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La nonviolenza e' in cammino. 485
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 485 del 23 gennaio 2003
Sommario di questo numero:
1. David Maria Turoldo, un altro giorno
2. Calavero Corbelloni: errori linguistici, e quindi politici
3. Viviana Vivarelli, un nuovo appello della Global March per i diritti dei
bambini
4. Amelia Alberti, un fatto di cronaca
5. Paolo Michelotto, scriviamo lettere ai giornali contro la guerra
6. Ancora uno sforzo in difesa della legge 185/90
7. Luciana Castellina ricorda Annamaria Rodari
8. Valentino Parlato ricorda Annamaria Rodari
9. Federica Giardini, una lettura genealogica del bisogno di forma
10. Ralph Nader recensisce il rapporto "The pentagon connection" di Seymour
Melman
11. Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere: dopo Santa Maria di
Leuca
12. Presentazione di "DWF donnawomanfemme"
13. Elisabetta Marano, aggiornamento del sto della libreria delle donne di
Milano
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. MAESTRI. DAVID MARIA TUROLDO: UN ALTRO GIORNO
[Da David Maria Turoldo, Il sesto angelo, Mondadori, Milano 1976, p. 105.
David Maria Turoldo, nato in Friuli nel 1916, ordinato sacerdote nel 1940,
partecipo' alla Resistenza; collaboratore di don Zeno Saltini a Nomadelfia,
fondatore con padre Camillo De Piaz della "Corsia dei Servi", poi direttore
del "Centro di studi ecumenici Giovanni XXIII" a S. Egidio Sotto il Monte.
Ha pubblicato numerose opere di riflessione religiosa, di intervento civile,
di poesia. E' scomparso nel 1992. Opere di David Maria Turoldo: della sua
vastissima produzione segnaliamo particolarmente alcune raccolte di versi:
Il sesto angelo (poesie scelte - prima e dopo il 1968), Mondadori, Milano
1976; e O sensi miei (poesie 1948-1988), Rizzoli, Milano 1990, 1993; Ultime
poesie (1991-1992), Garzanti, Milano 1999; ed almeno la raccolta di testi in
prosa La parabola di Giobbe, Servitium, Sotto il Monte 1996. Per una
bibliografia piu' ampia: a) poesia: Io non ho mani, Bompiani, Milano 1948;
Udii una voce, Mondadori, Milano 1952; Gli occhi miei li vedranno,
Mondadori, Milano 1955; Preghiere tra una guerra e l'altra, Corsia dei
Servi, Milano 1955; Se tu non riappari, Mondadori, Milano 1963; Poesie, Neri
Pozza, Vicenza 1971; Fine dell'uomo?, Scheiwiller, Milano 1976; Il sesto
angelo, Mondadori, Milano 1976; Laudario alla Vergine, Dehoniane, Bologna
1980; Lo scandalo della speranza, Gianfranco Angelico Benvenuto, Napoli
1978, poi Gei, Milano 1984; Impossibile amarti impunemente, Quaderni del
Monte, Rovato 1982; Ritorniamo ai giorni del rischio, Cens, Liscate 1985; O
gente terra disperata, Paoline, Roma 1987; Il grande Male, Mondadori, Milano
1987; Come possiamo cantarti, o Madre?, Diakonia della theotokos, Arezzo
1988; Nel segno del Tau, Scheiwiller, Milano 1988; Cosa pensare., La Rosa
Bianca, Trento 1989; Canti ultimi, Carpena, Sarzana 1989, poi Garzanti,
Milano 1991; (con G. Ravasi), Opere e giorni del Signore, Paoline, Cinisello
Balsamo 1989; O sensi miei (poesie 1948-1988), Rizzoli, Milano 1990; Mie
notti con Qohelet, Garzanti, Milano 1992; Ultime poesie (1991-1992),
Garzanti, Milano 1999; Nel lucido buio, Rizzoli, Milano 2002; b) teatro: La
terra non sara' distrutta, Garzanti, Milano 1951; Da una casa di fango
(Job), La Scuola, Brescia 1951; La passione di San Lorenzo, Morcelliana,
Brescia 1961, poi Citta' Armoniosa, Reggio Emilia 1978; Vigilia di
Pentecoste, Giac (pro manuscripto), Milano 1963; Oratorio in memoria di
frate Francesco, Messaggero, Padova 1981; Sul monte la paura, Cens, Liscate
1983; La morte ha paura, Cens, Liscate 1983; c) saggistica: Non hanno piu'
vino, Mondadori, Milano 1957, poi Queriniana, Brescia 1979; La parola di
Gesu', La Locusta, Vicenza 1959; Tempo dello Spirito, Gribaudi, Torino 1966;
Uno solo e' il Maestro, Signorelli, Milano 1972; Nell'anno del Signore,
Palazzi, Milano 1973; Alla porta del bene e del male, Mondadori, Milano
1978; Nuovo tempo dello Spirito, Queriniana, Brescia 1979; Mia terra addio,
La Locusta, Vicenza 1980; Povero Sant'Antonio, La Locusta, Vicenza 1980; (a
cura di), Testimonianze dal carcere, Paoline, Roma 1980; Amare, Paoline,
Roma 1982; Perche' a te, Antonio?, Messaggero, Padova 1983; Ave Maria, Gei,
Milano 1984; (con A. Levi, M .C. Bartolomei Derungs), Dialogo sulla
tenerezza, Cens, Liscate 1985; L'amore ci fa sovversivi, Joannes, Milano
1987; Come i primi trovadori, Cens, Liscate 1988; Il diavolo sul pinnacolo,
Paoline, Cinisello Balsamo 1988; Il Vangelo di Giovanni, Rusconi, Milano
1988; Per la morte (con due meditazioni di P. Mazzolari), La Locusta,
Vicenza 1989; Amar, traduzione portoghese, a cura di I. F. L. Ferreira,
Paulinas, Sao Paulo 1986; (con R. C. Moretti), Mani sulla vita, Emi, Bologna
1990; La parabola di Giobbe, Servitium, Sotto il Monte 1996; Il mio amico
don Milani, Servitium, Sotto il Monte 1997; Il dramma e' Dio, Rizzoli,
Milano 1992, 1996, 2002; d) traduzioni: I Salmi, Dehoniane, Bologna 1973;
Salterio Corale, Dehoniane, Bologna 1975; Chiesa che canta, volumi I-VII,
Dehoniane, Bologna 1981-1982; (con G. Ravasi), "Lungo i fiumi..." - I Salmi,
Paoline, Cinisello Balsamo 1987; Ernesto Cardenal, Quetzalcoatl, Mondadori,
Milano 1989; e) narrativa: ... E poi la morte dell'ultimo teologo, Gribaudi,
Torino 1969. Opere su David Maria Turoldo: un'utile bibliografia di avvio e'
in D. M. Turoldo, Nel lucido buio, Rizzoli, Milano 2002]
Eppure
di la' di questa
ringhiera
qualcuno chiama
ancora.
