parte
dell'Onu della responsabilita' di garantire, sul piano politico ed
istituzionale, ma anche militare (appunto con i caschi blu), le condizioni
per l'avvio di un processo di pacificazione e di stabilizzazione democratica
nel paese, che puo' avvenire soltanto attraverso il circolo virtuoso tra la
responsabilita', in funzione terza, dell'Onu, e l'attivazione di un processo
di responsabilita' delle forze irachene;
- in terzo luogo, ci deve essere la promozione di forme di aiuto umanitario,
in coordinamento con le agenzie delle Nazioni Unite, fino a che non si sia
formato un governo iracheno legittimo e riconosciuto internazionalmente.
Credo che il Parlamento italiano debba lavorare su questo pacchetto di
proposte, facendo assumere al nostro paese un ruolo importante, propositivo
e costruttivo all'interno della comunita' internazionale.
Questa deve essere la strada, altrimenti l'altra strada e' quella di
continuare a seguire gli Stati Uniti d'America nella loro strategia di
guerra al mondo e di continuo tentativo di assoggettare l'Europa, l'Onu,
l'Italia, i paesi cosiddetti volenterosi - cioe' quelli piu' disponibili a
seguire la strategia americana - a muoversi in questo contesto verso una
rimappatura delle relazioni internazionali e una ridefinizione delle regole
della politica internazionale.
*
La guerra contro l'Iraq ha segnato un vero e proprio salto di qualita' non
soltanto sul piano della violazione del diritto internazionale e
dell'evidente illegittimita' delle giustificazioni addotte per colpire quel
paese, ma anche su quello del tentativo degli Stati Uniti di ridisegnare una
mappa delle relazioni internazionali, delle regole, delle funzioni.
Ci siamo incamminati sulla strada che ci conduce a farci carico della
responsabilita' di condividere questa nuova strategia imperiale degli Stati
Uniti. Dunque, responsabilita' gravissime che pesano innanzitutto sul
governo, ma anche sul Parlamento.
Intendo sottolineare un aspetto che per noi e' di estrema importanza.
La missione italiana in Iraq non e' legittimata ne' sul piano
internazionale - come ricordato dai colleghi che mi hanno preceduta - ne' su
quello interno.
La risoluzione n. 1438, alla quale continuamente i colleghi della
maggioranza e gli esponenti del governo fanno riferimento, non legittima
affatto la partecipazione italiana e l'occupazione militare. Tant'e' vero
che alcuni paesi importanti della comunita' internazionale finora hanno
rifiutato di inviare aiuti militari, chiedendo una nuova risoluzione che
deve avere quale aspetto fondamentale quello della ridefinizione della
centralita' dell'Onu nella fase postbellica.
L'Italia compie una scelta di guerra - ritengo che su cio' si debba essere
molto chiari - in quanto vi e' continuita' con le scelte precedenti. Vi e'
continuita' con la scelta di appoggiare, legittimare ed offrire tutti gli
aiuti militari, che il governo Berlusconi ha operato con riferimento alla
guerra contro l'Iraq. Una scelta di continuita' e di legittimazione delle
nuove strategie americane, di accettazione dell'unilateralismo della Casa
Bianca, di accettazione della posta in gioco di tale strategia che e' quella
di far deflagrare il contesto internazionale di regole e di funzioni
istituzionali previste dalle Nazioni Unite, dal diritto internazionale e
dalle convenzioni. Insomma, si vuole far deflagrare tutto quello che, nella
seconda meta' del Novecento, ha significato il tentativo di escludere la
guerra come scelta automatica per la risoluzione delle controversie
internazionali.
Non c'e' stata nessuna soluzione di continuita' tra la guerra e il
dopoguerra ne' sul piano politico ne' su quello istituzionale e giuridico.
Tant'e' vero che gli Stati Uniti hanno continuato ad affermare che loro
avrebbero dovuto governare il dopoguerra e che l'Onu - che nelle intenzioni
degli americani viene ridotta ad un'agenzia umanitaria -, al massimo,
avrebbe dovuto svolgere una funzione di supporto logistico.
Neanche oggi gli Stati Uniti d'America, che in Iraq sono in gravissima
difficolta', chiedono l'intervento di tutti per essere aiutati e per essere
supportati; neanche adesso dicono che l'Onu dovrebbe avere un ruolo diverso,
cioe' praticamente dovrebbe essere un loro supporto e non certo un soggetto
centrale in questa nuova fase.
Quindi, si tratta di una scelta di guerra perche' non c'e' stata alcuna
soluzione di continuita' con la guerra e perche' questo dopoguerra rischia
di entrare - ed in parte gia' e' entrato - in una dinamica di guerriglia e
di conflitto armato.
