| 25/12/02 - Riflessioni natalizie di 
Andrea E' un Natale strano. Ci troviamo nella Terra Santa, 
dove è nato e vissuto Gesù, e questo dovrebbe aiutare a sentire il Natale un 
momento di conversione, di gioia e di preghiera. Il problema è che non è così 
semplice. Sentire Dio,  sentire la sua vicinanza e il suo amore per noi 
uomini, toccare con mano la sua giustizia e la sua predilezione per i poveri, i 
deboli, gli indifesi risulta arduo quando qua tutti i giorni la gente muore 
colpita da una raffica di mitra o da un colpo di cannone. Quando è imprigionata 
tra check-point, insediamenti, torrette militari che sparano a chiunque si 
avvicini; quando i bulldozer distruggono coltivazioni, sradicano ulivi, 
demoliscono case. Quando le bombe umane mietono vittime tra i civili innocenti. 
La violenza sembra regnare sovrana, sembra che a nessuno interessi farla cessare 
e soprattutto pare che i leader politici responsabili di queste vergogne abbiano 
lucidamente deciso che la strada giusta è questa. Sulla pelle della gente 
comune, a cui nessuno a chiesto un parere. E una nuova guerra si sta profilando 
all'orizzonte, sempre più minacciosa e sicura. Le grandi agenzie internazionali 
-forse impossibilitate a mettere un veto a questo nuovo e folle massacro stanno 
già preparandosi all'emergenza umanitaria che si creerà: si parla di quasi un 
milione di profughi in fuga, in attesa alle frontiere, senza niente da mangiare 
o un posto in cui dormire. Persone che pagheranno -assieme alle centinaia di 
migliaia di morti che questa guerra provocherà- il prezzo delle decisioni e dei 
calcoli politici (ma è più corretto dire economici) di chi sta nei palazzi del 
potere, visto che questa guerra farà guadagnare miliardi di dollari ai 
proprietari di industrie di armamenti, ai petrolieri, alle aziende legate 
all'industria bellica. Tutto sotto la menzogna della "guerra al terrorismo", 
utilissimo pretesto che permette di controllare le masse e giustificare 
qualsiasi crimine. E poi ci siamo noi, persone comuni, che non siamo in grado di 
opporci a tutto questo. Che anche se siamo ben informati, anche se ci dispiace 
tanto per quello che succede e concordiamo nel definire i capi dei nostri stati 
come dei criminali di guerra, non facciamo niente. L'indignazione dura i minuti 
necessari a cambiare canale o a essere presi di nuovo dai nostri problemi 
quotidiani. Non è una situazione che aiuta molto a vivere il Natale con 
sentimenti di speranza e fiducia nel futuro. Questi pensieri non sono nemmeno il 
frutto di un esasperato pessimismo e di un "essere contro" sempre e comunque. 
Questi pensieri nascono naturalmente quando si vive assieme alla gente che paga, 
che soffre e che subisce queste ingiustizie. E' difficile essere ottimisti. 
Eppure questo Dio non è assente. Lo si può ancora incontrare. Ma per farlo 
occorre scendere in basso assieme a chi è vittima, assieme a chi non è ascoltato 
dai grandi, assieme agli esclusi. Lì Dio c'è e si manifesta. Nella vita delle 
famiglie più povere, che non hanno nulla di materiale da frapporre tra loro e 
te, e che lasciano quindi spazio ad una umanità e un calore che noi non 
conosciamo. Nel loro affidarsi a Dio (Allah) e ringraziarlo ogni giorno pur 
vivendo nella miseria. Si manifesta nelle famiglie con bambini handicappati, che 
testimoniano la necessità di un mondo a misura di tutti, dove anche loro possano 
vivere. E si trovano invece con una torretta militare e dei soldati che tengono 
i fucili puntati contro di loro, per paura. Questi bimbi, con la loro vita 
testimoniano e denunciano la profonda ingiustizia di cui sono vittime, la loro 
condizione provoca e invoca il cambiamento, sia per noi che per quei soldati 
davanti a casa. E si manifesta nella sofferenza che incontriamo tutti i giorni, 
la sofferenza di chi non ce la fa più ad andare avanti con i proiettili che 
entrano in casa tutte le notti, di chi vede i propri figli crescere in un 
ambiente violento, di chi vede la macchina da guerra avanzare inesorabilmente e 
togliere qualsiasi speranza nel futuro. Una sofferenza che ci provoca al 
cambiamento, nella quale Dio prova a parlarci, siamo noi che non lo ascoltiamo. 
E questo Dio si manifesta nelle tante persone che vanno contro corrente, che in 
questa situazione di violenza estrema lavorano nella società per favorire il 
dialogo, diffondere una cultura democratica, cercare soluzioni alternative di 
lotta. Ecco, nel nostro piccolo possiamo dire di aver constatato che Dio si 
manifesta. Così come credo si sia manifestato ieri a Betlemme. La città da 
diverso tempo è sotto coprifuoco, una condizione terribile in cui vivere. Per il 
Natale le autorità israeliane hanno deciso di sospendere l'assedio per qualche 
giorno e permettere ai fedeli di raggiungere la chiesa. Domani probabilmente 
ricomincerà il coprifuoco, la gioia del Natale dura poco. Ecco, ieri anche noi 
ci trovavamo nella piazza della chiesa, assieme a migliaia di palestinesi e 
decine di stranieri che manifestavano contro l'occupazione, l'assedio e il 
coprifuoco. Ad un certo punto sono arrivati altri dimostranti, questa volta 
israeliani, anche loro a protestare pubblicamente contro il loro governo, il 
loro esercito. Credo che questi siano momenti importanti, credo che quei giovani 
fossero i portatori di un messaggio rivoluzionario; tutti assieme, palestinesi e 
israeliani, nella piazza di Betlemme. Poche persone che hanno aperto gli occhi e 
che non si sono fatte vincere dalla "paura del terrorismo", dalla diffidenza 
dell'altro, dalla propaganda che vuole tutti obbedienti e incapaci di pensare. 
Poche persone lucide che non guardano solo a se stessi e al proprio interesse ma 
che sono sensibili all'ingiustizia e alle sofferenze dell'altro. C'erano molti 
nostri amici tra loro, con i quali ci siamo incontrati in altri momenti di 
confronto e di protesta pubblica, ed è stata una festa rincontrarsi lì, nella 
piazza di Betlemme tutti insieme la vigilia di Natale. Questi sono i veri 
profeti, che ci mettono in discussione. Ci costringono a pensare e a svegliarci, 
perché con il loro comportamento spezzano quei meccanismi (indifferenza, 
diffidenza, egoismo) così radicati dentro di noi. |