2. SCORTICATE. CALAVERO CORBELLONI: ERRORI LINGUISTICI, E QUINDI POLITICI
E' una stupidaggine dire che contro la guerra occorre esprimere un dissenso.
Occorre esprimere un'opposizione, che e' un'altra cosa.
Il dissenso e' l'azione testimoniale di una minoranza che si sente impotente
a rovesciare rapporti di forza iniqui.
Una opposizione quelle ingiustizie e quei crimini vuole e quindi sa e quindi
puo' e quindi deve contrastare e sconfiggere.
La nostra opposizione alla guerra vuole, sa, puo' e deve impedire la guerra.
*
E' una stupidaggine continuare a vomitare slogan deliranti e sciagurati come
il famigerato "siamo tutti sovversivi". Sovversivi sono i fascisti.
Noi vogliamo il rispetto del diritto e della democrazia; noi vogliamo il
rispetto della Costituzione italiana che ripudia la guerra; noi vogliamo il
rispetto della carta dell'Onu che si oppone alla guerra; noi vogliamo il
rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani sanciti nella
dichiarazione universale del '48.
Sovversivi sono i fascisti, anche e soprattutto quando sono al governo.
*
E' una stupidaggine lo slogan "non in nostro nome": poiche' esso implica la
premessa implicita che la guerra sia ammissibile purche' fatta in nome
altrui. Ed invece no: la guerra e' inammissibile sempre.
*
E' una stupidaggine dare per scontato che la guerra ci sara', poiche'
proprio in questo e' la nostra complicita' con la guerra, nell'accettarla
vigliaccamente come ineluttabile; quel che dobbiamo dire, ma possiamo dirlo
solo se ne siamo convinti, e ne dobbiamo essere convinti, e' che la guerra
non s'ha da fare. E ad impedirla la nostra azione deve essere intesa.
*
Chi vuol fare solo il testimone e' un complice degli assassini.
Ed e' complice degli assassini anche chi non si prende cura delle parole che
pronuncia, chi dice cio' che non pensa come chi cio' che pensa non dice.
3. INIZIATIVE. VIVIANA VIVARELLI: UN NUOVO APPELLO DELLA GLOBAL MARCH PER I
DIRITTI DEI BAMBINI
[Ringraziamo Viviana Vivarelli (per contatti: tel. 051704728, e-mail:
viviana_v@libero.it) per questo intervento. Viviana Vivarelli, insegnante,
costruttrice di pace, amica della nonviolenza, e' particolarmente impegnata
nell'iniziativa delle "bandiere di pace" contro la guerra]
Cinque anni dopo aver lanciato a Manila nelle Filippine una crociata contro
lo sfruttamento del lavoro infantile, la Global March against Child Labour,
di cui Mani Tese e' il coordinatore europeo, celebra oggi il suo quinto
anniversario con un appello alla comunita' internazionale per un'azione
urgente.
*
Durante gli ultimi cinque anni il problema dello sfruttamento del lavoro
infantile e la necessita' di istruzione universale gratuita e di qualita'
sono diventati temi principali sull'agenda internazionale.
Decenni di violazione dei diritti fondamentali dell'infanzia hanno portato
alla consapevolezza che nessuna societa' puo' dirsi civile se i propri
bambini sono sfruttati.
Attraverso la Global March, i bambini sfruttati in prima persona hanno
appassionatamente sostenuto che tutti i bambini dovrebbero studiare in
scuole di qualita' e non essere mandati a lavorare.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che ancora oggi 246 milioni
di bambini sono sfruttati: tre quarti di questi sono coinvolti nelle forme
peggiori.
Kailash Satyarthi, segretario internazionale della Global March, si e'
rivolto alla comunita' internazionale perche' da questa crisi nasca un
impegno piu' forte: "Come possiamo stare comodamente seduti nelle nostre
case e nei nostri uffici mentre la vita e lo spirito di milioni di bambini
spariscono davanti ai nostri stessi occhi? Bisogna agire ora".
Il dramma dello sfruttamento del lavoro infantile non risparmia l'Europa.
Secondo i recenti dati dell'Istat sui 144.000 bambini economicamente attivi
in Italia ben 31.500 sono da considerarsi sfruttati. In occasione
dell'anniversario della Global March, il 17 gennaio 2003, la Global March
Europa ha organizzato una conferenza in Portogallo, proprio sullo
sfruttamento del lavoro infantile in Europa.
Nel suo messaggio di sostegno alla Global March, il segretario generale
delle Nazioni Unite Kofi Annan si e' appellato alla comunita' internazionale
affinche' l'eliminazione dello sfruttamento del lavoro infantile diventi una
priorita' comune: "Poche violazioni di diritti umani sono cosi' largamente
condannate, e allo stesso tempo cosi' ampiamente praticate", ha osservato.
"La grande sfida, come sempre, sta nell'applicazione delle buone intenzioni.
La Global March Against Child Labour ci incoraggia ad affrontare questa
sfida. Facciamo che essa diventi una priorita'. Perche' un bambino in
pericolo e' un bambino che non puo' aspettare".
4. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN FATTO DI CRONACA
[Ringraziamo Amelia Alberti (per contatti: lambient@tiscalinet.it) per
questo intervento. Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di
Legambiente e collaboratrice del nostro foglio]
Un fatto di cronaca. Un uomo afferra un pesante ciocco di legno e si avventa
contro una donna, la madre dei suoi nipotini, che si abbatte al suolo in un
lago di sangue e che a stento sopravvivera' alla violenza subita.
La colpa della donna: quella di aver deciso, insieme con il marito, di
interrompere la loro vicenda coniugale. Decisione dolorosa e sofferta, mai
facile, che coinvolge storie personali e famigliari, impostazioni etiche e
tradizioni. E che troppo spesso si risolve in tragedia: il marito (o il
suocero, in surroga) puniscono con la morte la donna che non mantiene fede
al suo ruolo.
Talvolta, come nel caso di cronaca citato, la tragedia si ferma un passo
prima della morte, e allora i medici legali trovano la sfrontatezza di
affermare che l'uomo non aveva seriamente intenzione di uccidere, ma
soltanto di sfogare i suoi istinti di violenza e di sopraffazione, brandendo
un grosso ciocco e avventandosi contro una donna inerme.
Come se fosse una colpa minore, come se l'ombra di suo fratello Abele non
potesse, in questo caso, inseguirlo fino agli inferi.