*
Quello che sta avvenendo in Iraq puo' essere definito come ognuno crede ma,
sicuramente, e' tutto fuorche' quella pacificazione e quel processo di
democratizzazione che il presidente Bush, non si sa bene in preda a quale
raptus di narcisismo, aveva dichiarato che si sarebbe avviato con il suo
discorso alla nazione, proclamando la fine della guerra e l'avvento di una
nuova era di pacificazione e democrazia per l'Iraq.
Sostenere, come il Pentagono e l'amministrazione Bush fanno, che gli
attentati ai militari anglo-americani siano atti di delinquenza comune, di
terroristi o di settori reazionari e dire che questa e' la verita', come fa
anche il governo italiano, significa non capire quello che sta avvenendo in
quel luogo e continuare a tessere la storia della vicenda irachena sulla
base di menzogne, di bugie e di imbrogli.
Nell'Iraq del dopoguerra si e' scatenata una situazione di estrema
instabilita', che e' assolutamente spiegabile in termini di dialettica tra
occupanti e popolazioni residenti. Esiste un caos incredibile perche' c'e'
stata la deflagrazione di tutti gli assetti autoritari, repressivi e
ignobili del regime di Saddam Hussein - che, comunque, funzionavano da
contesto politico, istituzionale e sociale - e le truppe occupanti, gli
americani, non hanno fatto nulla ne' avevano intenzione di fare alcunche'
per ristabilire un nuovo ordine. Si e' aperta una situazione di massimo
all'erta per quanto riguarda le condizioni sanitarie, di sicurezza e di
tutela delle popolazioni, che si e' aggiunta al degrado gia' operante nel
paese a causa dei dieci anni di embargo contro Saddam Hussein.
E' una situazione che la commissione d'inchiesta del Pentagono, inviata a
verificare le condizioni dell'Iraq, ha definito di estremo allarme,
arrivando a dire che, se entro tre mesi non si ristabilisce una situazione
di normalizzazione, la situazione e' destinata ad evolvere ancora piu'
negativamente e a diventare incontrollabile. E' da questa analisi e da
questa valutazione, fatta dalla stessa commissione istituita dal Pentagono,
che sono venute fuori le richieste di aiuto e di coinvolgimento di altri
paesi: quindi, si tratta di una situazione di estrema e crescente
insicurezza.
*
Anche su tutto questo non c'e' nulla nelle relazioni che il governo ha
presentato, come non c'e' assolutamente nulla di quello che, invece, i
rappresentanti delle organizzazioni non governative - persone che da sin dai
tempi dell'embargo lavorano in Iraq e che alcuni di noi hanno incontrato
questa mattina - sottolineano, cioe' l'estremo rischio, ormai molto
palpabile, che tutte le forze militari di occupazione vengano identificate
come truppe occupanti dalle popolazioni e dai gruppi locali, sia religiosi
sia politici, che si stanno costituendo.
Praticamente, vi e' il rischio che vengano identificati come nemici da
abbattere, nemici da colpire, nemici contro cui attivare le forme di una
resistenza, nell'unico modo possibile, vista la disparita' enorme delle
forze militari e tecniche tra truppe occupanti e popolazioni e gruppi
locali.
Di fronte a tutto questo, il tentativo dell'amministrazione americana e'
quello di lavorare su due piani.
Da una parte, si stabiliscono regole interne assolutamente discutibili, come
quella di organizzare squadre di poliziotti privati iracheni stipendiati
dagli americani. Ovviamente, si tratta di gente che corre il rischio di far
parte del calderone dei collaborazionisti, introducendo, quindi, altri
elementi di insicurezza incredibile. Vi sono misure su cui mi piacerebbe che
il governo italiano dicesse qualcosa, come per esempio il decreto che
stabilisce rigidi limiti nella liberta' di stampa e di movimento dei
giornalisti.
Sul piano internazionale, invece, si lavora alla richiesta di aiuto: Onu,
Nato, Unione Europea, in una strategia multiforme di utilizzazione degli
strumenti a disposizione, secondo le esigenze del momento, che le teste
d'uovo dei centri studi strategici americani chiamano cherry picking, vale a
dire prendere dove si puo', prendere il meglio, dove si puo'. Quindi, se la
Nato e' disponibile, chiamiamo la Nato. Se allarghiamo lo schieramento dei
paesi volenterosi, vediamo di coinvolgere l'Onu. Usiamo quello che c'e':
praticamente, si tratta della famosa strategia a geometria variabile che gli
Stati Uniti hanno inaugurato con la guerra in Afghanistan e che, ovviamente,
noi accettiamo acriticamente ma, soprattutto, accettiamo senza alcuna
volonta' di chiarificazione.
