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Lettera al Manifesto sul Kossovo e la sinistra



«Colpito e terrorizzato» La macchia mai rimossa

In questi giorni, come non bastasse l'incubo della guerra all'Irak, ci 
tocca rivivere la vergogna della guerra del
Kossovo, prevedibilmente e non infondatamente rievocata dal centro-destra. 
Succede così di vedere, nelle tante maratone
televisive, Melandri e Letta sostenere goffamente che allora non fu violata 
la Costituzione, perché si agiva nell'ambito
Nato (cosa detta nello stesso giorno in cui Andreotti, al Senato, 
dimostrava come persino il trattato della Nato fosse
stato violato nella guerra alla Jugoslavia). O di assistere al balbettio di 
Pecoraro Scanio, il quale non trova di meglio
che inventarsi che "allora era d'accordo anche il Papa". Ed ecco, da 
Costanzo, l'esibizione di Massimo D'Alema, che
difende la sua guerra in un modo talmente supponente e pretestuoso, da 
spingere il pubblico del Teatro Parioli, sempre
così benevolo verso l'Ulivo, ad indirizzare applausi liberatorii alle 
facili confutazioni di un pensatore come Belpietro.
E oggi riecco il Nostro sulla Stampa, saldo come una roccia: "D'Alema non 
cambia idea". E' noto che una memoria lunga è
spesso d'ostacolo all'azione politica, nella quale è utile a volte saper 
dimenticare: ma la ferita del Kossovo è troppo
recente e troppo profonda per essere archiviata o peggio, rimossa. Anzi, è 
proprio in queste giornate drammatiche, dentro
la grande onda pacifista che ha sollevato il Paese, è proprio ora che 
occorre ricordare, discutere, contestare quelle
scelte, come garanzia che non abbiano a ripetersi.E allora ripetiamolo fino 
alla noia: l'Italia fu portata in una guerra
di aggressione a uno Stato sovrano, in violazione della Carta dell'Onu, del 
Trattato del Nord Atlantico, della
Costituzione repubblicana. Al Parlamento fu consentito votare solo ad 
attacco già iniziato. Nei settantotto giorni di
bombardamenti devastanti i governi alleati si macchiarono di numerosi 
crimini di guerra (uno per tutti: la strage
proditoria di giornalisti, tecnici, civili, compiuta con la scelta di 
bombardare la Torre sede della televisione jugoslava
a Belgrado). Bohumil Hrabal usava citare un cartello esposto in una 
tintoria di Praga. C'era scritto: "Si avvisa la
Spettabile Clientela che alcune macchie non possono essere cancellate senza 
intaccare le fibre del tessuto".La guerra del
Kossovo è una di queste macchie. E il tessuto va intaccato, con una 
riflessione autocritica di fondo, o almeno con un
rinnovamento della futura leadership ristretta del centro sinistra che 
metta da parte i principali responsabili di quel
misfatto. Per ora il solo Cofferati, che pure porta una responsabilità 
infinitamente minore, ha avviato un ripensamento
serio. Altri segnali non se ne vedono. Se su questo terreno nulla dovesse 
cambiare di qui alle politiche, penso che non
saremmo in pochi ad incontrare qualche difficoltà a votare Ulivo, 
indipendentemente dalle scelte che Rc deciderà di
operare. Non tanto per una condanna morale inappellabile riferita al 
passato, quanto per una preoccupazione politica che
riguarda il futuro: perché i D'Alema, i Rutelli, i Fassino, ci stanno 
dicendo che, si ripresentassero circostanze analoghe
a quelle di allora, sarebbero pronti ad una nuova guerra.

Edgardo Bonalumi

Il Manifesto - 26 marzo 2003