5. INIZIATIVE. PAOLO MICHELOTTO: SCRIVERE LETTERE AI GIORNALI CONTRO LA
GUERRA
[Da Paolo Michelotto (per contatti: info@verademocrazia.it) riceviamo e
diffondiamo. I limiti di questo genere di iniziative sono noti, ma crediamo
che sia comunque utile fare anche questo.Paolo Michelotto e' impegnato per
la pace e i diritti, ha avuto un ruolo trainante nella mobilitazione
pacifista a Vicenza in questo periodo]
Il pressing con e-mail funziona.
Alcuni giorni fa avevo diffuso una e-mail in cui chiedevo a tutti quelli che
erano contro la guerra di esprimerlo inviando il loro pensiero a tutta una
lista di e-mail che raggruppava giornali, settimanali, mensili, tv, capo del
governo, ministri, politici, etc.; lista che avevo ricavato stando su
internet un paio d'ore.
Beh, ha funzionato. Oggi il "Giornale di Vicenza" ha pubblicato su questo un
articolo (di Gian Marco Mancassola, La voglia di pace sfila via e-mail, "Il
giornale di Vicenza" del 22 gennaio 2003).
Qui sotto ricopio l'e-mail su come fare pressione via e-mail, e chi non l'ha
ancora fatto, lo faccia adesso. Facciamo sentire la nostra voce... Questo e'
il momento di fare sapere a tutti gli organi di stampa e di governo che noi
siamo contrari alla guerra... fatelo subito... se aspettiamo potrebbe essere
troppo tardi... E segnatevi sul calendario che il 15 febbraio ci sono
manifestazioni in tutta Italia, Europa e in tutto il mondo
contemporaneamente per la pace
*
No alla guerra: qualcosa che anche tu puoi fare
Se vuoi davvero fare qualcosa contro la guerra, questo e' un metodo che ti
costa solo cinque minuti del tuo tempo e che funziona.
1. non sottovalutare le cose semplici.
2. crea una e-mail nuova con scritto "non voglio la guerra" o simile
nell'oggetto, nel testo spiega le tue motivazioni e spedisci agli indirizzi
di giornali, settimanali, mensili, tv, capo di governo, politici, etc.
3. se puoi ripeti il punto 2 quanto piu' spesso possibile, anche piu' volte
al giorno. Finche' saremo cosi' tanti che lassu' ci ascolteranno e
cambieranno idea.
4. inoltra questa e-mail a tutti gli indirizzi e-mail che hai. Quando i mass
media e i governanti riceveranno migliaia o milioni di e-mail da parte
nostra, forse si renderanno conto che noi non vogliamo la guerra. A ciascuno
costa pochi minuti, ma se lo facciamo tutti insieme...
6. APPELLI. ANCORA UNO SFORZO IN DIFESA DELLA LEGGE 185/90
[Dall'ufficio stampa del nodo di Roma della Rete di Lilliput (e-mail:
stampa_lilliput_roma@yahoo.it) riceviamo e diffondiamo questo appello del
coordinamento della campagna "Fermiamo i mercanti di armi - In difesa della
legge 185/90". La posizione di chi redige questo notiziario e' ovviamente
integralmente antimilitarista e disarmista, e quindi la sola difesa della
legge 185/90 ci sembra insufficiente: ma naturalmente dinanzi alla
prospettiva di una ulteriore deregulation a vantaggio dei mercanti di morte
e degli assassini in doppiopetto e in divisa, invitiamo tutti ad aderire
alla campagna in difesa della legge 185/90]
Care tutte e cari tutti,
ancora una volta ci appelliamo a voi per un aiuto in difesa della legge
185/90 sul controllo degli armamenti.
L'iter del provvedimento che potrebbe stravolgerla (ddl 1547 al Senato) sta
infatti volgendo al termine: la discussione in aula nel secondo ramo del
Parlamento e' programmata per il 28 Gennaio. Ormai la nostra Campagna sta
quasi per compiere un anno, e gia' questo e' un grandissimo risultato se si
considera che le intenzioni iniziali erano quelle di liquidare il
provvedimento in pochi giorni.
Tutto questo e' stato possibile soprattutto grazie ai notevoli sforzi che
gruppi, singoli, associazioni hanno condotto in questi mesi per dimostrare
come una larga fetta della cittadinanza italiana non si voglia arrendere ad
una deregolamentazione selvaggia del commercio degli armamenti.
Ed e' quindi a voi che chiediamo di mettere in gioco le ultime energie per
la stretta finale decisiva, invitandovi a fare ancora una volta pressione
sui senatori dei vostri collegi e a sensibilizzare l'opinione pubblica su
questo tema, purtroppo trascurato dai media.
Come fare?
Per prima cosa continuando a diffondere la petizione on line diretta ai
senatori ed attiva da tempo sul sito www.retelilliput.org: i testi delle
lettere sono stati aggiornati con gli ultimi sviluppi e percio' anche chi ha
gia' sottoscritto l'appello puo' effettuare di nuovo l'invio.
Inoltre, si sta organizzando una conferenza stampa nazionale per il 27
gennaio in cui verranno illustrate alcune azioni di sit-in che si stanno
predisponendo per il 28 (giorno della votazione) davanti a Palazzo Madama.
L'invito che facciamo e' quindi quello di partecipare numerosi (per chi si
trova in zona) all'azione di Roma oppure ad organizzare iniziative analoghe
(conferenza stampa il 27 con mobilitazioni il 28) nei vari territori locali,
dimostrando cosi' in tutta Italia quanto sia alta la volonta' di difendere
una legislazione avanzata ed importante come la legge 185/90.
Grazie ancora, sperando di avere successo e di inaugurare cosi' un 2003 di
pace.
Il Coordinamento della Campagna "Fermiamo i mercanti di armi - In difesa
della legge 185/90".
7. LUTTI. LUCIANA CASTELLINA RICORDA ANNAMARIA RODARI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 gennaio 2003. Luciana Castellina,
militante politica, promotrice dell'esperienza del "Manifesto", piu' volte
parlamentare italiana ed europea, e' tra le figure piu' significative
dell'impegno pacifista in Europa. Ovviamente la gran parte degli scritti di
Luciana Castellina, testi di intervento politico e di giornalismo militante,
e' dispersa in giornali e riviste, atti di convegni, dibattiti parlamentari;
in volume segnaliamo Che c'e' in Amerika?, Bertani, Verona]
Dei comunisti Annamaria Rodari aveva la qualita' primaria, senza di cui
nemmeno ci si pone il problema di essere tale: era ribelle. In politica e
nella vita, che poi sono state per tanti versi tutt'uno, sicche' e'
impossibile concepirla senza la passione immessa nella battaglia per il
partito, dentro il partito, anche contro il partito quando l'ha ritenuto,
lei e, sia pure in forme diverse tanti di noi, necessario.