Questo Parlamento parla di argomenti che sono di una portata storica e
politica grandissima, come se si trattasse di favolette. Lo ripeto. L'ho
gia' detto prima e mi dispiace per il sottosegretario Cicu. Noi siamo buoni.
I nostri soldati sono buoni. L'Italia e' un paese buono. Noi amiamo gli
altri e, quindi, andiamo la' ad aiutare gli iracheni, dopo che, per dieci
anni, non abbiamo detto assolutamente nulla - lo ripeto: assolutamente
nulla - degli effetti disastrosi che l'embargo produceva sui bambini, sulle
donne, sugli anziani, sui settori sociali piu' indifesi. Noi abbiamo
taciuto. Noi abbiamo partecipato all'operazione di strangolamento di quel
paese, che ha fatto la fortuna di Saddam Hussein, che ha fatto la fortuna
del regime autoritario.
Se l'Iraq fosse stato aiutato democraticamente, questo avrebbe favorito una
grande dialettica interna. I regimi dittatoriali crescono nell'isolamento,
crescono quando la gente non vede altro spiraglio fuori dal regime e vede
l'isolamento e l'emarginazione.
Allora, siamo stati responsabili di questa operazione di gravissimo
depauperamento della nazione irachena, di isolamento e di impoverimento
estremo.
Oggi, invece scopriamo che siamo "italiani brava gente" e, quindi, andiamo
la'. Sono favolette. Sono favolette che, tra l'altro, si possono raccontare
soltanto in questo Parlamento, sui giornali, in questo paese, perche', su
questi fatti, in altri grandi paesi occidentali la discussione, perlomeno -
lo ripeto: perlomeno - si fonda sulla realta' dei fatti e non sulle favole
che il governo pretende di raccontare ai parlamenti e all'opinione pubblica.
*
Dicevo prima che la missione non ha alcuna legittimazione sul piano
internazionale - e l'ho spiegato -, perche' la risoluzione Onu n. 1483 non
da' alcuna autorizzazione all'occupazione da parte di altre truppe
"volenterose".
Ma questa missione non e' autorizzata neanche sul piano interno.
Anche qui alcuni esponenti dell'opposizione l'hanno ripetuto e qui lo
ribadisco. La mozione approvata in questo Parlamento dalla vostra
maggioranza, sottosegretario Cicu, non vi autorizza a fare questa operazione
militare e ad organizzare una presenza militare e militarizzata di italiani
la', in supporto degli angloamericani. Lei dice, sottosegretario, che ci
vanno gli sminatori, ci vanno gli nbc, ci vanno esperti di questioni
tecnologiche e di questioni logistiche. Ma mi pare evidente che ci debba
andare gente come questa: chi ci deve andare? I fanti della prima guerra
mondiale? Ci devono andare i soldatini? Chi ci deve andare? Ci vanno i
massimi esperti di questioni militari, ci vanno uomini e qualche donna
addestrati alle grandi questioni tecnologiche, visto che siamo un paese in
grado di fornire questo tipo di aiuto militare, quasi alla pari della
tecnologia e delle capacita' sul campo, logistiche ed operative delle altre
forze armate, degli angloamericani, degli australiani, dei polacchi e di chi
piu' ne ha piu' ne metta. Sarebbe assolutamente ridicolo, invece, che noi
mandassimo chissa' chi. Sono esattamente questi: vanno la' perche' sono
queste le funzioni militari che servono. Infatti, se non va gente cosi',
altro che impallinatura di uno, due o tre militari al giorno! Se ci andasse
altra gente, figuriamoci che cosa succederebbe.
La mozione del Parlamento assolutamente non legittimava questa missione
militare, perche' la mozione approvata dalla maggioranza era costruita tutta
sulla bugia della missione umanitaria, per le ragioni che ho detto prima,
dal momento che neanche la vostra maggioranza in Parlamento era
disponibile - e forse non lo e' neppure ora - ad approvare una mozione che
dica chiaramente che le truppe italiane vanno la' a sostenere l'occupazione
militare, a sostenere un governo illegittimo, un governo fantoccio
filoamericano, e ad aprire la strada al business italiano. Io credo che
questo non possa essere detto chiaramente e quindi si costruisce l'imbroglio
della missione umanitaria.
Il Governo ha operato una gravissima torsione negativa di quella mozione e
l'ha usata a proprio agio, a proprio vantaggio. Tra l'altro, le continue
dichiarazioni dei ministri competenti Frattini e Martino, a leggerle bene,
contenevano diverse e spesso contrastanti interpretazioni del carattere e
della natura di questa missione. Comunque, il testo parla chiaro: si tratta
di una missione militare, con finalita' militari, con scopi di concorrere
alla occupazione e alla ridisegnatura del paese iracheno, cosi' come
pretendera', vorra' e cerchera' di imporre l'amministrazione Bush.
