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Nessuna scorciatoia per una sicurezza autentica. Il RapportoAnnuale 2003 di Amnesty International racconta la sofferenza dietro iriflettori
- Subject: Nessuna scorciatoia per una sicurezza autentica. Il RapportoAnnuale 2003 di Amnesty International racconta la sofferenza dietro iriflettori
- From: "Ufficio Stampa Amnesty" <press@amnesty.it>
- Date: Wed, 28 May 2003 19:24:34 +0200
Gent.mi tutti,
vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di
Amnesty International:
Nessuna scorciatoia per una sicurezza autentica.
Il Rapporto Annuale 2003 di Amnesty International racconta la sofferenza
dietro i
riflettori
Grazie per la cortese attenzione
Il Rapporto Annuale 2003 di Amnesty International è online su:
http://www.amnesty.it/pubblicazioni/rapporto2003/
Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
Ufficio Stampa
Amnesty International
Tel. 06 44.90.224
cell. 348-6974361
e-mail: press@amnesty.it
COMUNICATO STAMPA
CS76-2003
NESSUNA SCORCIATOIA PER UNA SICUREZZA AUTENTICA.
IL RAPPORTO ANNUALE 2003 DI AMNESTY INTERNATIONAL RACCONTA
LA SOFFERENZA DIETRO I RIFLETTORI
"In ogni parte del mondo la gente è più insicura oggi di quanto lo sia mai
stata dalla fine della Guerra Fredda" - ha dichiarato oggi Irene Khan,
Segretaria Generale di Amnesty International, presentando il Rapporto
Annuale dell'organizzazione per i diritti umani.
"Nell'ultimo anno la guerra in Iraq ha dominato l'agenda internazionale, ma
lontano dagli occhi del mondo una miriade di conflitti dimenticati ha
causato alti costi in termini di diritti umani e vite umane, in luoghi
assai diversi tra loro come Costa d'Avorio, Colombia, Burundi, Cecenia e
Nepal" - ha aggiunto Irene Khan. "Quello che accade in Iraq e in Israele e
nei Territori Occupati fa notizia, al contrario di ciò che succede nella
zona di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo, nonostante
l'imminente minaccia di un genocidio. Spostare l'attenzione sulle crisi
nascoste, proteggere i diritti delle vittime dimenticate è la più grande
sfida che abbiamo davanti a noi".
I governi di ogni parte del mondo spendono miliardi per rafforzare la
sicurezza nazionale e la "guerra al terrore", ma per milioni di persone la
vera fonte di insicurezza è rappresentata da sistemi politici e giudiziari
corrotti e inefficaci, dalla brutale repressione del dissenso politico, da
gravi forme di discriminazione e ineguaglianza sociale, dall'estrema
povertà e dalla diffusione di malattie prevenibili.
"In Iraq è stata fatta una guerra a causa della sospetta presenza di armi
di distruzione di massa. Ma nulla è stato fatto per fermare il ben
documentato afflusso di armi che alimenta i conflitti e causa massicci
abusi dei diritti umani in molte regioni del mondo" - ha denunciato la
Segretaria Generale di Amnesty International.
A oltre diciotto mesi dalla fine della guerra in Afghanistan, milioni di
afgani - compresi i rifugiati che rientrano nel paese - affrontano un
futuro incerto e insicuro: "Vi è il rischio che l'Iraq segua la stessa
strada dell'Afghanistan, se non verranno fatti sforzi sinceri per esaudire
le richieste degli iracheni: legge, ordine e pieno rispetto dei diritti
umani".
In un periodo segnato da una più elevata insicurezza, i governi hanno
scelto di ignorare e indebolire il sistema di sicurezza collettiva che è
rappresentato dal primato del diritto internazionale. Mentre affermano di
portare giustizia alle vittime in Iraq, gli Stati Uniti cercano attivamente
di sminuire il ruolo della Corte penale internazionale, il meccanismo di
giustizia universale.
La "guerra al terrore", lungi dall'aver reso il mondo un posto più sicuro,
lo ha trasformato in un ambiente più pericoloso limitando i diritti umani,
indebolendo il primato del diritto internazionale e sottraendo l'operato
dei governi al controllo dell'opinione pubblica. Essa ha acuito le
divisioni tra popoli di diverse fedi e origini, seminando il terreno per
nuovi conflitti. La conseguenza generale di tutto questo è la paura: paura
autentica, tra i ricchi come tra i poveri.
"È fondamentale resistere alla manipolazione della paura e mettere in
discussione l'obiettivo ristretto di un'agenda impostata sulla sicurezza.
La definizione di sicurezza dev'essere ampliata fino a comprendere quella
dei popoli accanto a quella degli stati. Questo richiede un impegno per i
diritti umani. Questo significa riconoscere che l'insicurezza e la violenza
possono essere contrastate più efficacemente da politiche che rispettino,
anziché violare, i diritti umani" - ha concluso Irene Khan.
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Dietro le luci dei riflettori, i conflitti, l'insicurezza e la violenza
continuano ad affliggere milioni di persone in Africa. Nella Repubblica
Democratica del Congo, la situazione dei diritti umani resta
raccapricciante, con costanti combattimenti e attacchi contro i civili,
soprattutto nell'est del paese. Anche nella regione dei Grandi Laghi,
coloro che commettono abusi dei diritti umani seguitano a rimanere
impuniti. In Burundi, le forze governative si rendono responsabili di
esecuzioni extragiudiziali, "sparizioni", torture ed altre gravi violazioni
e i gruppi armati, a loro volta, commettono uccisioni illegali, mutilazioni
e rapimenti di civili nel perseguimento dei propri obiettivi politici. Le
parti in conflitto in Burundi proseguono a reclutare, a volte con la forza,
bambini soldato.
Sebbene la crisi dei diritti umani in Israele e nei Territori Occupati sia
tra le questioni più discusse, è quella meno affrontata concretamente dalla
comunità internazionale.
In Colombia, le misure di sicurezza emanate dal nuovo governo hanno
esacerbato la spirale di violenza politica. La rottura dei colloqui di pace
a febbraio tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia, il
principale gruppo armato di opposizione del paese, ha peggiorato la crisi
dei diritti umani.
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Le campagne condotte da Amnesty International nel corso del 2002 hanno dato
diversi risultati positivi come la scarcerazione di prigionieri di
coscienza (tra cui il giornalista russo Grigory Pasko) e i passi avanti
verso la giustizia in Sierra Leone, con l'istituzione di un tribunale
speciale che si occuperà dei crimini commessi in questo paese, e verso la
giustizia mondiale, con l'entrata in funzione della Corte penale
internazionale.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 28 maggio 2003
Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
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Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it