Era per questo che ragazzina, trovando il filo che l'ha portata alla
Resistenza nella facolta' di filosofia di Antonio Banfi, era diventata
staffetta partigiana: perche' quella era stata la prima occasione per
contrapporsi allo stato delle cose, per cercare di cambiare il mondo.
Poi il Pci, naturalmente. Era di quelle, Annamaria, che come molti, hanno
continuato a dire "il partito", con questo riferendosi ad una entita' che
era pur sempre il Pci, sebbene ormai morto, ma che sopravviveva dentro il
cuore e la testa, quale che fosse la formazione cui via via aveva aderito.
Per nostalgia, forse, ma anche perche' il Pci - al quale si era iscritta nel
1945 - era stato e restava la fonte dei valori, il codice morale,
l'indicazione della pratica di vita.
L'estremo saluto Annamaria Rodari lo ricevera' oggi nella sua citta',
Milano, nella sede dei Comunisti italiani, il partito cui era approdata dopo
l'ultima lacerazione di Rifondazione comunista. Non per ortodossia, che'
tutto meno che questo e' stata, ma perche' quella le era a un certo punto
sembrata una scelta ordinata nel gran disordine della sinistra italiana.
All'inizio degli anni Settanta era diventata femminista fra le prime del
nuovo movimento, naturalmente e anzi tra le fondatrici del milanese Circolo
della Rosa, una storia importante. Ed era stata anche direttrice di
"Fluttuaria: segni di autonomia nell'esperienza delle donne", prima mensile
e poi bimestrale uscito dal 1987 fino al 1994.
Sempre, fin da giovanissima e poi fino all'ultimo, Annamaria e' stata
giornalista. Bravissima, perche' curiosa e coraggiosa e duttile: i suoi
giornali non sono stati solo quelli dei partiti ma anche le piu' bizzarre
pubblicazioni. Aveva cominciato con "l'Unita'", appena finita la guerra,
aveva diretto "Abc" e il settimanale "Il tempo", e anche Teleradio Milano 2,
la prima televisione libera di area comunista. Era poi stata a lungo a
"Paese sera" e, all'inizio degli anni Novanta, aveva messo su' con
entusiasmo la redazione milanese di "Liberazione" e adesso collaborava a
"Rinascita".
Era allegra, vitale, ironica, spiritosa Annamaria. Qualita' essenziali per
una buona comunista. A piangerla noi del "Manifesto" saremo in molti.
8. LUTTI. VALENTINO PARLATO RICORDA ANNAMARIA RODARI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 gennaio 2003. Valentino Parlato e' un
prestigioso intellettuale della sinistra critica, tra i fondatori del
"Manifesto" su cui scrive tuttora; all'acutezza analitica ed al rigore
morale e intellettuale unisce la virtu' della sobrieta' e della civilta',
pregio cosi' raro anche tra le persone migliori]
Era da alcuni anni che non incontravo Annamaria. Si invecchia in crescente
solitudine, ma il suo ricordo, la sua immagine e' vivissima nella mia
memoria: i suoi occhi, il suo profilo, annuente (ti ascoltava) e polemico
(replicava). Il suo viso era la sua persona e anche la sua storia. Dire che
cosa ha fatto Annamaria e' impossibile. E' piu' facile dire le poche cose,
pessime, che non ha fatto, anche se ha fatto scelte che non condivido.
E' stata, credo, la persona piu' disinteressata e interessata che io abbia
conosciuto.
Non ha mai pensato alla sua persona in verso egoistico, ma sempre alla sua
persona come soggetto attivo di una causa piu' vasta, di una curiosita', di
un bisogno di conoscere.
Siamo stati per qualche giorno insieme in Puglia, nel 1964 credo. Per
un'inchiesta giornalistica, non ricordo per quale giornale di sinistra,
riusci' a sapere tutto di una fabbrica di abbigliamento di Putignano, credo
producesse abiti da sposa. E poi la sera, a Bari (abitavo nella casa di
Alfredo Reichlin e anche lei fu ospite) si discuteva e polemizzava e lei ci
imponeva di parlare dei fatti piu' che dei principi. Era decisamente di
sinistra, rivoluzionaria oserei dire, ma del tutto impermeabile alle
ideologie, anche se alcuni impazzimenti non le mancarono. Il marxismo andava
bene, ma poi bisognava vedere come si incontrava con le cose e lei di cose
ne aveva viste tante, buone e cattive, spesso amare.
Dopo l'incontro barese ci siamo visti nella sua casa di Milano, quando
viveva con Michelangelo Notarianni, l'uomo che forse piu' di tutti ha capito
e amato Annamaria. E c'era il piccolo Masolino che sgambettava per casa. La
separazione con Michelangelo non suscito' clamori (era contro lo stile di
entrambi) ma credo di aver capito che sia stata pesante per entrambi:
un'altra storia, come tante precedenti, personali e politiche, che andava
male. Le stagioni non erano propizie.
Michelangelo se ne e' andato da qualche anno, ora se ne e' andata anche
Annamaria. Avanza il regno della solitudine.
Certo ci sono i giovani, ci sono i figli, ma quelli che si intendevano con
una frase o un cenno siamo diminuiti.
Ai figli di Annamaria, Susanna e Maso, un grande abbraccio dalle compagne e
dai compagni del "Manifesto".
9. RIFLESSIONE. FEDERICA GIARDINI: UNA LETTURA GENEALOGICA DEL BISOGNO DI
FORMA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo intervento pronunciato da Federica Giardini in occasione
del decimo simposio dell'Associazione internazionale delle filosofe,
svoltosi a Barcellona, dal 2 al 5 ottobre 2002. Federica Giardini e' una
prestigiosa intellettuale femminista, docente universitaria e saggista]
Per tratteggiare una diversa definizione sessuata di "liberta'" adotto quel
che chiamo un approccio posizionale e topologico.
Il primo passo consiste nel prendere in considerazione un concetto
apparentemente opposto a quello di liberta', la "norma" cioe', cosi' come e'
stato elaborato nello specifico campo della cosiddetta "filosofia politica
normativa".
*
Ho avuto a che fare con questo tipo di filosofia durante una difficile
relazione professionale con un'altra donna. Nel modo molto intenso con cui
sosteneva le sue idee ho riconosciuto un bisogno elementare degli esseri
umani. Ma, partendo dalla constatazione che gli esseri umani sono sessuati,
i loro bisogni vanno espressi in modi diversi. Per delineare la posta in
gioco nei suoi singoli elementi, ho dunque disegnato una genealogia
topologica dei modi in cui la tradizione filosofica ha espresso questo
bisogno e una genealogia femminile, cosi' com'e' diventata visibile dopo il
taglio femminista degli anni Settanta. Questo taglio ricolloca la mia
posizione e i modi di pensarla e cosi' posso dare un nuovo significato alla
parola liberta'.