*
Io credo che la scelta operata sia estremamente grave, cosi' come credo che
sia stata grave e continui ad essere grave la scelta di mandare i militari
italiani in Afghanistan.
Su questo punto concludo, perche' non voglio continuare a ragionare su
queste questioni: tuttavia, anche la questione dell'Afghanistan e' di
estrema gravita'. Riprendo molto brevemente la sottolineatura fatta dai
colleghi che mi hanno preceduto sulla necessita' che d'ora in poi le varie
missioni vengano affrontate con provvedimenti distinti, visto che sono
assolutamente diverse, in quanto io rivendico, come parlamentare, il diritto
di poter votare diversamente su ciascuna di esse, secondo il giudizio che ho
su ciascuna di esse. Infatti, questa e' una privazione del diritto
democratico e parlamentare di poter liberamente esprimermi e diversamente
esprimermi sui carabinieri a Hebron - su cui credo sia giusto che stiano
la': anzi ce ne dovrebbero essere molti di piu' - e sulla missione in
Afghanistan.
Si tratta anche per essa di una missione di guerra: con riferimento alla
medesima e' stato detto, come risulta da notizie apparse sui giornali, che
esiste un dossier del Sismi nel quale si parla di gravissimi rischi sia a
Khost (abbiamo gia' avuto notizia dei medesimi) sia a Kabul. La calma,
dicono gli agenti del Sismi, e' solo apparente, ed il rischio e' gravissimo.
Anche a tale riguardo, si puo' esprimere un voto sul rifinanziamento di una
missione cruciale e nodale, come quella in Afganistan (sia sotto il profilo
della missione Isaf sia sotto quello dell'operazione Enduring Freedom),
senza che si svolga una discussione politica sul contesto, su cio' che sta
avvenendo, sulle voci che si stanno diffondendo in merito al tentativo degli
Stati Uniti, del Pentagono, di riallacciare i legami con i talebani,
espressione dell'etnia piu' numerosa dei Pashtun, di fronte alla quale
l'alleanza del nord risulta essere inadeguata per quanto riguarda il
controllo dell'intero territorio?
Noi apprendiamo le notizie dai giornali (soprattutto se qualcuno di noi ha
voglia di leggere la stampa estera da Internet), ma non sappiamo nulla di
cio' che dovremmo sapere dal governo, dai ministri competenti.
Per tutte le ragioni che ho esposto (lo ribadiremo domani nella
discussione), mi sembra evidente che la nostra contrarieta' sia assoluta;
inoltre, la nostra richiesta di ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, del
ministro italiano della cultura dal Governo Bremer e la ridiscussione
radicale delle due missioni italiane in Afganistan sono per noi elementi
assolutamente fondamentali.
5. IRAQ. GIULIANA SGRENA: A NASIRIYA UN PESSIMO INIZIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2003. Giuliana Sgrena,
intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e'
tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e
islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di,
La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma; Alla scuola dei taleban,
Manifestolibri, Roma); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le
bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in
corso]
Probabilmente nessuno aveva detto a Silvio Berlusconi che il contingente
italiano sarebbe stato schierato in quella che e' considerata dagli iracheni
"la citta' dei comunisti", Nasiriya. Sarebbe stata una ulteriore conferma
delle sue ossessioni.
Ma il caso ha voluto che il primo "incidente" delle truppe italiane si
verificasse proprio con i comunisti, non dello storico Partito comunista
iracheno, che proprio a Nasiriya era stato fondato nel 1934 da Fahed
al-Khaled che qui era nato, e poi sarebbe stato ucciso.
La presenza di un forte partito laico, che ha mantenuto le sue radici
nonostante la repressione durante il regime di Saddam, rende piu' duro lo
scontro con le forze islamiste radicali che stanno cercando di imporre i
loro diktat. Gli assalti alle sedi di partiti laici sono gia' iniziati tempo
fa a Bassora, ma a Nasiriya l'attacco alla sede del piu' piccolo Partito
comunista operaio iracheno - fondato nel 1993 in Kurdistan dove ha una
presenza piu' rilevante - e' stato particolarmente violento, tanto da far
intervenire le truppe incaricate di garantire la sicurezza, quelle italiane,
che, invece di proteggere gli aggrediti li hanno arrestati.