*
Nel dipartimento di filosofia, dove lavoro in particolare sulla filosofia
politica, ho avuto occasione di incontrare una donna della mia eta'. La
relazione con lei e' stata molto intensa e difficile. E' una femminista
accademica - come oggi una donna puo' esserlo, come una questione di punti
di vista e argomenti - e la sua posizione era decisamente diversa dalla mia.
Tuttavia il modo cosi' intenso in cui si esprimeva non mi ha permesso di
ignorare le sue asserzioni. E' una rawlsiana - John Rawls e la sua Una
teoria della giustizia - e femminista. E' dunque un'esponente del "pensiero
normativo" e in effetti il normativo era la sua ossessione.
Nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme, e' stato per me assolutamente
impossibile rispondere alla sua richieste: che il pensiero delle donne
dovesse farsi una teoria sistematica con chiare assunzioni ontologiche, in
grado di fornire principi, norme e regole da seguire nell'azione pubblica e
politica.
Era per me impossibile pensare a desiderio, pensiero e politica a partire
dal suo approccio razionalista che negava quanto avevo imparato dalle
autrici di un pensiero della differenza sessuale - Irigaray, Lonzi, Muraro e
le donne di Diotima. Nonostante questo ero toccata dalla sua urgenza, avevo
la netta impressione che era tutta in quel che diceva, radicata nella sua
posizione, con quella forza perturbante che il desiderio puo' esercitare su
di se' e sugli altri. E questo non potevo ignorarlo.
*
La relazione di lavoro con lei e' presto finita, ma quell'impressione e'
rimasta.
La mia resistenza era diretta alle parole e al quadro teorico che usava ma
non al bisogno che esprimevano. Da allora ho intuito che il bisogno in gioco
era un bisogno di ordine, di forma - un bisogno che segna gli esseri umani
sin dalla loro nascita, penso in particolare a quel corpo in frammenti (il
corps morcele' di Lacan) che ha bisogno del corpo dell'altra, della sua
immagine e forma, per acquistare la coordinazione dei movimenti e un primo
senso di se'. Un bisogno elementare dunque, la cui violenza e intensita' mi
costringeva a prenderlo sul serio, sebbene in quella donna lo trovassi
letteralmente mal posto.
*
Il giudizio negativo, o meglio, il fatto che non potessi accettare il modo
in cui quella donna dava forma a quel bisogno, deriva dalla mia posizione
politica e filosofica che e' costituita nella relazione con le autrici del
pensiero delle differenza sessuale, in particolare Luce Irigaray e la
comunita' filosofica di Diotima.
Questo pensiero, non solo nelle parole ma anche e soprattutto nelle sue
pratiche politiche, rivela che il pensiero e' sessuato e che, fino agli anni
Settanta e all'evento femminista che li ha segnati, la tradizione filosofica
si e' conformata sui bisogni del corpo sessuato maschile. In altre parole,
l'ordine simbolico era patriarcale, fallologocentrico, e cosi' via.
Ma da allora sappiamo che l'essere umano e' strutturato dalla differenza
sessuale, sebbene cio' non significhi che l'umanita' e' costituita da due
identita' separate. Piuttosto pensare l'essere umano e' una questione di
conflitto, e' il campo di battaglia per una libera significazione della
differenza sessuale (Diotima, Oltre l'uguaglianza).
*
Eccomi allora a contendere per una libera significazione del bisogno di
forma e di ordine. Nella tradizione occidentale si trovano molte nozioni
connesse a questo.
Propongo allora di applicare un approccio topologico alla nozione di forma,
approccio che consiste innanzitutto nello scomporre le questioni in singoli
elementi, per poi ricombinarli secondo nessi che si attaglino meglio a quel
che richiede l'esperienza di una donna.
All'inizio la forma era l'essenza di un corpo, forma e materia erano
strettamente connesse, sebbene la prima godesse di una priorita' ontologica
e teoretica. Penso qui alle tesi di Aristotele, secondo le quali la forma
ordina la materia ma anche il pensiero. Le forme, in quanto schemi, sono
infatti "i diversi movimento del pensiero attraverso i quali raggiungere
conclusioni sillogistiche". Cosi' la forma riguarda l'ontologia e la teoria.
Successivamente la forma diventa la "ratio" individuale di un corpo, cio'
che ne fonda l'individualita'. Con Kant si ha poi l'esempio per eccellenza
di una teoria della forma. Spazio e tempo, categorie e idee sono forma del
molteplice, sono principi di unificazione. Questa teoria si applica non solo
alla conoscenza ma anche all'azione, all'ambito etico. Il formalismo indica
cosi' un insieme di regole che guidano il comportamento morale - oggi un
aggiornamento delle tesi kantiane si ritrova, in ambito politico e
giuridico, sotto il nome di "proceduralismo". Infine la nozione di forma e'
connessa a quella di ordine quando viene concepita come serie di relazioni
che connettono le singole parti di un tutto, di un sistema. Questo puo'
essere considerato una radicalizzazione del formalismo kantiano in quanto le
condizioni di un ordine sono date dalla coerenza interna di un sistema a
prescindere dal suo riferimento alla realta'.
*
Ho dato in breve alcuni elementi che ricorrono nelle tradizionali concezioni
della forma - nelle loro connessioni con il corpo, l'azione, la relazione e
l'ordine - da una posizione del tutto concreta e materiale, cioe' a partire
dal corpo sessuato che sono, che fa esperienza e la nomina nella sua
dimensione storica.
Questa posizione si delinea a partire dall'evento femminista degli anni
Settanta. Penso a quell'insieme di lotte e pensieri che hanno compiuto un
taglio nella tradizione del pensiero occidentale, sospendendo la validita'
che pretendeva di avere anche per le esperienze di una donna.
Rispetto alla tradizione maschile che riguarda il bisogno elementare di
forma vedo agire un doppio taglio e sospensione. Questa duplicita' e'
insieme problematica e promettente.
Da una parte, infatti, si trova il rifiuto radicale della forma nel suo
nesso con l'ordine quale sistema coerente e autosufficiente. Le autrici
della differenza sessuale ne danno molti esempi.
Carla Lonzi, con il suo "sputare su Hegel" e sugli "autori sistematici" che
con le loro teorie escludono, o meglio, collocano in posizione fissa
l'esperienza di una donna, rifiuta di dare priorita' alla riflessione
teorica e crea dei modi di pensiero che poggiano sulla nominazione di cio'
che accade tra donne (Sputiamo su Hegel).
Sul versante del corpo, Luce Irigaray esprime la resistenza femminile alle
forme rigidamente prefissate attraverso la figura di un "volume senza
contorno". Sul versante del pensiero si trova il suo rifiuto di una teoria
sulla donna perche' "la teoria e' da sempre appropriata al maschile"
(Speculum).
E Luisa Muraro invita a pensare in modo metonimico, poiche' l'ordine
metaforico del discorso consiste in una coerenza interna e autoreferenziale
che rende irrilevante l'esperienza (Maglia o uncinetto).
D'altra parte, la stessa Irigaray auspica una "morfologica" appropriata al
corpo di una donna. Il disordine isterico, la sua sofferenza confinata al
fisico e al corporeo, e' dovuta alla mancanza di un linguaggio appropriato
al desiderio femminile, alla mancanza di un ordine simbolico sessuato.
Inoltre respinge l'idea di un avvicendarsi di caos e ordine, quando
considera la relazione tra la madre e il feto come una relazione
"stranamente ordinata".
E ancora, "ordine simbolico della madre" e' il nome inventato da Luisa
Muraro per dare spazio alle relazioni tra donne nel linguaggio, nella
societa', nella politica.
Infine, Diana Sartori vede nel formalismo kantiano l'appropriazione maschile
dell'ordine e della misura che si danno nella relazione con la madre
(Diotima, Oltre l'uguaglianza).
*
Cosi', corpo, forma, ordine, sono di nuovo in gioco, ma secondo nessi
differenti.
Ora, se la mia posizione, come so, e' fatta da e a partire dal taglio agito
dalle autrici del pensiero della differenza sessuale, non posso significare
la mia esperienza, e in particolare quella del bisogno di forma, secondo la
tradizionale opposizione tra corpo e forma, tra ordine e realta'. Ma, data
la dimensione storica dell'esperienza, non posso nemmeno concordare
letteralmente con l'istanza femminista che, anche se nel senso di una
valorizzazione, pone il femminile dalla parte della materia, dell'assenza di
confini e di ordine, o di un pensiero che rifiuta un'organizzazione
teoretica.
Se guardo alla mia esperienza, posso ancora constatare l'urgenza del bisogno
di forma nei corpi di donna e nelle posizioni che assumono, come un bisogno
che ancora e di nuovo manca di una dimensione simbolica, che manca cioe'
delle forme che tramutano un bisogno in desiderio che circola nel mondo, che
viene scambiato e politicamente agito.
Di questa mancanza ho presente due esempi: da una parte, l'anoressica e la
bulimica, una coppia che molte psicoanaliste considerano una trasformazione
storica del sintomo isterico (Molfino). In queste posizioni vedo al lavoro
il controllo del corpo come un modo per esprimere il bisogno di confini
contro l'indifferenziato, con una chiusura per l'anoressica, con
l'espulsione dell'esterno invasivo per la bulimica. Dall'altra, nelle
societa' occidentali sempre piu' donne supportano, quando non
sopravvalutano, e aspirano a ruoli e regole che non hanno creato loro
stesse, in particolare nella loro partecipazione alle istituzioni della vita
pubblica. Talora questo le rende persino meno creative e critiche degli
uomini, dato che alcuni di questi sono consapevoli della crisi politica e
istituzionale cui sta incorrendo la loro tradizione. In questo caso il
bisogno di forma e' indirizzato e collocato in un ordine sociale che non
tiene conto della sessuazione dei corpi e dell'essere umano.
*
Cosi' il bisogno di forma non e' estraneo al corpo di una donna, al suo
agire politico. Ma l'opposizione tra materia e forma, ordine e caos del
molteplice, non offre delle configurazioni appropriate a rendere conto
dell'esperienza.
Arrivo cosi' alla questione della liberta' e della sua riconfigurazione.
L'ordine, come si e' visto, puo' stare in una relazione di contiguita' con
il corpo, con la realta' dell'azione, senza diventare norma o principio
trascendente.
Quanto alle forme del pensiero, ci puo' essere un modo per mantenere un
radicamento nell'esperienza senza rinunciare alla formalizzazione.
Quanto alla politica, un "ordine puo' fondare la liberta'", per dirlo con le
parole di Hannah Arendt. Che tipo di ordine e' questo? Penso che la
liberta' - nelle riconfigurazioni rese possibili dal taglio femminista - sia
concepibile come invenzione di nuovi nomi e forme per l'esperienza concreta.
Esperienze senza nomi rimangono invisibili e politicamente inefficaci, nomi,
organizzati dalle sole connessioni formali e non dalla relazione con cio'
che viene esperito e praticato, diventano insignificanti per il desiderio di
un'altra donna.
Dalla posizione che e' la mia - che ricombina elementi della tradizione e
della genealogia femminile - propongo di pensare alla liberta' come liberta'
di esprimere forme, di creare un differente ordine di connessioni, a partire
dai bisogni dei corpi sessuati e dalla loro struttura relazionale. Ne'
indipendenza, ne' autonomia, ne' introiezione nell'intimo di principi
razionali, la liberta' sarebbe, di questi tempi, un'immaginazione corporea,
la ricreazione di forme per la realta' e il pensiero (Giardini).
*
Riferimenti
- Arendt, Hannah, Cos'e' l'autorita'? In Tra passato e futuro, Garzanti,
Milano 1991.
- Arendt, Hannah, Cos'e' la liberta'? In Tra passato e futuro, Garzanti,
Milano 1991.
- Aristotele, Metafisica.
- Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, La tartaruga, Milano 1987.
- Diotima, La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 2001.
- Diotima, Approfittare dell'assenza, Liguori, Napoli 2002.
- Giardini, Federica, Speculum of Being Two. Theory and Politics After All
These Years, "Theory, Culture and Society", in stampa.
- Guillaume, Paul, Psychologie de la forme, Flammarion, Paris 1937.
- Irigaray, Luce, Speculum, Feltrinelli, Milano 1975.
- Irigaray, Luce, Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985.
- Kant, Immanuel, Critica della ragion pura.
- Lacan, Jacques, Scritti, Einaudi, Torino 1966.
- Lonzi, Carla, Manifesto di Rivolta femminile, Rivolta Femminile, Milano
1974.
- Molfino, Francesca, Zanardi Claudia, Sintomi corpo femminilita'.
Dall'isteria alla bulimia, Clueb, Bologna 1999.
- Muraro, Luisa, Maglia o uncinetto. Sull'eterna inimicizia tra metafora e
metonimia, manifestolibri, Roma 2001.
- Muraro, Luisa, L'ordine simbolico della madre, Editori Riuniti, Roma 1991.