Vediamo come si sono svolti i fatti, dall'inizio, secondo la ricostruzione
fornita dal Partito comunista operaio iracheno. Il 16 luglio un gruppo di
islamisti, chiamato "al-Hawza al-Elmyia", aveva attaccato la sede del
Partito comunista operaio di Nasiriya ma era stato respinto. Poi,
approfittando della chiusura degli uffici durante il week end, gli islamisti
erano tornati all'attacco sfondando la porta e, dopo aver dato fuoco ad
alcune suppellettili, si erano impossessati dei locali. Il 20 gli occupanti
venivano buttati fuori dai militanti del partito, ma la storia non era
finita. Lunedi' gli estremisti islamici tornavano accompagnati da altre
forze, armate, con l'appoggio dell'Alto consiglio islamico e di gruppi
tribali per riprendere possesso dei locali. Ne nasceva un nuovo violento
scontro e, nel frattempo, gli assalitori riuscivano a rapire quattro
militanti comunisti che sono stati torturati selvaggiamente.
Dopo questi incidenti sono intervenuti i carabinieri italiani, al loro
esordio in operazione di sicurezza nella citta' del sud dell'Iraq, che hanno
pensato bene di compiere una perquisizione degli uffici arrestando tutti i
militanti del partito presenti, che fino a ieri pomeriggio non erano ancora
stati liberati, e portando via anche documenti politici.
Immediata e dura la protesta del partito preso di mira. "L'azione e la
posizione degli italiani e' un servizio fornito al terrorismo islamico che
ha cosi' liberta' d'azione. Le forze alleate... sono ritenute responsabili
della vita e della salvezza dei nostri compagni rapiti, e gli italiani
devono rilasciare immediatamente i nostri compagni che hanno arrestato. E
non dovrebbero frapporre nessun ostacolo alla nostra attivita' di partito,
dovrebbero essere impegnati per garantire la liberta' politica e la
sicurezza del popolo".
Fonti del Comando generale dei Carabinieri hanno confermato a "Il manifesto"
di essere intervenuti e di aver fermato - ma solo due - militanti comunisti
e di averli poi consegnati alla polizia locale. Hanno aggiunto che erano
armati, anche di fucili K-47. Del resto, in Iraq sono tutti armati e non
avrebbero potuto respingere l'assalto degli islamisti a mani nude. Anche
perche', dicono i carabinieri, quando loro sono arrivati gli islamisti non
c'erano piu'. Il perche' dell'assalto? Il Partito comunista operaio ha fatto
dichiarazioni a favore della laicita'!
Lo scontro che si prospetta nell'Iraq del dopo-Saddam e' proprio tra le
forze laiche e quelle integraliste. Dopo la caduta del regime, gli
islamisti - soprattutto sciiti - hanno approfittato del vuoto di potere e
dell'anarchia per costituire una sorta di potere parallelo e in alcune zone
controllano settori importanti, come quello dell'educazione e della sanita'.
Non si tratta di iniziative separate, a coordinarle e' al hawza, il
consiglio dei marja, con sede a Najaf, costituito dai leader religiosi.
Finora hanno potuto agire indisturbati, anche perche' non sono entrati
direttamente in conflitto con le forze occupanti che, per esempio a Najaf e
a Kerbala, si mantengono ai margini delle citta' sante. A limitarne il
potere e' stata la divisione tra i vari leader che aspirano alla
rappresentanza politica della comunita' sciita. I piu' "moderati" o forse
solo pragmatici - l'Alto consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq e il
piu' antico partito religioso, il Dawa - sono entrati a far parte del
Consiglio governativo, che invece e' pesantemente contestato dal fautore
della radicalizzazione del movimento sciita, Muktada al-Sadr, che sta
entrando in rotta di collisione con gli americani e ha annunciato la
costituzione di un esercito islamico.
Inoltre, ieri, l'amministratore Bremer ha fatto chiudere il giornale "al
Mustaqila" per "problemi di sicurezza", aveva titolato "´Morte a tutte le
spie e a tutti coloro che collaborano con gli americani; ucciderli e' un
dovere religioso". Americani e italiani stanno entrando nello scontro.