10. SEGNALAZIONI. RALPH NADER RECENSISCE IL RAPPORTO "THE PENTAGON
CONNECTION" DI SEYMOUR MELMAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 gennaio 2003, che cosi' presenta
questo intervento: "Questa recensione autorevole dell'altrettanto autorevole
rapporto di Melman 'The Pentagon Connection' e' apparsa sul sito
progressista-pacifista http://commondreams.org/". Ralph Nader e' da decenni
un celebre militante per i diritti civili, avvocato e scrittore americano,
promotore del movimento per i diritti dei consumatori, fondatore di "Public
Citizen" una delle piu' importanti organizzazioni ambientaliste e di difesa
dei consumatori americani]
Per piu' di mezzo secolo Seymour Melman, rispettabile professore (adesso
emerito) di ingegneria industria della Columbia University ha fatto
ricerche, scritto e discusso sull'enorme eccesso di spesa del settore
militare del bilancio pubblico e di come questo spreco stia
deindustrializzando l'America, facendo perdere milioni di posti di lavoro e
affamando gli investimenti in opere pubbliche - vale a dire, la spesa per la
manutenzione del capitale fisico.
Recentemente Melman ha preparato un memoriale intitolato "The Pentagon
Connection" nel quale fa una relazione dettagliata sui sistemi di armamento
ridondanti e costosissimi - come la nuova generazione di aerei da
combattimento, missili, sottomarini e portaerei - e sul rapporto
costi-benefici, cosi' avverso ai bisogni interni del nostro paese.
Ricordiamoci che da un pezzo gli Stati Uniti non hanno piu' un grande e
importante nemico che giustifichi enormi budget militari. Sia la Russia che
la Cina si stanno convertendo verso un modello di stato oligarco-capitalista
e l'Unione sovietica non c'e' piu'.
Per cominciare, il professor Melman cita il rapporto sulle infrastrutture
americane prodotto dall'American society of civil engineers
(asce.org/reportcard). La cifra stimata per la riparazione di dodici
categorie di opere pubbliche (dalle scuole agli acquedotti, fognature,
aeroporti, transiti pubblici, ponti e strade) supera i 1.300 miliardi di
dollari. L'associazione degli ingegneri ha detto quel che chiunque puo'
osservare: grandi bisogni che derivano da grande decadenza e sfacelo.
Aggiungendo i 618 miliardi che servono per abitazioni e ferrovie, si arriva
a 2.000 miliardi di dollari, nota Melman. E aggiunge, dall'alto della sua
leggendaria conoscenza del sistema industriale statunitense: "Tutte le
industrie manufatturiere i cui prodotti servirebbero per riparare e
modernizzare le infrastrutture americane sono tenute fuori dai piani
militari del governo". E dalle sue spese.
L'economia militare prosciuga quella civile e questo trend e' stato
accelerato da quello che Melman chiama un "gigantesco cambiamento"
dell'economia americana: "Questa deindustrializzazione si e' verificata
cosi' rapidamente da minare alla base la stessa capacita' dell'America di
produrre qualcosa. Per esempio, lo scorso anno il governo di New York City
ha annunciato un programma per l'acquisto di una nuova flotta di treni
metropolitani. Sebbene il contratto valesse 3-4 miliardi di dollari, non ha
risposto neanche un'azienda americana. Di 100 prodotti offerti sul catalogo
L. L. Bean di quest'autunno, 92 sono importati e solo 8 sono made in Usa". E
ancora: "La chiusura degli impianti negli Stati Uniti non solo ha lasciato
milioni di persone senza lavoro, ma ha anche diminuito la capacita'
produttiva richiesta agli Stati Uniti per tener in funzione le
infrastrutture".
Melman non lo scrive in questo memorandum, ma i suoi precedenti studi hanno
dimostrato che un milione di dollari in investimenti civili crea piu' lavoro
che un milione di dollari in sistemi di armamenti militari.
Gli stati e le citta' riportano deficit sempre piu' profondi. Quest'anno gli
stati saranno in rosso per 60 miliardi di dollari. Salgono tasse e tariffe.
Si tagliano beni necessari - spese per scuole, biblioteche, sedi di pompieri
e polizia, distretti sanitari, welfare per l'infanzia, salute e servizi per
gli anziani, sottolinea Melman. Ma ci sono centinaia di miliardi di dollari
spesi per armamenti dell'era sovietica, indirizzati dalle corporation degli
armamenti e dalla loro campagna in denaro sonante presso i membri del
Congresso che decidono dei soldi delle nostre tasse.
11. APPELLI. AMNESTY INTERNATIONAL, ICS E MEDICI SENZA FRONTIERE: DOPO SANTA
MARIA DI LEUCA
[Riceviamo e volentieri diffondiamo questo appello. Per ulteriori
informazioni: press@amnesty.it]
Amnesty International, Consorzio Italiano di Solidarieta' (Ics) e Medici
Senza Frontiere (Msf), promotori della campagna "Diritto di asilo: una
questione di civilta'', esprimono forte preoccupazione dopo la tragedia di
Santa Maria di Leuca dello scorso 18 gennaio, costata la vita a sei
immigrati curdi di cittadinanza prevalentemente turca e, presumibilmente, ad
altri 23 loro compagni di viaggio, considerati dispersi in mare dalle
autorita' italiane.
"Quelle di Santa Maria di Leuca sono solo, in ordine cronologico, le
ennesime vittime di una tragedia che, tra il 1993 e il 2002, e' costata la
vita nel Mar Mediterraneo a piu' di 3.000 esseri umani. Un numero di morti
spaventoso, che fa del Mediterraneo un mare solido, quasi calpestabile, a
causa del numero crescente delle vittime dei naufragi", ha detto Nicoletta
Dentico, direttore generale di Msf Italia.
La decisione del governo italiano, in assenza di appositi accordi di
collaborazione con Libia e Turchia, di stanziare 260 milioni di euro nel
corso del 2003 per contrastare l'immigrazione clandestina attraverso
l'adozione di tecnologie piu' incisive, non fara' altro che rendere il
Mediterraneo un mare ancora piu' pericoloso e mortale.
Un numero crescente di disperati - non solo migranti economici ma, sempre
piu' spesso, bambini, donne e uomini in fuga dalla guerra - popola ormai il
Mediterraneo, scegliendo proprio i giorni in cui si annuncia mare grosso per
mettere in acqua le loro spesso improvvisate imbarcazioni, nella speranza,
in virtu' delle avverse condizioni meteorologiche, di poter cogliere di
sorpresa la guardia costiera e di sfuggire ai radar.
Le vittime di Santa Maria di Leuca, come i 37 morti di Agrigento del 15
settembre 2002, gli 11 di Scoglitti della settimana successiva, ma anche i
44 di Tripoli della notte tra il primo e il 2 dicembre 2002 ed i 18 di
Tangeri dei giorni scorsi dimostrano sempre piu' la tendenza dei migranti a
prendere il mare di notte ed in condizioni di assoluta insicurezza
meteorologica, con le conseguenza tragiche ormai davanti agli occhi di
tutti.
Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere chiedono che agli
stanziamenti del governo per le misure di deterrenza seguano stanziamenti ed
interventi per ammodernare e rendere umane le misure di accoglienza degli
immigrati, ed in particolare dei richiedenti asilo.
Chiedono, inoltre, che il governo italiano si impegni a riconoscere lo stato
di grave pericolo personale che spinge molti migranti a prendere le vie del
mare, per sfuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione personale.
E' il caso dei richiedenti asilo liberiani e sierraleonesi. Ancor di piu',
con il rischio di una guerra alle porte, e' il caso dei curdi di
nazionalita' irachena che fuggono per sottrarsi alle persecuzioni del regime
di Saddam Hussein ed ai bombardamenti dell'annunciata offensiva militare.
Ma, come la tragedia di Santa Maria di Leuca dimostra, e' anche il caso dei
curdi di nazionalita' turca che sfuggono alle violazioni dei diritti umani
perpetrate dal governo di Ankara.
Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere chiedono al governo di
farsi garante della protezione e della sicurezza dei migranti che si
dirigono verso l'Italia alla ricerca di asilo, assicurando loro l'accesso
agli strumenti garantiti dalla legge.
Per ulteriori informazioni: Amnesty International, tel. 064490224; Ics, tel.
0685355081; Medici Senza Frontiere, tel. 0644869238.
La campagna "Diritto di asilo: una questione di civilta'" ha il suo sito
Internet ufficiale all'indirizzo www.dirittoasilo.it
12. RIVISTE. PRESENTAZIONE DI "DWF DONNAWOMANFEMME"
[Dal sito www.storiadelledonne.it/dwf/ riprendiamo questa presentazione
della storica rivista]
"DWF donnawomanfemme" e' una rivista di produzione teorica e di ricerca che,
dal 1975 ad oggi nella vecchia e nella nuova serie, costituisce un
riferimento essenziale per chiunque si occupi del pensiero scientifico e
politico, della cultura delle donne in Italia e nel mondo. E' trimestrale,
e' edita dalla Cooperativa Utopia che e' proprietaria della testata e che
provvede in proprio alla distribuzione per abbonamento e in libreria. Il
gruppo redazionale e' composto da: Paola Bono, Patrizia Cacioli, Laura
Fortini, Federica Giardini, Paola Masi.
Ogni numero prevede: una parte centrale che sviluppa il ragionamento
impostato nell'editoriale; la rubrica "sequenze" costituita da uno o piu'
saggi che presentino caratteri di originalita' oppure da traduzioni
importanti; la rubrica "legami magistrali" in cui una studiosa affermata
presenta un saggio di una giovane ricercatrice; la rubrica di filosofia
"themis" curata da Angela Putino e naturalmente recensioni e segnalazioni di
libri e riviste.
L'intenzione con cui la redazione di "DWF" contribuisce alla progettualita'
di questo luogo politico polivalente - in collaborazione con la Libreria "Al
tempo ritrovato" e naturalmente con il Centro studi e biblioteca
Donnawomanfemme - e' di contribuire alla vita sociale e politica con
dibattiti, seminari, discussione della rivista. Vogliamo in modo piu'
visibile ed integrato costituire un punto di riferimento per chi segue e ama
la produzione delle donne, la ricerca, l'approfondimento, la memoria e la
storia dei movimenti politici: le caratteristiche proprie di ciascuna delle
testate che consistono in questo luogo rappresentano altrettante
possibilita' di utilizzazione di servizi diversi e interagenti.
La rivista ha una diffusione nazionale; quindi, la troverete nelle
principali librerie delle maggiori citta' italiane oltre che nelle Librerie
delle donne.
"DWF" e' pubblicata dalla editrice cooperativa Utopia, via dei Fienaroli 32,
00153 Roma, tel. e fax: 065880577; e-mail: dwfroma@tin.it
13. SITI. ELISABETTA MARANO: AGGIORNAMENTO DEL SITO DELLA LIBRERIA DELLE
DONNE DI MILANO
[Riportiamo la newsletter n. 1 del 2003 della Libreria delle donne di Milano
(per contatti: e-mail: info@libreriadelledonne.it; sito:
www.libreriadelledonne.it); i lettori del nostro notiziario sanno quanto
apprezzabile sia questo sito, i cui materiali sovente riproponiamo]
* Stanza movimento di movimenti: e' on line l'articolo di Stefano Ciccone.
Stefano Ciccone da tempo e' in rapporto con alcuni uomini con i quali si
confronta ìa partire da se'. Durante il Social forum di Firenze ha
partecipato all'incontro "Donne e uomini, un conflitto necessario per un
futuro comune"; nel suo contributo ci racconta come vorrebbe esprimere nel
quotidiano il massimo di una conflittualita' che non vive di
contrapposizioni, ma di relazioni, parole, e che significa liberta' tra
donna e uomo.
* Dalla Rassegna stampa del "Cosa c'e' di nuovo" segnaliamo due contributi:
- Africa, va in scena il talento delle donne. Dialogo tra Odile Sankara,
creatrice con altre dell'associazione "Talents de Femmes", e Luisa Muraro.
Odile Sankara si dedica a "promuovere l'eccellenza" di altre donne, africane
come lei, che sono artiste e artigiane di grande talento. Per questo
organizza iniziative di donne sia in Africa che in Europa, ed intanto
insegna loro ad osare e ad avere fiducia in quello che sanno.
- Relazione di Nurit Peled-Elhanan all'incontro "Guerra e pace: esistere
oltre il terrore".
Nurit Peled-Elhanan e' insegnante, traduttrice, scrittrice, madre israeliana
ed infine attivista per la pace tra Palestina e Israele, nonostante
l'assassinio di una sua bambina durante un attentato terroristico. Considera
le differenze una "benedizione", non un divario da livellare, e la sua
voce di madre il modo migliore per ribadirlo forte e chiaro.
* E' on line la Stanza del lavoro.
Cliccate alla voce "Le nostre stanze" (nella home page del sito) e troverete
un'altra nuova Stanza, che indicizza gli scritti prodotti da alcune donne
che da tempo si interrogano sul senso della trasformazione del lavoro
femminile.
* La voce "Testi" ospita:
- Il frutto della riflessione del Gruppo lavoro della Libreria delle donne,
il numero 37 di "Via Dogana" interamente dedicato al tema. Per ogni articolo
potrete leggere degli abstract che ne riassumono il contenuto.
- Alla voce "L: lavoro di donne e uomini" un elenco ordinato dei testi
apparsi dal 1991 al 2001 sulla rivista "Via Dogana".
La Stanza propone spazi dedicati alla rassegna stampa, alle ricerche e
documenti, alla segnalazione di eventi, e che saranno presto arricchiti dai
materiali che anche voi potrete segnalarci. Cliccando su "Scriveteci" e'
infatti possibile comunicare con chi ha realizzato la stanza.
A presto.
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto de
ll'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 485 del 23 gennaio 2003