6. DOCUMENTAZIONE. IL COMUNE DI ALCAMO METTE AL BANDO GLI OGM
[Riportiamo il testo della delibera approvata all'unanimita' dal Consiglio
Comunale di Alcamo nella seduta del 7 luglio 2003. Ringraziamo gli amici di
"Girodivite" per averla pubblicata e commentata nel n. 110 della loro sempre
utilissima rivista (cfr. www.girodivite.it/giro/2003/110/no_ogm.html), e gli
amici del Movimento Nonviolento di Palermo (per contatti: pxp@interfree.it)
per avercela trasmessa]
Il Consiglio Comunale di Alcamo
*
Premesso
Che gli alimenti transgenici nascono dalla manipolazione del patrimonio
genetico di vegetali o animali al fine di sviluppare, bloccare o creare
caratteristiche particolari che permettano una produzione di prodotti
alimentari piu' funzionale agli interessi delle grandi aziende;
Che la modificazione di organismi animali e vegetali tramite l'alterazione
genetica e' irreversibile ed introduce nell'ambiente nuovi esseri che non
esistono in natura e dei quali non si conosce il relativo impatto
sull'equilibrio vegetale ed animale;
Che gli effetti dell'inquinamento genetico sono irreversibili, in quanto una
volta che geni associati a nuove specie sono immessi nell'ambiente non
possono, alla luce delle odierne conoscenze, piu' essere isolati;
Che i risultati della modifica del patrimonio genetico di vegetali ed
animali sono imprevedibili effetti a lungo termine (nuovi allergeni e
tossine, uso dei pesticidi e degli erbicidi, perdita della biodiversita',
potenziale infezione o mutazione di cellule umane, danni permanenti nei
confronti della fauna selvatica, ecc.);
Che l'ingegneria genetica consentendo il trasferimento di informazioni
genetiche tra organismi viventi correlati e non, ha sollevato evidenti
preoccupazioni anche tra gli addetti ai lavori ed e' oggetto di una forte
opposizione di principio da parte di organizzazioni ambientaliste e dei
consumatori;
Che il nuovo modello di agricoltura proposto e' in netta contrapposizione
con quello tipico della nostra zona, fortemente legato alla tradizione ed
alle caratteristiche del territorio;
Che l'introduzione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati
(ogm) ha sollevato notevoli dubbi e perplessita' nell'opinione pubblica:
a) per motivi etici;
b) per le conseguenze possibili sulla salute dei cittadini;
c) per i rischi di danni irreversibili sull'ecosistema;
d) per l'ulteriore divario che si creerebbe tra paesi ricchi ed in via di
sviluppo.
*
Ritenuto
pertanto di prendere posizione, per quanto di competenza, contro
l'introduzione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati;
*
Delibera:
1. di dichiarare il Comune di Alcamo "Comune antitransgenico";
2. di aggiornare il proprio sito internet con la medesima dicitura dedicando
lo spazio necessario per illustrarne le motivazioni;
3. di vigilare affinche' si scoraggi, con opportuni interventi, su tutto il
territorio comunale la sperimentazione, coltivazione ed allevamento di
organismi viventi, sia vegetali che animali, ottenuti mediante manipolazione
genetica; e di inserire nel Capitolato delle mense scolastiche il divieto di
somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente manipolati;
4. di informare, attraverso incontri, manifesti e comunicazioni scritte,
tutte le aziende che operano nel campo agroalimentare del territorio
comunale sui rischi di utilizzo degli ogm nella catena produttiva;
5. di informare i rivenditori presenti sul territorio comunale sui rischi di
vendita di alimenti di aziende che utilizzano prodotti ogm nella catena
produttiva;
6. di informare i cittadini sui rischi legati al consumo di prodotti
ottenuti con ogm; e di avviare una seria campagna di educazione alimentare
legata al consumo di prodotti tradizionali di qualita';
7. di prevedere una efficace promozione dei prodotti locali divulgando in
modo efficace il messaggio contro i prodotti geneticamente modificati.
*
Visto lo Statuto Comunale;
Vista la L. R. 48/91;
Visto il D. Lgs. 267/2000;
Lo schema di deliberazione ha riportato il parere favorevole di cui all'art.
49 del D. Lgs. 267/2000 recepito con la lettera i), comma primo, art. 1
della L. R. 11/12/91, n. 48, modificata dall'art. 12 della L. R. 30/2000,
espresso relativamente alla sola regolarita' tecnica dal Dirigente del
Settore Promozione Economica, e contabile dal Responsabile di Ragioneria,
pareri che fanno parte integrante e sostanziale della presente.
La proposta sottoposta ai voti viene approvata con voti unanimi espressi per
alzata e seduta. Indi, con separata votazione, il presente provvedimento
viene dichiarato di immediata esecuzione ai sensi dell'art. 12, comma
secondo, della L. R. 44/91.
7. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: UNA FRATTURA
[Da Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982, p. 101
(vorremmo ancora una volta segnalare che questo libro, composto in parte di
voci redatte per l'Enciclopedia Einaudi, e' di uno strardinario valore; ed
ogni volta che ne rileggiamo alcune parti ci confermiamo nell'opinione che
siamo di fronte a una pensatrice grandissima, e fondamentale. Franca Ongaro
Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, insieme al
marito Franco Basaglia e' stata, ed e' tuttora, tra i protagonisti del
movimento di psichiatria democratica. E' stata anche parlamentare. Opere di
Franca Ongaro Basaglia: tra i suoi libri segnaliamo particolarmente:
Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perche'?, Emme Edizioni,
Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982;
in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante,
Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato
anche a L'istituzione negata e Che cos'e' la psichiatria e a molti altri
volumi collettivi. Ha curato l'edizione degli Scritti di Franco Basaglia]
La nascita dell'era industriale e l'immissione del principio del profitto
comportano una frattura nel rapporto dell'uomo con la natura e con la
propria cultura, e la creazione di una mediazione attraverso la quale questo
rapporto verra' a mano a mano codificato e istituzionalizzato.
8. MAESTRI. GREGORY BATESON: LE PREMESSE ERRATE
[Da Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976,
1990, p. 498 (e' un passo della relazione di Bateson alla "Second conference
on mental health in Asia and the Pacific", tenuta nel 1969 all'East-west
center, Hawaii). Gregory Bateson e' nato nel 1904 in Inghilterra, figlio di
un eminente scienziato; compie studi naturalistici ed antropologici, di
logica, cibernetica e psichiatria; un matrimonio con la grande antropologa
Margaret Mead; Bateson ha dato contributi fondamentali in vari campi del
sapere ed e' uno dei pensatori piu' influenti del Novecento; e' scomparso
nel 1980. Opere di Gregory Bateson: Naven, Einaudi, Torino; Verso
un'ecologia della mente; Mente e natura; Una sacra unita'; Dove gli angeli
esitano (in collaborazione con la figlia Mary Catherine Bateson), tutti
editi da Adelphi, Milano. Si vedano anche i materiali del seminario animato
da Bateson, "Questo e' un gioco", Raffaello Cortina Editore, Milano. Opere
su Gregory Bateson: per un avvio cfr. AA. VV. (a cura di Marco Deriu),
Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano; Sergio Manghi (a cura di),
Attraverso Bateson, Raffaello Cortina Editore, Milano. Cfr. anche Rosalba
Conserva, La stupidita' non e' necessaria, La Nuova Italia, Scandicci (Fi),
particolarmente sulle implicazioni educative e la valorizzazione in ambito
pedagogico della riflessione e dell'opera di Bateson. Una bibliografia
fondamentale e' alle pp. 465-521 di Una sacra unita', citato sopra.
Indicazioni utili (tra cui alcuni siti web, ed una essenziale bibliografia
critica in italiano) sono anche nel servizio con vari materiali alle pp.
5-15 della rivista pedagogica "Ecole", n. 57, febbraio 1998. Tra i frutti e
gli sviluppi del lavoro di Bateson c'e' anche la "scuola di Palo Alto" di
psicoterapia relazionale: di cui cfr. il classico libro di Paul Watzlawick,
Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana,
Astrolabio-Ubaldini, Roma; e su cui cfr. Edmond Marc, Dominique Picard, La
scuola di Palo Alto, Red Edizioni, Como]
Le premesse errate, in effetti, funzionano.
D'altra parte, le premesse funzionano solo fino a un certo limite, e se uno
si porta dietro gravi errori epistemologici, a qualche stadio o in certe
circostanze si accorgera' che quelle premesse non funzionano piu'; e a
questo punto scoprira' con orrore che e' tremendamente difficile liberarsi
dall'errore che ci sta appiccicato addosso. E' come se avessimo toccato del
miele. Come il miele, la falsificazione si propaga: ogni cosa con cui si
cerca di sbrattarla diventa appiccicosa, e le mani restano sempre
appiccicose.
9. LIBRI. PROSSIME PUBBLICAZIONI DI NONLUOGHI
[Dal sito di Nonluoghi (www.nonluoghi.it) riprendiamo la seguente
segnalazione delle prossime pubblicazioni della casa editrice promotrice di
una cultura libertaria e nonviolenta Nonluoghi Libere Edizioni]
Segnaliamo alcuni dei titoli appena usciti e in programma nei prossimi mesi.
*
A chi il potere? Dialogo sulla democrazia, oggi.
Di andra Carrettin (poetessa e scrittrice) e Nino Recupero (docente di
scienze politiche all'Universita' Statale di Milano). Gli autori hanno
pubblicato nel 2001, con Dedalo, Il mobbing in Italia. Terrorismo
psicologico nei rapporti di lavoro. Un gruppo di persone "normali" discute
del degrado della democrazia italiana. Dal dialogo immaginario escono alcuni
proposte concrete di riforma in senso democratico delle istituzioni. A
cominciare da un mandato politico non rinnovabile e revocabile dagli
elettori prima della scadenza delal legislatura.
Disponibilita': luglio 2003.
*
La mia eresia. Tra anarchismo e socialismo per un'altra sinistra.
Di Francesco Saverio Merlino. A cura di Lucio Gabellini, giornalista e
studioso di Merlino. Collana I libertari, spillato, formato 10 x 15 cm,
pagine 100, 4 euro (dato provvisorio). Merlino e' stato un esponente di
primo piano del movimento anarchico e poi del socialismo italiano. Un
pensatore e un teorico originale e di notevole spessore culturale, in grado
di fornire ancora oggi spunti di riflessione su alcuni nodi teorici e
politici rilevanti.
Disponibilita': luglio 2003.
*
UN altro computer e' possibile. Codice aperto: la rivoluzione del software
libero.
Di Mario Alexandro Santini (programmatore di software, esperto di Linux e
Open Source). La "rivoluzione" informatica permessa dal sistema "aperto"
Linux. L'attualita' e i riflessi sociali di un movimento che sconvolge un
paradigma nel nome di relazioni "collaborative". Open source e', infatti,
prima di tutto risolvere i problemi insieme. Quasi l'affermazione di un
giusnaturalismo elettronico che diffondendosi invita a riflettere anche su
tutti gli altri aspetti della convivenza umana.
Disponibilita': settembre 2003.
*
Socialismo e liberta'. Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti.
Di Andrea Caffi. A cura di Alberto Castelli, ricercatore universitario,
studioso di Caffi. Andrea Caffi e' uno degli intellettuali piu' interessanti
e dimenticati della sua generazione. Al suo impegno per un socialismo
libertario e pacifista e contro ogni forma di autoritarismo fanno da sfondo
le piu' drammatiche vicende della prima meta' del '900. Attraverso le
lettere ad amici e compagni di lotta, come Rosselli e Capitini, si percorre
un itinerario intellettuale di grande profondita'. L'opera presenta anche
uno scritto degli anni '30, nel quale Caffi esamina la presa del potere
fascista in Italia, e un profilo biografico. Pagine 130, euro 9 (dato
provvisorio).
Disponibilita': novembre 2003.
*
Mercato killer. I costi sociali nell'epoca del profitto.
Di Pietro Frigato (ricercatore, Universita' di Pisa). L'autore mette a nudo
i meccanismi del mercato che producono malattia, morte e danni ambientali.
Urge monitorare, quantificare e rendere visibili nel Pil le perdite,
reversibili e non, che persone, classi sociali, gruppi di popolazione e
l'intera collettivita' sono costretti a sopportare. E vanno introdotte
riforme correttive a tutela di noi tutti.
Disponibilita': ottobre 2003.
10. LETTURE. TICH NHAT HANH: IL SEGRETO DELLA PACE
Tich Nhat Hanh, Il segreto della pace, Mondadori, Milano 2003, pp. XVI +
164, euro 9,80. Nello stile piano della conversazione amichevole le proposte
di meditazione del monaco buddhista zen vietnamita.
11. RILETTURE. ROLAND BARTHES PAR ROLAND BARTHES
Roland Barthes par Roland Barthes, Seuil, Paris 1975, 1993, pp. 192. Un
libro cosi' personale e cosi' segreto - Barthes vi si ostende e vi si cela
con un pudore ed un riserbo delicatissimi - come raramente accade di
incontrarne; ed anche una via regia di accostamento ad una scrittura,
un'opera, un pensiero, un autore di rilevanza grande nell'approntar
strumenti e piste utili a chiarire a noi stessi il nostro modo di
rappresentarci il mondo e quel suo specchio che e' l'opera umana, d'arte e
di pensiero. In italiano e' disponibile nella traduzione di Gianni Celati
presso Einaudi.
12. RILETTURE. RAISSA MARITAIN: SENZA DIMORA
Raissa Maritain, Senza dimora, Mondadori, Milano 1999, pp. XXVI + 102, lire
12.000. Una raccolta di versi e prose della pensatrice e poetessa compagna -
di vita, di studio, di ricerche, di impegno - di Jacques Maritain.
13. RILETTURE. DOROTHEE SOELLE: FANTASIA E OBBEDIENZA
Dorothee Soelle, Fantasia e obbedienza, Morcelliana, Brescia 1970, pp. 106.
Alcune "riflessioni per una futura etica cristiana" della grande teologa
tedesca.
14. RILETTURE. EDITH STEIN: LA SCELTA DI DIO
Edith Stein, La scelta di Dio, Citta' Nuova, Roma 1974, Mondadori, Milano
1997, pp. 144, lire 12.000. Una raccolta di lettere della grande pensatrice
morta ad Auschwitz.
15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 622 del 25 luglio 2003